La colpa del custode può essere evocata per escludere in via di eccezione la sua responsabilità

Ilenia Alagna
09 Maggio 2023

Il caso fortuito si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, mentre la condotta del terzo e quella del danneggiato rilevano come atto giuridico caratterizzato dalla colpa, con rilevanza causale esclusiva o concorrente, intesa come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile da parte del custode.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con sentenza n. 11152, pubblicata il 27 aprile 2023.

Tizio agì nei confronti di un comune italiano per condannarlo, ex art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni subiti per essere caduto in una strada comunale, mentre si trovava alla guida del proprio motociclo, a causa del manto dissestato. La domanda venne proposta anche nei confronti della società appaltatrice dei lavori di sistemazione del tratto stradale.

Il Tribunale condannò il (solo) Comune al risarcimento dei danni, rigettando la domanda di garanzia proposta da quest'ultimo nei confronti della società appaltatrice. I giudici di seconde cure hanno accolto il gravame proposto dal Comune rigettando integralmente la domanda attorea.

Tizio ha proposto ricorso per Cassazione, mentre il Comune ha resistito con controricorso.

Il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p., lamentando che la Corte, «pur dichiarando di inquadrare la vicenda nella fattispecie dell'art. 2051 c.c., ha poi finito per scrutinarla secondo i principi propri del paradigma dell'art. 2043 c.c. considerando sufficiente ad integrare il caso fortuito la ritenuta condotta colposa del danneggiato. Con il secondo motivo Tizio censura la Corte per aver erroneamente presunto che l'attore conoscesse la situazione di pericolo per il fatto che il tratto insidioso era vicino alla sua abitazione e, altresì, per aver presunto l'inosservanza della distanza prudenziale fra veicoli alla luce della mera circostanza che il motociclista percorreva la strada dietro a un furgoncino che non gli consentiva la visuale della strada.

Tizio censura, inoltre, la sentenza per avere posto a fondamento dell'accertamento di responsabilità in capo a Tizio fatti inesistenti e non provati dal Comune in questione. Con ulteriore motivo, vengono dedotte la violazione e la falsa applicazione degli artt. 244 e 253 c.p.c. sull'assunto che la Corte ha erroneamente rigettato, ritenendola generica, la prova per testi richiesta dall'attore in merito allo stato di deformazione e di dissesto del manto stradale.

Da ultimo Tizio contesta che il mero contribuito della condotta colposa della vittima alla causazione del danno integri il caso fortuito e assume che l'incidenza del concorso colposo del danneggiato deve essere valutato ai sensi dell'art. 1227 c.c.

La Corte ha fondato il rigetto della domanda ex art. 2051 c.c. sul mero rilievo di condotte colpose di Tizio (ovvero l'aver guidato un mezzo per il quale non aveva la necessaria patente di guida, il fatto che le condizioni della strada avrebbero dovuto essergli note per la vicinanza alla sua abitazione e la circostanza di avere percorso la strada dietro un furgoncino che non gli consentiva la visuale della strada), senza preoccuparsi di verificare se le stesse avessero reso ininfluente la situazione di dissesto del manto stradale, ossia senza accertare se la condotta del danneggiato si fosse sovrapposta alla situazione della cosa in modo tale da degradarla a mera occasione dell'evento di danno. In tal modo, la Corte ha eluso l'accertamento del caso fortuito, erroneamente ritenendolo integrato dalla mera condotta colposa dell'attore, mentre, in mancanza di un siffatto accertamento, e quindi in difetto di prova liberatoria da parte del custode, avrebbe dovuto valutare l'eventuale concorso colposo del danneggiato alla luce dell'art. 1227 c.c.

Lo scorso anno sono intervenute le Sezioni Unite, chiamate ad esprimersi intorno a criticità emerse nella giurisprudenza di legittimità. Tale qualificazione ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite che hanno ribadito che «la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode».

Viene, quindi, sancito in via definitiva l'attuale statuto della responsabilità del custode, il cui fondamento riposa su elementi di fatto individuati tanto in positivo, come la dimostrazione che il danno è in nesso di derivazione causale con la cosa custodita, quanto in negativo (l'inaccettabilità di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l'irrilevanza della prova di una sua condotta diligente).

Nel confermare tali principi, in ossequio all'insegnamento delle Sezioni Unite, la Corte ribadisce che il caso fortuito appartiene alla categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo; mentre la condotta del terzo e la condotta del danneggiato rilevano come atto giuridico caratterizzato dalla colpa, con rilevanza causale esclusiva o concorrente, intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevenibile da parte del custode.

L'irrilevanza della colpa è condizione necessaria ma non sufficiente per attribuire alla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. natura oggettiva.

Ritenere che sul custode gravi una presunzione di responsabilità è indice di una resistenza ad emanciparsi dalla colpa che, infatti, viene evocata in via surrettizia non per fondare, in via di regola, la responsabilità del custode, ma per escluderla in via di eccezione. La capacità di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialità dannose, difatti, non è elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità, bensì elemento estrinseco del quale va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della ratio legis, cioè come strumento di spiegazione di “un effetto giuridico che sta a prescindere da essi”.

L'intento di responsabilizzare il custode della res o di controbilanciare la signoria di fatto concessagli dall'ordinamento affinché ne tragga o possa trarne beneficio sulla cosa con l'obbligazione risarcitoria possono essere criteri di spiegazione del criterio scelto per allocare il danno, ma non sono elementi costitutivi della regola di fattispecie né elementi di cui tener conto per escludere l'obbligazione risarcitoria in capo al custode.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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