Le Sezioni Unite chiariscono gli effetti successori della riformulazione del reato di abusiva attività finanziaria sull’aggravante ad effetto speciale

Angelo Salerno
03 Maggio 2023

Abrogato tacitamente il raddoppio delle pene. La riformulazione dell'art. 132, d.lgs. n. 385/1993, riguardante il reato di abusiva attività finanziaria, ad opera dell'art. 8, comma 2, d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, ha comportato l'abrogazione tacita dell'art. 39 della l. 28 dicembre 2005, n. 262, nella parte in cui stabiliva il raddoppio delle pene comminate per il reato di cui all'art. 132 cit.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono state chiamate a pronunciarsi in merito agli effetti della riformulazione dell'art. 132 d.lgs. n. 385/1993 (T.U.B.), che punisce il delitto di “abusiva attività finanziaria”, sull'art. 39 l. n. 262/2005 (disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari). Quest'ultima disposizione, al comma 1, prevede il raddoppio delle pene previste dal Testo Unico Bancario, entro i limiti previsti dal Codice penale per ciascuna specie di sanzione.

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite dalla Quinta Sezione penale, con ordinanza n. 36748 del 16 settembre 2022, a seguito del contrasto rilevato tra gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine all'intervenuta abrogazione tacita dell'art. 39 cit., nella parte in cui prevede il raddoppio delle pene di cui all'art. 132 T.U.B.

Come osservato dalla Sezione rimettente, un primo e più risalente indirizzo (Cass., n. 18544/2013) ha escluso che la riformulazione dell'art. 132 T.U.B., per effetto del d.lgs. n. 141/2010 (di attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori), abbia determinato una forma tacita di abrogazione dell'art. 39 cit., evidenziando che tale interpretazione determinerebbe un eccesso di delega in mancanza di principi e criteri relativi alla modifica delle sanzioni penali previste dal Testo Unico Bancario. Si evidenzia inoltre che l'art. 39 cit. non rinvia alla sola fattispecie di cui all'art. 132 T.U.B. bensì a tutti i reati ivi previsti, al pari delle fattispecie disciplinate dal Testo Unico Finanziario e dalla legge di riforma della vigilanza sulle Assicurazioni.

Di segno contrario invece il più recente e maggioritario orientamento della Corte di Cassazione (Cass., n. 12777/2018), secondo cui la novella del 2010 avrebbe determinato l'abrogazione tacita dell'art. 39 cit., nella parte in cui determina il raddoppio delle pene stabilite dall'art. 132 T.U.B.

L'integrale sostituzione della norma incriminatrice originaria, in relazione alla quale il raddoppio era stato originariamente previsto, impedirebbe infatti di ritenere vigente in parte qua la previsione di cui all'art. 39 cit., essendo stata riformulata non solo la parte precettiva dell'articolo 132 T.U.B. ma altresì la parte sanzionatoria della norma incriminatrice, con conseguente abrogazione tacita, ex art. 15 preleggi, della disposizione predetta, determinata dalla sostituzione integrale dell'art. 132.

Così ricostruito il contrasto giurisprudenziale in materia, le Sezioni Unite hanno preliminarmente escluso che l'art. 39 cit. contenga un rinvio, né fisso né tantomeno mobile, all'art. 132 T.U.B., rilevando che le norme in questione si pongono in un rapporto di mera integrazione, operando in combinato disposto.

Le Sezioni Unite procedono quindi a ricostruire il quadro normativo di riferimento, a partire dalla direttiva 2008/48/CE, evidenziando che rientra nel suo oggetto la previsione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive a tutela degli interessi dei consumatori. I giudici di legittimità ripercorrono altresì l'evoluzione della fattispecie ex art. 132 T.U.B., rilevando che la stessa è stata totalmente riformulata dal d.lgs. n. 141/2010, modificando l'ambito applicativo della norma incriminatrice che, da un lato, non è più applicabile alle attività di intermediazione in cambi e di assunzione di partecipazioni, ma nel contempo è stata estesa alle attività abusive di c.d. micro-credito.

La Corte sottolinea quindi la necessità di procedere ad una rigorosa verifica in ordine all'abrogazione tacita di una norma di legge, specie in materia penale, richiamando sul punto un proprio precedente (Cass., Sez. Un., n. 698/2019) e puntualizzando che il fenomeno abrogativo delle leggi trova la sua disciplina nell'art. 15 preleggi, che contrappone l'abrogazione espressa alle forme di abrogazione tacita. Queste ultime ricorrono quando la norma successiva si rivela essere incompatibile con quella precedente ovvero se la nuova norma disciplina ex novo una determinata materia, anche nel caso in cui questa non sia del tutto incompatibile con la nuova (c.d. abrogazione per rinnovazione della materia).

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che tale ultima ipotesi ricorra nel caso di specie, a fronte dell'integrale sostituzione dell'originaria fattispecie ex art. 132 T.U.B., modificato nella disciplina sanzionatoria e nell'ambito applicativo, sì da doverne desumere la conseguente parziale abrogazione tacita, per rinnovazione della materia, dell'art. 39 l. n. 262/2005, nella parte in cui prevede il raddoppio delle comminatorie edittali anche per il reato di cui all'art. 132 T.U.B.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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