L’eccessiva durata del piano impedisce il cram down fiscale

La Redazione
09 Maggio 2023

Il Tribunale di Roma, Sez. XIV civile, richiamando alcune linee guida rilasciate dal CNDCEC, nega l'omologa “forzosa” di un piano di ristrutturazione in ragione della eccessiva durata della rateazione e del piano, che impedisce di poterne utilmente scrutinare la fattibilità.

La pronuncia trae origine da un ricorso per omologa forzosa di un accordo di ristrutturazione con proposta di transazione fiscale nei confronti dell'Erario (c.d. cram down fiscale), ai sensi dell'art. 63, comma 2-bis CCII.

In particolare, la proposta prevedeva il pagamento in dieci anni della somma di € 1.500.000 in quaranta rate trimestrali, pari al 22% del credito verso l'Erario.

Il Tribunale si sofferma proprio sulla durata della rateazione e procede nella esposizione di alcune linee guida rilasciate sul tema dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei Commercialisti:

  • “Dovranno essere indicati i tempi necessari per l'esecuzione del Piano, tenendo presente che durate che eccedono un orizzonte temporale medio-lungo (generalmente da tre a cinque anni) si scontrano con problemi di prevedibilità analitica” (Principi per la redazione dei piani di risanamento, CNDCEC, 26 maggio 2022);
  • “Le considerazioni svolte dalla dottrina e dalla prassi dei principi contabili sulla inadeguata attendibilità delle previsioni di lungo periodo trovano eco anche nella prassi dei diversi tribunali, che solo in rari casi considerano ragionevoli piani di durata superiore a 5 anni, anche per l'alea inevitabilmente correlata allo spostare le previsioni nel futuro. In generale anche dal punto di vita dell'attestatore un orizzonte temporale troppo lontano appare problematico, a meno che non vi siano elementi di certezza quali, ad esempio: contratti vincolanti di durata oltre a 5 anni con primarie azionde come avviene nel settore degli idrocarburi delle utilities o delle gestioni immobiliari o alberghiere. In ogni caso il ricorso a piani aventi durata superiore a 5 anni deve essere puntualmente giustificato dal debitore con motivazione che l'attestatore deve ritenere adeguata, pronunciandosi espressamente sull'attendibilità, nei termini di cui sopra, delle previsioni successive al quinto anno” (Principi di attestazione dei piani di risanamento, CNDCEC, 7 gennaio 2021).

Il Tribunale rileva che la ricorrente – come da questa stessa segnalato nel piano di risanamento – “opera in un mercato nel quale la volatilità e l'incertezza, a causa di una serie di fattori politici ben noti e dalla evoluzione oggettivamente imprevedibile, è altissima”.

Prosegue il Tribunale: “in un contesto del genere avanzare previsioni di durata decennale circa costi, consumi, marginalità, evoluzione del mercato interno e dinamiche competitive con altri operatori (dinamiche che vanno verso una razionalizzazione e riduzione del numero dei soggetti sul mercato a vantaggio dei più grandi) è esercizio che:

  • contraddice le linee guida di settore sopra riportate. Le linee guida più recenti in tema di confezione dei piani di risanamento escludono la ragionevolezza di piani ultraquinquennali; quelle in tema di attestazione lasciano uno spazio per attestare piani più lunghi (…) in caso di presenza di elementi di certezza ai quali ancorarsi, che nel caso di specie non ricorrono affatto;
  • appare assai arduo e dagli esiti, per quanto di rilievo in questa sede, non connotati da adeguato grado di verosimiglianza”.

Ciò detto, dunque, trattandosi peraltro di richiesta di cram down fiscale e non di omologa “semplice” di un accordo già avallato dal creditore erariale, il Tribunale rigetta la domanda della società ricorrente.

Segnalazione della pronuncia a cura della Direzione scientifica

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