Comodato precario e risarcimento del danno da occupazione sine titulo di immobile

Katia Mascia
08 Maggio 2023

Il Tribunale di Udine si occupa del caso di un immobile concesso in comodato precario a due soggetti, i quali, al momento della manifestazione di volontà della proprietaria di risolvere il contratto e conseguente richiesta di rilascio del cespite, avevano continuato ad occupare l'alloggio senza titolo.
Massima

Il comodato c.d. precario è caratterizzato dal fatto che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, il quale ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene che, se formulata, comporta il diritto alla restituzione del bene, oltre al diritto al risarcimento del danno derivante dall'occupazione senza titolo dell'immobile.

Il caso

La proprietaria di un appartamento affermava di aver concesso in comodato l'immobile a due persone, già ospiti dell'agriturismo adiacente, gestito dal padre della ricorrente. Li conveniva in giudizio chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto a partire dalla data per la quale era stata richiesta, mediante raccomandata, la restituzione dell'immobile, con condanna dei convenuti al rilascio dell'immobile e al risarcimento del danno causato dall'occupazione senza titolo protrattasi.

Si costituiva in giudizio soltanto uno dei due convenuti, restando contumace l'altro. Il resistente, nel chiedere il rigetto delle domande attoree, affermava di aver occupato l'unità immobiliare della ricorrente, a titolo di locazione, dall'agosto 2020 al maggio 2021, continuando a pagare un corrispettivo per il suo uso.

La questione

In mancanza di contratti scritti, occorreva ricostruire l'esatta dinamica dei fatti, essendo ciascuna versione fornita dalle parti molto divergente dall'altra. Ritenuta provata la circostanza che la disponibilità dell'alloggio fosse stata offerta a titolo di comodato precario, occorreva verificare se poteva essere riconosciuto alla ricorrente il risarcimento del danno derivante dall'occupazione dell'immobile che si era protratta senza titolo dopo la richiesta di restituzione del bene.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Udine dichiara la risoluzione del contratto di comodato concluso tra le parti, a partire dalla data per la quale era stata richiesta la restituzione dell'immobile; condanna i convenuti a rilasciare l'unita immobiliare, al pagamento, in solido tra loro, di una somma a titolo di risarcimento del danno patito dalla ricorrente per l'occupazione abusiva dell'immobile, nonchè alla refusione delle spese di lite.

Osservazioni

Sulla base della documentazione prodotta in giudizio (in primis, il certificato di residenza), la versione dei fatti fornita dalla convenuta risulta smentita mentre appare avvalorata quella della ricorrente. Fino al giugno 2021 i convenuti alloggiavano nell'agriturismo e, soltanto dopo quella data, si erano trasferiti nell'immobile adiacente di proprietà della ricorrente. È risultata avvalorata la circostanza che le somme pagate dai convenuti fino al maggio 2021 rappresentano il corrispettivo dell'ospitalità nell'agriturismo e l'interruzione di tali pagamenti lascia intendere che in effetti l'appartamento della ricorrente sia stato concesso loro in comodato precario. Le prove fornite dai convenuti non sono in grado di smentire la dichiarazione (secondo la quale essi si erano trasferiti in quell'appartamento circa da agosto 2021) resa alla Polizia locale che, ad avviso del giudicante, ha valore confessorio nella presente causa. La relazione redatta ha valore di piena prova di quanto i pubblici ufficiali affermano essere stato detto in loro presenza. Pertanto, poichè non c'è prova che dopo il giugno 2021 i convenuti abbiano corrisposto un canone per l'uso dell'appartamento della ricorrente, né che sia stato loro chiesto il pagamento di un corrispettivo, si ritiene provato che la disponibilità dell'alloggio sia stato offerto loro a titolo di comodato precario.

Il codice civile disciplina due forme di comodato, quello propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809 e quello c.d. precario, al quale si riferisce l'art. 1810 c.c. rubricato "comodato senza determinazione di durata".

L'art. 1803, comma 1 c.c. definisce il comodato come il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Si tratta di un contratto la cui durata risponde all'esigenza di soddisfare l'interesse all'uso del bene che ne è oggetto da parte del comodatario, senza però comprimere eccessivamente il diritto del comodante che, gratuitamente, si priva dello stesso uso.

L'art. 1809 c.c. stabilisce che il comodatario è obbligato alla restituzione della cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Il comodante, a sua richiesta, può far cessare il contratto anche prima del termine concordato o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa e può esigerne l'immediata restituzione se sia sopravvenuto un suo bisogno urgente ed imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato), anche non grave (Cass. civ., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448).

Ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire di un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante - che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione - consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare (restando ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante), o di abitazione, nel qual caso, divenendo la rilevanza dell'interesse del comodatario più significativa, si impone al giudice una ponderazione delle esigenze del comodante improntata alla attenta valutazione dei requisiti di fattispecie posti a fondamento dell'esercizio del recesso.

La fattispecie delineata all'art. 1810 c.c. del c.d. comodato precario è caratterizzato, invece, dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante, il quale ha la facoltà di manifestarla ad nutumcon la semplice richiesta di restituzione del bene. Nel comodato precario, in mancanza di determinazione della sua durata, ed ove non risulti un termine in relazione all'uso del bene, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante la richieda, ai sensi dell'art. 1810 c.c. Tale richiesta determina l'immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la posizione di detentore sine titulo e, quindi, abusivo del bene altrui, salvo che dimostri di poterne disporne in base ad altro rapporto diverso dal precario (Cass. civ., sez. II, 10 maggio 2000, n. 5987).

Sebbene nel caso di comodato precario di un immobile adibito ad uso di abitazione sia ammissibile il recesso unilaterale ex lege del comodante, senza preavviso, giusta causa o altre limitazioni (Trib. Napoli, 17 marzo 1995), il giudice può - richiesta dal comodante la restituzione della cosa - stabilire un termine per l'esecuzione di tale prestazione, qualora ritenga, ai sensi dell'art. 1183 c.c., che il termine sia necessario per la natura della prestazione, ovvero per il modo e il luogo dell'esecuzione (Cass. civ., Sez. III, 10 agosto 1988, n. 4921).

Nel caso in esame, la ricorrente ha manifestato la propria volontà di risolvere il contratto mediante l'invio di una raccomandata e, dunque, il contratto ha cessato di produrre i propri effetti a partire dalla data indicata per la restituzione dell'immobile.

Merita, dunque, accoglimento la richiesta attorea di accertamento dell'intervenuta risoluzione del contratto tra le parti e della conseguente restituzione dell'unità immobiliare oggetto di comodato.

Deve, in ogni caso, rilevarsi che, nell'ipotesi in cui venga addotta da parte dell'attore in restituzione l'esistenza di un rapporto di comodato precario, ed eccepita, da parte del convenuto, la sussistenza di un rapporto di locazione, incombe a quest'ultimo l'onere di provare il rapporto locatizio.

Colui che assume il titolo precario del godimento altrui di un bene ha soltanto l'onere di dimostrare la consegna ed il rifiuto di restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare un titolo diverso per il suo godimento (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1997, n. 2599; Cass. civ., sez. III, 9 novembre 1989, n. 4718).

In merito, poi, alla richiesta avanzata dalla ricorrente di risarcimento dei danni patiti per effetto della mancata restituzione dell'immobile, deve innanzitutto osservarsi che la Suprema Corte, con due recenti pronunce “gemelle” (Cass. civ., sez. un, 15 novembre 2022, nn. 33645 e 33659) - che hanno fatto seguito a due rispettive ordinanze di remissione (Cass. civ., sez. II, 8 febbraio 2022, n. 3946, e Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2022, n. 1162) ha inteso risolvere - si spera in maniera definitiva - l'annosa questione riguardante la prova del danno nell'ipotesi di occupazione abusiva di immobili, chiarendo in particolare se, in tale materia, il pregiudizio debba o meno considerarsi in re ipsa. In particolare, la problematica del danno in re ipsa emerge in entrambe le ordinanze in relazione alla facoltà di godere del proprietario quale individuazione dell'esistenza di un danno risarcibile per il sol fatto che di tale facoltà il proprietario sia stato privato a causa dell'occupazione abusiva dell'oggetto del suo diritto. Si tratta pertanto del danno da perdita subita (del godimento).

Il Supremo Collegio giunge ad affermare una serie di principi, prevedendo che, nel caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta. In altre parole, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subìto, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato.

Se il danno da perdita subita - di cui il proprietario chiede il risarcimento - non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso deve essere liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Il Tribunale di Udine, nel richiamare i principi espressi dalla Corte di legittimità, giunge a ritenere possibile il risarcimento del danno, in favore della ricorrente spogliata del bene, purchè venga provata - anche in via presuntiva - la concreta possibilità di esercitare il diritto di godimento dell'immobile, che è andata perduta per effetto dell'occupazione sine titulo altrui.

Nel caso sottoposto al suo esame, il giudice friulano ritiene che la ricorrente - che risiede all'estero, non utilizza personalmente il bene e avrebbe potuto destinarlo ad un impiego fruttifero - abbia dato dimostrazione delle concrete possibilità di godimento dell'immobile di sua proprietà. Ammette, dunque, il risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., a favore della ricorrente, attingendo al parametro del canone locativo di mercato quale valore economico del godimento nell'ambito di un contratto tipizzato dalla legge, come la locazione, che fa proprio del canone il valore del godimento della cosa.

In un caso risalente a qualche anno fa, il Tribunale di Nocera Inferiore (sent. 2 luglio 2014, n. 1096) si era trovato ad affrontare un caso simile giungendo ad accogliere la domanda di rilascio di un immobile e a qualificare la detenzione dello stesso priva di un titolo giustificativo a far data dalla scadenza del termine - stabilito nella raccomandata inviata - di quindici giorni per il rilascio. Il giudice, inoltre, accoglieva anche la domanda di risarcimento del danno per occupazione senza titolo, richiamandosi, in quel caso, ad un orientamento giurisprudenziale che riconosceva, in caso di occupazione abusiva di un cespite immobiliare altrui, il danno in re ipsa per il proprietario, discendendo dal semplice fatto della perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. Anche in quel caso il giudice giungeva ad una liquidazione in via equitativa.

Riferimenti

Re, Comodato precario - Mancata restituzione della cosa, in Immob. & proprietà, 2006, fasc. 3, 181;

Di Marzio, Le distinzioni tra il comodato e il precario, in Immob. & proprietà, 2005, fasc. 1, 45:

Bruni, L'indeterminatezza temporale che rende il comodato un “precario”, in Obblig. e contr., 2011, fasc. 7, 516;

Sorrentino, Nota sulla distinzione e il diverso ambito di operatività del comodato precario, regolato dall'art. 1810 c.c. all'interno di quello del comodato disciplinato dagli artt. 1803 e segg. c.c., in Giur. it., 2004, fasc. 3, 911;

Mezzanotte, Le Sezioni Unite sul danno da illegittima occupazione di immobile, in Danno e resp., 2023, fasc. 1, 45;

Piaia, L'occupazione illegittima di beni immobili: dal danno “in re ipsa” al danno “normale” o “presunto”, in Danno e resp., 2023, fasc. 1, 59.

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