Simulazione contrattuale: nullità dell'accordo, ripetizione dell'indebito e disciplina restitutoria nell'arricchimento senza causa

Vincenzo Liguori
16 Maggio 2023

Tizio prende in locazione da Caio un lussuoso immobile di prestigio con contratto ad uso abitativo registrato, nel quale viene pattuito un canone annuale di euro 96.000,00, da corrispondere in dodici rate mensili di euro 8.000,00 ciascuna. Nonostante l'accordo scritto, il conduttore Tizio viene costretto a versare, a fronte degli importi risultanti dal contratto di locazione registrato, canoni di importo superiore, pari al doppio di quelli pattuiti. Sulla base di queste premesse, può il conduttore Tizio, una volta rilasciato l'immobile locato, agire nei confronti del locatore Caio onde ottenere la declaratoria di nullità del contratto e vederlo condannare al pagamento della somma eccedente rispetto a quella risultante dal contratto?

È evidente dalla narrativa del quesito che le parti abbiano regolato il rapporto contrattuale convenendo, con accordo simulatorio, di stipulare un contratto di locazione - da sottoporre a registrazione - in cui è indicato un canone inferiore a quello realmente pattuito, redigendo il relativo contratto scritto con un canone fittizio (c.d. canone apparente).

L'art. 13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nel sancire la nullità di qualsiasi pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto registrato, prevede che il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere al locatore la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore.

A. Termine per azionare la pretesa restitutoria

Il conduttore-creditore che intenda agire nei confronti del locatore-debitore per la ripetizione delle maggiori somme a quest'ultimo versate (determinate dalla differenza tra il maggior canone corrisposto e quello minore risultante dal contratto di locazione scritto e registrato), non ha l'onere “decadenziale” assoluto di agire necessariamente entro il termine di 6 mesi dal rilascio dell'immobile.

Tale termine previsto ex art. 13, L. n. 431/1998 configura, invero, una peculiare ipotesi “ibrida” di decadenza e prescrizione, con effetti diversi a seconda che il conduttore agisca prima o dopo lo spirare del suddetto termine semestrale.

Secondo Cass., sez. III, 13 aprile 2023, n.9937, infatti, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza, previsto dall'art. 13, comma 2, l. n. 431/1998, per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente corrisposto nel corso dell'intero rapporto contrattuale e fino al momento della riconsegna dell'immobile locato, rendendo inopponibile nei suoi confronti qualsivoglia eccezione di prescrizione dei singoli canoni-crediti laddove, in caso contrario, egli è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei singoli canoni per i quali essa è già maturata al momento dell'esercizio dell'azione.

Secondo Cass., sez. VI, 24 ottobre 2022, n.31321, altresì, in tema di locazione ad uso diverso e di c.d. vecchio equo canone, il termine semestrale di decadenza, previsto dal diverso art. 79, comma 2, legge n. 392 del 1978, per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa sì che, se l'azione viene esperita oltre detto termine semestrale, il conduttore non decade dall'azione ma è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei singoli canoni-crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione relativa ai singoli canoni per cui è eventualmente maturata la prescrizione.

B. Nullità dell'accordo simulatorio

Per quanto riguarda la nullità dell'accordo simulatorio, in materia è ius receptum che “In tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dall'art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente” (SS.UU. 17 settembre 2015, n.18213).

Su detta questione la citata Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18214 del 2015, è intervenuta affermando che la sostituzione del canone reale a quello fittizio è radicalmente nulla, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 legge n. 431 del 1998, ma la previsione di nullità dettata con tale norma imperativa non comporta la nullità dell'intero contratto.

Invero, una volta che si ascriva la fattispecie nell'ambito della simulazione, la sostituzione dell'oggetto contrattuale apparente (il prezzo fittizio) con quello reale (il canone effettivamente convenuto) contrasta con la norma imperativa che tale sostituzione impedisce e, pertanto, lascia integra la (unica) convenzione negoziale originaria, rappresentata dall'oggetto di registrazione (ergo: il canone ufficialmente risultante dal contratto registrato).

Tali principi sono stati ribaditi anche successivamente dalla Cass. sez. un., sentenza n. 23601/2017, con la quale è stato specificato che nel caso di simulazione relativa del canone di locazione e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di elusione fiscale, si è in presenza - quanto al c.d. accordo integrativo - di una nullità virtuale insanabile, ma non idonea a travolgere l'intero rapporto e, quindi, è affetto da nullità solamente il patto col quale le parti abbiano concordato occultamente un canone superiore a quello dichiarato, ma tale nullità non vizia il negozio in cui l'accordo simulatorio è inserito - vitiatur sed non vitiat - con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall'avvenuta registrazione.

Secondo l'interpretazione dei giudici di legittimità (Cass. sez. un., n. 18213/2015), inoltre, non assume alcuna importanza la forma in concreto adottata dalle parti per la “controdichiarazione”, la quale potrebbe anche mancare, atteso che l'atto contenente l'indicazione del reale oggetto della convenzione negoziale non va valutato, ex se, come avulso dal più complesso procedimento simulatorio, avendo l'eventuale controdichiarazione una rilevanza solo sul piano interpretativo e probatorio.

La giurisprudenza granitica consolidatasi sul tema ha permesso altresì di superare la questione di legittimità costituzionale adombrata sull'art. 13 legge n. 431 del 1998, per possibile contrasto con gli artt. 3, 41,42 e 53 della Costituzione.

Queste le ragioni.

La norma, dettata nell'ambito della disciplina speciale della locazione ad uso abitativo, sancisce la nullità testuale del patto integrativo del canone di locazione volto a stabilire una maggiorazione rispetto al canone risultante dal contratto scritto e registrato; la suddetta nullità si collega poi alla previsione di cui all'art. 1, comma 346, della L. n. 311/2004 laddove si prevede la nullità del contratto di locazione per uso abitativo non registrato.

La nullità in esame non è funzionale solamente alla registrazione del contratto ma assolve ad una funzione di protezione del conduttore, considerato contraente debole, nell'ottica del c.d. neoformalismo negoziale, laddove la forma è informativa e garantisce la certezza delle obbligazioni assunte dalle parti.

La giurisprudenza di legittimità, nel suo più alto consesso (con le pronunce a Sezioni Unite sopra citate) ha quindi evidenziato che la nullità del patto integrativo del canone mira a scongiurare l'ipotesi che il locatore, contraente forte, possa imporre al conduttore, contraente debole, un patto occulto modificativo in senso ampliativo del canone, oltre ad essere la norma posta a tutela della ragione fiscale dell'Erario, atteso che la quota di canone versata in eccedenza e non oggetto di registrazione è sottratta dalla base imponibile e, dunque, configura un'ipotesi di elusione fiscale.

Emerge, quindi, dai suddetti assunti di origine giurisprudenziale, la coerenza della disciplina civilistica e la conformità ai principi costituzionali ex artt. 3, 41,42 e 53 Cost.

Nel caso oggetto di quesito, dunque, laddove il conduttore agisca nel termine di 6 mesi dal rilascio dell'immobile ed ove risulti provata la circostanza dell'accordo simulatorio di maggiorazione del canone (in quanto, ad esempio, circostanza non contestata ex artt. 115 e 116 c.p.c. e/o eventualmente dimostrata per tabulas), il patto fittizio a latere stipulato tra locatore e conduttore sulla misura maggiorata del canone sarà insanabilmente nullo, con rideterminazione della misura del canone fissata nel contratto registrato ed onere di restituzione del locatore di tutte le somme pagate in eccesso dal conduttore (ex art. 13, comma 2, legge n. 431/1998).

Detto importo andrà maggiorato, a norma dell'art. 2033 c.c., degli interessi legali ex art. 1284 c.c., i quali decorreranno:

  • dalla domanda al saldo effettivo qualora risulti operante la presunzione, in assenza di prova contraria, della buona fede del locatore (accipiens) nella percezione delle somme in esubero;
  • dalla data del pagamento dei singoli canoni al saldo effettivo qualora risulti, invece, provata la malafede del locatore nella percezione delle somme in esubero (elemento soggettivo il cui onere probatorio ricade in capo al conduttore-creditore).

Invero, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, “qualora il conduttore abbia corrisposto a titolo di canone una somma maggiore rispetto a quella consentita dalla legge, trova applicazione, in riferimento alla domanda di restituzione delle somme corrisposte in eccedenza, la regola generale di cui all'art. 2033 c.c., secondo la quale gli interessi sulle somme da restituire decorrono dal giorno della domanda giudiziale se l'"accipiens" era in buona fede e da quello del pagamento se era in mala fede; in particolare, alla violazione della norma imperativa che stabilisce il canone per un immobile adibito ad uso di abitazione non consegue automaticamente la mala fede del locatore, sicché il conduttore ha l'onere di dimostrare di essere stato indotto dal locatore alla corresponsione del canone in misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria” (Cass. n. 13424/2015).

C. Osservazioni

L'orientamento consolidato della S.C. in tema di delimitazione della nullità negoziale al solo accordo simulatorio è coerente con il generale principio di conservazione degli atti giuridici, fissato come norma generale in materia di interpretazione dei contratti, ex art. 1367 c.c., in quanto il tessuto normativo del codice civile deve ritenersi ispirato ad un principio generale di economia conservativa degli atti (cfr. Sez. Un. 9 dicembre 2022 n. 36057).

Ciò è in perfetta coerenza con il principio secondo cui l'ordinamento giuridico tende a conservare gli atti negoziali e/o giudiziali finché sia possibile attribuire ad essi effetti giuridici e nei limiti in cui essi siano idonei a raggiungere lo scopo loro affidato, con conseguente salvaguardia di tali effetti (cfr. Corte Cost. 12 marzo 2007 n. 77).

Tale principio di conservazione degli atti giuridici - fissato come norma generale in materia di interpretazione dei contratti (art. 1367 c.c.) - sussiste altresì in materia processuale ex art. 159 c.p.c. (cfr. ancora una volta Sez. Un. 9 dicembre 2022 n. 36057).

È ius receptum, infatti, che “l'efficacia sanante di un atto invalido (nella specie, di natura processuale) sia un principio immanente dell'ordinamento, in quanto strettamente connesso al principio di conservazione di ogni atto giuridico, e sia ispirato ad una visione, ormai positivizzata a livello costituzionale (art. 111 comma 1 Cost.)” (Sez. Un. 15 gennaio 2015 n. 602; Cass. 21 novembre 2011 n. 24450; cfr. Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2022 n. 36057 e Cass. Sez. Un. 12 maggio 2016 n. 9772 in materia di nullità del deposito degli atti introduttivi del giudizio in via telematica).

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