Irrogazione della sanzione per la violazione del regolamento

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Aspetti generali sul regolamento di condominio

Il regolamento di condominio è lo strumento di regolamentazione della vita della collettività. L'art. 1138 c.c. – che, preme sùbito chiarire, fa esclusivo riferimento ai regolamenti di condominio assembleari – individua un elenco di materie che necessitano di essere regolamentate: l'elencazione non è, però, da intendersi come tassativa, ben potendo, come nella prassi accade, che i regolamenti di condominio disciplinino questioni ulteriori rispetto al contenuto minimo essenziale prescritto dal legislatore. Dunque, in base al suo contenuto, il regolamento condominiale si distingue in assembleare e contrattuale. Il contenuto del primo si rinviene nell'art. 1138 c.c. e si estrinseca nelle norme relative all'uso delle cose comuni, alla ripartizione delle spese, alla tutela del decoro dell'edificio ed alla amministrazione condominiale. Il regolamento assembleare non può in alcun modo comprimere le facoltà dei singoli condomini connesse alle proprietà esclusive o al godimento delle proprietà comuni. Nel regolamento contrattuale, invece, si rinvengono norme che comprimono le facoltà dei condomini sulle proprietà esclusive o che limitano (o estendono) il godimento di quelle comuni. Solitamente questo tipo di regolamento “esterno” viene predisposto dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'immobile ed accettato dai condomini al momento dell'acquisto delle singole unità. Nulla vieta, tuttavia, che regole limitative o estensive dei diritti possano essere assunte in un momento successivo, dai condomini, con l'unanimità dei consensi.

Le clausole del regolamento

Nell'àmbito dei regolamenti contrattuali (di origine sia esterna sia interna), occorre distinguere le clausole con contenuto tipicamente “regolamentare”, dirette a disciplinare la conservazione, l'uso ed il godimento delle parti comuni, nonché l'apprestamento e la fruizione dei servizi comuni – di regola, concernenti il contenuto c.d. necessitato del regolamento di cui al comma 1 dell'art. 1138 c.c. – e le clausole di natura “contrattuale”, che incidono sull'utilizzabilità e destinazione delle parti esclusive o che comportino restrizioni al diritto di proprietà dei singoli sulle cose comuni. Ad esempio, rivestono natura regolamentare quelle clausole che concernono le modalità d'uso delle cose comuni e, in genere, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali (ad esempio, il divieto di occupare temporaneamente alcune parti comuni dell'edificio, la regolamentazione del gioco dei bambini nel cortile, o l'obbligo di uso turnario del lastrico solare), mentre hanno natura negoziale solo quelle disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei condomini (ad esempio, quelle che vietano di adibire l'appartamento a sala da ballo o discoteca).

La previsione della sanzione nel regolamento

I condomini possono apporre specifiche sanzioni al fine rafforzare l'osservanza dei precetti contenuti nel capitolato disciplinare comune e prevenire le violazioni, aggiuntive rispetto ai mezzi coercitivi già offerti dall'apparato legislativamente esistente. A tal proposito, il Legislatore, con la disposizione ex art. 70 disp. att. c.c., prevede che, “per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie”. Non adoperando la Riforma del 2013 alcun riferimento al “condomino” in qualità di trasgressore, la sanzione pecuniaria “potrebbe” essere irrogata anche al conduttore o al comodatario dell'appartamento, o al titolare del diritto di usufrutto, uso, abitazione, in quanto costoro, quali effettivi utilizzatori delle parti di uso comune dell'edificio, in misura ed in proporzioni analoghe a quelle del proprietario, si trovano in una posizione di ingerenza nell'organizzazione condominiale – di cui ne subiscono perciò la disciplina – e ad essere titolari di poteri corrispondenti di fatto all'esercizio degli omonimi diritti. La sanzione in esame deve essere, però, necessariamente prevista in un regolamento condominiale. Invero, la possibilità di irrogare una sanzione deve sussistere solo se vi è un'esplicita previsione, a monte, nel regolamento; in difetto, né l'amministratore – che non potrebbe essere autorizzato dall'assemblea, volta per volta, ad irrogarla – né l'assemblea potrebbero avere tale titolarità. Diversamente, in caso di previsione, all'amministratore spetterà contestare l'infrazione al trasgressore; dovrà pur sempre trattarsi di una condotta imputabile (per dolo o per colpa) al trasgressore; dovrà essere esattamente specificata quale inadempienza è stata accertata, non essendo sufficiente indicare e imporre divieti o obblighi generici. Dopo la contestazione, l'amministratore dovrà convocare l'assemblea. Quindi, soltanto dopo l'autorizzazione da parte dell'assemblea, con il quorum qualificato previsto dall'art. 70 disp. att. c.c. (maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c. ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio), l'amministratore potrà dare pratica attuazione alla sanzione pecuniaria, attraverso l'invito al trasgressore al pagamento della somma. In difetto di pagamento, si può chiedere al giudice un decreto ingiuntivo, però, non immediatamente esecutivo, difettando sul punto la previsione dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., la quale conferisce questa situazione privilegiata soltanto alla “riscossione di contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea”. La somma (sanzione) è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie. A questo proposito, si è opinato che di tale fondo, non possa beneficiare, sia pure pro quota, anche il condomino trasgressore, pena altrimenti l'inutilità della pena afflittiva.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
In caso di violazione del regolamento, è legittima la sanzione irrogata dall'amministratore in misura superiore alla somma indicata dalla legge?

Non rientra nei poteri del giudice stabilire l'applicazione di una sanzione per violazione dell'uso della cosa comune

Com'è noto, l'art. 70 disp. att. c.c. ha carattere di norma eccezionale in quanto contempla una c.d. pena privata, la quale ha come destinatari i condomini. Tale norma attiene alla disciplina dell'uso della cosa comune ed è applicabile esclusivamente in presenza di un'esplicita previsione del regolamento condominiale risolvendosi, in caso contrario, in una lesione dei diritti di godimento del singolo sui beni comuni. Ne consegue che non rientra nei poteri del giudice stabilire l'applicazione di una sanzione per violazione dell'uso della cosa comune – che, peraltro, potrebbe essere limitata solo alla quantificazione stabilita ex lege nell'art. 70 disp. att. c.c. – potendo semmai, in caso di domanda in tal senso, verificarsi la sussistenza di una lesione dei diritti di godimento, del singolo condomino, sui beni comuni (Trib. Milano 23 marzo 2011). Per meglio dire, al fine di attivarsi per far cessare gli abusi, l'amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege (art. 1130, comma 1, n. 1 c.c.) a curare l'osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità e all'abitabilità dell'edificio; ed è altresì nelle sue facoltà, ai sensi dell'art. 70 disp. att. c.c., anche quella di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di siffatte violazioni del regolamento, ove lo stesso preveda tale possibilità (Cass. II, n. 14735/2006).

L'ammontare della sanzione non può essere superiore alla misura massima consentita

Qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto previsto eccezionalmente dall'art. 70 disp. att. c.c., la previsione di una “sanzione pecuniaria”, avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l'ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso articolo. A maggior ragione, quindi, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare in area comune) non può ritenersi consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie o diversamente “afflittive” (nella specie, rimozione dell'autovettura), posto che ciò risulterebbe in contrasto con i principi generali dell'ordinamento che non consentono al privato – se non eccezionalmente – il diritto di “autotutela” (Cass. II, n. 820/2014; Cass. II, n. 10329/2008). In tal caso, dunque, si deve ritenere nulla la delibera assembleare, dovendo l'art. 70 disp. att. c.c. essere qualificato come norma inderogabile (Cass. II, n. 948/1995; Pret. Salerno 31 maggio 1996).

L'irrogazione della sanzione può avvenire solo nei confronti dei condomini

L'art. 70 disp. att. c.c., in base al quale il regolamento di condominio può prevedere delle sanzioni pecuniarie a carico dei trasgressori delle sue disposizioni, ha carattere di norma eccezionale in quanto contempla una cosiddetta pena privata che ha come destinatari i condomini. Essa, pertanto, non può ritenersi applicabile ai conduttori degli alloggi condominiali, i quali, ancorché si trovino a godere delle parti comuni dell'edificio in base ad un rapporto obbligatorio, rimangono estranei all'organizzazione condominiale (Cass. II, n. 10837/1995). Difatti, il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarli anche mediante la cessazione del rapporto (Cass. II, n. 8239/1997).

La delibera assembleare non può imporre una sanzione per infrazioni per cui non è prevista una misura sanzionatoria

Nel presente caso, sono stati sanzionati come condomini il nudo proprietario e l'usufruttario. In particolare, nel caso affrontato dai giudici di merito, il conduttore di un locale commerciale al piano terra di un caseggiato, esponeva abitualmente la merce sul marciapiede circostante il palazzo. Di conseguenza, preliminarmente, l'amministratore contestava la violazione regolamentare, con minaccia di applicazione della sanzione giornaliera; successivamente, l'assemblea con delibera irrogava la sanzione a ciascuno dei condomini sopra detti. A seguito di impugnativa, i giudici di merito hanno ritenuta nulla la delibera assembleare che aveva comminato la sanzione al nudo proprietario e all'usufruttuario del locale condotto in locazione in quanto era risultato in modo evidente come l'art. 12 del regolamento di condominio prevedesse l'irrogazione di una sanzione da euro 50 ad euro 250 (rivalutabili secondo gli indici Istat) nell'ipotesi di infrazioni dei divieti sanciti dall'art. 11 dello stesso regolamento, mentre le condotte contestate erano vietate dall'art. 10 in relazione al quale non era prevista alcuna misura sanzionatoria. Del resto, secondo lo stesso Tribunale, la delibera impugnata era da considerare nulla anche perché aveva irrogato una sanzione superiore all'importo massimo di euro 800, previsto per il caso di recidiva, dall'art. 70 disp. att. c.c. (Trib. Trani 15 giugno 2020). In conclusione, non è possibile con delibera assembleare, imporre una sanzione al condomino per infrazioni al regolamento per cui non è stata prevista una misura sanzionatoria.

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino ricevuta dall'amministratore la comunicazione del decreto ingiuntivo, con il quale è stata posta in esecuzione l'irrogazione della sanzione pecuniaria già deliberata dall'assemblea dei condomini per la riscontrata violazione di una disposizione specifica contenuta nel regolamento condominiale, dopo avere impugnato autonomamente la suddetta delibera, valuta la possibilità di giungere ad una soluzione che possa evitare il ricorso all'azione giudiziale, tenuto conto da un lato dell'importo modesto della sanzione pecuniaria e dall'altro, l'inesistenza di valide ragioni per la sua applicazione atteso che, nel verbale assembleare posto a base del ricorso per decreto ingiuntivo non è dato evincersi alcuna prova concreta della dedotta violazione così come ascritta al medesimo condomino, sulla cui scorta, la stessa misura punitiva appare illegittima.

Funzione e natura del giudizio

Il giudizio con il quale il condomino si oppone alla sanzione pecuniaria irrogata nei suoi confronti dall'amministratore – con l'azione proposta da quest'ultimo in via monitoria dopo avere ricevuto l'autorizzazione ad hoc deliberata dall'assemblea condominiale – ha la natura propria della cognizione ordinaria, essendo funzionale all'introduzione del giudizio di opposizione per la dichiarazione di inesistenza delle ragioni fondative del credito azionato in sede monitoria.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

Ai sensi dell'art. 7 d.lgs. n. 149/2022, quando l'azione di cui all'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo.

La domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5, 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità per contrasto con l'art. 1138 c.c. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

La competenza per l'opposizione a decreto ingiuntivo, attribuita all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile, ragione per cui, se ricompresa nei limiti ratione valoris di cui all'art. 70 disp. att. c.c. – fino ad euro 200,00 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800,00 – oppure entro il limite attuale di euro 15.000,00 appartiene al Giudice di Pace.

Legittimazione

Il condomino ingiunto è la parte legittimata a proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento della sanzione pecuniaria irrogata ex art. 70 disp. att. c.c. nei suoi confronti per la violazione di una disposizione contenuta nel regolamento di condominio.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino ingiunto ha l'onere di dimostrare l'infondatezza della pretesa posta a base del decreto ingiuntivo concernente il pagamento della sanzione pecuniaria per non avere il medesimo condomino osservato una specifica disposizione contenuta nel regolamento di condominio.

Contenuto dell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo

La costituzione del condomino si realizza con la notifica ed il successivo deposito nel rispetto dei termini di legge per l'iscrizione a ruolo della causa di un atto in forma di citazione, contenente in premessa l'indicazione compiuta delle esatte generalità della parte attrice e del relativo codice fiscale, nonché di quelle dell'avvocato da cui la medesima è patrocinata, il quale, oltre ad indicare il domicilio eletto nel distretto in cui ha sede l'ufficio giudiziario adito ed il proprio codice fiscale, deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo di posta elettronica certificata per le comunicazioni o notificazioni riguardanti il medesimo procedimento, deve altresì curare l'indicazione sintetica ma al tempo stessa precisa e esaustiva dei fatti di causa, con le relative argomentazioni in diritto in virtù delle quali, ex art. 1138 c.c. si ritiene del tutto insussistente la pretesa violazione del regolamento di condominio così come addotta dalla controparte, rispettando il principio di sinteticità nella redazione degli atti giudiziari fatto proprio dalla recente riforma del processo civile.

L'atto di citazione deve, inoltre, contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve, altresì, contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, e dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e che, in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino può articolare i capitoli sui quali chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore di condominio ed all'esito, sulle stesse la prova testimoniale a mezzo dei condomini ovvero anche di terzi estranei al condominio che siano però a conoscenza dei fatti di causa e siano in grado di confermare le doglianze sollevate dall'opponente in ordine all'inesistenza in concreto dei presupposti sui quali poggia la richiesta di pagamento formulata nel ricorso per decreto ingiuntivo. In buona sostanza, si tratta di allegare fatti contrari rispetto a quelli concretamente posti a fondamento dell'irrogazione della sanzione pecuniaria, riguardante nella fattispecie, la pretesa violazione di una clausola contenuta nel regolamento di condominio.

4. Conclusioni

L'azione proposta dal condomino non riguarda la legittimità in sé della disposizione convenzionale contenuta nel regolamento di condominio – sia esso di formazione contrattuale od assembleare – ma l'effettiva esistenza della commessa violazione così come contestata al condomino opponente, a tale fine, occorrendo distinguere l'impugnazione della delibera assembleare che ha deciso l'irrogazione della sanzione pecuniaria dietro proposta dell'amministratore, dall'opposizione al provvedimento monitorio, la cui finalità è ravvisabile nella formazione di un titolo esecutivo azionabile direttamente ed autonomamente nei confronti del medesimo condomino destinatario dell'ingiunzione di pagamento.

Nel verbale assembleare, non viene infatti indicata la fonte di prova della pretesa violazione commessa da parte di un condomino del regolamento, ma soltanto gli estremi della relativa disposizione.

La netta separazione dei due procedimenti – il primo propedeutico alla successiva instaurazione del secondo – è importante, per le diverse finalità perseguite, atteso che, per rendere effettiva la sanzione pecuniaria prevista all'art. 70 disp. att. c.c., occorre che l'amministratore quale organo esecutivo del condominio possa munirsi di un valido titolo azionabile in executivis, il quale a sua volta, richiede come indefettibile presupposto la manifestazione in tale senso della volontà dei condomini espressa in assemblea.

Pertanto, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la prova concernente la concreta ricorrenza nella fattispecie qui considerata dei fatti costituenti il presupposto per l'irrogazione della sanzione pecuniaria portata nello stesso provvedimento monitorio non può che gravare sulla parte opposta, avendo il condomino opponente l'onere di allegare i fatti contrari per andare esente da responsabilità in ordine alla pretesa violazione di una specifica disposizione del regolamento di condominio.

In tale ottica, la delibera assembleare che autorizza l'amministratore ad agire nei confronti del condomino – l'art. 1130, comma 1, c.c. riconosce in forma del tutto generica l'obbligo di curare l'osservanza del regolamento di condominio, svincolato da ogni previsione di uno specifico od altrettanto generico potere sanzionatorio attribuito direttamente allo stesso amministratore, essendo peraltro un organo esecutivo della volontà espressa dall'assemblea, e non a caso, quando il legislatore ha inteso affidargli un autonomo potere di azione anche in chiave sanzionatoria lo ha previsto espressamente ex lege – si presta, dunque, ad assumere un valore probatorio nel solo procedimento monitorio, unitamente alla produzione del regolamento di condominio da cui può evincersi l'esistenza della singola disposizione che si assume essere stata violata dal medesimo condomino opponente, laddove invece, nel successivo giudizio di opposizione, la cognizione ordinaria di quest'ultimo esige che venga data compiutamente prova del preteso comportamento in tesi adottato dal condomino e contrario all'osservanza di una determinata clausola del regolamento.

Un punto importante da considerare sul piano squisitamente processuale – rilevante anche in ordine all'individuazione del giudice competente – oltre che ai fini della stessa ammissibilità dell'opposizione, è l'oggetto di quest'ultima che, in questa particolare ipotesi verte sull'ingiusta irrogazione della sanzione pecuniaria indicata nel provvedimento monitorio che si impugna, per difetto dei relativi presupposti che si assumono non ricorrere nella fattispecie concreta, essendo quest'ultima questione ben diversa sul piano giuridico da quella ulteriore interessante eventuali profili di illegittimità della stessa previsione convenzionale di per sé considerata nel regolamento condominiale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario