No all'assegno divorzile all'ex moglie che non ha fatto richiesta di assegno di mantenimento in separazione

11 Maggio 2023

Nel caso di separazione consensuale in cui non sia previsto alcun contributo in favore dell'ex moglie, può quest'ultima richiedere ed ottenere un assegno nel successivo giudizio di divorzio?
Massima

La mancata previsione di un assegno di separazione in favore dell'ex moglie e l'assenza di apprezzabili peggioramenti della sua situazione di fatto, tali da giustificare l'applicazione del criterio assistenziale, costituiscono elementi da cui è possibile desumere nel successivo giudizio di divorzio l'inesistenza di sopravvenute necessità assistenziali della richiedente.

Ciò in applicazione del principio per cui la determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge in misura superiore a quella prevista in sede di separazione personale, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo.

Il caso

Il Tribunale di Roma nel 2016 pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio ponendo a carico di Tizio l'obbligo di corrispondere a Caia un assegno divorzile di € 450 mensili, ma la Corte d'Appello di Roma accoglieva l'appello dell'ex marito ritenendo non dovuta la corresponsione periodica e condannando Caia alle relative restituzioni.

Quest'ultima proponeva ricorso per cassazione articolando un unico motivo, mentre Tizio resisteva con controricorso.

Il Procuratore Generale concludeva per il rigetto del ricorso e, successivamente, Caia depositava memoria con la quale dava atto dell'intervenuto decesso dell'ex coniuge ed insisteva per l'accoglimento del ricorso.

La questione

Nel caso di separazione consensuale in cui non sia previsto alcun contributo in favore dell'ex moglie, può quest'ultima richiedere ed ottenere un assegno nel successivo giudizio di divorzio?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso con compensazione delle spese, condividendo le conclusioni originariamente formulate dal Procuratore Generale.

Caia lamentava come i giudici di secondo grado avessero omesso di valutare numerosi elementi, tra cui:

- le effettive condizioni reddituali delle parti al momento del divorzio;

- la convivenza dell'ex marito con un'altra donna, la quale percepiva redditi per oltre € 30.000 annui;

- la proprietà immobiliare della ricorrente che non era esclusiva, ma in comproprietà con altri eredi;

- la contrazione di un mutuo e di un finanziamento da parte di Caia per acquistare la quota della casa coniugale in comproprietà con l'ex marito;

- il peggioramento, infine, delle proprie condizioni fisiche.

Per di più Caia riteneva che la Corte d'Appello di Roma non avesse applicato correttamente i principi giurisprudenziali che disciplinano l'assegno divorzile, omettendo qualsivoglia riconoscimento del contributo fornito dall'ex coniuge alla formazione del patrimonio comune e a quello del coniuge.

La Corte di Cassazione esaminava così la situazione partendo dall'intervenuto decesso di Tizio.

Era richiamato, infatti, il principio secondo cui in tema di divorzio “nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso” (v. Cass. civ., n. 20494/2022).

Nel caso di specie occorreva considerare che in sede di separazione consensuale Caia non aveva richiesto alcun assegno a titolo di mantenimento personale e che il giudizio di divorzio era stato introdotto più di dieci anni dopo: anni durante i quali la ricorrente non aveva avanzato alcuna richiesta. In tal modo era possibile desumere “l'inesistenza di sopravvenute necessità assistenziali della richiedente(v. Cass. civ., n. 25646/2021;Cass. civ., n. 20494/2022).

Caia era economicamente indipendente essendo titolare di pensione, mentre le altre argomentazioni della ricorrente attinenti al profilo compensativo-perequativo non erano confermate dai dati probatori e non emergeva così alcun sacrificio delle aspettative di lavoro della stessa.

Osservazioni

Prima di richiamare i principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 in tema di assegno divorzile, la vicenda in esame offre l'opportunità di svolgere alcune considerazioni in merito alla morte del coniuge durante il procedimento di divorzio.

A norma dell'art. 149 c.c., la morte di un coniuge scioglie il vincolo matrimoniale e secondo il recente orientamento di legittimità, in caso di pendenza di giudizio divorzile, l'evento della morte del coniuge comporta la cessazione della materia del contendere su tutti gli aspetti: economici e personali (v. Cass. civ., n. 31358/2019; Cass. civ., n. 4092/2018; Cass. civ., n. 26489/2017).

In corso di causa, invece, dopo il decesso del coniuge, può sussistere per svariate ragioni un interesse di fatto alla prosecuzione del giudizio in capo al coniuge aspirante all'assegno divorzile: “per conseguire l'assegno periodico a carico dell'eredità ai sensi dell'art. 9-bis l. n. 898/1970; per costituirsi il presupposto al fine dell'attribuzione della pensione di reversibilità (…) oppure quale premessa per la quota dell'indennità di fine rapporto dell'altro coniuge” (v. Cass. civ., n. 20494/2022; K. Mascia, Quali conseguenze comporta la morte di un coniuge nel corso del giudizio di divorzio o di revisione dell'assegno divorzile? in dirittoegiustizia.it).

Pare opportuno rammentare poi che la separazione – e di conseguenza anche il relativo assegno – presuppone la permanenza del vincolo coniugale: si ha, infatti, solo una sospensione dei doveri “personali” del matrimonio (quali quello di convivenza, di fedeltà e di collaborazione), mentre permangono i doveri di natura economica. Nell'ambito del divorzio, invece, sono recisi tutti i rapporti tra i coniugi, personali ed economici. Due piani da considerare distintamente (v. Red. Scient., La Corte Suprema ritorna sulla differenza fra assegno di separazione e di divorzio, in IUS Famiglie).Il riconoscimento dell'assegno di divorzio, dunque, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, senza dimenticare in ogni caso che la determinazione dell'assegno divorzile in misura superiore a quella prevista in sede di separazione “non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo”.

Occorre considerare che l'assegno divorzile deve essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, non essendo volto alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale (v. Cass. civ., n. 5605/2020).

È sufficiente constatare che “in tutti i casi in cui l'assegno non sia riconosciuto, non ricorrendo in concreto le condizioni per valorizzare la funzione compensativa, è perché il coniuge richiedente evidentemente si trova in condizioni di autosufficienza economica” (v. Cass. civ., n. 6386/2019; Cass. civ., n. 24935/2019; Prof. Carlo Rimini, “Il nuovo assegno di divorzio: la funzione compensativa e perequativa” in Giurisprudenza Italiana, n. 8-9/2018, Torino).

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