L'amministratore non è responsabile per l'irregolare raccolta differenziata dei rifiuti da parte dei condomini

10 Maggio 2023

Con la sentenza in commento la Cassazione ha annullato le determinazioni comunali applicative di sanzioni amministrative nei confronti di un amministratore di condominio, puntualizzando che quest'ultimo non può essere chiamato a rispondere, per il solo fatto di rivestire tale qualità, delle violazioni commesse dai condomini nella raccolta differenziata.
Massima

In tema di sanzioni amministrative, l'amministratore non è responsabile, in via solidale con i singoli condomini, della violazione del regolamento comunale concernente l'irregolare conferimento dei rifiuti nei contenitori destinati alla raccolta differenziata collocati all'interno di luoghi di proprietà condominiale, potendo egli essere chiamato a rispondere verso terzi esclusivamente per gli atti propri, omissivi e commissivi, non potendosi fondare tale responsabilità neanche sul disposto di cui all'art. 6 della l. n. 689/1981, avendo egli la mera gestione dei beni comuni, ma non anche la relativa disponibilità in senso materiale.

Il caso

Veniva impugnata con ricorso per cassazione una sentenza del Tribunale, la quale aveva rigettato l'appello proposto da un Condominio e dal suo amministratore, avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva respinto le loro opposizioni contro le determinazioni dirigenziali ingiuntive di Roma Capitale che, a seguito di verbali di accertamento dell'AMA, li avevano sanzionati per la violazione del regolamento comunale sui rifiuti urbani, per la presenza, all'interno dei contenitori dei rifiuti per la raccolta differenziata assegnati al condominio, di rifiuti irregolarmente conferiti.

A sostegno della conclusione accolta, il giudice del gravame aveva, in via preliminare, disatteso l'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'amministratore, il quale aveva negato di essere amministratore del Condominio sanzionato, rilevando che i verbali di accertamento avevano riportato i dati dell'amministratore condominiale che risultavano da una circolare affissa all'interno del condominio e che l'opponente non aveva fornito prova contraria.

Nel merito, lo stesso giudice aveva affermato che la responsabilità solidale del Condominio e del suo amministratore trovava fondamento nella circostanza che i contenitori dei rifiuti erano collocati in luoghi di proprietà condominiale e che la mancata identificazione degli autori materiali delle violazioni non esentava da responsabilità il Condominio ed il suo amministratore.

Per la cassazione di questa sentenza, ricorrevano il Condominio e il suo amministratore, mentre resisteva con controricorso Roma Capitale.

La questione

Si trattava di verificare se potesse riconoscersi, a carico dell'amministratore del Condominio, una responsabilità solidale derivante dagli obblighi di custodia dei contenitori destinati alla raccolta differenziata dei rifiuti, nonostante lo stesso amministratore non aveva mai avuto, in relazione ad essi, alcun rapporto diretto con l'AMA.

Si trattava, altresì, di verificare se potesse configurarsi una responsabilità solidale del suddetto amministratore con l'autore materiale delle violazioni, nonostante la concreta inesigibilità da parte del Condominio e del suo amministratore del dovere di esercitare una vigilanza sul regolare conferimento dei rifiuti nei contenitori della raccolta differenziata, così trasformando la responsabilità in parola in responsabilità oggettiva a carico della collettività condominiale.

Ad avviso del ricorrente, infatti, l'assegnazione diretta al Condominio dei suddetti contenitori costituiva il presupposto degli obblighi di custodia e vigilanza posti a fondamento del giudizio di responsabilità nei confronti del medesimo Condominio ed avrebbe dovuto essere provata dall'Amministrazione comunale.

Si contestava, inoltre, l'affermazione del Tribunale secondo cui il fondamento di tale responsabilità risiedeva nell'art. 6 della l. n. 6891981, che dichiarava la responsabilità solidale del proprietario della cosa che è servita o è stata destinata a commettere l'illecito, stante che il Condominio, cui i contenitori non sono mai stati materialmente assegnati, non poteva essere considerato proprietario o usufruttuario degli stessi.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze dell'amministratore ricorrente.

Invero, si rivelava errata la motivazione dell'impugnata sentenza, laddove ha affermato la responsabilità in via solidale dell'amministratore del Condominio per le violazioni contestate, sulla base del rilievo che i contenitori dei rifiuti oggetto delle irregolarità riscontrate dagli operatori dell'AMA risultavano collocati in luoghi di proprietà condominiale.

Tale assunto muove dalla premessa che l'amministratore del condominio sia di fatto responsabile solidalmente degli atti posti in essere dai singoli condomini, ma così, invece, non è, in quanto l'amministratore di condominio svolge l'incarico, riconducibile alla figura del mandato (art. 1129, comma 15, c.c.), di gestione ed amministrazione dei beni comuni, oltre che di tenuta della contabilità (art. 1130 c.c.), e nell'àmbito solo di tali attribuzioni ha la rappresentanza dei condomini verso l'esterno (art. 1131 c.c.).

Ciò comporta che l'amministratore può essere chiamato a rispondere, anche nei confronti di terzi, per atti propri, sia commissivi che omissivi, ma non per gli atti posti in essere dai condomini.

Nessuna norma di legge o principio in materia autorizza la conclusione di imputare a titolo di responsabilità solidale all'amministratore violazioni poste in essere dai singoli condomini.

Né la responsabilità solidale dell'amministratore - ad avviso degli ermellini - può trovare titolo nella disposizione di cui all'art. 6 della l. n. 689/1981, secondo cui della violazione amministrativa risponde, oltre che il suo autore, anche il proprietario, l'usufruttuario e il titolare del diritto di godimento della cosa che è servita o fu destinata a commettere l'illecito, atteso che nessuna di queste situazioni può riscontrarsi riguardo alla posizione che assume o alle funzioni che svolge l'amministratore condominiale, che gestisce il bene comune ma non ne ha alcuna disponibilità in senso materiale.

Di nessun rilievo ai fini dell'affermazione di una responsabilità dell'amministratore - secondo i magistrati del Palazzaccio - è anche la disposizione, richiamata dal Tribunale, dettata dall'art. 14, comma 7, del regolamento per la gestione dei rifiuti urbani del Comune di Roma, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 105 del 12 maggio 2005, che fa espressamente obbligo agli utenti ed all'amministratore di custodire ed utilizzare correttamente i contenitori assegnati al Condominio.

Tali obblighi, di custodia e di utilizzazione, confermano, al contrario, la tesi opposta a quella fatta propria dal giudice a quo, vale a dire la responsabilità dell'amministratore per la loro violazione può configurarsi soltanto in via diretta e non in via solidale, per il mancato o non corretto adempimento dei doveri di custodia e di utilizzazione.

Nello specifico, con riferimento all'utilizzazione ed alle violazioni contestate, consistite nell'inserimento di rifiuti non conformi nei contenitori predisposti per la raccolta differenziata, la norma regolamentare colpisce fatti propri, senza prospettare alcun collegamento a carico dell'amministratore in termini di solidarietà con l'autore della non corretta utilizzazione.

Osservazioni

La decisione in commento offre lo spunto per qualche considerazione in ordine alla problematica inerente la custodia e la vigilanza sulle parti comuni, e anche sulle parti esclusive ove queste siano di impedimento all'uso delle prime o vi arrechino danno.

Genericamente si parla di responsabilità dell'amministratore quando eccede i limiti delle sue attribuzioni, o abusa dei poteri-doveri conferitigli dalla legge o dal regolamento, o non fa ciò che la legge o il regolamento gli impongono di fare, oppure qualora il danno sia derivato dall'omessa esecuzione, da parte sua, di una delibera assembleare.

Uno dei punti cruciali è se l'amministratore sia o meno tenuto alla custodia e alla vigilanza sulle parti comuni. L'orientamento giurisprudenziale relativo a chi debba considerarsi investito del dovere di tutela è nel senso che questa spetta a colui che abbia l'oggettivo potere materiale sulla cosa, da identificarsi nel condominio stesso (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 1989, n. 25; tra le pronunce di merito, si segnala Trib. Ferrara 28 dicembre 1999).

La dizione, infatti, è usata in senso amplissimo, implicando una manutenzione tale da non arrecare danno, ma la responsabilità può essere ravvisata anche dal comportamento del danneggiato o dall'amministratore, che ha contravvenuto agli obblighi di cui all'art. 1130 c.c. per cui, in questo preciso caso, il condominio ha azione di rivalsa.

In proposito, si può affermare che il destinatario degli obblighi è il preponente stesso (condominio), e anche se si avvale dell'opera del preposto (amministratore), cioè quando la res rimane nella sua sfera di disponibilità effettiva, il custode è il preponente eventualmente con il concorso del preposto o di altri soggetti o con rivalsa, a seguito di inadempimento del preposto (amministratore) agli obblighi allo stesso derivanti dalla legge o dal regolamento o dall'assemblea ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. (argomentando da Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1996, n. 10144).

Il rapporto tra proprietà esclusive (o beni finali) e le parti comuni (o beni strumentali) comporta che, da un lato, si ha il diritto di proprietà delle singole unità immobiliari e, dall'altro, una comunione forzosa di quelle parti, che sono necessarie o al servizio delle prime: collegamento funzionale e in stretto rapporto, per cui reciprocamente si condizionano, nel senso che la parte esclusiva non può recare danno, anche indiretto, alle parti comuni (art. 1122 c.c.).

Da quanto sopra, si potrebbe trarre la convinzione che l'amministratore debba restare estraneo alla gestione delle parti esclusive, ma il rapporto connesso e complesso tra queste ed il primo conduce ad un diverso ragionamento.

È vero che l'amministrazione attiene alla gestione delle parti, dei servizi e degli impianti comuni, ma è altrettanto vero che questi possono essere, direttamente o indirettamente, coinvolte da un intervento o un mancato intervento nelle porzioni esclusive.

Invero, incombe all'amministratore la gestione dei servizi comuni, che coinvolge anche la vigilanza: in tale incombenza dell'amministratore, rientra la vigilanza sulla regolarità dei servizi comuni, anche per quanto attiene alle interferenze con i singoli appartamenti nonché il dovere di eseguire verifiche ed impartire le necessarie provvidenze intese a mantenere integra la parità di godimento dei beni comuni da parte di tutti i condomini.

Ora, in tale incombenza, deve ritenersi rientrare la vigilanza sulla regolarità dei servizi comuni, anche per quanto attiene alle interferenze con i singoli appartamenti.

Le attribuzioni dell'amministratore ineriscono, dunque, alla vigilanza e custodia: sul punto, l'art. 2051 c.c., laddove stabilisce che “ciascuno è responsabile del danno delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, impone una responsabilità indiretta o aquiliana.

Inoltre, il bene comune potrebbe essere inidoneo a produrre un danno ma, ove sollecitato anche da fattori esterni, potrebbe produrre un danno a terzi: in tale ipotesi, occorre accertare le cause dell'evento.

La prima si ha quando il custode (ossia l'amministratore) non ha adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno (ad esempio, il furto attraverso i ponteggi predisposti dall'impresa); la seconda quando, per difetto di custodia, produce un danno (si pensi alla caduta di neve dal tetto, al cornicione pericolante, ecc.); la terza quando vi sono sollecitazioni esterne (anche da parte della proprietà esclusiva) che agiscano sulla parte comune in modo da rendere quest'ultima nociva.

Si concretizza, quindi, l'interferenza della proprietà esclusiva, che determina nella parte comune, la cui vigilanza spetta all'amministratore, il potere di creare il danno (per alcune fattispecie concrete, v. Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1993, n. 5925; Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1990, n. 10277).

È opinione ormai consolidata, d'altronde, quella secondo cui è configurabile la responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c., benché la cosa in custodia non abbia una particolare attitudine a cagionare danno e, per essere sfornita di un proprio dinamismo, non sia idonea, di per sé, a svolgere una specifica attività nella produzione dell'evento; stante che la causale della responsabilità sancita dalla norma in esame non è puramente di carattere obbiettivo, ma in ogni caso collegata al fatto colposo dell'uomo, se ne deduce che tale responsabilità sussiste ogniqualvolta ad esso sia imputabile l'evento, vuoi che questo derivi direttamente dalla cosa per effetto di un'intrinseca efficienza dannosa, vuoi che l'attitudine a nuocere derivi da omessa custodia, cattiva costruzione o deficiente manutenzione: fattori, questi, pur sempre riconducibili al fatto colposo del custode, che consente l'esplicazione di tale attività dannosa.

Riferimenti

Cistaro, La raccolta differenziata della spazzatura in condominio, in Immob. & proprietà, 2016, 283;

Bertuzzi, Raccolta differenziata dei rifiuti: responsabilità del Sindaco, in Riv. ambiente e lavoro, 2008, fasc. 5, 66;

Tumbiolo, Raccolta differenziata e tutela della privacy, in Riv. giur. ambiente, 2006, 128;

Giorgi, Il decreto Ronchi e la raccolta differenziata dei rifiuti: il ruolo dei Comuni, in Comuni d'Italia, 1999, 1367;

Gallà - Riberti, La raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, Rimini, 1988.

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