Mutamento di destinazione del cortile in parcheggio di autovetture1. Bussole di inquadramentoLe innovazioni in condominio La materia delle innovazioni, nell'àmbito del condominio, è regolata dagli artt. 1120 e 1121 c.c. Il tema assume particolare importanza poiché la regolamentazione delle innovazioni esalta il ruolo delle decisioni adottate nel condominio a maggioranza. Sotto il profilo oggettivo, vi rientrano solo quelle modifiche che, eccedendo i limiti della conservazione e dell'ordinaria amministrazione della cosa comune, importino l'alterazione totale o parziale della res, di modo che le parti comuni, in seguito alle opere o alle attività eseguite, presentino una diversa entità materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini differenti dai precedenti. Per la legittimità dell'innovazione è irrilevante che l'autorità amministrativa abbia autorizzato l'opera, in quanto il rapporto tra la pubblica autorità e il condomino esecutore dell'opera non può incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condomini (Cass. II, n. 20985/2014). All'uopo, si distingue una fase deliberativa “interna”, attinente ai rapporti tra i condomini, da una fase esecutiva “esterna”, relativa ai successivi provvedimenti di competenza della Pubblica Amministrazione, fase quest'ultima che non può influire sulla legittimità della delibera autorizzativa (Cass. II, n. 862/2015). Nell'alveo delle innovazioni propriamente dette, qualificate anche come semplici, per distinguerle dalle innovazioni – in senso improprio – significative, che implicano un mutamento della destinazione d'uso, si annoverano le innovazioni ordinarie (previste dall'art. 1120, comma 1, c.c., dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni); le innovazioni agevolate (previste dall'art. 1120, comma 2, c.c., intese come opere e interventi volti a: migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, eliminare le barriere architettoniche, contenere il consumo energetico degli edifici; realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio e della produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi, l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva/satellitare e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto); le innovazioni gravose o voluttuarie (previste dall'art. 1121 c.c., intese come opere che importano una spesa molto consistente o hanno carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio e, di conseguenza, in caso di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa); infine, le innovazioni pregiudizievoli vietate (previste dall'art. 1120, comma 4, c.c., intese come opere che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterano il decoro architettonico o che rendono talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino). Il concetto di innovazione deve essere distinto dal significato che l'art. 1117-ter c.c. attribuisce alle modificazioni delle destinazioni d'uso, per la cui realizzazione sono prescritte condizioni assai restrittive. La maggioranza dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni L'art. 1136, comma 5, c.c. prevede che le deliberazioni di cui all'art. 1120, comma 1, c.c. devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Le innovazioni, in tal caso, vengono definite come tutte quelle modificazioni che, determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti. Non vengono elencate nel corpo del novellato art. 1136 c.c. le deliberazioni di cui all'art. 1117-ter c.c. allorché si richiede l'elevato numero di voti, che “rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio”, per l'approvazione di decisioni mediante le quali, per soddisfare esigenze di interesse condominiale, si decidono “modificazioni delle destinazioni d'uso” delle parti comuni dell'edificio. Utilizzo del cortile come parcheggio condominiale L'art. 1117 c.c. stabilisce che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, anche se aventi diritto a godimento periodico, inclusi i cortili e le aree destinate a parcheggio. Le norme che vanno applicate (in tema di parcheggio) sono certamente l'art. 1102 c.c. (in forza del rinvio contenuto nell'art. 1139 c.c.), ma anche l'art. 1120 c.c. in materia di innovazioni. L'utilizzazione “a parcheggio” del cortile deve esser valutata caso per caso in rapporto alla specifica destinazione della relativa area (che deve esser sempre rispettata), applicando un parametro valutativo che tenga conto delle concrete situazioni di fatto (vale a dire, delle caratteristiche dell'area medesima) nonché dell'eventuale precedente destinazione data ad essa dai condomini o dall'originario proprietario dell'edificio. Come sottolineato in giurisprudenza, il relativo diritto non costituisce estrinsecazione di una servitù né di un diritto reale ma, laddove il regolamento di condominio contempli tale facoltà, ammettendola ovvero negandola, si è in presenza di un vincolo di natura reale, assimilabile ad un onere reale ovvero ad una servitù reciproca, la cui violazione può essere fatta valere in ogni tempo, stante l'imprescrittibilità della relativa azione, siccome rivolta alla tutela del diritto di comproprietà. Dunque, ove il regolamento non la neghi o non disciplini, in concreto, l'esercizio di tale facoltà, l'assemblea può determinare, nel cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle automobili o dei motoveicoli e di stabilire, al loro interno, le porzioni separate di cui ciascun condominio può disporre (Cass. II, n. 9877/2012). In tal caso, la violazione può essere fatta valere in ogni tempo, stante l'imprescrittibilità della relativa azione, siccome rivolta alla tutela del diritto di comproprietà (Cass. II, n. 2106/2004). Tuttavia, l'assemblea di condominio non può assegnare, in via esclusiva e a tempo indeterminato, uno o più posti auto a determinati condomini. Si tratta, infatti, di beni comuni, sui quali è vietata ogni limitazione all'uso e al godimento spettante, per legge, anche agli altri condomini sullo stesso spazio (Cass. II, 11034/2016). Se lo spazio del cortile condominiale è insufficiente ad ospitare le auto di tutti i condomini, la regola è quella della turnazione: bisogna cioè decidere dei criteri rotatori in base ai quali tutti i condomini possono godere degli spazi per il parcheggio. Nel caso in cui, invece, il regolamento condominiale preveda espressamente il divieto di destinare a parcheggio il cortile comune o altri spazi circostanti l'edificio ovvero stabilisca una specifica destinazione di tali aree (ad esempio, a giardino), la relativa prescrizione deve qualificarsi di natura contrattuale, con la conseguenza che qualsiasi intervento su di essa (modifica, integrazione e/o abolizione) dovrà essere effettuato con il consenso unanime di tutti i condomini. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
L'assemblea può approvare il mutamento di destinazione del cortile in parcheggio con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.?
Modificazione della destinazione del cortile Il cortile, tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti; ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione (Cons. Stato 29 gennaio 2020). Premesso ciò, non costituisce innovazione vietata, ai sensi dell'art. 1120 c.c., la destinazione di parte del cortile condominiale a parcheggio di autovetture allorché l'intervento riguardi una parte minima dell'area comune, atteso che ai fini della qualificazione dell'opera come innovazione deve aversi riguardo anche all'effettiva rilevanza ed apprezzabilità della modificazione che essa produce (Cass. VI, n. 11171/2012: nella specie, il giudice ha escluso che costituisse innovazione la riduzione di parte dell'area comune destinata a verde, in conseguenza dell'aggiunta di due posti auto ed un terzo di dimensioni ridotte rispetto ai cinque posti auto già esistenti, m ragione della sostanziale irrilevanza dell'intervento in relazione alla superficie interessata rispetto a quella condominiale). Pertanto, la delibera condominiale con la quale si decide di adibire il cortile comune – di ampiezza insufficiente a garantire il parcheggio delle autovetture condominiali – a parcheggio dei motoveicoli, con individuazione degli spazi, delimitazione ed assegnazione degli stessi ai singoli condomini, non dà luogo ad una innovazione vietata dall'art. 1120 c.c., non comportando tale assegnazione una trasformazione della originaria destinazione del bene comune, o l'inservibilità di talune parti dell'edificio all'uso o al godimento anche di un singolo condomino (Cass. II, n. 5997/2008: nella specie, l'impugnazione da parte di un singolo condomino della delibera condominiale di destinazione di un cortile di proprietà condominiale a parcheggio di motociclette – poiché la ristrettezza dello spazio non avrebbe altrimenti consentito di assegnarne una porzione a ciascuno dei nove condomini – è stata ritenuta infondata, poiché la pretesa del condomino dissenziente di sostare con la propria autovettura nel cortile avrebbe privato del tutto gli altri condomini del diritto di utilizzare a loro volta la cosa comune secondo la limitata utilità che essa ad ognuno può offrire). La destinazione oggettiva dello spazio comune (cortile) non esclude la possibilità del parcheggio di biciclette, moto e carrozzine (peraltro, data per contratto ad altre parti dello stesso cortile) se non per l'esistenza di precise decisioni da parte dell'assemblea dei condomini o di disposizioni regolamentari (App. Milano 24 giugno 1994). Esclusione dell'utilizzo del cortile a parcheggio Il carattere comune del cortile, ex art. 1117 c.c., non comporta la possibilità di un suo utilizzo senza alcuna limitazione, atteso che, a norma dell'art. 1102, comma 1, c.c., ciascun condomino può fruire della res comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. L'uso della res comune va inteso in concreto, in considerazione delle caratteristiche obiettive e funzionali che ben possono comportare l'esclusione dell'attitudine del cortile all'uso di parcheggio di veicoli, quando lo stesso per la sua conformazione e dimensioni risulti (come accertato nella fattispecie) idoneo soltanto al passaggio delle persone ed al transito dei veicoli diretti nelle rimesse aventi accesso dal medesimo (App. Napoli 18 febbraio 2020). Il concetto di inservibilità della cosa non può consistere nel semplice disagio subìto rispetto alla sua normale utilizzazione coessenziale al concetto di innovazione, ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale e tipica fruibilità (Trib. Napoli 30 aprile 2014: nella descritta ipotesi – nella specie ricorrente – di destinazione dell'area cortilizia a parcheggio, pertanto, l'inapplicabilità del regime dell'art. 1120, comma 1, c.c. consegue all'impossibilità di ritenere che il bene comune sia stato sottratto alla sua destinazione funzionale o che siano stati lesi in modo inammissibile i diritti dei singoli). Orientamento maggioritario della maggioranza ex art. 1136, comma 5, c.c. per l'approvazione della destinazione del cortile condominiale a parcheggio La delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 5, c.c., non essendo all'uopo necessaria l'unanimità dei consensi ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all'utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni (Cass. II, n. 9877/2012; Cass. II, n. 9877/2012; App. Milano 29 aprile 2022; App. Torino 25 agosto 2020; App. Milano 11 giugno 2020). Orientamento minoritario dell'unanimità dei consensi per l'approvazione della destinazione del cortile condominiale a parcheggio La destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture costituisce un'innovazione, che, in quanto non diretta al miglioramento della cosa comune, può essere validamente deliberata in assemblea solo con il consenso di tutti i condomini (Trib. Padova 8 febbraio 1992). La trasformazione del cortile condominiale in parcheggio non attribuisce il possesso esclusivo del posto auto assegnato La delibera che adibisce l'area del cortile a parcheggio non attribuisce il possesso esclusivo della medesima o del posto auto assegnato (Trib. Roma 1° febbraio 2021). Quindi, è nulla la delibera che stabilisce l'assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti auto all'interno di un'area condominiale, in quanto determinante una limitazione dell'uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune ed introduce, dunque, una innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c. (Trib. Roma 27 marzo 2019). La trasformazione del cortile condominiale in parcheggio non determina alcuna modificazione della destinazione d'uso del bene ex art. 1117-ter c.c. La limitata trasformazione del cortile condominiale in un parcheggio non comporta una modifica della destinazione d'uso – ai sensi dell'art. 1117-ter c.c. – e costituisce piuttosto un'innovazione non confliggente con il divieto dell'art. 1120, ultimo comma, c.c. non causando, in particolare, alcuna significativa menomazione del godimento e dell'uso del bene comune, ed anzi da essa derivando una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini (Cass. II, n. 21342/2018; Trib. Roma 19 gennaio 2022: nella vicenda di merito, l'attore, tra i vari presunti vizi dell'assemblea, aveva posto l'attenzione sul contrasto con l'art. 1117-ter c.c.; secondo l'istante, la trasformazione appena approvata aveva, inevitabilmente, modificato la destinazione d'uso del cortile e ciò era avvenuto in contrasto con quanto sancito dalla predetta norma; ad avviso del giudice, l'attore del procedimento in commento sbaglia ad invocare l'art. 1117-ter c.c. poiché, nel caso de quo, non era stata deliberata alcuna modificazione della destinazione d'uso del cortile comune, sicché la trasformazione in parcheggio del cortile è un'innovazione). Parcheggio del camper nel cortile condominiale Il singolo condomino può considerarsi autorizzato alla modifica del bene comune al fine di ottenere un più intenso vantaggio a favore della sua proprietà esclusiva, in quanto proprio questa è la finalità dell'uso delle parti comuni rispetto alle proprietà individuali: rendere più agevole e funzionale il godimento di queste ultime. Dunque, posteggiare il camper nel cortile comune è possibile ma nel rispetto dei limiti di legge. (Trib. Pavia 13 ottobre 2023: nella specie, il giudice toscano, tenuto conto della CTU, evidenziava la possibilità degli attori di accedere, con la loro vettura, alla propria abitazione anche quando il camper dei convenuti era posizionato nel cortile comune. Quindi, il giudicante ha smentito l'affermazione dell'attrice circa l'esistenza di un impedimento alla fruizione del bene comune per il transito. L'uso esclusivo tenuto dai convenuti, mediante la sosta turnaria dei loro camper, non era costante, atteso che il mezzo in questione veniva posteggiato nell'area comune 5/6 volte l'anno, per il tempo necessario alla preparazione del mezzo, con sosta per giornate e/o nottate intere ma non oltre. Alla luce di quanto sopra, l'uso esclusivo del bene comune tenuto dai convenuti non era idoneo a modificare la destinazione del bene comune proprio perché saltuario). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il condominio chiede all'amministratore di indire con urgenza una nuova assemblea al fine di evitare il ricorso al giudice per impugnare la precedente delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, per essere stata approvata erroneamente a maggioranza semplice, anziché con la maggioranza qualificata prevista ex lege. Funzione e natura del giudizio L'impugnazione della delibera, con cui si destina il cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, avverso la quale il condomino agisce chiedendone l'annullamento, è un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di invalidare la suddetta delibera per effetto della sua nullità, in quanto adottata senza la necessaria maggioranza qualificata prevista ex lege. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5 ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità in quanto nella fattispecie, adottata per la destinazione del cortile a parcheggio di autovetture dei condomini senza la prescritta maggioranza prevista ex lege. Legittimazione La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nell'invalidità della delibera adottata senza la necessaria maggioranza prevista per la destinazione del cortile condominiale a parcheggio. Profili di merito Onere della prova Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare per l'invalidità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Lo stesso opponente deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volte ad invalidare quanto deliberato senza il rispetto della maggioranza qualificata prescritta ex lege per la destinazione dell'area cortilizia condominiale. Contenuto dell'atto di citazione in opposizione a delibera condominiale L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis), c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio. In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. Richieste istruttorie Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui l'assemblea, decidendo in ordine alla destinazione dell'area cortilizia comune a parcheggio delle autovetture dei singoli condomini non ha tenuto conto della prescritta maggioranza qualificata occorrente a tale fine. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini, e può altresì produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare. Le richieste istruttorie a seguito dell'entrata in vigore della Riforma Cartabia, devono essere svolte nell'atto introduttivo del giudizio di opposizione alla delibera assembleare, con particolare riferimento all'ipotesi in cui il relativo giudizio venga introdotto nelle forme del rito semplificato di cognizione di cui all'art. 281-decies c.p.c. atteso che, ove il processo venga invece iniziato nelle forma della cognizione ordinaria, è sempre possibile avvalersi delle memorie integrative di cui all'art. 171-ter c.p.c. anteriormente alla fissazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c. Tuttavia, anche ove ricorra tale ultima ipotesi, è opportuno “mettere in conto” la possibilità del giudice ai sensi dell'art. 183-bis c.p.c. di mutare il rito di cognizione da ordinario in semplificato con ogni conseguenza in termini di tempestività delle rispettive allegazioni e produzioni documentali ai fini probatori. Ciò può accadere all'udienza di trattazione, nel corso della quale, il giudice, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, sentite le parti, se rileva che in relazione a tutte le domande proposte ricorrano i presupposti di cui al comma 1 dell'art. 281-decies c.p.c., dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato, ed in tale caso, si applica il comma 5 dell'art. 281-duodecies c.p.c. 4. ConclusioniLa destinazione del cortile condominiale in parcheggio, pur determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione, tuttavia, non attribuisce il possesso esclusivo del posto auto in favore del singolo condomino, ragione per cui l'adozione della relativa decisione si intende validamente approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 5, c.c. In particolare, secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza, la delibera con cui l'assemblea di condominio destina il cortile a parcheggio delle autovetture dei singoli condomini è valida se approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi dei millesimi dell'edificio. Ciò significa che la trasformazione delle aree verdi in posti auto all'interno delle aree condominiali non richiede l'unanimità dei consensi espressi dai condomini in assemblea, salva l'ipotesi in cui la destinazione dell'area risulti disciplinata dal regolamento di condominio approvato all'unanimità, perché in tale particolare caso, occorrerebbe l'unanimità dei consensi. In senso contrario all'orientamento espresso dalla giurisprudenza dominante, si registra però l'orientamento emerso nella stessa giurisprudenza di legittimità che richiede invece l'unanimità dei consensi per la trasformazione non di una parte ma di tutto il giardino in parcheggio (Cass. VI, n. 10077/2019). Tuttavia, va anche detto che, in tale fattispecie scrutinata dal giudice di legittimità, l'assemblea condominiale aveva deliberato di adibire a parcheggio l'area sino ad allora destinata a giardino ed a tale fine, l'esecuzione di lavori consistenti, quali rimozione di muretti, abbattimento di piante, livellamento del suolo delle parti interessate dai lavori e spostamento dei lampioncini esistenti, in tale ottica, distinguendo tra modifica ed innovazione i cui concetti si ricollegano all'entità e qualità dell'incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune. Ciò premesso, appare altresì evidente come la competenza della relativa controversia appartenga al tribunale e non al giudice di pace, in quanto ciò che rileva nella fattispecie è la destinazione del bene comune (cortile) la quale non comporta una controversia sulla modalità d'uso, per tale ragione essendo detta controversia estranea al perimetro di cui all'art. 7, comma 3, n. 2), c.p.c. |