Nulla la richiesta di rinvio a giudizio se la difesa non ha potuto estrarre copia delle intercettazioni

28 Aprile 2023

Il provvedimento annotato ribalta la giurisprudenza di legittimità, risolvendo in maniera esemplare il problema dell'effettività del diritto di difesa: l'avviso di conclusione delle indagini, pur formalmente legittimo e regolarmente notificato, è però affetto da nullità se all'indagato o al suo difensore viene di fatto impedito l'accesso e l'estrazione di copia di tutti gli atti depositati nel fascicolo delle indagini preliminari, comprese le intercettazioni ambientali videoregistrate e contenute nello stesso fascicolo, in quanto già acquisite come rilevanti.
Il caso

Il giudice dell'udienza preliminare di Varese, con l'ordinanza n. 792/2022, emessa il 16 novembre 2022, ha deciso su un'eccezione sollevata dai difensori degli imputati, che lamentavano di non aver potuto estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari (in particolare delle registrazioni delle intercettazioni ambientali) dopo la notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., a causa della disorganizzazione degli uffici della Procura.

Il G.u.p. ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, con restituzione integrale degli atti al pubblico ministero e, per le stesse ragioni, ha revocato l'ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato già in precedenza emessa a favore di uno degli imputati. Si tratta ovviamente di una nullità di carattere generale a regime intermedio, ex art. 178, comma 1,lett. c) c.p.p., che ha provocato una lesione dell'“assistenza” dell'imputato a causa dell'impossibilità di conoscere tutti gli atti compiuti nelle indagini preliminari.

La giurisprudenza della Corte costituzionale

La Corte di cassazione ha avuto modo di riconoscere, in generale, che «l'effettività della difesa - non ridotta a una mera formale presenza di un tecnico del diritto pur se non in grado, per mancanza di significativi rapporti con le parti, di padroneggiare il materiale di causa - è condizione per la validità dello stesso rapporto processuale» (Cass. pen., sez. un., 27 marzo 1992, Fogliani).

Ma, salvato il principio generale, quando si tratta della specifica questione del diritto del difensore ad estrarre copia delle intercettazioni depositate dal pubblico ministero con l'avviso di conclusione delle indagini, la giurisprudenza di legittimità è categorica nell'affermare che la difesa non ha diritto alla copia indiscriminata di tutti i supporti (v., ex plurimis, Cass. pen., sez. II, 26 gennaio 2022, n. 18241, Arzu, Olianas e altri).

Infatti, è stato osservato che la richiesta della difesa di rilascio delle copie delle intercettazioni, laddove non sia stata espletata la procedura di selezione, stralcio e trascrizione, deve essere sostenuta da idonea motivazione, quanto alla rilevanza delle copie stesse a supporto di specifiche esigenze difensive; tale richiesta è, invece, inammissibile quando sia motivata con la mera finalità di controllo sull'operato della accusa, controllo che, pur se ricollegato ad un legittimo interesse della difesa, si ritiene adeguatamente tutelato con la procedura di ascolto. La Corte di cassazione, in una fattispecie in cui la difesa aveva avuto accesso all'ascolto delle conversazioni ed ottenuto il rilascio di copie mirate delle singole registrazioni, mentre era stata rigettata la sola richiesta di copia integrale, formulata senza l'indicazione della specifica finalità difensiva, ha avuto modo di ribadire che non si configura un'ipotesi di nullità per violazione del diritto di difesa nel caso di rigetto della richiesta di copia integrale delle registrazioni senza indicazione di alcuna specifica finalità difensiva (Cass. pen., sez. VI, 22 ottobre 2019, n. 18125, Rv. 279555 - 02).

Altre decisioni hanno osservato che comunque il mancato rilascio delle copie delle intercettazioni, in assenza di disposizioni che prevedano una specifica sanzione di nullità, vale a costituire una indebita compressione del diritto di difesa. L'effetto processuale, quindi, è di una nullità di ordine generale a regime intermedio, non tale, però, da incidere sulla validità della prova in sé, perché si tratta di un fatto successivo alla sua formazione (Cass. pen., sez. VI, 11 luglio 2013, n. 41362, Drago Rv. 257804).

In definitiva, la giurisprudenza afferma che non ricorre una nullità quale conseguenza del generico diniego di rilascio delle copie, ma occorre dedurre la specifica compressione del diritto di difesa che ne è derivata : quindi,è necessario che vi sia una puntuale indicazione delle conseguenze concreteche la mancanza di disponibilità delle registrazioni abbia avuto sull'esercizio del dirittodi difesa, con effetti sostanzialmente simili quanto alle conseguenze concrete della ritenuta violazione.

In altre parole, la giurisprudenza richiede alla difesa di provare, senza conoscere le intercettazioni, che, se le avesse conosciute, avrebbe potuto dimostrare l'innocenza dell'imputato. Una prova che, prima di essere impossibile, è illogica!

Il diritto europeo

Com'è noto, il principio dell'“equo processo”, enunciato dall'art. 6 § 3 Conv. Edu, stabilisce che ogni accusato ha diritto a: «a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile, e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa». Pertanto, la Corte Edu, ha ravvisato una violazione della equality of arms e quindi una violazione dell'art. 6 Conv. Edu in un caso in cui alla difesa non era stato concesso di consultare un rapporto di polizia giudiziaria (Corte Edu, sez. IV, 27.4.2000, Kuopila c/Finlandia).Pure il Patto internazionale sui diritti civili e politici prescrive, all'art.14, comma 3, il diritto di ogni individuo accusato di un reato “come minimo” alle garanzie di «essere informato sollecitamente e in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta» e a «disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta».

La disciplina codicistica

L'art. 415-bis, comma 2, c.p.p., senza compiere alcuna distinzione o esclusione sulla base della tipologia degli atti, consente in via generalizzata all'indagato e al suo difensore di esaminare ed estrarre copia della documentazione relativa alle indagini: pertanto, i difensori hanno diritto di estrarre copia delle conversazioni registrate e depositate al momento della conclusione delle indagini, anche se non è ancora avvenuta la selezione di quelle rilevanti e utilizzabili. Pertanto, dopo l'emissione dell'avviso di conclusione delle indagini, la difesa ha diritto di accedere all'archivio digitale presso cui è custodito il materiale intercettativo ed esaminarlo nella sua interezza, come riconosciuto anche dall'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte suprema di cassazione (Rel. n. 35/2020, p. 39, che precisa che, «ove la selezione delle intercettazioni avvenga all'esito dell'avviso di conclusioni delle indagini, la disciplina specificamente dettata con riguardo alle intercettazioni va coniugata con quella generale che, a mente dell'art. 415-bis, comma 2, c.p.p. consente in via generalizzata all'indagato ed al suo difensore di esaminare ed estrarre copia della documentazione relativa alle indagini, senza prevedere alcuna esclusione in relazione alla tipologia di atti. Alla luce di tali considerazioni, parrebbe corretto sostenere che, una volta intervenuto l'avviso di conclusione delle indagini, il difensore dell'indagato potrà̀ accedere all'archivio riservato per esaminare tutti gli atti e le registrazioni ivi custodite, ma al contempo potrà̀ anche richiedere il rilascio di copia dei brogliacci di ascolto, in base alla disciplina generale prevista dall'art. 415-bis c.p.p. In tal modo, si consentirebbe una tutela effettiva delle prerogative difensive, mettendo in condizioni l'indagato di disporre di un supporto di agevole consultazione mediante il quale individuare le conversazioni da ascoltare integralmente, al fine di meglio comprenderne il contenuto, come pure di individuare ulteriori comunicazioni non ritenute rilevanti secondo l'ottica accusatoria, ma potenzialmente utili per la difesa»).

Quindi è pacifico il diritto di ascolto e copia delle registrazioni già acquisite al fascicolo delle indagini preliminari, perché rilevanti e utilizzabili, mentre il difensore ha soltanto diritto di ascolto delle registrazioni ancora custodite nell'archivio digitale delle intercettazioni.

Né a diversa conclusione può portare l'art. 415-bis, comma 2-bis, c.p.p. Esso prevede che, qualora non si sia già proceduto al deposito al termine delle operazioni di intercettazione, ai sensi dell'art. 268, commi 4, 5 e 6, c.p.p., l'avviso di conclusione delle indagini contiene inoltre l'avvertimento che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di esaminare per via telematica gli atti depositati relativi ad intercettazioni ed ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche e che hanno la facoltà di estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati come rilevanti dal pubblico ministero. Il difensore può, entro il termine di venti giorni, depositare l'elenco delle ulteriori registrazioni ritenute rilevanti e di cui chiede copia. Sull'istanza provvede il pubblico ministero con decreto motivato. In caso di rigetto dell'istanza o di contestazioni sulle indicazioni relative alle registrazioni ritenute rilevanti il difensore può avanzare al giudice istanza affinché alla selezione e acquisizione proceda il G.i.p. nelle forme di cui all'art. 268, comma 6, c.p.p.

In conclusione, alla luce dell'art. 415-bis, comma 2-bis, c.p.p., se il P.M., con la richiesta di rinvio a giudizio, deposita tutte le registrazioni o i flussi, li sta implicitamente indicando come rilevanti e il difensore può ascoltarli ed anche estrarne copia, salvo il diritto di solo ascolto di quanto custodito nell'archivio digitale delle intercettazioni.

Se invece il P.M. non ne indica alcuno, significa che nessuna registrazione o flusso è da lui considerato rilevante per le indagini, ma ciò non impedisce al difensore di ascoltare tutte le registrazioni ed esaminare i flussi depositati nell'archivio delle intercettazioni al fine di valutare se non ve ne sia qualcuno rilevante per la difesa.

Nel caso di specie, dal provvedimento annotato non è chiarito esplicitamente se la selezione delle registrazioni rilevanti e utilizzabili fosse avvenuta o meno, ma il fatto che le registrazioni fossero depositate e contenute nel fascicolo delle indagini dimostra in maniera inequivoca che esse erano già state selezionate e quindi acquisite allo stesso fascicolo.

La revoca del giudizio abbreviato

Il G.u.p. ha anche revocato l'ordinanza di ammissione al rito abbreviato già emessa nei confronti di altro coimputato, restituendo anche per lui gli atti al P.M. Tale pronuncia pare sorretta da buon senso, perché comporta la regressione dell'intero procedimento, con la restituzione degli atti al P.M., al fine di consentire la piena conoscenza di tutti gli atti di indagine. D'altra parte, nessun pregiudizio deriva agli imputati, che potranno rinnovare la richiesta di giudizio abbreviato, ma questa volta consapevolmente, dopo aver preso visione di tutti gli atti compiuti dal pubblico ministero. Si potrebbe soltanto obiettare che l'art.438, comma 6-bis, c.p.p. stabilisce che la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare “determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute” e quindi il giudice non avrebbe potuto rilevare una nullità a regime intermedio che, per legge, è sanata. Ma in questo caso, sul formalismo giuridico ha prevalso il riconoscimento del diritto di difesa.

Conclusioni

Il provvedimento in esame ribalta la giurisprudenza di legittimità ed offre una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 415-bis e 416 c.p.p., affermando un principio fondamentale e cioè che il diritto di difesa non può essere tutelato soltanto apparentemente, con la rituale notifica di un regolare avviso di conclusione delle indagini preliminari, ma occorre che tale diritto, “inviolabile” ex art. 24, comma 2, Cost., sia concretamente attuato, se del caso mediante adeguati provvedimenti organizzativi degli uffici della Procura.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.