Sospensione dei servizi comuni per mora ultrasemestrale

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Riscossione dei contributi condominiali

Una delle attribuzioni dell'amministratore di condominio, sancite dall'art. 1130, comma 1, n. 3), c.c., è di riscuotere i contributi dai condomini, necessari per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni. L'attività di riscossione degli oneri condominiali, uno dei principali doveri gestori dell'amministratore, assume primaria rilevanza per la gestione del condominio poiché volta all'acquisizione delle risorse economiche di cui fare utilizzo per la conservazione delle parti comuni e la prestazione dei servizi di interesse collettivo; da qui l'attenzione del Legislatore nell'approntamento di puntuali regole e di speciali strumenti per rendere l'espletamento di tale compito celere e funzionale ad un governo dell'apparato condominiale quanto più possibile insensibile a soluzioni di continuità. La determinazione dell'onere contributivo individuale a carico di ciascun condomino è stabilita nel bilancio predisposto dall'amministratore ed approvato dall'assemblea con il relativo piano di riparto. Invero, l'art. 1135, comma 1, nn. 2) e 3), c.c. indica, tra le competenze dell'assemblea, l'approvazione del bilancio “preventivo delle spese occorrenti durante l'anno”, in uno alla “relativa ripartizione tra i condomini” e “l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore”. Alla redazione e stesura del bilancio, nella dizione dell'art. 1130-bis c.c. (“rendiconto condominiale”), deve provvedere l'amministratore che, quale mandatario dei condomini, con tale atto provvede anche, ai sensi dell'art. 1713 c.c., a rendere il conto della propria attività di gestione. In definitiva, la l. n. 220/2012 ha innegabilmente reso più stringenti i doveri dell'amministratore verso i morosi, stante il dovere che gli impone l'art. 1129, comma 9, c.c. di procedere alla riscossione forzosa dei contributi condominiali entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio, facendo uso dei mezzi che gli mette a disposizione l'art. 63 disp. att. c.c.: il tutto aggravato dalla precisa disposizione di cui al comma 12, n. 6), dell'art. 1129 c.c. che lo rende passibile di revoca giudiziaria qualora ometta di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva nel caso di sia stata promossa l'azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio.

Sospensione dei servizi comuni per mora ultrasemestrale

In forza dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c., l'amministratore, in caso di mora protrattasi per oltre un semestre, può decidere di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Si tratta di uno strumento dissuasivo rientrante nei poteri dell'amministratore, il quale può metterlo in atto a prescindere da una preventiva autorizzazione assembleare e senza alcuna previsione da parte del regolamento di condominio. La sospensione dei servizi configura, quindi, un potere-dovere dell'amministratore, il cui esercizio è legittimo quando la sospensione sia effettuata intervenendo solo sulle parti comuni dell'impianto, senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del moroso. La norma responsabilizza in tal modo i condomini a provvedere celermente a saldare il dovuto a titolo di contributi condominiali, pena la sospensione di servizi di particolare rilevanza, posto che non di rado accade che il condomino in mora per importi rilevanti continui a beneficiare di servizi suscettibili di godimento separato il cui ingente costo rimane, nelle more dell'espletamento della procedura esecutiva ai loro danni, a carico degli altri condomini in regola con i pagamenti. Rimane, comunque, preferibile che il regolamento, o in ultima analisi l'assemblea, continui ad indicare le modalità ed i casi in presenza dei quali l'amministratore possa avvalersi del rimedio in esame, ad esempio individuando una soglia minima di mora in presenza della quale scatta la sospensione dal servizio. Difatti, l'iniziativa ex art. 63, comma 3, disp. att. c.c., privando nella maggior parte dei casi il singolo di una fornitura essenziale per la vita, è suscettibile di ledere i diritti fondamentali della persona di rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute contemplato nell'art. 32 Cost. Per questi motivi, è chiaro che il potere discrezionale conferito all'amministratore debba essere da quest'ultimo dosato con la diligenza del buon padre di famiglia. In merito alla corretta procedura giudiziale, alla luce delle considerazioni esposte, si è diffusa la prassi di chiedere prima l'autorizzazione al giudice con un ricorso per distacco acqua ex art. 700 c.p.c. o ex art. 702-bis c.p.c. Però, la differenza è che nel primo caso è necessario provare il fumus boni iuris (ossia la parvenza del diritto) e il periculum in mora (ossia l'urgenza che potrebbe pregiudicare il diritto nel caso di azione ordinaria); sicché, proprio per questi aspetti, gli operatori del diritto, spesso, ritengono più conveniente il ricorso ex art 702-bis c.p.c. (oggi procedimento semplificato di cognizione).

La tutela del diritto alla salute degli abitanti dello stabile

Una questione delicata è quella della sospensione dei servizi essenziali, perché sono suscettibili di ledere il diritto alla salute di rilevanza costituzionale: non tutta la giurisprudenza concordemente ritiene che l'amministratore possa bloccare la fornitura del gas, della luce o dell'acqua. In particolar modo, per l'acqua, la normativa prevede un minimo di approvvigionamento da garantirsi in ogni caso, nessun limite minimo invece vi è per l'erogazione di gas e luce. In ordine all'eventuale sospensione, il d.P.C.M. del 29 agosto 2016 ha precisato che “in nessun caso è applicata la disalimentazione del servizio agli utenti domestici residenti che versano in uno stato di disagio economico ai quali è garantito il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri ad abitante al giorno. Sono altresì previste – prosegue il suddetto decreto – forme di comunicazione all'utenza e di rateizzazione anche in caso di morosità al fine di garantire l'accesso al quantitativo minimo vitale e salvaguardare l'equilibrio economico del gestore e la copertura dei costi efficienti di esercizio e di investimento e dei costi ambientali e della risorsa”. L'amministratore, nel dubbio, può in ogni caso ricorrere al giudice per chiedere un provvedimento al fine di sospendere ad esempio l'erogazione del servizio idrico, così facendo la sua azione verrà eventualmente legittimata da un provvedimento giurisdizionale.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
In caso di mora ultrasemestrale, l'amministratore ha il potere di sospendere al condomino moroso l'utilizzazione del servizio idrico?

Il potere dell'amministratore di sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato

Il disposto normativo dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. attribuisce all'amministratore condominiale – in via di autotutela e senza ricorrere previamente al giudice – il potere di sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, e, dopo la modifica normativa che ha eliminato la previsione “ove il regolamento lo consenta”, l'esercizio di tale potere configura un potere-dovere dell'amministratore condominiale il cui esercizio è legittimo ove, la sospensione sia effettuata intervenendo esclusivamente sulle parti comuni dell'impianto, senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del condominio moroso (Trib. Modena 5 giugno 2015). In tal caso, dunque, l'amministratore può operare direttamente sull'impianto, ossia senza dover necessariamente accedere alla proprietà esclusiva del condomino, sicché non è necessaria alcuna autorizzazione giudiziale (Trib. Cagliari 5 ottobre 2022: considerata l'ampia portata applicativa accordata a tale previsione codicistica – anche a prescindere dalla configurabilità di una effettiva relazione sinallagmatica fra oneri impagati e servizi sospesi – trattasi di un incisivo strumento di coercizione indiretta nei confronti dei condomini morosi sul modello dell'astreinte, volto a rafforzare gli usuali strumenti di escussione del credito). Anche il Tribunale di Lecco ha accolto, sic et simpliciter, la richiesta del condominio di autorizzazione a procedere alla sospensione della fruizione dei servizi comuni (Trib. Lecce 29 dicembre 2014: nella specie, riscaldamento e acqua).

La sospensione non può essere applicata con specifico riferimento all'erogazione del riscaldamento e dell'acqua

Nel caso di pacifica durata ultrasemestrale della morosità del condomino nel pagamento delle spese condominiali, pur essendo incontestabile la possibilità di godimento separato dei servizi comuni di riscaldamento e acqua, in forza della quale sussistono, astrattamente, i presupposti applicativi dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. concernente la sospensione della fruizione di detti servizi, è necessario distinguere fra servizi essenziali e non essenziali in funzione della preminente tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.). Ne consegue che tale sospensione non può essere applicata con specifico riferimento all'erogazione del riscaldamento e dell'acqua anche tenendo presente che, per quanto riguarda il servizio dell'acqua, il d.P.C.M. 29 agosto 2016 ha stabilito che ai soggetti indigenti, seppure morosi, deve essere comunque assicurata una fornitura di 50 litri al giorno pro capite (Trib. Bologna 15 settembre 2017: nella specie, è stata rigettata l'autorizzazione alla sospensione dei predetti servizi). Secondo altro provvedimento, deve essere ordinato immediatamente al condominio di riattivare la fornitura del servizio idrico integrato, relativamente al contratto dell'immobile ad uso residenziale del ricorrente, qualora le bollette non pagate riguardino soltanto il garage, e non la casa di abitazione, perché la sospensione di servizi essenziali finisce per ledere valori tutelati dalla Costituzione (Trib. Fermo 23 marzo 2016). Infine, è stato ordinato, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il ripristino del servizio del riscaldamento, in quanto la privazione di una fornitura essenziale per la vita, quale il riscaldamento nel periodo invernale, è suscettibile di ledere i diritti fondamentali delle persone, di rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), mentre, di contro, il diritto, che con la sospensione si intende tutelare, è puramente economico e sempre riparabile (il recupero degli eventuali crediti sarà sempre possibile, potendo il condominio creditore contare sulla garanzia costituita dagli immobili dei singoli condomini) (Trib. Milano 24 ottobre 2013).

Orientamento della procedura d'urgenza da parte dell'amministratore

In caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per più di un semestre, va ordinato ex art. 700 c.p.c. al condomino moroso di consentire ai tecnici o/e all'impresa incaricati dal condominio la realizzazione della sospensione della fornitura del riscaldamento, mediante ingresso all'interno dei locali di sua proprietà e mediante l'interruzione dell'afflusso dell'acqua calda dalle tubazioni condominiali verso i radiatori posti all'interno della stessa unità immobiliare, ciò tramite i tecnici o l'impresa di cui sopra che intercettino le tubazioni d'acqua calda di ingresso, chiudendole con tappi o altro mezzo tecnico del caso (Trib. Brescia 17 febbraio 2014). Altro giudice, sempre sulla sospensione del servizio di fornitura di acqua nei confronti di più condomini morosi, ha accolto il ricorso presentato, in via d'urgenza, dal condominio per ottenere l'autorizzazione ex art. 63 disp. att. c.c. (Trib. Brescia 21 maggio 2014: la lettera della norma non consente di ravvisare alcun messo di corrispettività fra il servizio di cui si chiede l'autorizzazione alla sospensione e la natura dei servizi per i quali il condomino risulti moroso; la regola, infatti, istituisce una forma di autotutela del condominio, funzionale al recupero degli oneri nel suo complesso, senza invocare un rapporto sinallagmatico fra la prestazione inadempiuta e prestazione sospesa). L'amministratore di condominio, quindi, può chiedere un provvedimento d'urgenza al giudice al fine di ottenere l'autorizzazione alla sospensione dell'erogazione del servizio di fornitura dell'acqua nei confronti dei condomini morosi, in virtù di quanto sancito dall'art. 63 disp. att. c.c., potendo tale sospensione dell'afflusso dell'acqua riguardare le sole unità immobiliari dei condomini morosi (Trib. Brescia 27 gennaio 2014).

Il diritto che si intende tutelare, in favore del condominio, è puramente economico e, dunque, sempre riparabile. Pur nel silenzio della legge, i servizi forniti dal condominio si classificano in essenziali e non essenziali e sulla facoltà per l’amministratore di sospendere i primi, la giurisprudenza non è sempre concorde sulla possibilità di esercitarla, al punto da rendere consigliabile per l’amministratore, nel dubbio, di ricorrere anche in via d’urgenza al giudice affinché lo autorizzi a sospendere, ad esempio l’erogazione del servizio idrico: così facendo la sua azione verrà eventualmente legittimata da un provvedimento giurisdizionale. La sospensione dei servizi configura quindi un potere-dovere dell’amministratore, il cui esercizio è legittimo quando la sospensione sia effettuata intervenendo solo sulle parti comuni dell’impianto, senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del moroso (Trib. Reggio Emilia 17 ottobre 2024, n. 1007).

Orientamento della procedura sommaria di cognizione da parte dell'amministratore

Secondo altro orientamento, ai sensi dell'art. 63 disp. att., c.c., unico requisito richiesto per la legittima sospensione della fruizione dei servizi è il protrarsi della morosità nel pagamento dei contributi condominiali per almeno un semestre (Trib. Treviso 21 luglio 2017: nella specie, il giudice ha dunque accolto la domanda ex art. 702-bis c.p.c., tesa ad ottenere l'autorizzazione a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni di acqua e riscaldamento). Anche il Tribunale di Tempio Pausania si è allineato alla giurisprudenza di merito nel ritenere che va accolta la domanda promossa dal condominio nelle forme di cui all'art. 702-bis c.p.c. e tesa ad ottenere l'autorizzazione a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni di riscaldamento ad acqua (Trib. Tempio Pausania 9 marzo 2018). Da ultimo, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., un condominio, data la maturata morosità per oltre sei mesi di una condomina, richiedeva al giudice di essere autorizzato, giusto l'art. 63, comma 3, disp. att. c.c., a sospendere alla morosa la fruizione dei servizi condominiali suscettibili di godimento separato, quali fornitura idrica, uso dell'ascensore e dell'antenna condominiale (Trib. Palermo 1° dicembre 2022 n. 4966).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore di condominio invita il condomino moroso nel pagamento dei contributi condominiali, tra i quali rientrano quelli afferenti all'acqua, a ripianare la debitoria, atteso che in difetto, essendo già ampiamente decorso un intero semestre, sarà costretto a rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione alla sospensione della relativa fornitura ai sensi dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c.

Funzione e natura del giudizio

Il nuovo procedimento semplificato si caratterizza per essere un procedimento pienamente alternativo a quello ordinario, in quanto a cognizione piena, ma sommario e deformalizzato solo per quanto riguarda l'istruttoria e l'iter procedimentale.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Il problema è stato recentemente risolto con l'introduzione all'art. 11 del d.lgs. n. 28/2010 del comma 4-bis – per effetto del correttivo alla Riforma Cartabia approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 settembre 2024 e di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – il quale prevede che, quando la mediazione si conclude senza la conciliazione, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza di cui all'art. 8, comma 2, decorrente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione presso la segreteria dell'organismo.

L'art. 15-bis introdotto nel d.lgs. n. 28/2010 dal d. lgs. n. 149/2022 (riforma Cartabia) prevede il patrocinio a spese dello Stato in favore della parte non abbiente per consentirle di usufruire dell'assistenza legale nel procedimento di mediazione obbligatorio nei casi di cui all'art. 5, comma 1, se è raggiunto l'accordo di conciliazione. Il comma 2 dell'art. 15-bis d.lgs. n. 28/2010 prevede che l'ammissione al patrocinio è esclusa nelle controversie per cessione di crediti e ragioni altrui, ad eccezione del caso in cui la cessione appare indubbiamente fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti. L'interessato che si trova nelle condizioni indicate nell'art. 15-ter d.lgs. n. 28/2010 presenta – personalmente o a mezzo raccomandata o a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, dall'interessato o dall'avvocato che ne ha autenticato la firma – al consiglio dell'ordine degli avvocati del luogo dove ha sede l'organismo di mediazione competente la relativa istanza per l'ammissione al suddetto beneficio, contenente le enunciazioni in fatto ed in diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende fare valere. A seguito dell'approvazione nella seduta del Consiglio dei Ministri del 17 settembre 2024 di norme correttive alla Riforma Cartabia, di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si prevede che la mediazione possa svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell'organismo accreditato nel registro istituito dal Ministero della Giustizia, nel rispetto dell'art. 8-bis del d.lgs. n. 28/2010, ed i relativi incontri di mediazione possano svolgersi con modalità audiovisive da remoto, nel rispetto dell'art. 8-ter dello stesso decreto.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso in cui l'amministratore evochi in giudizio il condomino moroso nel pagamento degli oneri condominiali compresi quelli per l'acqua per oltre un semestre, al fine di conseguire l'autorizzazione da parte del giudice adito alla sospensione del relativo servizio di fornitura idrica.

Legittimazione

La legittimazione a proporre l'azione nei confronti del condomino moroso per conseguire l'autorizzazione alla sospensione del servizio di fornitura dell'acqua per la morosità ultrasemestrale riscontrata ai sensi dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. appartiene all'amministratore di condominio, in quanto rappresentante legale pro-tempore della comunità a nome della quale agisce, avendone il relativo interesse, nella fattispecie, ravvisato nella tutela del diritto di credito dell'intera compagine condominiale.

Profili di merito

Onere della prova

L'amministratore di condominio, il quale intenda proporre l'azione nei confronti del condomino moroso per conseguire l'autorizzazione alla sospensione del servizio di fornitura dell'acqua per la morosità ultrasemestrale riscontrata ai sensi dell'art. 63, comma 3, disp. att. c.c., ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Lo stesso ricorrente deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a consentire l'acquisizione dell'autorizzazione anzidetta, al fine di soddisfare la relativa pretesa creditizia.

Contenuto del ricorso semplificato di cognizione

La domanda si propone con ricorso ex art. 281-undecies c.p.c., sottoscritto a norma dell'art. 125 c.p.c., che deve contenere le indicazioni di cui ai nn. 1), 2), 3), 3-bis), 4), 5), 6) e l'avvertimento di cui al n. 7) del comma 3 dell'art. 163 c.p.c.

Il ricorso deve contenere, inoltre, l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con la relativa documentazione a corredo e la specificazione delle relative conclusioni.

Il giudice, entro cinque giorni dalla designazione, fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto a cura dell'attore.

Tra il giorno della notificazione del ricorso e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di quaranta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di sessanta giorni se si trova all'estero.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

Richieste istruttorie

Ai sensi dell'art. 281-undecies, commi 1 e 3, c.p.c. e dell'art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c., il ricorrente ha facoltà di ottenere dal giudice adìto la fissazione, alla prima udienza, di un doppio termine per la definizione del thema decidendum e per l'articolazione della prova diretta e di quella contraria.

Inoltre, alla prima udienza, il ricorrente può, a pena di decadenza, proporre le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dal condomino moroso evocato in giudizio, ovvero chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto.

Il ricorrente può, quindi, chiedere se sussiste giustificato motivo, la concessione di un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre la prova contraria.

4. Conclusioni

L'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. – introdotto dalla l. n 220/2012 di riforma del condominio – conferisce espressamente all'amministratore di condominio la facoltà di sospendere il condomino moroso nel pagamento dei contributi da un semestre dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

La norma intende tutelare la continuità della gestione economica condominiale che altrimenti risulterebbe lesa per effetto della mora del singolo condomino in considerazione del suo protrarsi per un considerevole lasso di tempo (semestre), con particolare riferimento ai condomini che adempiono regolarmente le rispettive obbligazioni, preservandoli dalle possibili azioni di recupero del fornitore del servizio esperibili in via sussidiaria.

In ordine a tale particolare aspetto del caso qui considerato e complessivamente inteso, assume quindi rilevanza in prospettiva, la necessità di evitare una possibile insolvenza dell'intero condominio, con la conseguente eventualità che l'interruzione dei servizi – idrico, riscaldamento, elettrico – da parte del singolo gestore possa finire per riguardare indiscriminatamente tutti i condomini, con pesanti ricadute direttamente anche nella sfera di quelli virtuosi nel pagamento dei contributi, con riferimento all'uso dei servizi essenziali per il soddisfacimento dei bisogni elementari per il normale svolgimento della vita quotidiana.

A ben vedere, la tutela del diritto alla salute del condomino moroso non può mettere in pericolo il diritto degli altri condomini, a maggiore ragione se in regola con i pagamenti dei contributi, i quali, nel farsi carico di un maggiore onere economico, dovrebbero rischiare a loro volta di subire l'interruzione dello stesso servizio.

Il ricorso al procedimento semplificato di cognizione introdotto dal legislatore del 2022 – in luogo dell'abrogato giudizio sommario di cui all'art. 702-bis c.p.c. – appare, inoltre, certamente idoneo a soddisfare velocemente, per effetto dell'istruttoria semplificata, la duplice esigenza di conseguire l'autorizzazione alla sospensione del moroso dal godimento dei servizi comuni suscettibili di uso separato e la condanna del medesimo al pagamento della debitoria, atteso che a tale fine non occorre allegare un periculum – che invece costituisce un requisito essenziale per l'accoglimento del procedimento d'urgenza – né chiedere un decreto ingiuntivo che, comunque, non garantirebbe all'amministratore il rilascio dell'autorizzazione in parola per la sospensione dei servizi.

In tale ottica, il ricorso al nuovo strumento processuale ideato dal legislatore delegato nel 2022 appare certamente rispettoso della ratio sottostante all'intera riforma del processo civile, in chiave PNRR, sia per quanto attiene alla velocizzazione dei tempi occorrenti per la definizione di tale genere di controversie, sia per la più efficace ottimizzazione del ricorso alla risorsa giudiziaria evitando l'abuso del processo attraverso la proliferazione delle relative azioni.

Sotto tale specifico profilo, va infatti precisato che, sebbene l'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. espressamente conferisce all'amministratore il potere di agire per la sospensione dei servizi comuni al moroso senza che sia necessario adire preventivamente il giudice, in realtà, sul piano di un pragmatismo spesso ricorrente, tale autorizzazione appare, invece, necessaria sia per alcune decisioni di merito di segno contrario, le quali, ad esempio, hanno negato la legittimità della sospensione del servizio idrico, sia per fugare in anteprima ogni possibilità di generare qualsivoglia equivoco di sorta nell'esercizio legittimo di tale prerogativa da parte dell'amministratore, anche in considerazione del fatto che occorre prestare sempre molta attenzione nell'intervenire esclusivamente sulle parti comuni dell'impianto evitando di incidere su quelle di proprietà esclusiva del medesimo condomino moroso.

Del resto, nel panorama giurisprudenziale, era stato ritenuto ammissibile il ricorso al giudizio sommario di cognizione per conseguire l'autorizzazione ex art. 63, comma 3, disp. att. c.c., ragione per cui appare logico ritenere che, a seguito dell'abrogazione dell'art. 702-bis c.p.c., l'erede naturale di quest'ultimo debba rinvenirsi proprio nel procedimento introdotto dall'art. 281-decies c.p.c.

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