Reddito di cittadinanza: è reato omettere dati patrimoniali non rilevanti ai fini della concessione del beneficio?

09 Maggio 2023

Come sono considerate le vincite conseguite attraverso giochi online ai fini del conseguimento del reddito e della configurazione dei reati previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, comma 1, l. 28 marzo 2019, n. 26. Approfondimento aggiornato al decreto legge 4 maggio 2023, n. 48 (c.d. decreto lavoro).
Premessa

L'istituzione del reddito di cittadinanza ha dato avvio alla configurazione di reati collegati alla indebita percezione del beneficio attraverso le false attestazioni rilasciate dai richiedenti e riguardanti i più disparati ambiti. In particolare, l'aspetto che viene qui analizzato, dopo aver preso in esame il quadro normativo e tutti i requisiti richiesti per l'ottenimento del reddito, riguarda l'omessa indicazione nella dichiarazione sostitutiva unica con la quale si ottiene l'indicatore ISEE utilizzato per richiedere l'erogazione del reddito di cittadinanza, dei redditi acquisiti attraverso le vincite conseguite dal gioco online; proprio su tale tema, si cerca di offrire al lettore uno spunto di riflessione sia sulla rilevanza penale delle condotte consistenti nel riportare false indicazioni dei dati di fatto o nell'omettere, anche parzialmente, informazioni dovute, qualora non incidano sul possesso effettivo dei requisiti richiesti per accedere al beneficio, sia in merito alle modalità di rilevamento da parte della Polizia Giudiziaria del quantum delle vincite percepite dai richiedenti.

Quadro normativo

Con l. 28 marzo 2019, n. 26 è stato convertito, con modificazioni, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, recante "Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni", con il quale è stato istituito il "Reddito di cittadinanza" quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.

La Corte costituzionale (Sent. 19/2022) ha definito il reddito di cittadinanza come un istituto che pur presentando anche tratti propri di una misura di contrasto alla povertà, non si risolve in una provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario dell'individuo ma persegue diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale; per tale motivo si differenzia da altre provvidenze sociali, la cui erogazione si fonda sul solo stato di bisogno.

Ai fini del Reddito di cittadinanza il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU), fatto salvo quanto stabilito dall'art. 3 del D.P.C.M. n. 159 del 2013.

Quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane, il Reddito assume la denominazione di “Pensione di cittadinanza” nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni; i requisiti per l'accesso e le regole di definizione del beneficio economico, nonché le procedure per la gestione dello stesso, sono le medesime del Reddito, salvo dove viene diversamente specificato dalla norma.

Il decreto legge4 maggio 2023, n. 48, in vigore dal 5 maggio 2023, ha abolito il reddito di cittadinanza prevedendo all'art. 13 che i percettori di tale Reddito e della suddetta Pensione, manterranno il relativo beneficio sino alla sua naturale scadenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2023. In sostituzione di tali benefici, il citato decreto, con l'art. 1 ha istituito, a decorrere dall'1 gennaio 2024, l'assegno di inclusione, quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all'esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro, stabilendo che esso è una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata alla prova dei mezzi e all'adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

Peraltro, con la legge di bilancio 2023 (l. 29 dicembre 2022, n. 197, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), art. 1, comma 318, ha disposto: “A decorrere dal 1° gennaio 2024 gli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono abrogati). Il Governo nella fretta dettata dall'esigenza di approvare la legge di bilancio in tempo utile ad evitare l'esercizio provvisorio, non si era però verosimilmente accorto che, abrogando l'intera disciplina del sussidio a decorrere dal 1^ gennaio 2024, ha disposto anche l'abrogazione delle norme incriminatrici previste dall'articolo 7, cioè della disciplina sanzionatoria per l'indebita percezione del sussidio; si tratta di un'abrogazione realizzata da una norma della legge di bilancio entrata in vigore il 1^ gennaio 2023, con effetto differito al 1^ gennaio 2024. In altri termini, come subito segnalato da autorevole dottrina (Gatta), «la norma abrogatrice è già entrata in vigore, ma l'abrogazione, anche delle norme penali, si realizzerà alla fine dell'anno. Sotto il profilo del diritto intertemporale penale, si realizza – ed è questo il problema teorico sullo sfondo – il differimento della produzione degli effetti retroattivi di una lex mitior». In un primo momento tale intervento normativo aveva scatenato il caos nei Tribunali in quanto i Giudici non sapevano come orientarsi, motivo per il quale molti processi aventi ad oggetto tali fattispecie sono stati rinviati al 2024 in attesa che il Governo intervenisse per rimediare a quello che appariva un clamoroso errore con conseguente prescrizione di molti reati; per altri è stata emessa sentenze di non luogo a procedere per difetto di una ragionevole previsione di condanna, visto che la norma era stata abrogata e per altri ancora il G.i.p. ha restituito gli atti al P.M. poiché la norma era stata abrogata.

A tale situazione il Governo ha posto rimedio dopo quattro mesi con il citato “Decreto Lavoro”, d.l. n. 48/2023 in vigore dal 5 maggio 2023, il quale, a seguito dell'abolizione del reddito di cittadinanza, all'art. 13, comma 3 ha previsto una norma transitoria che stabilisce che “Al beneficio di cui all'articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023”. Una soluzione che, peraltro, non esclude la prospettazione di dubbi sulla legittimità costituzionale della ultrattività delle norme penali sfavorevoli all'agente.

Allo stato, comunque, ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 continuano ad applicarsi le norme penali relative al reddito di cittadinanza, che, quindi, possono ancora essere opportunamente esaminate nei loro risvolti interpretativi problematici.

Requisiti richiesti per il riconoscimento del reddito di cittadinanza

Secondo l'art. 2 d.l. n. 4/2019, il Reddito di cittadinanza è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, di diversi requisiti.

Con riferimento ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, il componente richiedente il beneficio deve essere cumulativamente:

1) in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell'Unione europea, ovvero suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

2) residente in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due, considerati al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, in modo continuativo. Sul punto, si segnala la sentenza n. 313 dell'11.10.2022, dep. 2.11.2022 emessa dal G.u.p. di Vercelli il quale ha ritenuto che, valorizzando il contesto in cui l'imputato avevano presentato domanda per il reddito di cittadinanza (e, in particolare, il fatto di essersi rivolto ad un intermediario – un CAF – per l'invio della domanda e di aver mostrato agli operatori del CAF i propri documenti, da cui emergeva l'assenza dei requisiti necessari per l'ottenimento del beneficio) e alcune caratteristiche soggettive del richiedente (difficoltà linguistiche e difficoltà di comprensione degli adempimenti richiesti), ha sostenuto l'operatività, nel caso di specie, dell'esimente dell'ignoranza inevitabile della legge penale (art. 5 c.p.);

Con riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali, il nucleo familiare deve possedere:

1) un valore dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore ad euro 9.360,00; ai fini del calcolo dell'ISEE per le sole prestazioni sociali agevolate rivolte a minorenni, il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l'altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non ricorra uno dei casi tassativamente indicati dall'art. 7 del D.P.C.M. n. 159 del 2013;

2) un valore del patrimonio immobiliare, in Italia e all'estero, come definito a fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad euro 30.000,00;

3) un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore ad euro 6.000,00, incrementabile in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare, ovvero di euro 2.000,00 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementato di ulteriori euro 1.000,00 per ogni figlio successivo al secondo; i predetti massimali sono ulteriormente incrementati di euro 5.000,00 per ogni componente in condizione di disabilità e di euro 7.500,00 per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite a fini ISEE, presente nel nucleo;

4) un valore del reddito familiare inferiore ad euro 6.000,00 annui moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza di cui al comma 4 dell'art. 2 d.l. n. 4/2019; tale soglia è incrementata ad euro 7.560,00 ai fini dell'accesso alla Pensione di cittadinanza e ad euro 9.360,00 nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione.

Con riferimento al godimento di beni durevoli:

1) nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità;

2) nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all'art. 3, comma 1 del d.lgs. n. 171/2005.

Il richiedente, non deve trovarsi in uno stato di disoccupazione dovuto a dimissioni volontarie presentate nei dodici mesi precedenti alla presentazione della domanda, ad eccezione delle dimissioni per giusta causa.

Inoltre, il richiedente il beneficio non deve essere sottoposto a misure cautelari personali, anche adottate a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, né deve aver subito condanne definitive per uno dei delitti indicati all'art. 7, comma 3 (di cui si dirà in seguito), intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta. La condanna definitiva alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici non priva il condannato del diritto alla percezione del reddito di cittadinanza, posto che esso non è ricompreso nella nozione di "assegni… a carico dello Stato", di cui quest'ultimo è privato ex art. 28, comma 2, n. 5 c.p., e che la preclusione alla sua percezione è espressamente prevista dall'art. 2, comma 1, lett. c-bis)d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, in casi specifici, legati alla precedente condanna per reati ostativi, divenuta definitiva nei dieci anni precedenti la richiesta (Cass. pen., sez. II, n. 38383/2022 - Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio il decreto di sequestro preventivo, disposto in relazione al delitto di cui all'art. 640-bis c.p. delle somme percepite quale reddito di cittadinanza da persona condannata alla suddetta pena accessoria). Pertanto, l'omessa informazione da parte del richiedente il reddito di cittadinanza di una pregressa condanna definitiva a suo carico per un reato ostativo, cui sia conseguita l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, non è tale da integrare il reato di cui all'art. 640-bis c.p. e da comportare la revoca del sussidio.

Obblighi previsti per il beneficiario

L'art. 3 d.l. n. 4/2019 prevede l'obbligo in capo a ciascun componente del nucleo familiare beneficiario del reddito di cittadinanza di comunicare all'ente erogatore ovvero all'I.N.P.S.:

  • ogni variazione della propria posizione lavorativa nelle forme dell'avvio di un'attività di lavoro dipendente o di un'attività d'impresa o di lavoro autonomo (art. 3, commi 8 e 9);
  • entro 15 giorni, ogni variazione del patrimonio immobiliare, di beni durevoli e del patrimonio mobiliare che comporti la perdita dei requisiti, perdita che, in questo ultimo caso, si verifica anche con l'acquisizione di somme o valori a seguito di donazione, successione o vincite (art.3, comma 11);
  • entro due mesi, la variazione del nucleo familiare attraverso la presentazione di una DSU aggiornata e, conseguentemente, una nuova domanda del reddito di cittadinanza tranne nel caso in cui la variazione sia effetto della nascita o del decesso di un componente (art. 3, comma 12);
  • qualora vi siano, tra i componenti del nucleo familiare, soggetti che si trovano in stato detentivo (sul punto la Suprema Corte ha affermato che integra il reato di cui all'art.7 d.l. n. 4/2019, l'omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare quale causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza, in quanto incidente sulla composizione del nucleo familiare, e quale parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica – Cass. pen., sez. III, n. 1351/2022), o sottoposti a misura cautelare o condannati per uno dei delitti indicati all'art. 7, comma 3d.l. n. 4/2019, o che siano ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica (art. 3, comma 13).
Reati in materia di reddito di cittadinanza

L'art. 7 del d.l. n. 4/2019 prevede sia ipotesi di reato, sia un'ampia casistica di fattispecie di revoca, decadenza e sanzioni amministrative.

Il comma 1 e il comma 2 prevedono due diversi reati, uno per la fase genetica, l'altro per la fase successiva al riconoscimento del beneficio economico e sono diretti a tutelare l'amministrazione contro mendaci dichiarazioni e omissioni circa l'effettiva situazione patrimoniale, reddituale e familiare da parte dei soggetti che intendono accedere o già hanno avuto accesso al reddito di cittadinanza.

Il comma 1 prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, sia punito con la reclusione da due a sei anni chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio economico del reddito di cittadinanza, renda o utilizzi dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero ometta informazioni dovute.

Il comma 2, invece, prevede che sia punito con la reclusione da uno a tre anni colui che ometta di comunicare le variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché le altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini previsti dalla norma, in particolare dall'art. 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11.

Si tratta di reati che hanno natura plurioffensiva, i beni giuridici protetti da entrambe le fattispecie sono la fede pubblica e il patrimonio pubblico. Sono reati di condotta e di pericolo in quanto diretti a tutelare l'amministrazione contro mendaci e omissioni circa l'effettiva situazione patrimoniale e reddituale da parte dei soggetti che intendono accedere o già hanno acceduto al "reddito di cittadinanza"; il primo è a dolo specifico, il secondo è a dolo generico.

Esaminando tali norme, ci si è chiesti se tali reati si configurino indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio.

Secondo un primo orientamento, integrano il delitto di cui all'art. 7, le false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito di cittadinanza", indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio (Cass. pen., sez. III, n. 5289/2020; nello stesso senso, Cass. pen., sez. III, n. 5309/2022; Cass. pen., sez.II, n. 2402/2021; Cass. pen., sez. III, n. 33808/2021; Cass. pen., sez. III, n. 33431/2021; Cass. pen., sez. III, n.1351/2021; Cass. pen., sez. III, n. 30302/2020;). Secondo la Suprema Corte, tale regola sarebbe espressione del generale principio antielusivo che si incardina sulla capacità contributiva del cittadino ai sensi dell'art. 53 della Costituzione, la cui ratio risponde al più generale principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione; per cui la punibilità del reato di condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalla quali riceve un beneficio economico. Sulla base di tale rilievo, la Corte ha ritenuto che le fattispecie incriminatrici previste dall'art. 7 d.l. n. 4/2019 trovino applicazione indipendentemente dall'accertamento della effettiva sussistenza delle condizioni per l'ammissione al beneficio e in particolare, dall'accertamento del superamento delle soglie reddituali di legge; si è anche osservato che tale indirizzo neppure è posto in crisi dalla formulazione letterale della disposizione in questione, la quale, per le violazioni di cui al comma 1, si riferisce "al fine di ottenere indebitamente il beneficio", atteso che il riferimento deve essere inteso come diretto a qualificare i dati che sono in sé rilevanti ai fini del controllo, da parte della amministrazione erogante, della ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento ed il mantenimento del beneficio.

La Suprema Corte, dunque, ha voluto mettere in rilievo come, nell'ambito della risposta sanzionatoria dello Stato rispetto a condotte lato sensu fraudolente poste in essere nella formulazione delle richieste di acceso a misure di sostegno, ovvero a benefici riconosciuti alle categorie di cittadini in condizioni economiche svantaggiate, il dato caratterizzante la tipicità del fatto penalmente rilevante è rappresentato dalla violazione del patto di leale collaborazione tra cittadini e Stato, in funzione antielusiva delle regole e dei limiti entro i quali si ritengono meritevoli di sostegno e aiuto specifiche categorie di appartenenti alla comunità. In questa prospettiva, già il dato della consapevole omissione di comunicazioni inerenti al profilo reddituale del richiedente, al pari dell'invio di dati e notizie non rispondenti al vero, costituisce di per sé condotta che espone a pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma.

Secondo diverso e contrastante orientamento, invece, integrano il delitto di cui all'art. 7 le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito di cittadinanza" o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, solo ove le stesse siano strumentali al conseguimento indebito del beneficio sicché non hanno rilevanza penale le condotte che, pur rappresentando una situazione difforme da quella reale, non incidano sul possesso effettivo dei requisiti richiesti per accedere al beneficio suddetto (Cass. pen., sez.II, n. 29910/2022; nello stesso senso, Cass. pen., sez.II, n. 44366/2021 - In motivazione, la Corte ha chiarito che il legislatore, con l'espressione "al fine di ottenere indebitamente il beneficio", ha inteso tipizzare, in termini di concretezza, il pericolo derivante dalla falsità o dall'omissività delle dichiarazioni, limitandone la rilevanza ai soli casi in cui l'intento dell'agente sia quello di conseguire, per il tramite delle stesse, un beneficio non dovuto, sicché il reato non è configurabile ove le false indicazioni e le omissioni non abbiano avuto alcuna efficacia causale ai fini dell'erogazione di detto beneficio).

Con ordinanza n. 2588/2023 dell'11.10.2022, depositata il 20.01.2023, la Sezione III della corte di Cassazione, ha rimesso tale questione alle Sezioni Unite al fine di rispondere ai seguenti quesiti: se integrano il delitto di cui all'art. 7 del d.l. n. 4/2019: “a) Le false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, ovvero b) Se il mendacio o le omissioni dichiarative rilevino nei soli casi in cui l'intento dell'agente sia solo quello di conseguire, per il tramite delle stesse, un beneficio altrimenti non dovuto". L'udienza è stata fissata per il 13 luglio 2023.

Revoca del beneficio conseguente alla commissione di reati

Per quanto concerne la commissione di reati, l'art. 7 comma 3 dispone la revoca del reddito di cittadinanza nel caso di:

  • condanna in via definitiva e sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per i reati di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 7 del d.l. n. 4/2019, per i reati previsti dagli artt. 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422, 600, 600-bis, 601, 602, 624-bis, 628, 629, 630, 640-bis, 644, 648, 648-bis e 648-ter c.p., dall'art. 3 della l. n. 75/1958, per i delitti aggravati ai sensi dell'art. 416-bis.1 c.p., per i reati di cui all'art. 73, commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5 (nei casi di recidiva), 74 e 80 (nelle ipotesi aggravate) del D.P.R. n. 309/1990 e per i reati di cui all'art. 12, comma 1, quando ricorra l'aggravante di cui al comma 3-ter, e comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo25 luglio 1998, n. 286.

L'immediata revoca del beneficio ha efficacia retroattiva e il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

Nel caso di condanna definitiva, qualora il condannato abbia dichiarato, invitato dall'autorità giudiziaria, se gode del beneficio nel primo atto cui è presente l'indagato o l'imputato, le decisioni sono comunicate dalla cancelleria del giudice all'INPS entro quindici giorni dalla data di pubblicazione della sentenza definitiva.

Reato e redditi derivanti da vincite di gioco

Negli ultimi anni, nell'ambito delle ordinarie funzioni di polizia economico-finanziaria, la Guardia di Finanza è stata incaricata di eseguire mirati interventi nel settore della "spesa pubblica", rientranti nello specifico piano operativo dedicato alle "Prestazioni Sociali Agevolate", tesi a far emergere fattispecie di falsità od omissioni connesse alle autodichiarazioni nelle DSU, nelle domande di corresponsione del reddito di cittadinanza e nei moduli delle variazioni del reddito, del patrimonio e delle altre informazioni.

Nello specifico, innumerevoli controlli hanno interessato il gioco online e, in particolare, i conti-gioco aperti dai percettori del reddito di cittadinanza. A seguito di tali controlli, numerose Procure della Repubblica hanno avviato indagini nei confronti di numerosi soggetti, rilevando, poi, che questi avevano omesso di dichiarare le somme vinte giocando online, violando, così, quanto disposto dal d.l. n. 4/2019 in merito ai requisiti da possedere per l'ottenimento o mantenimento del reddito di cittadinanza.

L'art. 67, comma 1 lett. d) d.P.R. n. 917/1986 prevede, denominandoli “redditi diversi”, che le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte nonché quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali, debbano essere considerati redditi a tutti gli effetti. In particolare, il comma 1 dell'art. 69 prevede che tali premi e vincite costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione. Il comma 1-bis prevede, poi, che “le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate nello Stato o negli altri Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta”.

Sulla base di tali indicazioni, quindi, le vincite conseguite nell'ambito di giochi online sono assoggettate alla disciplina suddetta e sono rilevanti ai fini della concessione o meno del reddito di cittadinanza, atteso che il valore del reddito familiare è determinato, secondo quanto prevede il comma 6 dell'art. 2 d.l. n. 4/2019, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 159 del 2013, la cui lett. b) contempla i redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d'imposta quale elemento del reddito di ciascun componente del nucleo familiare.

Pertanto, poiché tra i requisiti richiesti dalla norma per il riconoscimento del reddito di cittadinanza, vi è quello specificato dall'art. 2, comma 1 lett. b) n. 3d.l. n. 4/2019 (ovvero che il valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non deve essere superiore a una soglia di euro 6.000,00, accresciuta di euro 2.000,00 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementato di ulteriori euro 1.000,00 per ogni figlio successivo al secondo; massimali ulteriormente incrementati di euro 5.000,00 per ogni componente in condizione di disabilità e di euro 7.500 per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza presente nel nucleo) e poiché le vincite conseguite attraverso i giochi online fanno parte del patrimonio/reddito mobiliare del soggetto, è necessario tenere presente che anche queste devono essere prese in considerazione e quindi devono essere oggetto di dichiarazione ai fini dell'ottenimento del reddito di cittadinanza; tali somme, devono essere comunicate sia nella dichiarazione sostitutiva unica e sia qualora vengano incassate successivamente rispetto alle dichiarazioni rilasciate ai fini ISEE, in quanto il beneficiario, come previsto dalla norma, è obbligato a comunicare ogni variazione della propria posizione patrimoniale entro 15 giorni (“La perdita dei requisiti si verifica anche nel caso di acquisizione del possesso di somme o valori superiori alle soglie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), numero 3), a seguito di donazione, successione o vincite, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5, comma 6, e deve essere comunicata entro quindici giorni dall'acquisizione” - art. 3, comma 11 d.l. n. 4/2019).

Qualora, quindi, non si dovesse ottemperare a quanto previsto dall'art. 3 comma 11 d.l. n. 4/2019, salvo che il fatto costituisca un reato più grave, si configureranno le ipotesi di reato previste dai commi 1 e 2 dell'art. 7 d.l. n. 4/2019. La prima ipotesi si configurerà nel caso in cui, al fine di ottenere indebitamente il beneficio, il soggetto renda o utilizzi dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, od ometta informazioni dovute; la seconda ipotesi, invece, si configurerà nel caso in cui il soggetto ometta di comunicare le variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini stabiliti.

In primo luogo si sottolinea che la soluzione che verrà adottata dalle Sezioni Unite in merito al contrasto suesposto, sarà determinante per molti soggetti indagati/imputati per i suddetti reati in quanto, non si dovrà procedere nei loro confronti o essi dovranno essere assolti qualora si ritenga che le condotte consistenti nel riportare false indicazioni dei dati di fatto nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza o nell'omettere, anche parzialmente, informazioni dovute, qualora non incidano sul possesso effettivo dei requisiti richiesti per accedere al beneficio, non abbiano rilevanza penale.

Sul punto, si vuole offrire uno spunto di riflessione ponendo l'attenzione sulle modalità di accertamento del quantum delle somme conseguito a seguito di vincite nell'ambito di giochi online organizzati da soggetti concessionari o autorizzati dallo Stato; dall'analisi della documentazione acquisita in fase di indagini in alcuni procedimenti penali riguardanti soggetti diversi, è stata notata da professionisti del settore, compresa la scrivente, una interessante quanto rilevante incongruenza.

A seguito di diversi colloqui con la Guardia di Finanza, si è rilevato che vi sono notevoli incongruenze tra gli estratti conto gioco rilasciati al soggetto interessato, su sua richiesta, dai diversi siti di gioco online e quelli estratti dalle Banche dati in uso alla Polizia Giudiziaria. Infatti, nei primi vengono conteggiate come “Importo vinto” esclusivamente quelle somme di denaro che il soggetto vince, riscuote e preleva effettivamente attraverso l'accredito sulla propria carta bancomat o carta prepagate; nei secondi, invece, che non sono, però, accessibili al giocatore, vengono conteggiate tutte le vincite, ovvero anche quelle che non vengono riscosse dall'utente ma che vengono immediatamente rigiocate e delle quali, però, non vi è traccia negli estratti conto rilasciati su richiesta dell'interessato dai siti on line. In questo caso si tratta di somme esclusivamente virtuali, pertanto, è evidente che, ad avviso dello scrivente, tali vincite non possano in alcun modo costituire reddito.

Tale incongruenza è determinante ai fini della configurazione del reato in quanto il giocatore è in grado di tenere traccia delle vincite, e di conseguenza di verificare se debba effettuare la dichiarazione di variazione di reddito, esclusivamente sulla base degli estratti conto che gli vengono forniti dai siti di gioco online che, però, riportano somme differenti rispetto a quelli accessibili alla Polizia Giudiziaria e che vengono assunti quale prova della configurazione del reato. La differenza tra le somme/vincite risultanti dalle due diverse tipologie di estratto conto gioco è decisamente notevole.

In ogni caso, a tal proposito, si specifica che la maggior parte dei siti gioco online attraverso i quali si è potuto verificare quanto fin qui esposto, sono gestiti dall'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli (ADM) la quale esercita il presidio dello Stato nel settore dei giochi garantendo gli interessi dell'Erario attraverso la riscossione dei tributi e l'eventuale gestione del contenzioso, tutelando il cittadino con il contrasto agli illeciti e gestendo il mercato delle concessioni e degli atti regolamentari. Ebbene, da ciò si desume chiaramente che il cittadino/giocatore è privato della possibilità di tenere traccia reale e veritiera di quelle che esso considera vincite al gioco rilevanti ai fini del reddito e, di conseguenza, della possibilità di ottemperare all'eventuale comunicazione della variazione del patrimonio personale. Questo, infatti, su sua richiesta, può venire a conoscenza esclusivamente di quelli che sono i prelievi effettuati ovvero di quelle somme di denaro che vengono effettivamente incassate e delle quali egli può disporre attraverso l'uso della propria carta di credito o carta ricaricabile. Da un lato, quindi, esclusivamente tali somme dovrebbero essere considerate ai fini della quantificazione del reddito e non certamente quelle somme che, invece, rimangono esclusivamente virtuali e vengono rigiocate di volta in volta; dall'altro lato, la discrasia tra gli estratti conto a disposizione del giocatore e quelli utilizzati dalla Guardia di Finanza potrebbe essere elemento rilevante anche per stabilire se sussista o meno l'elemento soggettivo del reato, rendendo, comunque, necessario verificare se il soggetto abbia avuto la coscienza e la volontà di omettere la comunicazione delle vincite di gioco.

In conclusione

Le indagini svolte ad ampio raggio dalle Procure della Repubblica e dalla Polizia giudiziaria hanno portato all'individuazione di numerose persone responsabili dei reati previsti dall'art. 7 d.l. n. 4/2019 in molteplici e diverse fattispecie. Ciò ha aperto la strada a diverse problematiche e a numerosi quesiti anche a causa del sovrapporsi di interventi legislativi non proprio meditati. Sull'argomento, essendo la materia di recente introduzione, non si sono ancora formati orientamenti consolidati.

Riferimenti
  • R. Affinito-M.M. Cellini, Il reddito di cittadinanza tra procedimento amministrativo e processo penale, in sistemapenale.it, 9/2021;
  • P. Brambilla, False dichiarazioni per l'ottenimento del Reddito di cittadinanza e ignoranza inevitabile della legge penale, in sistemapenale.it, 13 gennaio 2023;
  • P. Brambilla, La rilevanza penale delle false dichiarazioni nella richiesta per l'ottenimento del reddito di cittadinanza: l'ordinanza che rimette la questione alle Sezioni unite, in sistemapenale.it, 15 febbraio 2023;
  • A. Cisterna, La Cassazione punisce l'omessa comunicazione della sopravvenuta custodia in carcere del figlio del percettore del reddito di cittadinanza, in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), 14 aprile 2022;
  • G.L. Gatta, Reddito di cittadinanza e "abrogatio per aberratio" delle norme penali: tra abolitio criminis e possibili rimedi, in sistemapenale.it, 6 marzo 2023;
  • G. Marino, Misure cautelari: la sospensione del reddito di cittadinanza è incostituzionale? in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), 23 giugno 2021;
  • S. Prandi, Indebita percezione del reddito di cittadinanza: una pronuncia del GIP di Lodi fornisce alcune precisazioni sulla rilevanza penale delle informazioni omesse, in sistemapenale.it, 20 ottobre 2021;
  • A. Preve, La Cassazione sulla disciplina penale in materia di reddito di cittadinanza: cause di riduzione del beneficio e sequestrabilità delle somme di denaro, in sistemapenale.it, 2 marzo 2022;
  • I. Scordamaglia, L'interdizione perpetua dai pubblici uffici è ostativa alla fruizione del reddito di cittadinanza? in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), 18 gennaio 2023.

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