Clausola arbitrale avente ad oggetto le controversie tra condominio e condomini

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Aspetti generali sul regolamento di condominio

Il regolamento di condominio è lo strumento di regolamentazione della vita della collettività. L'art. 1138 c.c. – che, preme sùbito chiarire, fa esclusivo riferimento ai regolamenti di condominio assembleari – individua un elenco di materie che necessitano di essere regolamentate: l'elencazione non è, però, da intendersi come tassativa, ben potendo, come nella prassi accade, che i regolamenti di condominio disciplinino questioni ulteriori rispetto al contenuto minimo essenziale prescritto dal legislatore. Dunque, in base al suo contenuto, il regolamento condominiale si distingue in assembleare e contrattuale. Il contenuto del primo si rinviene nell'art. 1138 c.c. e si estrinseca nelle norme relative all'uso delle cose comuni, alla ripartizione delle spese, alla tutela del decoro dell'edificio ed alla amministrazione condominiale. Il regolamento assembleare non può in alcun modo comprimere le facoltà dei singoli condomini connesse alle proprietà esclusive o al godimento delle proprietà comuni. Nel regolamento contrattuale, invece, si rinvengono norme che comprimono le facoltà dei condomini sulle proprietà esclusive o che limitano (o estendono) il godimento di quelle comuni. Solitamente, questo tipo di regolamento “esterno” viene predisposto dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'immobile ed accettato dai condomini al momento dell'acquisto delle singole unità. Nulla vieta, tuttavia, che regole limitative o estensive dei diritti possano essere assunte in un momento successivo, dai condomini, con l'unanimità dei consensi.

Clausola compromissoria

La disciplina sull'arbitrato è contenuta principalmente nel codice di procedura civile sotto il titolo VIII – dedicato appunto all'arbitrato – del libro IV, relativo ai procedimenti speciali. Le controversie relative agli immobili hanno per oggetto diritti disponibili, sia quando riguardino diritti reali (proprietà, comproprietà e condominio oppure diritti reali minori, come servitù, usufrutto, uso e abitazione, ecc.), sia quando si riferiscano a rapporti obbligatori (locazioni, affitti di azienda, appalti ecc.); e, quindi, rientrano a pieno titolo fra quelle che possono essere oggetto di arbitrato. La convenzione con cui le parti decidono di risolvere la controversia mediante arbitrato può avere la forma di un accordo specifico che gli interessati stipulano dopo che è sorta la loro lite (chiamato compromesso) oppure può essere costituita da una specifica clausola (chiamata clausola compromissoria) contenuta in un contratto o in un altro testo comunque dotato di efficacia normativa che esiste già prima del momento in cui viene a sorgere la controversia. In particolare, la clausola compromissoria disciplinata dall'art. 808 c.p.c. ai sensi del quale le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie che nascono dal contratto stesso siano decise mediante arbitrato, se si tratta di controversie che possono formare oggetto di una convenzione d'arbitrato; inoltre, anche la clausola compromissoria deve risultare da un atto dotato della stessa forma richiesta per il compromesso dall'art. 807 c.p.c. e, quindi, la forma scritta. La clausola compromissoria, per quanto riguarda le controversie immobiliari, può essere contenuta nel contratto di appalto, oppure nel contratto di locazione o in un testo avente natura diversa, ma dotato comunque di efficacia normativa come, in relazione al condominio, il regolamento, ma soltanto quando è di tipo contrattuale, dal momento che quello di tipo assembleare non è idoneo a prevedere validamente l'arbitrato a causa della sua limitata efficacia vincolante.

Arbitrato rituale e irrituale

Il giudizio arbitrale, previsto e disciplinato dagli artt. 806 ss. c.p.c., si presenta come il mezzo al quale le parti possono ricorrere per sottrarre alla giurisdizione ordinaria la decisione di una lite tra loro insorta, realizzando così una sorta di giustizia privata, ossia da un privato anziché da un giudice dello Stato. Quindi, l'arbitrato rituale si svolge secondo il procedimento e le modalità previste dal codice di procedura civile. La decisione dell'arbitro o del collegio arbitrale, che assume il nome tecnico di lodo per distinguerla dalla sentenza emessa dal giudice ordinario, ha lo stesso valore e produce i medesimi effetti di una sentenza, purché venga depositato dall'interessato nella cancelleria del Tribunale nel cui circondario ha sede l'arbitrato; infatti, in questa maniera diventa eseguibile in modo coattivo, come avviene per una sentenza. L'arbitrato irrituale, invece, è quello in cui la decisione arbitrale ha il valore di un contratto come se fosse stato concluso direttamente dalle parti e di conseguenza la sua disciplina deve essere tratta dalle norme dettate per i contratti dal codice civile; in tal senso opera la norma ex art. 808-ter c.p.c. La distinzione tra i due tipi di arbitrato va ricercata nel diverso contenuto dell'atto cui l'arbitrato tende, nel senso che l'arbitrato rituale si risolve in un processo che conduce alla decisione della controversia, mediante la manifestazione di una volontà superiore, che sovrappone alle contrastanti pretese delle parti l'efficacia della sentenza mediante il decreto del Tribunale ex art. 825 c.p.c. all'esito di un controllo meramente formale dei requisiti di validità del lodo; mentre l'arbitrato irrituale opera sul piano negoziale e tende ad ottenere dal terzo un accertamento sostitutivo della volontà che le parti si obbligano a considerare vincolante come se fosse stato da esse stesse predisposto.

Controversie nascenti dal rapporto condominiale interno

La giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 3406/1984) e di merito (Trib. Milano 16 novembre 2015) sono intervenute per chiarire come la lettera dell'art. 1137, comma 2, c.c., rubricato “impugnazioni delle deliberazioni dell'assemblea”, nel disporre che: “contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria”, non ha inteso porre una riserva assoluta ed esclusiva di competenza, nelle controversie in materia di condominio, in favore del giudice statale. È, dunque, valida la clausola compromissoria inserita nel testo del regolamento condominiale che consente di adire gli arbitri per la risoluzione di controversie nascenti dal rapporto condominiale, come ad esempio per l'impugnazione delle delibere assunte dall'assemblea di condominio viziate da nullità o annullabilità, ciò sull'assunto che dette controversie non rientrano nei divieti di cui agli artt. 806 e 808 c.p.c. Le liti in materia di condominio possono essere distinte in due categorie: quelle riguardanti i rapporti interni e quelle concernenti i rapporti esterni. Per liti nei rapporti interni si intendono le liti che insorgono tra due o più condomini, le liti tra condomini e condominio e in ultimo quelle tra condomini e amministratore condominiale. Invece, per controversie nascenti dai rapporti esterni si intendono quelle tra il condominio ed i terzi, ad esempio in virtù un contratto d'appalto per l'esecuzione di opere o servizi intercorrente tra di essi. Quanto alle liti interne, la deroga alla competenza del giudice togato, essendo un diritto di ciascun condomino, impone che la decisione sull'approvazione del regolamento contenente la clausola compromissoria, o sull'inserimento della stessa in un regolamento già predisposto, non possa essere affidata alla sola maggioranza, bensì all'unanimità (più semplicemente: la clausola deve essere contenuta in un regolamento di tipo contrattuale).

Le camere arbitrali condominiali

Il d.m. 14 febbraio 2017, n. 34 ha adottato il regolamento attuativo con cui si disciplinano le modalità di costituzione delle camere arbitrali e di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie ex art. 29, comma 1, lett. n), della l. n. 247/2012.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È valida la clausola compromissoria approvata maggioranza che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari?

Deroga della competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria

L'art. 1137, comma 2, c.c., nel riconoscere a ogni condominio assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cass. VI, n. 28508/2020). L'art. 1137, comma 2, c.c., infatti, concepisce il diritto soggettivo del condomino quale facoltà di agire a tutela di interessi direttamente protetti dall'ordinamento giuridico e non esclude affatto la compromettibilità ad arbitri delle relative controversie, con la conseguenza che deve considerarsi legittima la norma del regolamento condominiale che preveda una clausola compromissoria con il correlativo obbligo di chiedere la tutela all'organo designato competente (Trib. Roma 24 febbraio 2009). Dunque, le previsioni pattizie, contenute in un regolamento condominiale, che, disponendo la rimessione della definizione delle controversie agli arbitri, regolino anche la competenza del giudice ordinario, in quanto non attribuiscano agli arbitri funzioni giurisdizionali sostitutive di quelle spettanti al giudice ordinario, sono unicamente compatibili con l'ipotesi dell'arbitrato irrituale, che non esclude la competenza e le funzioni del giudice ordinario, ma ne sospende provvisoriamente l'esercizio (Trib. Milano 14 novembre 1996).

Interpretazione della clausola compromissoria

In tema di clausola compromissoria, al fine di distinguere se essa acceda ad un arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse (Trib. Lodi 2 dicembre 2021). Quindi, la clausola compromissoria per arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, la quale stabilisce che siano definite dagli arbitri le controversie che riguardano l'interpretazione e la qualificazione del regolamento che possano sorgere tra l'amministratore ed i singoli condomini, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi causa petendi connesse con l'operatività del regolamento stesso (Cass. II, n. 8698/2022). Pertanto, è valida la clausola compromissoria in arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, e ciò in quanto la medesima è volta a regolamentare rapporti patrimoniali non rientranti fra quelli indisponibili di cui all'articolo 806 c.p.c. (Trib. Milano 22 giugno 2000).

Nulla la clausola compromissoria approvata a maggioranza

Non è valida una clausola che attribuisce alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle deliberazioni assembleari quando è contenuta in un regolamento di condominio che è stato approvato non da tutti i condomini, ma solo dalla maggioranza (Trib. Cagliari 27 febbraio 1973). Invero, deve considerarsi nulla la clausola compromissoria di un regolamento condominiale, contenente la previsione secondo cui le controversie insorte tra i condomini in dipendenza dell'interpretazione delle norme negoziali vengono demandate al giudizio di un arbitro amichevole compositore nominato a maggioranza dall'assemblea dei condomini (Trib. Torino 26 ottobre 1988). Difatti, la clausola compromissoria, inserita in un regolamento contrattuale che deferisce al giudizio arbitrale qualunque controversia tra i proprietari e l'amministratore, avente a oggetto l'esecuzione di tutti i patti contenuti nel regolamento e di tutte le norme di legge afferenti all'esercizio della comunione e la gestione dei servizi comuni, contiene una previsione “totalitaria” (Trib. Milano, 10 giugno 1991). Dunque, la clausola compromissoria inserita in un regolamento condominiale con la quale si stabilisce di devolvere ad un arbitro unico, amichevole compositore, scelto di volta in volta dalla maggioranza dei condomini, la cognizione delle controversie tra condomini stessi e, in mancanza di accordo dal Presidente del Tribunale, è nulla dovendo gli arbitri, sia nell'arbitrato rituale che in quello irrituale, essere designati con il concorso della volontà di tutti i contendenti e non potendo gli stessi essere espressione delle determinazioni di una sola delle parti (Trib. Torino 15 luglio 1987). Pertanto, deve considerarsi invalida la clausola, contenuta nel regolamento di condominio approvato a mera maggioranza, la quale attribuisce alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari; parimenti, deve ritenersi nulla una clausola del medesimo regolamento che demandi la risoluzione di controversie tra i condomini ad un collegio eletto dall'assemblea, senza esigere l'unanimità o almeno il voto favorevole del partecipante alla lite, stante l'inderogabile principio per cui gli arbitri devono essere designati con il concorso della volontà di entrambi i contendenti, e non devono essere espressione delle determinazioni di una soltanto delle parti. Di contro, tali clausole risultano valide se il regolamento, in cui sono inserite, è di tipo c.d. contrattuale, ossia se lo stesso è approvato, con consenso in forma scritta, da tutti i condomini, nessuno escluso, o sorga, unitamente al fabbricato, ad iniziativa del costruttore, che lo impone agli acquirenti degli appartamenti, mediante un richiamo espresso nei singoli atti di trasferimento.

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino comunica all'amministratore che la delibera assembleare, con la quale è stata approvata a maggioranza la clausola compromissoria di un regolamento condominiale che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari, non può essere considerata valida, trattandosi di una disposizione per la cui approvazione non può che richiedersi l'unanimità dei consensi espressi dai condomini aventi diritto, ragione per cui in assenza di una nuova deliberazione dei medesimi condomini su tale questione, sarà costretto a proporre l'impugnativa giudiziale avverso il precedente deliberato assembleare con possibile aggravio di costi.

Funzione e natura del giudizio

L'impugnazione della delibera di condominio, con la quale il condomino si duole dell'approvazione a maggioranza della clausola compromissoria di un regolamento condominiale che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari, è un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di invalidare l'approvazione della suddetta clausola per effetto della nullità dell'atto presupposto, costituito dalla delibera assembleare approvata a maggioranza anziché all'unanimità dei condomini aventi diritto.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità in quanto nella fattispecie, lesiva di un diritto soggettivo del condomino opponente, concernente l'approvazione senza il suo consenso della clausola compromissoria arbitrale inserita nel regolamento condominiale che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari.

Legittimazione

La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nella lesione del proprio diritto conseguente alla mancata possibilità di esprimere il suo voto in ordine all'approvazione della clausola compromissoria arbitrale inserita nel regolamento condominiale che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare per annullabilità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla declaratoria giudiziale di invalidità. Lo stesso opponente, deve dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a contrastare quanto deliberato, siccome ingiustificatamente lesivo del proprio diritto soggettivo ad esprimersi in ordine all'approvazione della clausola compromissoria arbitrale inserita nel regolamento condominiale che, demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari.

Contenuto dell'atto di citazione

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e che, in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui l'assemblea, decidendo in ordine all'approvazione della clausola compromissoria arbitrale inserita nel regolamento condominiale che demanda alla cognizione degli arbitri l'impugnativa delle statuizioni assembleari ha ecceduto i limiti del proprio potere, in difetto di una manifestazione di volontà unanime in tale senso da parte di tutti i condomini. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini, e può altresì produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare.

4. Conclusioni

Le modifiche del regolamento condominiale, non approvato all'unanimità, devono avvenire all'unanimità solo se limitano i diritti dei condomini sulle cose comuni o sulle parti di proprietà esclusiva.

La regola dell'unanimità dei voti e della totalità dei millesimi vale sia in prima che in seconda convocazione.

Nell'ipotesi in cui il regolamento condominiale risulti invece approvato all'unanimità, qualsiasi modifica deve avvenire con l'unanimità.

Ciò premesso, secondo la giurisprudenza di merito (Trib. Monza 1° febbraio 2021; Trib. Milano 16 novembre 2015), qualsiasi domanda formulata davanti al giudice ordinario diventa improponibile se nel regolamento contrattuale i condomini si sono impegnati a sottoporre le loro liti al giudizio di uno o più arbitri.

Pertanto, l'impugnazione di una delibera assembleare presentata dal condomino dinanzi al giudice civile by-passando la clausola arbitrale prevista dal regolamento è chiaramente inammissibile.

Il sopra citato precedente giurisprudenziale ha, infatti, ribadito l'orientamento che la clausola compromissoria contenuta in un regolamento condominiale, la quale, deroghi a quanto stabilito dall'art. 1137 c.c. è vincolante per i condomini, poiché le deliberazioni condominiali, siccome attinenti a diritti soggettivi patrimoniali disponibili, sono anch'esse devolvibili alla cognizione arbitrale.

Tale conclusione vale per la clausola per arbitrato rituale e quella relativa all'arbitrato irrituale se prevista nel regolamento condominiale avente natura contrattuale, applicabile a tutte le liti che dovessero insorgere tra i condomini, ivi comprese quelle di impugnazione delle delibere assembleari.

Conseguentemente, attesa la valenza della clausola in esame, sebbene il suo effetto non è certo quello di impedire al singolo condomino di impugnare la delibera invalida, bensì quello di derogare alla competenza del giudice ordinario, ciò nonostante, appare evidente che la sua portata è comunque in grado di incidere significativamente sui diritti soggettivi del singolo condomino, ragione per cui la sua approvazione, comportante il relativo inserimento nel regolamento condominiale, ove intervenuta in assemblea con il concorso della semplice maggioranza non può che ritenersi adottata invalidamente, ed in quanto tale, meritevole di impugnazione dinanzi al giudice ordinario, per effetto del sottostante vizio genetico del deliberato assembleare.

In particolare, per quanto attiene a tale specifico aspetto qui considerato, sebbene l'art. 1137 c.c. nell'individuare il diritto del singolo condomino ad impugnare le deliberazioni assembleari non comporta che l'impugnativa debba necessariamente proporsi in sede giudiziale, è ugualmente vero che la stessa impugnativa in parola, per essere oggetto di una clausola compromissoria in arbitrato deve essere stata validamente deliberata dall'assemblea dei condomini.

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