Maxi cartelloni pubblicitari nella facciata1. Bussole di inquadramentoFacciate condominiali e spazi pubblicitari La facciata è l'insieme delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali che connotano l'edificio, imprimendogli una propria fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico. Ne deriva che la facciata rappresenta, quindi, l'immagine stessa dell'edificio, l'involucro esterno e visibile nel quale rientrano, senza differenza e aldilà delle esposizioni, sia la parte anteriore, frontale e principale che gli altri lati dello stabile. In assenza di limitazioni del regolamento, la facciata costituisce un bene comune che può essere utilizzata ugualmente e indifferentemente da tutti i partecipanti al condominio, anche se ognuno può, da solo, più agevolmente, usare quella parte di muri perimetrali che delimitano il suo appartamento, in ordine non solo alle pareti interne, ma anche alla parte esterna, ad esempio, apponendovi (a determinate condizioni) manufatti pubblicitari. A tal proposito, infatti, le società commerciali utilizzano le facciate dei moderni stabili condominiali per sponsorizzare i loro prodotti. Molti edifici si trovano in posizioni strategiche per lanciare un messaggio pubblicitario, per cui diventa un concreto mezzo per reclamizzare una attività garantendo introiti alla collettività condominiale che potrebbe utilizzare tali incassi per effettuare qualche manutenzione allo stabile o ripianare eventualmente qualche debito contratto con i fornitori. Tuttavia, prima di avviare eventuali trattative, è necessario dare uno sguardo al regolamento condominiale; inoltre, è opportuno valutare se tale tipo di installazione possa produrre un o meno una violazione del combinato disposto degli artt. 1102 e 1120 c.c. In particolare, occorre aver riguardo “soprattutto” alla tutela del decoro architettonico. In tali situazioni, l'azione, volta alla tutela del decoro architettonico dell'edificio, rientra tra quelle esperibili dall'amministratore ai fini della conservazione delle parti comuni ai sensi degli artt. 1130, comma 1, n. 4), e 1131, comma 1, c.c. e, quindi, non è necessaria la previa delibera assembleare – o la ratifica a posteriori – per rappresentare il condominio in sede processuale (Cass. II, n. 14626/2010). Le innovazioni vietate che alterano il decoro architettonico L'attuale comma 4 dell'art. 1120 c.c. specifica, in materia di condominio, che sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano taluni parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. In particolare, il secondo dei limiti imposti alla realizzazione delle innovazioni nell'àmbito condominiale dal comma 4 dell'art. 1120 c.c., ossia il divieto di alterazione del decoro architettonico, il Legislatore ha inteso salvaguardare un bene comune, privo di consistenza materiale, ma pur sempre economicamente quantificabile, se si pensa al correlativo deprezzamento del valore commerciale delle proprietà sia comuni che individuali. La tutela del decoro architettonico, quindi, viene apprestata in considerazione della diminuzione del valore che la sua alterazione arreca all'intero stabile e, quindi, anche alle singole unità immobiliari che lo compongono. Ne deriva che il giudice del merito, al fine di stabilire se in concreto vi sia stata lesione di tale decoro, oltre ad accertare se esso risulti leso o turbato, deve anche valutare se tale lesione o turbativa determini o meno un deprezzamento dell'intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni ad un'utilità che compensi l'alterazione architettonica che non sia di grave ed appariscente entità (Trib. Arezzo 30 novembre 2018). Il decoro architettonico è un bene cui sono direttamente interessati tutti i condomini, difatti concorre a determinare il valore sia delle proprietà individuali che di quella collettiva sulle parti comuni, potendo quindi essere oggetto di discussione assembleare ai sensi del combinato disposto degli artt. 1120,1122 e 1127, comma 3, c.c. (Trib. Vercelli 29 settembre 2021). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali tutele esistono in caso di alterazione del decoro dell'edificio a seguito di installazione di cartellone pubblicitario da parte di un condomino?
L'installazione del cartellone sulla facciata richiede l'autorizzazione dell'assemblea L'installazione sul muro condominiale di un cartellone pubblicitario ad opera di un condomino o di un conduttore non può considerarsi come esplicazione del normale uso della cosa comune. Di conseguenza è necessaria l'autorizzazione dell'assemblea (Cass. II, n. 4195/1984: è stata ritenuta corretta la decisione del giudice del merito che, sulla base di una norma del regolamento di condominio che prevedeva una espressa autorizzazione condominiale, ha affermato che l'apposizione di cartelloni pubblicitari sulla facciata non può essere considerata esplicazione del normale uso di godimento della cosa). Anche i giudici amministrativi hanno sottolineato che le opere non connesse all'uso normale della cosa comune, devono essere preceduti dal previo assenso dei condomini, situazione questa che impone al Comune di accertare l'esistenza del consenso alla realizzazione da parte di tutti i condomini e, quindi, un preciso obbligo di istruttoria (T.A.R. Piemonte – Torino 6 dicembre 2022). L'installazione del cartellone sulla facciata costituisce innovazione vietata in caso di pregiudizio al decoro dello stabile L'utilizzo di una parete esterna dell'edificio condominiale a sostegno di un cartellone pubblicitario che copra la superficie disponibile costituisce innovazione in quanto destina il bene comune ad una funzione diversa da quella originaria. Pertanto, nel caso in cui tale destinazione rechi pregiudizio al decoro dello stabile, inteso non solo in termini di piacevolezza ed armonia dell'aspetto architettonico dell'edificio condominiale, ma anche di rispettabilità e dignità dello stesso, essa costituisce una innovazione “vietata” ricompresa nella previsione di cui all'art. 1120 c.c. e, dunque, vietata in mancanza di consenso da parte di tutti i condomini (Trib. Monza 20 giugno 2008). Quindi, nel caso in cui su una facciata esterna del fabbricato condominiale venga posto un cartellone pubblicitario grande quanto l'intera superficie della parete stessa, si configura un'ipotesi di innovazione, in quanto il bene comune viene destinato ad una funzione diversa da quella originaria. Tale destinazione pregiudica senz'altro il decoro architettonico dell'edificio, in quanto per “decoro architettonico” deve intendersi anche la rispettabilità e la dignità dell'edificio stesso (App. Milano 17 giugno 1997). L'apposizione dell'insegna pubblicitaria costituisce turbativa del conduttore del compossesso del fabbricato La locazione di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale pone il conduttore in una posizione non diversa da quella del proprietario in nome del quale egli detiene, potendo, pertanto, il conduttore, al pari del suo dante causa, godere delle parti comuni dell'edificio, nel rispetto, tuttavia, dei medesimi limiti che si impongono al condomino suo locatore. Ne consegue che, laddove detto conduttore apponga un'insegna pubblicitaria sulla facciata dell'edificio, ledendone il decoro architettonico, in quanto ne altera l'estetica e la complessiva armonia di linee, detta apposizione integra una turbativa del compossesso del fabbricato (Trib. Brescia 22 marzo 2019). Non costituisce servitù a carico della cosa comune l'installazione da parte del condomino di una insegna pubblicitaria Il condomino, il quale si serve del muro perimetrale per ricavare maggior vantaggio nel godimento di un'unità immobiliare già funzionalmente e strutturalmente collegata al bene comune, lo fa nell'esercizio del diritto di condominio, i cui limiti sono segnati dall'art. 1102 c.c. e non avvalendosi di una servitù. E così, proprio per quanto riguarda in particolare il muro perimetrale comune di un edificio in condominio – secondo il Tribunale di Bari – esso, accanto alla funzione primaria e fondamentale di sostegno dello stabile, ha anche quella accessoria e secondaria di appoggio di tubi, fili, condutture, targhe, insegne, ecc., per cui la sua utilizzazione per l'installazione di vetrine, mostre, insegne pubblicitarie è da ritenere senz'altro consentita se contenuta entro i limiti dell'art. 1102 c.c. Ne consegue che non costituisce una vera e propria servitù a carico della cosa comune, né può dar luogo ad usucapione, l'installazione da parte del condomino di una vetrina (o insegna pubblicitaria) nell'area del muro perimetrale (di facciata) corrispondente all'immobile di sua proprietà, rientrando tale utilizzazione nel normale uso del bene comune, pienamente legittimo (sempre se rispettoso dei limiti di cui al citato art. 1102 c.c.). D'altronde, il potere del singolo di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite consistente, l'uno, nel rispetto della destinazione del bene comune che non può essere alterato dal singolo partecipante alla comunione, l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Trib. Bari 1° giugno 2022). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale L'amministratore di condominio comunica al condomino che ha eseguito senza autorizzazione dei lavori per installare dei cartelloni pubblicitari che deve provvedere alla loro eliminazione perché ledono il decoro architettonico dell'edificio, ripristinando la situazione preesistente, poiché in difetto, provvederà ad evocarlo in giudizio chiedendone la condanna in tale senso e, dunque, al pagamento dei relativi costi occorrenti, con il possibile ulteriore aggravio alla refusione delle spese di lite in favore del condominio. Funzione e natura del giudizio È un ordinario giudizio a cognizione ordinaria che l'amministratore del condominio intraprende nei confronti del condomino proprietario dei cartelloni pubblicitari installati senza autorizzazione in quanto lesivi del decoro architettonico dell'edificio condominiale, al fine di conseguirne la condanna al ripristino della situazione preesistente e, per l'effetto, al pagamento dei relativi costi. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente dal legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso dell'atto di citazione per conseguire la condanna del condomino all'eliminazione dei cartelloni pubblicitari installati in quanto lesivi del decoro architettonico dell'edificio, al fine di ripristinare la situazione preesistente, in quanto nella fattispecie lesiva di un diritto soggettivo dell'intero condominio concernente l'anzidetta tutela del decoro dell'edificio. Legittimazione La legittimazione attiva spetta all'amministratore condominiale, per effetto dell'interesse ad agire sussistente in capo al medesimo, nella fattispecie, ravvisato nella condanna del condomino responsabile dell'installazione di cartelloni pubblicitari alla loro eliminazione per effetto della lesione arrecata al decoro architettonico dell'edificio. Profili di merito Onere della prova L'amministratore di condominio, il quale intenda evocare in giudizio il condomino responsabile dell'installazione dei cartelloni pubblicitari per la loro eliminazione in quanto lesiva del decoro architettonico dell'edificio, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla condanna dell'anzidetto condomino al ripristino della situazione preesistente. Lo stesso amministratore deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a conseguire l'eliminazione dei cartelloni anzidetti posizionati dal condomino sulle parti private, siccome lesive del decoro architettonico dell'edificio. Contenuto dell'atto di citazione L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condomino – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte istante dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate alla condanna della parte convenuta. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – al condomino. In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. Richieste istruttorie L'amministratore di condominio può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale del condomino sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione, con il quale lo ha evocato in giudizio per conseguirne la condanna all'eliminazione dei cartelloni pubblicitari installati senza autorizzazione, in quanto lesivi del decoro architettonico dell'edificio e, dunque, al ripristino della situazione preesistente, volte essenzialmente a confermare la ricostruzione dei fatti esposta nella narrativa dell'atto di citazione. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini, e può altresì produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza della domanda oltre alla richiesta di c.t.u. per la determinazione dei costi occorrenti per il ripristino della situazione preesistente alla lesione arrecata al decoro architettonico dell'edificio. 4. ConclusioniIn tema di condominio, è illegittimo l'uso particolare o più intenso del bene comune – come, ad esempio, la facciata dello stabile – se ciò determina un pregiudizio al decoro architettonico. La lesione dell'estetica dell'edificio incide, infatti, sul valore dei singoli appartamenti dei condomini, configurandosi quale lesione o riduzione o delle utilità inerenti al godimento del bene comune, anche se di ordine estetico. Vieppiù ove si consideri che l'uso di una parete esterna dell'edificio condominiale – la quale indubbiamente costituisce una delle parti comuni del condominio – a sostegno di uno o più cartelloni pubblicitari che coprano la superficie disponibile comporta un pregiudizio al decoro architettonico dello stabile, in quanto il termine “decoro” comprende la sua rispettabilità e dignità. Ne consegue che, nell'ipotesi di apposizione non autorizzata dall'assemblea dei condomini di cartelloni pubblicitari sulla facciata dello stabile, l'integrità del “decoro architettonico” viene messa in discussione non solo quando si tratta di un edificio di particolare pregio storico-artistico, ma anche nei casi in cui l'edificio risponda ad una particolare fisionomia, suscettibile di essere alterata significativamente da opere eseguite per assicurare particolari utilità pubblicitarie in ordine all'uso delle parti comuni. Quid juris se il condomino dismette la cartellonistica pubblicitaria dopo essere stato evocato in giudizio dall'amministratore del condominio? In questa ipotesi, il giudice dichiara cessata la materia del contendere e senza decidere nel merito, analizza lo svolgimento dei fatti di causa al fine di valutare l'eventuale condanna alle spese della parte convenuta, secondo il principio della soccombenza virtuale. In buona sostanza, ciò significa che l'avvenuta rimozione del cartellone pubblicitario non esonera di per sé l'autorità giudiziaria dall'esaminare la pretesa del condominio. Al riguardo, è agevole ritenere che la cessazione della condotta illecita del condomino anche se adottata spontaneamente da quest'ultimo, prima che il giudice si sia pronunciato sulla domanda dell'istante, non elide l'interesse del medesimo a conseguire una pronuncia giudiziale che, esamini comunque la fondatezza nel merito dell'azione intrapresa, sia ai fini del necessario regolamento delle spese processuali, sia per quanto concerne la valutazione dell'eventuale ed accessoria domanda di risarcimento del danno. |