Definizione transattiva di lite giudiziaria intercorsa tra le parti di un rapporto locatizio in ordine alla durata e al canone

11 Aprile 2023

L a Cassazione ha chiarito che un rapporto locatizio deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, restando regolato - per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione - dallo stesso negozio transattivo o, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti.
Massima

Qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l'ammontare del canone, stabilendo, fra l'altro, una determinata scadenza per il rilascio dell'immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae - data la sua genesi e l'unicità della causa che avvince il complesso rapporto - alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge c.d. dell'equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile.

Il caso

Con la sentenza di primo grado, pronunciando sulle contrapposte pretese indennitarie, restitutorie e risarcitorie, poste ad oggetto di quattro distinti giudizi, nascenti da un rapporto di locazione alberghiera, il Tribunale, riuniti i procedimenti, respinta ogni altra domanda - tra cui quella di condanna del locatore al pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, previa declaratoria della nullità del patto di rinuncia contenuto nel verbale di conciliazione di un precedente procedimento - aveva: a) condannato il conduttore al pagamento di una determinata somma a titolo di risarcimento danni all'immobile rilasciato, b) riconosciuto al locatore il diritto all'indennità per la protratta occupazione dell'immobile dopo la scadenza del contratto, e c) compensato in parte tali importi con il contrapposto credito restitutorio del deposito cauzionale.

Con la sentenza di secondo grado, la Corte d'Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva revocato la condanna ivi pronunciata a carico del conduttore e aveva, invece, condannato il locatore al pagamento, in favore di controparte di complessivi € 45.021,24, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Per quanto qui rileva, in accoglimento del motivo di appello proposto dal conduttore - con cui si contestava che, nel verbale di conciliazione redatto a definizione di precedente procedimento di convalida di licenza per finita locazione, intimata dal locatore, potesse riconoscersi un contenuto transattivo tale da rendere valida la rinuncia ivi espressa all'indennità per la perdita dell'avviamento, stante che il relativo diritto non era ancora sorto - il giudice distrettuale aveva riconosciuto il diritto del conduttore alla reclamata indennità, ritenendo dirimente, “senza che mettesse conto soffermarsi sulla qualificazione della suddetta pattuizione, che la norma imperativa dell'art. 79 della l. n. 392/1978 è violata da qualunque accordo, ordinario o transattivo, antecedente la scadenza del contratto di locazione, riguardante diritti indisponibili che insorgano solo alla cessazione del rapporto, con conseguente nullità della pattuizione in corso dello stesso”.

Il locatore proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se fosse legittima la rinuncia all'indennità per l'avviamento commerciale espressa dal conduttore nel verbale di conciliazione di precedente contenzioso tra le stesse parti, atteso che la nullità prevista dall'art. 79 della legge c.d. sull'equo canone colpisce solo la rinuncia “preventiva” all'indennità di cui all'art. 34 della stessa legge, ma non anche quella espressa “successivamente” alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trova più in una posizione di debolezza per il timore di essere costretto a lasciare l'immobile dove svolge l'attività commerciale, restando, in tal caso, consentito alle parti di negoziare liberamente in ordine ai diritti nascenti dal contratto e, in particolare, circa il diritto all'indennità di avviamento.

Si sottolineava, in proposito, che il conduttore non aveva rinunciato all'indennità di avviamento al momento dell'inizio del rapporto locatizio, bensì in prossimità della scadenza dello stesso e, segnatamente, nell'àmbito di un giudizio per convalida della licenza per finita locazione, ossia quando il suo diritto all'indennità per perdita di avviamento era certamente sorto e, dunque, da considerarsi disponibile.

In buona sostanza, secondo il ricorrente, non vi era stata una rinuncia preventiva, bensì una “concessione” riguardo ad un diritto certamente disponibile ex art. 1965 c.c., che il conduttore aveva fatto, in prossimità della scadenza del rapporto locatizio, nell'àmbito di un verbale di conciliazione giudiziale volto a porre fine a una lite; peraltro, a tale accordo non poteva non riconoscersi “contenuto transattivo”, stante che, a fronte della rinuncia all'indennità de qua, lo stesso conduttore aveva ottenuto, secondo il sinallagma tipico del citato art. 1965, il vantaggio di poter godere di una proroga sino al 2012 della scadenza per il rilascio dell'immobile, la cui disponibilità sarebbe altrimenti venuta meno nel 2007.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del locatore.

Invero, secondo principio risalente - ma costantemente ribadito nella giurisprudenza di vertice - qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l'ammontare del canone, stabilendo, fra l'altro, una determinata scadenza per il rilascio dell'immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae - data la sua genesi e l'unicità della causa che avvince il complesso rapporto - alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge c.d. dell'equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile.

Peraltro, il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato - per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione - dallo stesso negozio transattivo oppure, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti.

La transazione così conclusa, rimanendo irrilevanti i motivi e gli interessi sottesi al raggiungimento di tale accordo sopravvenuto, non è nulla per contrarietà al disposto dell'art. 79 della l. n. 392/1978 - ancora in vigore limitatamente alle locazioni non abitative per effetto dell'art. 14, comma 4, della l. n. 431/1998 - poiché tale norma, volta ad evitare l'elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che i medesimi siano già sorti (così Cass. civ., sez. III, 19 giugno 1984, n. 3634; in senso conforme, v., successivamente, Cass. civ., sez. III, 26 marzo 1991, n. 3270, la quale aveva confermato la sentenza che, in adesione a tale principio, aveva negato il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento; Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1995, n. 11806; Cass. civ., sez. III, 22 aprile 1999, n. 3984, che, nella specie, aveva ritenuto sottratta alla sanzione della nullità ex art. 79 della l. n. 392/1978, la rinuncia implicita all'indennità di avviamento contenuta in un contratto di transazione; Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2003, n. 9197; Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2006, n. 2148; Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23910; Cass. civ., sez. III, 24 novembre 2007, n. 24458; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2008, n, 4714; Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2494; Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2010, n. 11947).

Alla luce di tale principio, l'accertamento della natura transattiva o meno dell'accordo trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di precedente contenzioso tra le stesse - nel quale si dibatteva intorno all'effettiva data di cessazione del pregresso rapporto locativo nonché alla riconducibilità o meno di essa ad un recesso del conduttore - lungi dal potersi considerare, come aveva fatto la Corte territoriale, “questione sulla quale era inutile soffermarsi”, assumeva invece rilievo centrale ai fini della definizione della controversia, per i profili ancora in discussione.

Né poteva considerarsi scriminante - ad avviso degli ermellini - il fatto che l'accordo transattivo fosse intervenuto anteriormente alla scadenza del contratto di locazione, atteso che è nella logica dell'esposto principio, e ne costituisce, anzi, esplicito corollario, l'affermazione che proprio la transazione venga a segnare essa stessa, con la previsione di una più lontana scadenza, anche la cessazione convenzionale del rapporto precedente.

D'altronde, si rammenta che - secondo principio ormai acquisito - l'art. 79 della l. n. 392/1978, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, oppure ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, purché ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2018, n. 15373; Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2019, n. 24221; Cass. civ., sez. III, 24 giugno 2020, n. 12405; Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2022, n. 18324; Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2022, n. 22826).

Osservazioni

L'ordinanza in commento si rivela interessante perché ribadisce importanti principi, segnatamente in ordine ai limiti dell'autonomia contrattuale in subiecta materia.

Si è propensi nel ritenere che la rinuncia “preventiva” all'indennità per la perdita dell'avviamento sia da considerare senz'altro nulla, sia essa gratuita o onerosa, in quanto l'art. 79 della l. n. 392/1978 mira ad evitare che, al momento della stipula del contratto, le parti eludano in qualsiasi modo le norme imperative poste dalla legge dell'equo canone, aggravando in particolare la posizione del conduttore.

Talvolta, succede che il conduttore rinunci preventivamente, ossia in sede di stipula del contratto di locazione, all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'art. 34 della l. n. 392/1978, sicché deve essere adeguatamente valutato l'inquadramento giuridico di tale atto abdicativo e vanno correttamente individuate le conseguenze con riferimento al complessivo assetto negoziale, anche perché, qualora la nullità della clausola travolga l'intero contratto, si potrebbe consentire al locatore, con un accordo preventivo nullo, di eludere la normativa vigente e di privare il conduttore di quei diritti inderogabili che il legislatore del 1978 ha inteso tutelare mediante la nullità di cui all'art. 79.

Non si nasconde che lo stesso conduttore potrebbe considerare tale rinuncia “appetibile” in vista dei suoi reali obiettivi di economicità/competitività, ad esempio, compensandola con la pattuizione ab initio di un canone inferiore a quello originariamente concordato, o con una maggiore durata convenzionale rispetto a quella legale; tuttavia, occorre pur sempre considerare la rilevanza del dato temporale di disponibilità del relativo diritto, atteso che il credito del conduttore all'indennità de qua diviene esigibile soltanto nel momento in cui avviene la cessazione del rapporto o il rilascio dell'immobile.

Al riguardo, va registrato un orientamento abbastanza soft della giurisprudenza, che ha escluso la nullità di cui al citato art. 79 per quelle clausole volte, appunto, a precludere al conduttore la rivendicazione dell'indennità di avviamento commerciale, anche se contestuali alla conclusione del relativo contratto, se tali clausole costituiscano il corrispettivo della rinuncia, da parte del locatore, a percepire il canone mensile nella misura già pattuita, rappresentando così la controprestazione della concordata riduzione del canone (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 1995, n. 10907), o rappresentino la compensazione per una proroga della durata del rapporto a cui il conduttore non avrebbe avuto diritto (Cass. civ., sez. III, 19 marzo 1991, n. 2945).

In questa prospettiva, l'art. 79 della l. n. 392/1978 viene visto come norma diretta unicamente a garantire l'equilibrio sinallagmatico del contratto, sicché si rivelerebbe ultroneo rimarcare che trattasi di un atto abdicativo di un diritto non ancora sorto in capo al conduttore, atteso che saremmo in presenza di un negozio bilaterale in cui quest'ultimo ha attentamente soppesato la congruità dell'avversa prestazione.

Va, infatti, riconosciuta l'utilità pratica della clausola in esame: talvolta, piccoli conduttori (di bar o negozi), con pochi avventori e scarsi introiti, potrebbero trovare più conveniente pagare mensilmente un canone inferiore, o godere gratuitamente un locale accessorio, oppure usufruire dell'esonero dell'aumento in caso di spese straordinarie, piuttosto che affidarsi all'eventuale e futura indennità di avviamento, lontana di dodici anni.

Rimaneva fermo, comunque, che non era affetta dalla nullità di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 la rinuncia all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, se inserita tra le reciproche concessioni di un contratto di transazione, concluso, però, al momento della cessazione del relativo rapporto (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 3 aprile 1993, n. 4041).

D'altronde, le parti possono stabilire, con apposito accordo transattivo, la rinuncia del conduttore al suo diritto di impedire l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile locato quando ancora non sia stata corrisposta l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della stessa legge, tuttavia, tale clausola, per non incorrere nella sanzione di nullità di cui al citato art. 79, deve derivare da un espresso negozio abdicativo la cui valutazione spetta al giudice di merito, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (Cass. civ., sez. III, 28 agosto 2007, n. 18157: nella specie, si era confermata la sentenza che aveva respinto la domanda del locatore volta ad ottenere il pagamento, da parte del conduttore, della penale pattuita in sede di accordo transattivo per il ritardo nel rilascio dell'immobile, essendo stato provato che il pagamento dell'indennità di avviamento era avvenuto con un ritardo di sei mesi rispetto alla data concordata e che nell'accordo intercorso risultava richiamato l'art. 34 della l. n. 392/1978, sicché il rifiuto di rilascio doveva reputarsi legittimo).

A questo orientamento, se ne è contrapposto uno più rigido, secondo il quale, alla cessazione della locazione di immobile ad uso non abitativo, spetta al conduttore, comunque, l'indennità per la perdita dell'avviamento prevista dall'art. 34 della legge n. 392/1978, e che eventuali clausole contrattuali di rinuncia alla suddetta indennità sono nulle ai sensi dell'art. 79 medesima legge (v., tra le altre, Cass. 6 novembre 2009, n. 23557).

Tale indirizzo risulta mitigato, da ultimo, dai giudici di Piazza Cavour, ad avviso dei quali l'art. 79 della l. n. 392/1978, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, oppure ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, “purché ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata” (v. la motivazione della decisione in commento, che ha inteso dare continuità a quest'ultimo orientamento giurisprudenziale).

Riferimenti

Buffone, Transazione nel rapporto di locazione, in Il Civilista, 2009, fasc. 5, 70;

Barlassina, Accordi transattivi e rinunzia del conduttore alla prelazione urbana, in Immob. & proprietà, 2008, 629;

Montesanto, Ripristino del contratto di locazione, risarcimento del danno e indennità (principale ed aggiuntiva) per la perdita dell'avviamento commerciale nel caso di rilascio dell'immobile locato per effetto di transazione a seguito di disdetta inefficace, in Rass. loc. e cond., 2006, 365;

Benetti, Transazione, locazione e rinunzia ai diritti derivanti dalla legge dell'equo canone, in Contratti, 1996, 261;

Proto, Locazione, transazione, patti contrari alla legge ed altri rimedi di tutela del conduttore, in Giur. merito, 1991, 1072;

D'Ascola, Rinunzie e transazioni nel rapporto di locazione, in Corr. giur., 1991, 897;

Carusi, Inderogabilità della disciplina delle locazioni e disponibilità dei diritti del locatario, in Giur. it., 1990, I, 2, 259;

De Tilla, Transazione, conciliazione e rinuncia ai diritti (rinnovazione, proroga, avviamento, canone) scaturenti dalla disciplina fissata dalla l. 27 luglio 1978, n. 392, in Giust. civ., 1990, I, 2087;

Grieco, Criteri differenziali fra la transazione propria e quella novativa e diversa incidenza delle due figure sul rapporto di locazione in corso, in Giust. civ., 1989, I, 2747.

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