Installazione del condizionatore sulla facciata1. Bussole di inquadramentoAspetti generali sulle parti comuni del condominio Il condominio è una particolare modalità di comunione, sotto il profilo della contitolarità di determinate aree (le parti comuni). In sostanza, nel condominio più persone hanno la proprietà esclusiva di parti distinte di un medesimo fabbricato (piani o porzioni di piano), mentre su altre parti dell'edificio, connesse al complesso delle singole unità immobiliari per funzione e struttura, insiste la proprietà comune di tutti i condomini. Invero, a norma degli artt. 1117 ss. c.c., la disciplina delle parti comuni può essere fatta rientrare nell'àmbito della comunione pro indiviso di quei beni, detti appunto parti comuni del condominio, la quali strutturalmente e funzionalmente sono connessi alle singole unità immobiliari appartenenti, in esclusiva, a ciascun condomino. La relazione esistente tra le parti comuni e quelle di proprietà esclusiva è di tipo funzionale: le parti comuni, infatti, sono poste al servizio di altre parti dell'edificio e sono a queste legate da un rapporto di accessorietà, che esprime la mancanza di autonomia fisica dei beni comuni rispetto ai beni di proprietà solitaria (gli appartamenti, per intendersi). Premesso ciò, all'interno dell'art. 1117 c.c. è contenuto un elenco di parti comuni strutturato in base a tre separati gruppi di cose, contraddistinti nei tre paragrafi 1), 2) e 3). Tale ripartizione, tiene conto di alcune parti dell'edificio suscettibili di utilizzazione individuale ed eventuale (indicate al n. 2 dell'art. 1117 c.c. come, ad esempio, locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, ecc.); altre parti, invece, danno luogo ad una modalità di godimento che si pone in termini di assoluta necessità (quelle di cui ai nn. 1 e 3 dell'art. 1117 c.c., come, ad esempio, il lastrico solare e le facciate ecc., oppure, gli ascensori e gli impianti idrici e di trasmissione del gas, ecc.). La facciata del condominio La facciata è l'insieme delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali che connotano l'edificio, imprimendogli una propria fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico. Ne deriva che la facciata rappresenta, quindi, l'immagine stessa dell'edificio, l'involucro esterno e visibile nel quale rientrano, senza differenza e aldilà delle esposizioni, sia la parte anteriore, frontale e principale che gli altri lati dello stabile. La facciata, tuttavia, va tenuta concettualmente distinta dal muro maestro, poiché mentre quest'ultimo ha la funzione portante dell'edificio, la facciata è la sua superficie esterna che rileva non tanto ai fini dell'esistenza dell'edificio quanto in relazione al suo aspetto esteriore, con la conseguenza che gli interventi che interessano la facciata dovranno avere riguardo soprattutto al divieto di alterare il decoro architettonico dell'edificio, mentre quelli riguardanti i muri maestri rileveranno in relazione al divieto di pregiudicare la sicurezza e la stabilità dell'edificio stesso. Il concetto di facciata è stato delineato dalla giurisprudenza attraverso principi ormai consolidati sia in ordine alla natura della facciata, sia in merito alle singole parti di cui si compone. Quindi, fanno notoriamente parte della facciata gli elementi architettonici che, per loro natura, diventano parte integrante dei connotati e dell'aspetto armonico della stessa, come, ad esempio, le fasce di coronamento (cornicioni o marcapiano), le colonnine, i fregi, gli stucchi, le mensole e tutte quelle decorazioni che contribuiscono a fare da ornamento all'edificio. In assenza di limitazioni del regolamento, la facciata costituisce un bene comune che può essere utilizzata ugualmente e indifferentemente da tutti i partecipanti al condominio, anche se ognuno può, da solo, più agevolmente, usare quella parte di muri perimetrali che delimitano il suo appartamento, in ordine non solo alle pareti interne, ma anche alla parte esterna, ad esempio, apponendovi manufatti pubblicitari. Al fine di valutare il pregiudizio all'aspetto architettonico, non ha rilevanza la distinzione fra la facciata principale e le altre facciate dell'edificio, in quanto, nell'àmbito del condominio edilizio, le facciate stanno ad indicare l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico; la facciata rappresenta, quindi, l'immagine stessa dell'edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile (Cass. VI, n. 16258/2017). Di conseguenza, in tali situazioni, l'azione, volta alla tutela del decoro architettonico dell'edificio, rientra tra quelle esperibili dall'amministratore ai fini della conservazione delle parti comuni ai sensi degli artt. 1130, comma 1, n. 4), e 1131, comma 1, c.c. e, quindi, non è necessaria la previa delibera assembleare – o la ratifica a posteriori – per rappresentare il condominio in sede processuale (Cass. II, n. 14626/2010). L'uso delle parti comuni dell'edificio La norma regolatrice, in tale materia, è costituita dall'art. 1102 c.c. (dettata in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio stante il richiamo dell'art. 1139 c.c.), il quale consente al condominio di servirsi della cosa comune, “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Quindi, secondo il precetto in commento, la libertà del condomino di usare la cosa comune soggiace a due ordini di limitazioni: di ordine oggettivo (o qualitativo), ossia attinenti alla res, volendo evitare che la funzione della cosa comune sia distolta da quella sua propria, nonché di ordine soggettivo (o quantitativo), nel senso che viene posto l'accento sul potere degli altri comproprietari di usare ugualmente la cosa in conformità del diritto di comproprietà del quale anche essi risultano titolari. Dunque, il singolo partecipante può servirsi della stessa, sempre con i due limiti oggettivi e soggettivi di cui sopra, anche modificando la cosa comune, per il miglior godimento della stessa, fino a sostituirla con altra che offra maggiore funzionalità, e ciò ai sensi dell'art. 1102, comma 1, ultima parte, c.c. Ne consegue il divieto per i condomini di utilizzare arbitrariamente le cose comuni a danno degli altri condomini, oppure in modo tale da rendere non più utile quella cosa agli interessi di tutti. Oltre a ciò, il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (art. 1102, comma 2, c.c.). Essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, richiedente un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, al riguardo del pari uso che prevede uno sviluppo estensivo delle esigenze abitative, non si può intendere la clausola del “pari uso della cosa comune” come veicolo per giustificare impedimenti all'estrinsecarsi delle potenzialità di godimento del singolo. All'uopo, si evidenzia che la valutazione della violazione del pari uso deve essere nel concreto ravvisabile nel senso che l'uso privato toglierebbe reali possibilità di uso della cosa comune agli altri potenziali condomini-utenti. Di talché, spetta a chi si oppone all'utilizzo del bene comune dimostrare il minore uso da parte degli altri o di chi vi ha interesse (Trib. Cosenza 22 agosto 2020). In definitiva, il singolo partecipante può usare – con i citati limiti – la cosa comune nella sua interezza, indipendentemente dal fatto che sia titolare di una quota maggiore o minore della comproprietà ragguagliata al valore dell'appartamento di sua pertinenza. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
I condomini possono installare il condizionatore sulla facciata del condominio senza autorizzazione dell'assemblea?
Orientamento negativo all'installazione di un climatizzatore sulla facciata del condominio Rimozione del condizionatore in assenza di autorizzazione assembleare In caso di installazione da parte di un condomino, senza autorizzazione, su area di proprietà comune (nella fattispecie il muro esterno dello stabile) di un motore di impianto di condizionamento asservito ai locali di sua proprietà – in modo tale da deturpare e svilire il decoro architettonico dell'immobile e molestare l'altro proprietario nell'uso e nel possesso della parte comune –, l'animus turbandi è insito nell'opera stessa, è applicabile la tutela di cui agli artt. 1170 c.c. (azione di manutenzione) e 703 c.p.c. al fine di ottenere il ripristino dello status quo ante mediante rimozione del manufatto (Trib. Milano 27 giugno 2009: nel caso concreto, il giudice aveva incidentalmente rilevato la sussistenza di una possibile soluzione alternativa alla localizzazione del motore). Di conseguenza, l'installazione, senza il consenso dell'assemblea, del compressore di un condizionatore d'aria sulla facciata del fabbricato vìola il disposto dell'art. 1102 c.c. (Trib. Milano 9 gennaio 2004: nel caso specifico, non rilevava se la facciata in oggetto non fosse esposta al pubblico ma solo ai condomini, in quanto la legge tutela il diritto degli stessi a non dover subire alterazioni antiestetiche del bene comune). Rimozione dell'impianto di condizionamento in caso di lesione del decoro architettonico dello stabile Quando il motore del condizionatore installato dal convenuto non costituisce un intervento volto ad armonizzarsi con la facciata dello stabile ma, al contrario, ne altera significativamente il decoro e l'aspetto architettonico, essendo ben visibile, ne va ordinata la rimozione, non avendo alcuna rilevanza la presenza di altri condizionatori sul muro perimetrale (Cass. II, n. 9660/2015; Trib. Treviso 12 maggio 2021). Infatti, il posizionamento sulla facciata di un condominio in corrispondenza di una finestra di un'unità esterna di un condizionatore posto su due zanche costituisce innovazione vietata in quanto vìola il decoro architettonico della facciata stessa. Tale unità esterna interrompe le linee architettoniche dell'edificio. La voluminosità del corpo sporgente e la sua attitudine a variare l'aspetto esterno dell'edificio, oltre che a costituire un pericolo rappresentato dall'eventualità che un suo distacco, con caduta sul sottostante marciapiede e conseguenti responsabilità non soltanto del singolo condomino, ma anche del condominio e del suo amministratore, rappresentano una violazione delle previsioni codicistiche in materia, e segnatamente degli artt. 1120 e 1102 c.c. (App. Milano 24 aprile 2014). Orientamento positivo all'installazione di un climatizzatore sulla facciata del condominio Legittima l'installazione del condizionatore in assenza di autorizzazione assembleare Ciascun condomino, onde avere una piena disponibilità della propria unità immobiliare, deve poter realizzare un impianto di condizionamento nel proprio appartamento. Ovviamente, l'esigenza di refrigerazione delle unità immobiliari private poste in complessi condominiali deve essere contemperata con il diritto di tutti i condomini a non vedere danneggiato il decoro e l'estetica dell'edificio. Premesso ciò, il condomino e per esso, il conduttore in locazione, ha diritto, a norma dell'art. 1102 c.c., all'uso della cosa comune anche più intenso rispetto agli altri condomini, apportando a proprie spese le modificazioni necessarie, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Ne consegue che sussiste il diritto all'installazione di un gruppo motocondensante per l'impianto di condizionamento dell'aria a servizio del locale commerciale da essa condotto in locazione e facente parte dell'edificio condominiale (Trib. Roma 1° giugno 2006). Pertanto, il singolo condomino può liberamente usare la cosa comune, anche in modo particolarmente intenso, ai sensi dell'art. 1102 c.c., entro i limiti imposti dalla norma. A tal fine, non è necessaria l'autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale che, ove intervenisse, potrà essere considerata come apprezzamento in concreto del fatto che l'uso più intenso non impedisce il pari uso della cosa comune agli altri condomini. È, pertanto, legittima l'installazione da parte del singolo condomino di un impianto di condizionamento su un prospetto interno del fabbricato (Trib. Napoli 21 ottobre 2003). Resta inteso che l'installazione non deve impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. II, n. 17400/2017: la Suprema Corte, rigettando il ricorso, in quanto l'impianto di condizionamento dell'aria installato dai ricorrenti, occupando il 60% in superficie disponibile, impediva l'installazione di un analogo apparecchio da parte degli altri condomini del piano). In conclusione, il muro perimetrale dell'edificio appartiene a tutti i condomini per l'intera estensione dalle fondamenta alla copertura, anche in corrispondenza dei piani delle porzioni di proprietà esclusiva e adempie a talune funzioni principali indispensabili per l'esistenza stessa dell'edificio, quali quelle di sorreggere il fabbricato, di proteggere le unità abitative dagli agenti atmosferici, di consentire l'apertura delle porte e delle finestre. Esso però esplica altre importanti funzioni accessorie, inerenti al suo ruolo quale parte essenziale della struttura del fabbricato: vale a dire, consentire l'appoggio di targhe, travi, canne fumarie e simili. Pertanto, l'utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomino per tali finalità, non alterando la naturale e precipua destinazione di sostegno dell'edificio condominiale, costituisce normale esercizio del diritto di usare la cosa comune (Trib. Roma 15 luglio 2020: nel caso di specie, l'apposizione di un motore esterno per l'istallazione dell'impianto di condizionamento dell'aria, non costituisce innovazione vietata bensì un uso consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c. per il quale non occorre alcuna preventiva autorizzazione dell'assemblea). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale L'amministratore di condominio intima al condomino che ha installato un condizionatore sulla facciata dello stabile di rimuoverlo, in quanto privo della preventiva autorizzazione dell'assemblea, concedendogli un congruo termine decorso il quale si vedrà costretto a proporre l'azione giudiziale per conseguire la relativa rimozione in ordine alla quale, ha già ricevuto l'autorizzazione dall'assemblea condominiale con una deliberazione ad hoc. Il condomino resiste alla richiesta dell'amministratore, eccependo, da un lato, che, secondo un noto orientamento giurisprudenziale non è necessaria la preventiva delibera assembleare per l'installazione del condizionatore sulla facciata dell'edificio e, dall'altro, che, togliendo il condizionatore riceverebbe un danno grave ed ingiusto alla propria salute. Funzione e natura del giudizio L'impugnazione della delibera condominiale, che si assume essere stata presa illegittimamente, ha natura di un ordinario giudizio di cognizione, la cui funzione è quella di annullare la delibera adottata dal condominio in quanto pregiudizievole degli interessi del condomino opponente. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità, in quanto, nella fattispecie, lesiva del diritto alla salute del singolo condomino. Legittimazione La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nella lesione del proprio diritto alla salute conseguente al diniego manifestato dall'assemblea dei condomini ad installare un condizionatore sulla facciata condominiale. Profili di merito Onere della prova Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare per annullabilità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla declaratoria giudiziale di invalidità. Lo stesso opponente, deve dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a contrastare quanto deliberato siccome ingiustificatamente lesivo del proprio diritto alla salute. Contenuto dell'atto di citazione L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio. In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. Richieste istruttorie Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui il medesimo opponente, per effetto del diniego ingiustificatamente opposto dall'assemblea dei condomini nel consentire l'installazione di un condizionatore sulla facciata dell'edificio riceve un danno diretto e consequenziale alla propria salute. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo del proprio medico specialista così come di altri sanitari operanti presso strutture mediche che l'hanno in cura, e può altresì produrre idonea documentazione medico-legale volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare. 4. ConclusioniIl condomino interpone opposizione al deliberato assembleare dei condomini sulla cui scorta l'amministratore gli ha chiesto di procedere all'immediata rimozione del condizionatore illegittimamente apposto sulla facciata dell'edificio. Le ragioni dell'opposizione vertono, da un lato, sulla scorta della ritenuta legittimità dell'installazione, in quanto ai sensi dell'art. 1102 c.c., costituisce un modo di utilizzare la proprietà privata che è legittimo anche quando riguarda le parti comuni dell'edificio, tant'è che ciascun partecipante, informando preventivamente l'amministratore, può servirsi della cosa comune – in questo caso della facciata – nel rispetto di due limiti fondamentali, ravvisabili nel non alterarne la destinazione, e non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, conformemente ad un noto orientamento di legittimità secondo cui non possono ritenersi legittimi gli interventi in parola laddove suscettibili di determinare un pregiudizio alla stabilità, sicurezza o decoro architettonico dell'edificio, essendo anche quest'ultimo un bene comune (Cass. VI, n. 8857/2015). Ciò premesso, il diniego ingiustificato opposto dai condomini a consentire l'installazione del condizionatore poiché destinato ad incidere negativamente sul diritti individuali sui beni comuni, può configurare un'ipotesi di abuso del diritto laddove da un lato idoneo a risolversi in esclusivo pregiudizio del condomino che dimostri di averne bisogno per ragioni di salute sia d'estate sia d'inverno, in quanto affetto da specifiche gravi forme di invalidità a fronte dell'inesistenza di un correlato pregiudizio di qualsiasi genere per la stessa compagine condominiale, come ad esempio il rispetto delle distanze legali o del decoro architettonico, e dall'altro, dell'impossibilità per lo stesso condomino di usufruire di altri spazi – afferenti la proprietà comune o esclusiva, come ad esempio dei balconi di cui lo stabile è privo – idonei per l'alloggiamento dell'impianto di climatizzazione, con la conseguente impossibilità per il medesimo condomino di abitare l'appartamento di sua proprietà in estate ma anche durante l'inverno, per effetto dell'assenza nell'edificio dell'impianto di riscaldamento centralizzato. In un'ipotesi di questo genere, poiché la presenza di un condizionatore nell'unità abitativa potrebbe considerarsi necessaria, se non indispensabile (Trib. Pavia 11 novembre 2020, secondo cui l'apposizione dei motori del condizionamento sulla facciata condominiale risponde ad esigenze ed interessi meritevoli di tutela come il diritto alla salute ed eventualmente, anche dell'attività economica), il condominio difficilmente potrebbe invocare a suo favore il contrapposto orientamento giurisprudenziale che invece ritiene comunque necessario il preventivo consenso dell'assemblea a tale fine considerando che costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale anche quella che si rifletta negativamente sull'aspetto armonico dell'edificio (Trib. Udine 31 gennaio 2022; Trib. Treviso 12 maggio 2021). |