Errore revocatorio e mancata proposizione del rinvio pregiudiziale alla CGUE

09 Maggio 2023

In tema di revocazione di sentenza della Corte di cassazione, la dedotta omissione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea in violazione dell'art. 267, comma 3, TFUE, non integra errore revocatorio ai sensi degli artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c., in quanto la relativa valutazione è di diritto e non di fatto.
Massima

La valutazione in ordine alla necessità di sollevare o meno rinvio pregiudiziale è una valutazione in diritto, come tale sottratta all'ambito di censurabilità in sede di revocazione. Nemmeno la mancata disposizione del rinvio pregiudiziale, ove non rimediabile con l'impugnazione straordinaria, evidenzia un vuoto di effettività della tutela giurisdizionale dato che la stessa Corte di Giustizia ha affermato che non osta al diritto dell'Unione una disposizione normativa nazionale, come quella italiana, che impedisce di contestare la conformità al diritto europeo di una sentenza del giudice speciale laddove abbia omesso di effettuare il rinvio pregiudiziale (Massima non ufficiale).

Il caso

Con ordinanza la Corte di cassazione, terza sezione civile, ha rigettato il ricorso principale della ricorrente e quello incidentale proposto dai familiari, contro la sentenza della Corte di Appello, all'esito di un giudizio introdotto dalla resistente, per ottenere l'accertamento del suo diritto a rivalersi nei confronti della madre e dei fratelli di un ragazzo deceduto in un sinistro stradale mentre era trasportato su un ciclomotore di proprietà della madre e condotto da un minorenne. La compagnia di assicurazioni, odierna resistente, allegando che il trasporto era avvenuto irregolarmente, aveva agito per ottenere l'accertamento del suo diritto a rivalersi nei confronti della madre, nonché dell'estinzione per compensazione del diritto al risarcimento del danno della stessa.

La questione

La prima questione giuridica affrontata dalle Sezioni Unite nella sentenza in commento, concerne i limiti della censurabilità delle decisioni dei giudici speciali per eccesso di potere giurisdizionale innanzi alle Sezioni Unite e la portata del controllo del limite esterno della giurisdizione che, ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. è affidato alla Corte di cassazione. La seconda questione è invece l'ammissibilità della richiesta diretta ad ottenere una pronuncia nell'interesse della legge ex art. 363 c.p.c. rispetto alle norme che il giudice speciale è tenuto ad applicare nella risoluzione della controversia ad esso rimessa e rispetto alla quale è munito di giurisdizione.

Il giudizio di appello, in riforma della sentenza di primo grado, si era concluso con l'accoglimento del gravame proposto dalla compagnia assicuratrice, sia con riguardo alla domanda di rivalsa nei confronti della madre, sia in riferimento alla dedotta compensazione tra il credito vantato dalla stessa per il danno patito e il debito della stessa nei confronti della compagnia di assicurazione sulla base dell'obbligo di rivalsa ex art. 1241 c.c.

A seguito dell'impugnazione della sentenza di appello, la Corte di cassazione, con l'ordinanza citata, ora impugnata per revocazione, aveva rigettato, appunto, sia il ricorso principale della madre, sia il ricorso incidentale proposto dagli altri familiari, affermando che la madre era proprietaria del ciclomotore ma non essendo stata personalmente coinvolta nel sinistro doveva considerarsi vittima secondaria dell'evento, a causa della perdita del rapporto parentale con il figlio, deceduto nel sinistro e quindi non poteva sottrarsi all'azione di rivalsa propsota dalla compagnia assicuratrice.

Veniva, oltre agli altri motivi, rigettato il terzo motivo di ricorso ritenendo che il ragionamento ivi proposto ruotasse attorno all'erroneo convincimento che la vicenda oggetto del giudizio, ponendo il problema dell'esercitabilità dell'azione di rivalsa nei confronti della madre della vittima, che, essendo proprietaria del veicolo, cumulava la veste di danneggiata con quella di assicurata, potesse far prevalere la qualità di danneggiata su quella di assicurata.

In particolare l'ordinanza della Corte rigettava l'istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ex art. 267 TFUE, rivolto a verificare la contrarietà alla disciplina eurounitaria della normativa nazionale che, legittimando clausole di esclusione o azioni di rivalsa, comporti l'esclusione o la limitazione del danno spettante a quei soggetti che siano contemporaneamente proprietari-assicurati e vittime, anche se secondarie, dell'evento. Tale motivo veniva dall'ordinanza ritenuto assorbito per le stesse ragioni che fondavano il rigetto del terzo motivo di ricorso, cioè per la eterogeneità delle situazioni di fatto poste alla base e perché la tutela eurounitaria, diretta a non privare di tutela il terzo trasportato anche nel caso in cui il trasporto sia avvenuto in modo irregolare, e anche quando le regole del contratto di assicurazione prevedano una esclusione di responsabilità dell'assicuratore, non si estenderebbero ai casi in cui la vittima sia solo una vittima riflessa del sinistro. Cosa che si era verificata nel caso di specie ove la madre, assicurata, era allo stesso tempo madre del trasportato, deceduto nel sinistro stradale, e in quanto tale colpita dalla morte del figlio indirettamente, avendo subito il danno da perdita del rapporto parentale. La Corte in particolare, nell'ordinanza impugnata, riteneva che la vittima riflessa non potesse sottrarsi all'azione di rivalsa e che la clausola contrattuale non contrastasse con la normativa eurounitaria che vale a tutelare in maniera rinforzata le sole vittime dirette del sinistro, anche se rimaste tali a causa di un trasporto irregolare.

Contro tale ordinanza la madre del defunto ha proposto ricorso per revocazione ex artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c. sulla base di tre motivi di impugnazione, denunciando l'errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa in cui sarebbe incorsa l'ordinanza impugnata, per avere la Corte di cassazione rigettato il ricorso non condividendo l'interpretazione della normativa, prospettata dalla ricorrente e conforme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea, condivisa anche dal Procuratore Generale.

Le soluzioni giuridiche

Diversi profili giuridici vengono esaminati nell'ordinanza in commento.

In primo luogo la Corte si occupa delle motivazioni contenute nell'ordinanza revocanda e relative alla inapplicabilità del principio eurounitario secondo cui non è ammissibile il sacrificio dei diritti della vittima anche se a sua volta responsabile del sinistro, alle vittime solo indirette come i congiunti, danneggiati dalla perdita del rapporto parentale. Tale principio è confermato da alcuni precedenti della Suprema Corte come Cass. n. 1269/2018 e Cass. n. 11246/2022, entrambi richiamati nella motivazione. In particolare nel precedente del 2018 il proprietario del veicolo e parente del trasportato era trasportato a sua volta; pur essendo i presupposti in fatto di tale precedente diversi da quelli oggetto della fattispecie sottoposta al suo esame, l'ordinanza revocanda non ha ritenuto di dover sottoporre alla Corte di Giustizia il quesito interpretativo formulato dalla ricorrente e relativo a se in circostanze come quelle oggetto della presente causa l'art. 3 della Dir. 72 166 CEE e gli artt. 1 e 2 della Direttiva 84 5 CEE e l'art. 1 della Direttiva 92 132 CEE debbano essere interpretati nel senso di ostare a normative interne dei singoli Stati membri che consentano a questi ultimi di ammettere: 1) la legittimazione passiva della persona che al contempo risulti contraente assicurata e vittima in qualità di madre del trasportato deceduto all'azione di rivalsa dell'assicuratore che alleghi che il trasporto sia avvenuto in modo irregolare; 2) quali conseguenze del riconoscimento di tale azione non solo l'esclusione del diritto di tale vittima indiretta al risarcimento del danno, ad es. tramite estinzione del suo credito risarcitorio per compensazione con il debito dell'assicuratore nei suoi confronti, ma anche il suo obbligo di reintegrare la compagnia assicuratrice delle somme corrisposte da questa ad altri danneggiati.

La Corte nella pronuncia ora commentata ricorda come sia inammissibile il ricorso ex art. 395, n. 4, c.p.c. laddove si deducano errori di giudizio relativi ai motivi di ricorso esaminati dalla sentenza di cui si chieda la revocazione, o l'errata valutazione di fatti esattamente rappresentati o l'omesso esame di atti difensivi asseritamente contenenti argomentazioni giuridiche che non siano state valutate (in tema Cass. n. 19926/2014; Cass. n. 27451/2013; Cass., sez. un., n. 12181/2013).

Ma, in particolare, essa specifica che è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui una sentenza della Corte di Cassazione non può essere impugnata per revocazione quando si affermi che essa ha mal valutato i motivi di ricorso perché questo vizio consiste in un errore di giudizio e non in un errore di fatto revocatorio (ad es. su questo punto da ultimo Cass. n. 6945/2022).

Nemmeno, afferma la Corte, il giudizio di revocazione può costituire la sede per un sindacato sulla esaustività, congruità, coerenza e completezza della motivazione della pronuncia revocanda perché la stessa giurisprudenza comunitaria riconosce l'importanza del principio della cosa giudicata per la garanzia della certezza del diritto e dei rapporti giuridici e rimette le modalità di formazione del giudicato alla legislazione degli Stati membri (ad es. Cass., sez. un., n. 13181/2013; Cass. n. 8984/2018; Cass. n. 8630/2019).

Nemmeno ricorda la Corte può costituire causa di revocazione della sentenza di cassazione l'errore di diritto, sostanziale o processuale, oltre al già ricordato errore di giudizio o di valutazione (in questo senso ad es. Cass., sez. un., n. 8984/2018, cit.; Cass., sez. un., n. 30994/2017).

Ma l'argomentazione ai nostri fini più interessante è quella relativa all'inammissibilità della doglianza contenuta nel ricorso e relativa all'omissione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea da parte del Supremo Collegio nell'ordinanza revocanda, in pretesa violazione dell'art. 267, comma 3, TFUE. Perché, anche ove si ammettesse un dubbio sulla interpretazione delle norme comunitarie evidenziato dalle diverse conclusioni cui sono pervenute, nel giudizio a quo, la Corte e la Procura Generale, e, conseguentemente, l'obbligatorietà di esso nella controversia definita dall'ordinanza di cui si chiede la revocazione, la valutazione sulla necessità di sollevare o meno il rinvio pregiudiziale è una valutazione di diritto come tale sottratta all'ambito della censurabilità in sede di revocazione.

Inoltre è inammissibile il ricorso per revocazione ove afferma che la mancata disposizione del rinvio pregiudiziale evidenzierebbe, laddove non rimediabile per il tramite dell'impugnazione straordinaria, un vuoto di effettività della tutela, dato che la stessa Corte di Giustizia, sollecitata da ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione (resa in data 21 dicembre 2021, in causa C-497/20 Ranstad c. Italia) ha affermato che non osta al diritto dell'Unione una disposizione normativa interna come quella italia, che impedisce di contestare la conformità al diritto europeo di una sentenza del giudice speciale laddove abbia omesso di effettuare il rinvio pregiudiziale.

Di conseguenza è altresì inammissibile, la possibilità, prospettata dal ricorrente di proporre un rinvio pregiudiziale, in sede di revocazione dell'ordinanza della Corte, direttamente sulla base della interpretazione degli artt. 391-bis e 395 c.p.c. laddove non contemplano l'omessa proposizione del rinvio pregiudiziale come autonoma ipotesi di revocazione, perché in tal modo si sottoporrebbe alla Corte di Giustizia una scelta interpretativa del diritto processuale interno, in contrasto con il principio affermato dalla stessa Corte di Giustizia secondo cui è attribuita ai singoli Stati membri l'individuazione degli strumenti processuali per garantire l'effettività della tutela dei diritti riconosciuti dall'Unione (in tal senso Cass., sez. un., n. 1996/2022; ma prima anche Cass., sez. un., n. 32622/2018).

Infine, nemmeno è stata ritenuta fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 395, 391-bis e 391-ter c.p.c. nella parte in cui non ammettono la revocazione delle sentenze di legittimità della Corte di Cassazione per pretesi errori di diritto o di fatto, diversi dalla semplice svista su questioni non oggetto della precedente controversia. Ciò perché la non ulteriore impugnabilità risponde all'esigenza, costituzionalmente tutelata, di conseguire il giudicato all'esito di un sistema che si strutturi anche su impugnazioni differenti, con immutabilità e definitività della pronuncia finale (Cass. n. 8472/2016).

Osservazioni

La questione è complessa e come è noto, annosa.

In questa sede basti ricordare che, in contrasto con una prassi costante delle Sezioni Unite sul tema del mancato rinvio pregiudiziale, l'ordinanza n. 19598/2020 aveva rimesso alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del trattato TFUE, i quesiti pregiudiziali concernenti (a) la conformità al trattato della esclusione del ricorso per cassazione contro sentenze del Consiglio di Stato che risultino confliggenti con il diritto dell'Unione, (b) la conformità al trattato della esclusione del ricorso per cassazione contro sentenze del Consiglio di Stato che abbiano deciso vertenze rilevanti per l'applicazione del diritto dell'Unione, omettendo senza ragione il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e (c) la conformità ai principî del diritto dell'Unione affermati dalla Corte di giustizia dell'orientamento accolto dal Consiglio di Stato sulla carenza di legittimazione dell'impresa esclusa a contestare l'esito della gara. A poca distanza di tempo da questa pronuncia la Corte aveva invece ribadito l'orientamento tradizionale affermando che non è affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, ed è pertanto insindacabile sotto il profilo della violazione del limite esterno della giurisdizione, in relazione al diritto eurounitario, la decisione, adottata dal Consiglio di Stato, di non disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, giacché il controllo che l'art. 111, comma 8, Cost., affida alla S.C. non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori "in iudicando" o "in procedendo" per contrasto con il diritto dell'Unione europea, salva l'ipotesi "estrema" in cui l'errore si sia tradotto in un'interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla CGUE, sì da precludere, rendendola non effettiva, la difesa giudiziale (Cass., sez. un., n. 24107/2020). In questa scia si poneva anche la pronuncia citata in motivazione (Cass., sez. un., n. 32622/2018) secondo cui la non sindacabilità da parte della Corte di cassazione ex art. 111, comma 8, Cost., delle violazioni del diritto dell'Unione europea e del mancato rinvio pregiudiziale ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali (nella specie, il Consiglio di Stato), è compatibile con il diritto dell'Unione, come interpretato della giurisprudenza costituzionale ed europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l'individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall'Unione. Sulla stessa scia Cass., sez. un., n. 2403/2014 aveva affermato che in materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del rispetto del limite esterno della giurisdizione – che l'art. 111, ult. comma, Cost., affida alla Corte di cassazione - non include anche una funzione di verifica finale della conformità di quelle decisioni al diritto dell'Unione europea, neppure sotto il profilo dell'osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, terzo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dovendosi tener conto, da un lato, che nel plesso della giurisdizione amministrativa spetta al Consiglio di Stato - quale giudice di ultima istanza - garantire, nello specifico ordinamento di settore, la conformità del diritto interno a quello dell'Unione, se del caso avvalendosi dello strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, mentre, per contro, l'ordinamento nazionale contempla - per reagire ad una lesione del principio di effettività della tutela, conseguente ad una decisione del giudice amministrativo assunta in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto dell'Unione - altri strumenti di tutela, attivabili a fronte di una violazione del diritto comunitario che sia grave e manifesta. Secondo questo orientamento – che può dirsi consolidato – la funzione interpretativa del diritto dell'Unione Europea che l'art. 267 del TFUE assegna alla Corte di Giustizia non deve essere sovrapposta alla funzione giurisdizionale che viene conferita al giudice interno, che ha il potere di applicare il diritto dell'unione così come viene interpretato dalla Corte di Giustizia nella fattispecie concreta.

L'ordinanza è condivisibile alla luce del consolidato orientamento della Corte e della giurisprudenza della Corte di Giustizia. Secondo il principio dell'autonomia processuale è affidata agli Stati membri l'individuazione degli strumenti per garantire la tutela giurisdizionale ai diritti riconosciuti dal TFUE e i rimedi derivanti dalla violazione dell'obbligo di rinvio e, d'altro canto, nessuna norma di diritto nazionale disciplina in modo espresso l'impugnazione di una sentenza interna che ometta di effettuare il rinvio pregiudiziale, mentre la l. n. 117/1988 prevede la responsabilità risarcitoria dello Stato per l'ipotesi di violazione manifesta del diritto dell'Unione Europea, e prevede che si debba tenere conto anche della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE; infatti l'art. 2, comma 3-bis della l. n. 117/1988 sulla responsabilità civile dei giudici (inserito dall'art. 2, comma 1, lett. c) della l. n. 18/2015, stabilisce che ai fini della determinazione delle ipotesi di responsabilità dello Stato-giudice si deve tenere conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate, nonché dell'inescusabilità e della gravità dell'inosservanza; in caso di manifesta violazione del diritto UE si deve tenere conto anche della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, 3° par. TFUE nonché del contrasto dell'atto o del provvedimento con l'interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea.

Pur se non specificamente attinente alla questione relativa alla revocazione per mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale va ricordato che la legge delega n. 206/2021 prevedeva all'art. 1, comma 10, l'introduzione di una nuova forma di revocazione dei provvedimenti giurisdizionali italiani, compresi quelli dei giudici di legittimità, laddove il contenuto del provvedimento passato in giudicato comportati una violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, prevedendo, altresì, i criteri e principi direttivi, tradottisi poi nella formulazione dell'articolo di nuovo conio.

In attuazione dei principi della legge delega ora ricordati, la riforma 2022 (d.lgs. n. 149/2022 attuativo della legge delega n. 206/2021) ha inserito un nuovo art. 391-quater c.p.c., rubricato “Revocazione per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo”. La norma prevede che le decisioni passate in giudicato il cui contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli, possono essere impugnate per revocazione se ricorrono alcune condizioni:

1) La violazione accertata dalla Corte europea ha pregiudicato un diritto di stato della persona;

2) L'equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell'art. 41 della Convenzione non è idonea a compensare le conseguenze della violazione.

Con riferimento al presupposto di cui al n. 1 ora citato la Relazione illustrativa spiega che rispetto ai diritti in questione il rimedio del risarcimento del danno a volte non è completamente satisfattivo essendo diretto ad assegnare al danneggiato una utilità economica alternativa. Il n. 2 a sua volta si spiega con la necessità di evitare che il risarcimento del danno sia duplicato e, pertanto, si prevede che si possa ricorrere al rimedio in parola ove l'indennità corrisposta dalla Corte Europea ex art. 41 della Convenzione non sia sufficiente a compensare il danno derivante dalla violazione (che pregiudica un diritto di stato della persona).

Quanto alle regole procedurali va premesso che la legittimazione attiva, in ossequio ad uno dei principi e criteri direttivi della legge delega, spetta alle parti del processo che si sia svolto davanti alla Corte EDU, ai loro eredi o aventi causa nonché al p.m.

Il ricorso in questione va proposto nel termine di 60 giorni dalla comunicazione o, in mancanza, dalla pubblicazione della sentenza della Corte Europea ai sensi del regolamento della stessa Corte.

Si applica l'art. 391-ter, comma 2, c.p.c. norma che prevede che quando pronuncia la revocazione (o accoglie l'opposizione di terzo) la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti, pronunciata la revocazione (ovvero dichiarata ammissibile l'opposizione di terzo), rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

L'accoglimento della nuova ipotesi di revocazione ex art. 391-quater c.p.c. non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede che non hanno partecipato al giudizio svoltosi innanzi alla Corte europea.

Ricordo che ai sensi del novellato art. 375 c.p.c. è stato introdotto un nuovo primo comma che prevede che la Corte di cassazione, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronunci in pubblica udienza quando la questione di diritto è di particolare rilevanza, nonché nei casi di cui all'art. 391-quater c.p.c. Questa precisazione si è resa necessaria per coordinare il nuovo istituto della revocazione ex art. 391-quater c.p.c. alla disciplina del procedimento da seguire innanzi alla Suprema Corte. Si prevede, infatti, che questo procedimento si svolga in udienza pubblica a causa del particolare rilievo assegnato alla nuova forma di revocazione.

Peraltro ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 362 c.p.c. come modificato dalla riforma 2022, le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato possono essere altresì impugnate per revocazione ex art. 391-quater c.p.c., quando il loro contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli.

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