Divieto di destinazione dell'appartamento a bed and breakfast

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Aspetti generali sul regolamento di condominio

Il regolamento di condominio è lo strumento di regolamentazione della vita della collettività. L'art. 1138 c.c. – che, preme subito chiarire, fa esclusivo riferimento ai regolamenti di condominio assembleari – individua un elenco di materie che necessitano di essere regolamentate: l'elencazione non è però da intendersi come tassativa, ben potendo, come nella prassi accade, che i regolamenti di condominio disciplinino questioni ulteriori rispetto al contenuto minimo essenziale prescritto dal legislatore. Dunque, in base al suo contenuto, il regolamento condominiale si distingue in assembleare e contrattuale. Il contenuto del primo si rinviene nell'art. 1138 c.c. e si estrinseca nelle norme relative all'uso delle cose comuni, alla ripartizione delle spese, alla tutela del decoro dell'edificio ed alla amministrazione condominiale. Il regolamento assembleare non può in alcun modo comprimere le facoltà dei singoli condomini connesse alle proprietà esclusive o al godimento delle proprietà comuni. Nel regolamento contrattuale, invece, si rinvengono norme che comprimono le facoltà dei condomini sulle proprietà esclusive o che limitano (o estendono) il godimento di quelle comuni. Solitamente questo tipo di regolamento “esterno” viene predisposto dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'immobile ed accettato dai condomini al momento dell'acquisto delle singole unità. Nulla vieta, tuttavia, che regole limitative o estensive dei diritti possano essere assunte in un momento successivo, dai condomini, con l'unanimità dei consensi.

Le clausole del regolamento

Nell'àmbito dei regolamenti contrattuali (di origine sia esterna sia interna), occorre distinguere le clausole con contenuto tipicamente “regolamentare”, dirette a disciplinare la conservazione, l'uso ed il godimento delle parti comuni, nonché l'apprestamento e la fruizione dei servizi comuni – di regola, concernenti il contenuto c.d. necessitato del regolamento di cui al comma 1 dell'art. 1138 c.c. – e le clausole di natura “contrattuale”, che incidono sull'utilizzabilità e destinazione delle parti esclusive o che comportino restrizioni al diritto di proprietà dei singoli sulle cose comuni. Ad esempio, rivestono natura regolamentare quelle clausole che concernono le modalità d'uso delle cose comuni e, in genere, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali (ad esempio, il divieto di occupare temporaneamente alcune parti comuni dell'edificio, la regolamentazione del gioco dei bambini nel cortile, o l'obbligo di uso turnario del lastrico solare), mentre hanno natura negoziale solo quelle disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei condomini (ad esempio, quelle che vietano di adibire l'appartamento a sala da ballo o discoteca). A questo proposito, è sufficiente, per stabilire se una data destinazione sia vietata o limitata, verificare se la stessa destinazione sia inclusa o meno nell'elenco tassativo, ritenendosi che, già in sede di redazione del regolamento, siano stati valutati gli effetti come necessariamente dannosi, sicché la semplice indicazione nello stesso di una data destinazione delle unità immobiliari non può precluderne altre diverse.

Il bed and breakfast e le strutture ricettive in condominio

Letteralmente il B&B “pernottamento e piccola colazione” è una piccola struttura ricettiva a gestione familiare; i due servizi che gli danno il nome sono necessari e sufficienti a qualificarlo. Invero, il B&B è una struttura extra-alberghiera in cui l'ospite riceve un letto e la prima colazione, una sorta di alternativa valida ai tradizionali alberghi e pensioni che permette di alloggiare a costi relativamente contenuti, pernottando e facendo colazione, salvo poi trascorrere il resto della giornata in assoluta libertà. L'art. 9, comma 8, all. n. 1 del Codice della normativa statale in tema di turismo (d.lgs. n. 79/2011) prevede che i bed and breakfast in forma imprenditoriale sono strutture ricettive a conduzione e organizzazione familiare, gestite da privati in modo professionale, i quali forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purché funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi. La citata norma ha riconosciuto non solo il B&B, ma anche la possibilità di esercitarlo in forma occasionale e imprenditoriale. La forma occasionale significa che l'esercizio deve essere non solo saltuario ma anche svolto senza un'organizzazione di mezzi e di persone che risulti estranea all'ordinaria attività familiare, altrimenti sarebbe attratto nella sfera impositiva dell'Iva. Oltre a ciò, il B&B si differenzia dalle altre attività ricettive eventualmente presenti nel condominio: ad esempio, i principali elementi che differenziano l'attività del B&B da quella dell'affittacamere è che quest'ultima è considerata un'attività imprenditoriale, dunque, un'attività organizzata che permette l'impiego, se necessario, di personale dipendente o di collaboratori. Inoltre, l'attività dell'affittacamere prevede l'offerta di servizi aggiuntivi ed è soggetta all'iscrizione alla Camera di Commercio, al regime Iva e ai relativi adempimenti burocratici, contabili e fiscali; quindi, un'attività continuativa e stabile sia nel proprio alloggio che in altre strutture di proprietà. Oltre a ciò, a differenza dell'attività di affittacamere e B&B, le case vacanza rientrano nella disciplina delle locazioni ad uso abitativo, in quanto comporta soltanto la cessione del godimento di un locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua ecc.), senza la prestazione di servizi aggiuntivi, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno. L'attività di casa vacanze si differenzia da quelle alberghiera e di affittacamere o pensione, costituendo un “servizio di tipo saltuario, esercitato da un gestore e soggetto a limiti di capienza della struttura ricettiva” (Trib. Roma 26 settembre 2021). Diversamente dalle “case vacanze”, “le locazioni per finalità turistiche per brevi periodi non superiori a 30 giorni” (stipulate ai sensi dell'art. 53 del d.lgs. n. 79/2011) non si distinguono dalle ordinarie locazioni, se non per la loro durata transitoria. In conclusione, pur in assenza di una precisa disciplina a livello nazionale e di una tipica e definizione di tale attività, “soccorrono” le varie normative regionali, le quali chiedono che gli immobili, utilizzati per fornire soggiorno ai turisti, siano in regola con i requisiti urbanistico-edilizi, igienico-sanitari e di sicurezza prescritti per le civili abitazioni e individuano dei requisiti minimi delle stanze. In proposito, difatti, è stato osservato che in base all'art. 117, comma 3, Cost. e della pronuncia della Corte Costituzionale n. 80/2012, non esiste un'unica qualificazione nazionale dell'attività di bed and breakfast, sussistendo nella materia del turismo, in cui rientra detta attività, la competenza legislativa regionale residuale. Nonostante l'impegno del Legislatore, tuttavia, l'attività di bed and breakfast ed il sempre maggior utilizzo di tale formula, in alternativa alle tradizionali strutture turistiche e ricettive, ha portato, parallelamente, ad un aumento del contenzioso concernente la legittimità o meno del suo esercizio all'interno dello stabile condominiale.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
I condomini possono destinare il proprio immobile a bed and breakfast in presenza di limitazioni presenti nel regolamento di condominio?

Orientamento positivo alla destinazione degli immobili all'attività di bed and breakfast

Il regolamento non può impedire la destinazione delle unità abitative per l'esercizio dell'attività di bed and breakfast

L'uso della propria abitazione come B&B non costituisce modificazione della destinazione d'uso dell'immobile e può verificarsi anche qualora questo faccia parte di un condominio. Invero, secondo gli ermellini, la previsione regolamentare non può essere legittimamente interpretata in modo restrittivo, tale da vietare ogni attività che si possa svolgere in immobili facenti parte del complesso condominiale che non si esaurisce in un godimento personale da parte dei proprietari. Il regolamento non può impedire ai condomini la destinazione delle unità abitative per l'esercizio dell'attività di bed and breakfast, non comportando l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici. Non sussiste, peraltro, alcuna incompatibilità della destinazione alberghiera con quella prescritta dalla norma del regolamento condominiale, ove l'attività di bed and breakfast non comporti conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini. Quindi, chi vuole creare un B&B non necessita dell'approvazione dell'assemblea condominiale, a meno che ovviamente il regolamento condominiale non vieti espressamente l'esercizio di tale attività e purché non si arrechino danni ai vicini di casa. Tale sentenza lascerebbe dunque intendere che l'espresso divieto all'esercizio dell'attività in questione in un'unità in condominio debba risultare in maniera specifica ed inequivocabile da una clausola regolamentare contrattuale (Cass. II, n. 24707/2014: secondo la Corte territoriale, il B&B può essere esercitato esclusivamente all'interno di una civile abitazione). Tale tesi troverebbe un proprio solido fondamento nella sentenza n. 369/2008 della Corte Costituzionale, nonché nella normativa locale, ovvero nell'art. 2, lett. a), del regolamento della Regione Lazio n. 16/2008 che stabilisce: “l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo [ovvero come B&B] non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici”. Quindi, se il regolamento condominiale vieta di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione e il B&B può essere esercitato in un civile abitazione, ne discende, per forza di cose, che il regolamento condominiale non vieta il B&B). Nell'escludere l'incompatibilità tra l'attività di B&B e la destinazione abitativa dell'immobile, occorre considerare se lo stesso regolamento non impedisca, anzi, consenta, ai condomini di affittare le proprie unità abitative, consentendo anche ai locatari di accedere e di fruire degli spazi comuni anzidetti (Trib. Verona 22 aprile 2015).

Se il regolamento condominiale di natura contrattuale contenga una specifica inibizione solo con riferimento ad una determinata attività, non è consentita l'inibizione di una attività del tutto diversa

In tal senso, si sono pronunciati anche i giudici di merito che hanno annullato la delibera con cui l'assemblea aveva proibito al proprietario esclusivo di utilizzare come bed and breakfast l'unità abitativa all'interno dello stabile: ciò sul presupposto che l'imposizione di limiti di destinazione alla facoltà di godimento dei condomini sulle proprietà immobiliari in esclusiva proprietà può avvenire mediante l'elencazione delle attività vietate, oppure con riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare (Trib. Roma 18 gennaio 2017). In altra pronuncia, i giudici hanno anche sottolineato che si può aprire in condominio un bed and breakfast nonostante il regolamento contrattuale preveda il divieto di destinare gli immobili ad attività di locanda o pensione (Trib. Roma 10 gennaio 2018). Sempre il Tribunale di Roma ha confermato che il divieto di esercitare attività di bed and breakfast, contenuto nel regolamento di condominio, non è opponibile ai nuovi acquirenti se non è stato espressamente oggetto di accettazione al momento dell'acquisto dell'immobile e non risulta alcuna trascrizione nei registri immobiliari (Trib. Roma 29 gennaio 2019).

Orientamento negativo alla destinazione degli immobili all'attività di bed and breakfast

Non può svolgersi l'attività di bed and breakfast in condominio anche se preventivamente autorizzata dall'assemblea

Secondo la Suprema Corte, la legge regionale (circa la rilevanza dell'esclusione o meno del mutamento di destinazione d'uso dell'attività di B&B) ha finalità diverse, relative alla classificazione delle attività (alberghiera o non alberghiera), e non può incidere sui rapporti privatistici e sugli obblighi che reciprocamente si assumono i condomini, in questo caso con un regolamento contrattuale. Pertanto, quando il regolamento condominiale contrattuale contiene una clausola che vieta il cambio di destinazione d'uso dell'immobile, la volontà delle parti è quella di evitare che le singole unità immobiliari vengano utilizzate per un uso diverso dall'abitazione dei condomini eliminando altre possibilità di utilizzo. Quindi, in tema di condominio negli edifici, deve ritenersi nulla, per contrasto con l'uso abitativo contrattualmente prestabilito nel regolamento condominiale, la delibera assunta a maggioranza dall'assemblea dei condomini che autorizzi lo svolgimento dell'attività di bed and breakfast all'interno dei locali di proprietà esclusiva dei condomini pur in presenza di precedenti patti speciali allegati agli atti di divisione dell'immobile – costituenti regolamento condominiale contrattuale – nei quali è espressamente specificato che “i proprietari del fabbricato si impegnano sin d'ora a destinare esclusivamente ad abitazione i singoli piani loro assegnati, impegnandosi categoricamente a non modificare tale destinazione” (Cass. VI, n. 704/2015: in quest'ordine di concetti, il supremo organo decidente ha stabilito che la Corte d'Appello, nel ritenere che l'autorizzazione all'attività di bed and breakfast costituisse violazione dei patti, ha ricostruito la volontà contrattuale delle parti, facendo riferimento al contenuto letterale della clausola e individuando il tipo di utilizzo che prescrivevano i patti e correlativamente l'utilizzo vietato, anche avuto riguardo alle caratteristiche dell'immobile – pregiata villa di campagna con viale di accesso e giardino comune).

Non è consentito utilizzare un immobile privato con un utilizzo diverso da quello abitativo

Il condomino non può destinare l'immobile ad affittacamere, attività alberghiera o bed and breakfast ove il regolamento di condominio vieti destinazioni d'uso diverse da quella abitativa. E non solo: secondo i giudici il proprietario non può neanche opporre la circostanza che, in passato, tale uso sia stato consentito, in quanto la violazione pregressa non giustifica nuove violazioni (Cass. II, n. 109/2016). Secondo altro provvedimento, il divieto di utilizzo dell'appartamento privato diverso da quello abitativo sia da ricollegare all'esigenza di tutela della tranquillità e sicurezza del fabbricato, che non deve essere violata in conseguenza di un uso delle porzioni esclusive che comporti un notevole movimento di persone estranee al condominio (Trib. Roma 23 gennaio 2015: l'espressione “uso abitativo” sottende un utilizzo come dimora stabile e abituale, laddove la destinazione a bed and breakfast consiste invece nella prestazione di un alloggio per periodi più o meno brevi, in vista di esigenze pur sempre di carattere transitorio).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

La parte che è incorsa nella violazione del regolamento condominiale per avere destinato ad attività di B&B un'unità abitativa presente nello stabile, può chiedere all'amministratore di convocare l'assemblea condominiale per discutere di eventuali modifiche anche parziali al regolamento al fine di consentire l'espletamento di detta attività economica nel rispetto dei diritti dei condomini.

Funzione e natura del giudizio

L'atto di costituzione con il quale il condomino si costituisce nel giudizio in cui è evocato dall'amministratore di condominio ha la finalità di costituire il contraddittorio delle parti in un contenzioso la cui natura è quella propria della cognizione ordinaria od a cognizione sommaria laddove lo stato della causa consenta una trattazione celere del relativo procedimento, nel quale, la stessa parte convenuta si difende, prendendo posizione sulla domanda attorea, di cui chiede il rigetto esplicitandone le ragioni in fatto ed in diritto. La comparsa di costituzione e risposta è, dunque, il primo atto difensivo della parte che è indiziata di avere posto in essere una violazione del regolamento condominiale, la cui introduzione nel processo deve rispettare i termini di quest'ultimo previsti ex lege.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

La domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione del comma 2, 4, 5, 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole, “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice”, siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità per contrasto con l'art. 1138 c.c. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Secondo l'opinione giurisprudenziale dominante, la controversia in cui si discute della negazione del diritto d'uso nei confronti di un singolo condomino di un determinato servizio o bene comune rientra, attualmente, nella competenza del Tribunale (Cass. VI, n. 36967/2021: per la quale, le controversie in cui viene messo in discussione il diritto del condomino ad un determinato uso della cosa comune non rientrano nella competenza del Giudice di Pace, ai sensi dell'art. 7, comma 3, n. 2, c.p.c., come “cause relative alla misura e alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case”, ma del Tribunale).

Legittimazione

La legittimazione attiva compete all'amministratore del condominio, essendo tenuto a curare l'osservanza del regolamento di condominio ex art. 1130, comma 1, n. 1), c.c., per tale ragione, essendo legittimato ad agire in giudizio per ottenere la cessazione degli abusi posti in essere da un condomino, il quale ultimo è invece legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di provare la violazione di una specifica disposizione del regolamento di condominio grava sulla parte istante, che deve allegarne l'esistenza, mentre quella evocata in giudizio è onerata della prova contraria, concernente l'inesistenza della dedotta violazione, sollevando eccezioni ad hoc che possano valere a paralizzare la domanda di parte attrice.

Contenuto della comparsa di costituzione e risposta

La costituzione del convenuto in un ordinario giudizio di cognizione – od anche in quello inizialmente intrapreso con il procedimento semplificato di cognizione – consiste nella predisposizione di un atto in forma di comparsa di costituzione contenente ove esistano i relativi presupposti anche una domanda riconvenzionale, in cui premessa l'indicazione compiuta delle esatte generalità della parte evocata in giudizio e del relativo codice fiscale, nonché di quelle dell'avvocato da cui è patrocinata, il quale, oltre ad indicare il domicilio eletto nel distretto in cui ha sede l'ufficio giudiziario adito ed il proprio codice fiscale, deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo di posta elettronica certificata per le comunicazioni o notificazioni riguardanti il medesimo procedimento, deve altresì curare l'indicazione sintetica ma al tempo stessa precisa e esaustiva dei fatti di causa, con le relative argomentazioni in diritto in virtù delle quali, si ritiene del tutto insussistente la pretesa violazione del regolamento di condominio così come addotta dalla controparte, rispettando il principio di sinteticità nella redazione degli atti giudiziari fatto proprio dalla recente riforma del processo civile.

In particolare, per effetto della riforma attuata dal d.lgs. n. 149/2022, l'attuale testo dell'art. 166, comma 1, c.p.c. prevede che il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno settanta giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione depositando la comparsa di cui all'art. 167 c.p.c. con la copia della citazione notificata, la procura ed i documenti che offre in comunicazione.

Inoltre, il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico, tant'è che, nelle conclusioni della comparsa, la parte convenuta dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate al rigetto della domanda attorea, e nel caso in cui venga proposta domanda riconvenzionale – ad esempio, per il risarcimento del danno conseguente alla stessa richiesta così come formulata – vanno specificate le relative causali, con la formulazione dell'importo.

L'atto va sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente alla restante documentazione ad esso allegata va depositato telematicamente nel fascicolo informatico già pendente presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario adìto.

Richieste istruttorie

Nel giudizio a cognizione piena – ma lo stesso dicasi in quello a cognizione sommaria che, a seconda delle difese svolte dal convenuto in sede di costituzione può mutare in un processo a cognizione ordinaria per effetto del provvedimento ad hoc emesso dal giudice affidatario della causa – il convenuto non ha l'onere di provare la domanda – salvo che a sua volta agisca in via riconvenzionale per il riconoscimento di un proprio diritto soggettivo – trattandosi di un compito il cui assolvimento spetta all'attore, dovendo limitarsi ad allegare fatti e circostanze contrarie a quelle esposte nell'atto introduttivo del giudizio, al fine precipuo di contrastare quest'ultime, nell'ottica di dimostrare l'assoluta o parziale infondatezza della stessa domanda attorea. Per tale ragione, il convenuto dovrà chiedere l'interrogatorio formale dell'attore articolando posizioni contrarie rispetto a quelle enunciate da quest'ultimo nel proprio atto di citazione ed eventualmente, all'esito prova testimoniale sulle stesse posizioni dell'interrogatorio deferito all'attore. A seconda dei casi, è possibile chiamare a testimoniare gli stessi condomini al fine di verificare se gli stessi sono effettivamente a conoscenza della diversa destinazione d'uso dell'unità immobiliare vietata dal regolamento condominiale. Tuttavia, occorre anche tenere conto della possibile introduzione nel processo delle videoregistrazioni interne delle telecamere laddove presenti all'interno degli spazi comuni del condominio, nel rispetto delle disposizioni vigenti in tema di privacy. Ciò al fine di dimostrare che la conformità al regolamento condominiale dell'uso dichiarato nel contratto di locazione possa confermare che il medesimo regolamento non sia stato di fatto violato.

4. Conclusioni

È pacifico che l'interpretazione del regolamento condominiale integra un giudizio di fatto, rimesso alla competenza esclusiva del giudice di merito. Ciò premesso, re melius perpensa rispetto a precedenti orientamenti, la Cassazione ha recentemente nuovamente preso posizione sull'attività di B&B affermando che l'assimilazione dell'attività di affittacamere – ritenuta sovrapponibile a quella di B&B – a quella imprenditoriale alberghiera è coerente con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, tale attività, pur differenziandosi da quella alberghiera per sue modeste dimensioni, presenta natura a quest'ultima analoga, comportando, non diversamente da un albergo, un'attività imprenditoriale, un'azienda ed il contatto diretto con il pubblico atteso che essa, infatti, richiede non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno ed il servizio di prima colazione (Cass. II, n. 21562/2020).

La prova della violazione del regolamento grava sulla parte che intende avvalersene, ed a tale fine, premessa l'allegazione dello stesso regolamento da acquisire agli atti di causa, occorrerà che la singola disposizione dello stesso che preveda il divieto di destinare una singola unità immobiliare a B&B sia legittimamente applicabile, anche attraverso l'effettiva dimostrazione dell'esercizio dell'attività vietata laddove l'esercizio di quest'ultima sia negata dalla parte convenuta.

Un'ulteriore problematica investe quella della legittimazione del proprietario dell'unità immobiliare all'interno della quale si svolge l'attività vietata di B&B gestita da un terzo in qualità di conduttore.

Infatti, in questa particolare – e tutt'altro che insolita ipotesi – nei confronti dell'amministratore di condominio esiste la legittimazione passiva del solo proprietario dell'unità immobiliare qui considerata in quanto condomino obbligato personalmente all'osservanza delle norme regolamentari, e non anche dello stesso gestore del B&B.

Tale situazione è stata affrontata in una fattispecie decisa da un magistrato capitolino (Trib. Roma 13 marzo 2018), in cui la parte convenuta si è costituita in giudizio eccependo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere l'attività denunziata imputabile unicamente alla società che conduce in locazione il proprio immobile, contestando nel merito la domanda, per la mancata prova della destinazione del bene a B&B e sotto il profilo che essa non sarebbe comunque vietata dal regolamento, non comportando alcun mutamento di destinazione dell'immobile né essendo fonte di rumori o molestie nei confronti degli altri condomini. Al riguardo, è stato quini osservato che l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta è infondata, in quanto la domanda è stata proposta dall'amministratore di condominio nei suoi confronti in ragione della sua qualità di condomino, non oggetto di contestazione né di controversia, per l'adempimento degli obblighi che in tale veste si assume siano a suo carico in forza del regolamento condominiale. Del tutto indifferente è allora la circostanza che l'attività denunziata sia di fatto esercitata da un terzo, il gestore del B&B quale conduttore del bene, atteso che la costituzione di un autonomo diritto di godimento del suddetto cespite a favore di un altro soggetto (conduttore) non interrompe la permanenza degli obblighi a carico del singolo proprietario derivanti dal rapporto condominiale. Il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari, si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo cespite, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al medesimo conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, ma altresì a prevenirne le violazioni ed a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto di locazione in corso.

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