Installazione di un sistema di videosorveglianza1. Bussole di inquadramentoIl rispetto della privacy Secondo quanto riportato dal Garante della privacy, l'installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell'ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell'ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l'attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del c.d. principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati, comunque, devono essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite. In tema, si sottolinea che il 25 maggio 2018 è la data di entrata in vigore del Reg. UE n. 2016/679 che ha innovato la materia della privacy; successivamente, abbiamo avuto il d.lgs. n. 101/2018 recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del GDPR”. Ebbene, il GDPR, acronimo di General Data Protection Regulation, disciplina in modo organico a livello europeo la protezione dei dati personali, sostituendosi nel nostro Paese al Codice della privacy (d.lgs. n. 196/2003), allo scopo di garantire il diritto di disporre dei propri dati personali. Anche il mondo condominiale è interessato alla novità: sono gli amministratori che devono adeguarsi al fine di garantire ai condomini che le diverse informazioni contenute negli archivi condominiali siano protette e opportunamente trattate. L'immagine di una persona fisica, sia essa solamente videoripresa in tempo reale, senza alcuna conservazione, oppure anche videoregistrata, con una sua temporanea conservazione, costituisce pacificamente un dato personale (art. 4 Reg. UE n. 2016/679). Pertanto, l'attività di video-riprendere o di video-registrare (con o senza sonoro) in luoghi dove compaiano persone fisiche identificabili – e cioè con una sufficiente risoluzione dell'immagine che consenta di andare oltre una semplice macchia od ombra – comporta un trattamento di dati personali (art. 4 Reg. UE n. 2016/679). Secondo gli esperti in materia, l'amministratore, in quanto soggetto che tratta i dati per conto del “proprio” condominio, può rivestire la qualità di responsabile del trattamento (artt. 4, n. 8, 28 e cons. 81 Reg. UE n. 2016/679), in caso di mancata nomina, invece, riveste la figura di titolare autonomo del trattamento. Quanto detto, pertanto, si applica in via generale anche alla peculiare fattispecie del trattamento dati nell'ipotesi di installazione di un sistema di videosorveglianza condominiale. Le linee guida divulgate dal Comitato europeo per la protezione dei dati e le Faq del Garante Il 29 gennaio 2020 sono state divulgate le linee guida europee n. 3/2019 che forniscono indicazioni scrupolose sull'impiego dei sistemi privati ed aziendali di telecontrollo a norma del GDPR e che possono trovare applicazione indiretta anche per la progettazione degli impianti finalizzati al controllo della sicurezza pubblica. Le linee guida stabiliscono le regole da rispettare quando i sistemi di videosorveglianza vengono utilizzati per il perseguimento di scopi di monitoraggio che devono essere documentati per iscritto e devono essere specificati per ogni telecamera di sorveglianza in uso (ad esempio, la liceità della videosorveglianza, bilanciamento degli interessi, consenso e diritto dell'interessato, conservazione e cancellazione, ecc.). Quanto al trattamento di dati personali da parte di una persona fisica nell'àmbito di un'attività puramente personale o domestica, come indicate dalle citate linee guida, ciò non rientra nel campo di applicazione del GDPR. Tuttavia, la c.d. esenzione domestica – nel contesto della videosorveglianza deve essere interpretata in modo restrittivo. Invero, a questo proposito, il Garante (risposte del 5 dicembre 2020 – Faq n. 10 e 12) ha precisato che l'installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata. Tuttavia, nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l'angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) o a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio. Inoltre, il Garante precisa che il trattamento dei dati personali mediante l'uso di telecamere installate nella propria abitazione per finalità esclusivamente personali di controllo e sicurezza, rientra tra quelli esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento. In questi casi, i dipendenti o collaboratori eventualmente presenti (babysitter, colf, ecc.) devono essere comunque informati dal datore di lavoro. Sarà comunque necessario evitare il monitoraggio di ambienti che ledano la dignità della persona (come bagni), proteggere adeguatamente i dati acquisiti (o acquisibili) tramite le smart cam con idonee misure di sicurezza, in particolare quando le telecamere sono connesse ad internet, e non diffondere i dati raccolti. La videosorveglianza in condominio deliberata in assemblea Sotto l'aspetto più prettamente civilistico, l'installazione di videocamere sui luoghi comuni, deliberata dall'assemblea dei condomini, trattandosi di impianto prima non esistente – peraltro, di una certa rilevanza, non tanto sotto il profilo della consistenza materiale quanto piuttosto dell'importanza giuridica – costituisce un'innovazione ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c. In tema, l'art. 1122-ter c.c. prevede che le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c. Resta inteso che, costituendo pur sempre un'innovazione, sia pur agevolata, le relative spese dovranno essere ripartite secondo i criteri ordinari di cui all'art. 1123, comma 1, c.c., salva l'esistenza del c.d. condominio parziale, ossia l'ipotesi che l'impianto de quo abbia un angolo di visuale ristretto solo ad una parte dell'edificio (ad esempio, al garage in cui hanno i boxes soltanto alcuni condomini). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
I condomini, contrari all'installazione della telecamera posta a tutela della proprietà privata, possono chiedere la rimozione in caso di violazione della privacy?
Installazione di sistema di videosorveglianza in condominio Il condominio è astrattamente legittimato alla installazione di impianti di videoregistrazione a presidio di parti comuni dello stabile condominiale, poiché in circostanze siffatte vengono in rilievo norme di rango costituzionale poste a tutela dei diritti di proprietà, domicilio, libertà ed integrità personale, idonei ad attribuire copertura costituzionale alla eventuale posa in opere ad installazione di impianti di videoregistrazione che ne mirino a prevenire atti lesivi (Trib. Milano 5 dicembre 2012). Difatti, la scelta di “completare” e/o “rinforzare” un sistema di videosorveglianza è una scelta che rientra nei poteri dell'assemblea a tutela dei beni comuni, non sindacabile dall'autorità giudiziaria (Trib. Roma 19 maggio 2021). Dunque, l'installazione di un sistema di videosorveglianza, su un piazzale esterno adito a parcheggio nel punto di accesso alla via pubblica, risponde ad esigenza di sicurezza e rientra nella disciplina dell'uso della cosa comune. La delibera non esula dalle attribuzioni dell'assemblea per cui non va adottata all'unanimità ma con le maggioranze previste per le innovazioni (Trib. Genova 11 marzo 2015). Invero, come sottolineato anche dai giudici di legittimità, facendo riferimento all'art. 1122-ter c.c., per deliberare l'installazione di telecamere di videosorveglianza sulle parti condominiali non è necessaria l'unanimità dei consensi, bastando la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c. (Cass. II, n. 14969/2022: nella specie, inoltre, sostengono i giudici che, se un condomino in giudizio vuole sostenere che l'impianto di videosorveglianza costituisce un'innovazione voluttuaria o gravosa deve fornire elementi concreti, relativi alle particolari condizioni ed all'importanza dell'edificio, che possano indurre il giudice a ritenere l'innovazione scarsamente utile o eccessivamente gravosa; inutile, invece, evidenziare solo il rapporto fra la spesa deliberata e le spese generali annuali dell'intero condominio atteso che il carattere gravoso si accerta in base a parametri diversi). Installazione di sistema di videosorveglianza da parte del singolo condomino Il singolo comproprietario può installare un impianto di videosorveglianza all'interno del condominio, a condizione che detta installazione non provochi pregiudizio dei diritti degli altri condomini in un'ottica di bilanciamento costituzionale degli interessi coinvolti (da una parte, la tutela dei beni e delle persone, e, dall'altra la riservatezza) e offrendo, quindi, un baricentro in cui è possibile la convivenza di contrapposti interessi. Pertanto, in simili circostanze devono essere rispettate tutte le prescrizioni individuate dal Garante per la protezione dei dati personali nei provvedimenti con cui viene applicata la relativa disciplina, in particolare quelle in materia di ripresa di angolo visuale limitato agli spazi di pertinenza esclusiva, con esclusione dall'angolo visuale delle telecamere per la videosorveglianza di ulteriori aree comuni o di pertinenza degli altri partecipanti (pianerottolo, porta di accesso delle abitazioni altrui, scale) (Trib. Trani 28 maggio 2013). Rimozione dei sistemi di videosorveglianza lesivi della privacy dei condomini L'installazione di impianti volti a consentire la videosorveglianza sulle parti comuni dell'edificio condominiale deve ritenersi legittima allorquando l'inquadratura riprenda la zona immediatamente di fronte alla porta di casa, ed illegittima allorquando abbia ad oggetto la zona condominiale corrispondente al pianerottolo o alle scale o alle porte d'ingresso degli appartamenti confinanti (Trib. Salerno 30 aprile 2015: nella specie, l'accertata sussistenza del concreto pericolo di pregiudizio della sfera privata del reclamante rispetto al godimento ed utilizzo delle parti comuni dell'edificio che rientrano nel possibile angolo visuale della telecamera, in accoglimento dell'ordinanza reclamata, ha imposta al giudicante di ordinare la rimozione dell'apparecchio di videosorveglianza). Quindi, il condomino non può installare delle telecamere di controllo riprendendo gli ambienti condominiali comuni, anche se l'installazione è a tutela della propria sicurezza ed è stata fatta a seguito di diversi furti ed effrazioni. L'impianto va, dunque, rimosso immediatamente a spese del condomino che lo ha installato e sotto la sua responsabilità. Infatti, il condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini (Trib. Varese 16 giugno 2011). Inoltre, i giudici hanno considerato emulativo il comportamento di chi collochi un contenitore, avente l'aspetto di una telecamera con un led e una lampadina al suo interno, sia perché posto in direzione della proprietà dell'attore (che si doleva della circostanza), sia perché situato tra le foglie degli alberi e quindi non immediatamente visibile dagli estranei, per cui lungi dallo scoraggiare eventuali malintenzionati dall'entrare nella proprietà dell'autore dell'atto, ha l'esclusivo scopo di recare molestia all'attore medesimo (Cass. II, n. 5421/2001). In definitiva, non è ammissibile l'installazione di apparecchiature che consentono di osservare le scale, gli anditi ed i pianerottoli comuni, dal momento che comportano una possibile lesione e compressione dell'altrui diritto alla riservatezza (Trib. Milano 6 aprile 1992). Inclinazione della telecamera di video-sorveglianza Al pari del luogo ove è puntata la telecamera, rileva anche l'inclinazione della stessa. Secondo i giudici, anche a 45 gradi una telecamera è illegale e va rimossa in quanto finisce per controllare il passeggio altrui, rivelando quando una persona entra o esce da casa (Trib. Bergamo 9 maggio 2018). Dunque, l'angolo visuale della telecamera deve essere limitato agli spazi di pertinenza esclusiva del condomino che la installa, come l'accesso alla propria abitazione. Devono essere evitate, dunque, le riprese delle parti comuni, anche se le immagini non vengono registrate (Trib. Napoli 8 maggio 2018). È, altresì, vietata la telecamera nella propria abitazione se può riprendere la finestra del bagno del vicino (Trib. Catania 31 gennaio 2018: nella specie, secondo i giudici, il condomino non può installare una telecamera che punti verso l'ingresso, le finestre del bagno e della cucina del vicino, in quanto si tratta di luoghi di privata dimora che devono essere protetti dagli illeciti intrusioni altrui). Interferenze illecite nella vita privata L'aver installato una telecamera sul marciapiede attiguo alla proprietà a sua tutela e per documentare eventuali abusi non configura condotta rilevante ai fini del reato di molestia, laddove le riprese abbiano ad oggetto luoghi aperti e, quindi, non ledano la riservatezza della vita privata, ricorrendo – invece – la violazione all'art. 615-bis c.p. qualora le riprese siano riferite a comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie nei luoghi di privata dimora e in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei (Trib. pen. Padova 16 marzo 2015). Inoltre, non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.) nel caso in cui il soggetto attivo effettui, attraverso l'uso di telecamere installate all'interno della propria abitazione, riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615-bis c.p., la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi” una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza (Cass. II, n. 71/2013). Con riguardo, invece, alla lesione della riservatezza, in presenza di telecamere non orientate verso la proprietà, si esclude una condotta di interferenza nella sfera altrui, la quale comunque richiede una rappresentazione e volontà di invadere l'altrui spazio. Difatti, per aversi atto emulativo vietato ai sensi dell'art. 833 c.c. è necessario che l'atto di esercizio del diritto sia privo di utilità per chi lo compie e sia posto in essere al solo scopo di nuocere o di recare molestia ad altri, sicché è riconducibile a tale categoria di atti l'azione del proprietario che installi sul muro di recinzione del fabbricato comune un contenitore avente aspetto di telecamera nascosta fra il fogliame degli alberi posto in direzione del balcone del vicino (Trib. Bari 7 dicembre 2023 n. 5067: nella specie, la videocamera era indirizzata sul piazzale e non sul fondo del vicino). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il condomino chiede al proprietario dell'unità immobiliare, che ha installato un impianto di videosorveglianza puntata sul pianerottolo e sulle scale, di rispettare le norme in tema di privacy, ponendo tempestivamente rimedio affinché l'anzidetta installazione non provochi pregiudizio ai diritti dei condomini – e di tutti coloro che anche occasionalmente frequentano l'edificio comune – in un'ottica di bilanciamento costituzionale degli interessi coinvolti, preannunciando che, in difetto, si procederà ad adire l'autorità giudiziaria al fine di tutelare il diritto alla riservatezza, con possibile aggravio di spese. Funzione e natura del giudizio È un procedimento cautelare atipico, proposto in via d'urgenza dal singolo condomino nei confronti del proprietario di un'unita immobiliare posta nel condominio affinché gli venga ordinato di porre fine alla violazione al diritto alla riservatezza dei condomini all'interno degli ambienti comuni. Aspetti preliminari Mediazione Trattandosi di procedimento cautelare – sebbene con effetti anticipatori – non è necessario instaurare preventivamente il procedimento di mediazione, non essendo quest'ultimo condizione di procedibilità per le azioni proponibili in via d'urgenza dalla parte interessata. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice, e, in generale, per quelle di valore indeterminabile. Legittimazione Il singolo condomino è legittimato a proporre l'azione cautelare con ricorso d'urgenza nei confronti del proprietario di una unità immobiliare che abbia violato il diritto alla riservatezza di tutti i condomini all'interno degli spazi comuni. Profili di merito Onere della prova Il condomino deve provare che l'altro condomino è il proprietario dell'impianto di videosorveglianza posizionato illecitamente per riprendere le parti comuni interne al condominio – ballatoio e scale – e che detto impianto è responsabile della violazione del diritto alla riservatezza dei condomini, in quanto effettua le riprese di quest'ultimi senza la loro preventiva autorizzazione e preavviso della registrazione del relativo transito, causando un pregiudizio irreparabile, come nel caso in cui le immagini si riferiscano a soggetti minori d'età. Contenuto del ricorso d'urgenza La domanda cautelare proposta in via d'urgenza assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dei fatti integranti rispettivamente il fumus boni juris ed il periculum in mora, quest'ultimo, rilevante specificamente sotto l'aspetto del pregiudizio imminente ed irreparabile. In particolare nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto d'indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata come peraltro esige la recente riforma del processo civile, e, dall'altro, va specificato in cosa consiste per il ricorrente, il fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per fare valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adìto potrebbe concedere la richiesta tutela cautelare in via d'urgenza, finalizzata all'accoglimento della richiesta di rimozione di un impianto di videosorveglianza illegittimamente installato dal condomino. Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente. Richieste istruttorie Il ricorrente può chiedere l'assunzione di informatori in persona degli altri condomini dello stabile condominiale e di terzi ospiti o frequentatori – anche a titolo occasionale – dello stabile al fine di provare il fumus boni juris riferito alla circostanza che l'impianto di videosorveglianza installato dal condomino di una unità immobiliare interna all'edificio viola la riservatezza dell'istante ed è di proprietà del medesimo condomino evocato in giudizio. Il medesimo ricorrente deve, altresì, allegare la documentazione comprovante la proprietà condominiale degli spazi nel cui àmbito si verifica l'anzidetto evento ed il connesso periculum in danno dei condomini, attesa la necessità del contestuale riscontro di entrambi gli anzidetti presupposti per l'accoglimento dell'azione cautelare proposta in via d'urgenza. 4. ConclusioniIl Garante della privacy, con provvedimento del 26 ottobre 2023, ha precisato che laddove i condomini siano d'accordo sulla tutela degli spazi comuni, per procedere all'installazione delle telecamere è necessaria una delibera condominiale ex art. 1122-ter c.c. a cui l'amministratore deve dare esecuzione. La delibera è infatti lo strumento attraverso cui i condomini concorrono a definire le caratteristiche principali del trattamento, andando a individuare le modalità e le finalità del trattamento stesso, i tempi di conservazione delle immagini riprese, l'individuazione dei soggetti autorizzati a visionare le immagini. In assenza della delibera condominiale, adottata come richiesto dal codice civile a maggioranza, il trattamento non può essere correttamente imputato al condominio, con conseguente attribuzione della qualifica di titolare all'amministratore. Il condomino, il quale intenda agire nei confronti del proprietario dell'impianto di videosorveglianza responsabile della violazione del diritto alla riservatezza del medesimo istante, che ha reso necessaria la proposizione del ricorso d‘urgenza al fine di conseguirne la cessazione, deve allegare l'esistenza dei presupposti occorrenti per la proposizione di tale azione, consistenti nel fumus e nel periculum derivante dalla condotta anzidetta, resa possibile per effetto del disinteresse e mancanza di responsabilità della parte resistente evocata dinanzi al giudice della cautela. Un esempio in tale senso può individuarsi nel caso in cui l'occhio della telecamera è in grado di catturare immagini relative a persone che dovrebbero restare celate agli occhi diversi da quelli della stessa persona interessata, come nell'ipotesi in cui si ecceda la possibilità di riprendere parte del pianerottolo antistante alla porta d'ingresso della propria unità immobiliare, non essendo consentito installare una telecamera in una zona condominiale che non è direttamente collegabile alla sicurezza della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva. In particolare, occorrerà dimostrare che, a causa della violazione del diritto alla riservatezza dell'istante durante il tempo occorrente per fare valere il suo diritto in via ordinaria, si profila il verificarsi di un pregiudizio imminente ed irreparabile per il medesimo in forza del quale, si giustifica il ricorso alla procedura d'urgenza. Con questa azione, il giudice ordina al condomino dell'unità immobiliare posta all'interno del condominio e proprietario dell'impianto di videosorveglianza di eliminare il vulnus al diritto alla riservatezza del condomino ricorrente. Con il medesimo provvedimento reso in forma di ordinanza, e su richiesta ad hoc della stessa parte ricorrente, il magistrato può anche prevedere un'astreinte, vale a dire una sanzione pecuniaria per ogni giorno in cui non verrà rispettato il suddetto obbligo di attuare il provvedimento giudiziale, la cui funzione è quella di quantificare in anticipo il danno prodotto al condomino che agisce in via d'urgenza. Al riguardo, premesso che il suddetto comportamento al ricorrere di determinate condizioni, può anche integrare una fattispecie di reato, è opportuno precisare che, al fine di evitare la violazione della riservatezza quando l'impianto di videosorveglianza è installato verso l'esterno della propria abitazione, la telecamera va posizionata in modo da consentire di riprendere soltanto gli spazi di proprietà esclusiva, come la porta d'ingresso dell'unità immobiliare, senza sconfinare in quelli di proprietà comune, come scale e ballatoio, poiché è evidente che in tale ultima ipotesi è pressoché inevitabile che vengano ripresi vicini e passanti, senza che quest'ultimi ne siano a conoscenza e, dunque, senza che abbiano non solo manifestato il relativo assenso alla registrazione, per il semplice fatto di non esserne stati preventivamente informati, come del resto accadrebbe anche nell'eventualità in cui non venga segnalato in anticipo al passante che sta per entrare in un luogo aperto al transito comune in cui è presente un impianto di videosorveglianza. In buona sostanza, nella videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite, l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva proprietà, per l'effetto, escludendo ogni ulteriore forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni. Quid juris, invece, se la telecamera di sicurezza istallata dal vicino è finta e posta come deterrente contro i malintenzionati? In questo caso, non vi è alcuna lesione del diritto alla riservatezza, perché non in grado di rivelare anche solo potenzialmente una lesione all'altrui riservatezza. Il ricorso d'urgenza dovrebbe, quindi, essere rigettato per l'assenza potenziale di un pericolo concreto di danno alla privacy, essendo la telecamera assolutamente inidonea a riprendere e registrare immagini di persone e cose (Trib. Latina 17 settembre 2018). |