Istanza del creditore per ottenere i dati dei condomini morosi1. Bussole di inquadramentoLe obbligazioni condominiali L'obbligazione contrattuale assunta dal condominio deve ritenersi connotata da due profili, l'uno, avente ad oggetto l'intero, direttamente e immediatamente eseguibile nei confronti del condominio, e, l'altro, di natura parziaria, suscettibile di esecuzione forzata nei confronti dei singoli condomini in ragione delle loro quote, determinate in forza dei criteri legali o convenzionali di ripartizione. La natura parziaria della obbligazione è stata affermata in maniera netta dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità (Cass. S.U., n. 9148/2008), pronuncia che – con una serie di argomentazioni assai articolate – perviene ad una categorica definizione della obbligazione assunta dall'amministratore in nome e per conto dei condomini. Secondo i giudici, il creditore, conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno, dovendosi costoro ritenere direttamente obbligati nei confronti del terzo per la propria quita millesimale in virtù del contratto stipulato dall'amministratore ed a loro direttamente riferibile. In tale quadro interpretativo, successivamente si è inserita la riforma della disciplina condominiale, introdotta dalla l. n. 220/2012, la quale ha mutato i primi due commi dell'art. 63 disp. att. c.c., individuando una responsabilità sussidiaria dei condomini in regola con i pagamenti, nonché un obbligo di preventiva escussione del condomino moroso, prima di poter indirizzare l'azione esecutiva contro i condomini virtuosi. Premesso ciò, il creditore che intenda agire in via esecutiva per ottenere il soddisfacimento della obbligazione relativa all'intero debito derivante dal contratto concluso dall'amministratore dovrà procedere alla notificazione del titolo (ottenuto nei confronti del condominio rappresentato dall'amministratore) e del precetto (contestuale, ove il titolo sia provvisoriamente esecutivo, o successivo, ove così non sia). Il terzo creditore può anche scegliere di agire in via esecutiva direttamente verso i singoli condomini per il soddisfacimento del proprio credito; invero, una volta ottenuto il titolo nei confronti del condominio, il creditore che intenda aggredire in via esecutiva il singolo condomino dovrà procedere a nuova notifica del titolo e del precetto nei suoi confronti, non apparendo sufficientemente ex art. 654, comma 2, c.p.c. la notifica già eseguita all'amministratore (Cass. VI, n. 8150/2017). I dati dei condomini morosi L'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. prevede che per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. Secondo una prima lettura della norma, l'obbligo di cooperazione con il terzo creditore viene, quindi, posto direttamente dalla legge in capo all'amministratore ed esula dai contenuti del programma obbligatorio interno al rapporto di mandato corrente tra condomini e amministratore. La l. n. 220/2012, diversamente, non obbliga l'amministratore a fornire al creditore i nomi e le quote dei condomini in regola con i pagamenti, cui quello potrà rivolgersi dopo l'inutile escussione dei morosi. In sostanza, l'amministratore è ora espressamente tenuto a comunicare al creditore il nominativo dei condomini morosi; quindi, i condomini in regola con i pagamenti possono essere aggrediti solo ed esclusivamente dopo che il comune creditore abbia tentato di soddisfarsi sui condomini inadempienti, potendo in mancanza opporre al primo, rispetto alla posizione dei secondi, il beneficium excussionis. Inoltre, il credito citato dall'art. 63 disp. att. c.c. (commi 1 e 2) non riguarda i creditori personali di uno o più partecipanti, ma i creditori del condominio in quanto tale, avendosi riguardo ai rapporti di gestione di interesse comune. Ogni qual volta l'amministratore contrae un obbligo con un terzo, in capo al condominio insorge infatti un debito per l'intero importo, mentre i singoli condomini sono debitori delle singole quote, giacché tenuti in ragione e nella misura della partecipazione al condominio ai sensi dell'art. 1123 c.c. Premesso quanto innanzi esposto, il creditore del condominio, in caso di mancato assolvimento dell'obbligo in capo all'amministratore di fornire i dati dei condomini morosi, è tenuto ad agire mediante gli strumenti di coercizione indiretta (ad esempio, ricorso ex art. 702-bis c.p.c. – oggi ricorso semplificato di cognizione ex art. 281-decies c.p.c. – con eventuale condanna ex art. 614-bis c.p.c. c.d. astreintes) al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo non accolto con ulteriore ed eventuale richiesta di accertamento dei profili di responsabilità. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
L'amministratore è legittimato passivamente in caso di omissione di comunicazione dei dati dei condomini morosi ai terzi creditori?
L'obbligo della comunicazione dei dati In base all'art. 63 disp. att. c.c., sussiste l'obbligo dell'amministratore di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. Siffatto obbligo ricade sull'amministratore e ad esso non può sottrarsi, a pena di risarcimento danni a carico del condominio nella sua interezza (Trib. Palermo 2 ottobre 2020). Il condominio è, dunque, tenuto a consegnare al creditore un elenco completo delle generalità dei condomini morosi in relazione al credito e le quote di debito che sono singolarmente a loro carico sulla base delle vigenti tabelle millesimali (Trib. Roma 1° febbraio 2017). L'amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellano i dati dei condomini morosi, pena l'applicazione di una penale per ogni giorno o mese di ritardo. È questo, in sintesi, il principio espresso dal magistrato capitolino, che ha coniugato la portata dell'articolo 63 disp. att. c.c. con l'istituto dell'astreinte di cui all'art. 614-bis c.p.c. Quest'ultimo consiste nell'applicazione di una sanzione pecuniaria al debitore che si rifiuti di ottemperare anche all'ordine del giudice, ovvero uno strumento di coercizione indiretta applicabile affinché la prestazione principale invocata giudizialmente sia effettivamente posta in essere. Nella specie, la somma ingiunta con l'astreinte è stata pari a 2 mila euro “a carico del condominio” per ogni mese di ritardo dalla notifica del provvedimento. Il condomino paga direttamente il fornitore La tutela dei condomini “diligenti” è assicurata dalla possibilità di pagare direttamente al creditore la loro quota dell'obbligazione condominiale e di ottenere, altresì, l'imputazione a tale titolo di tutti i pagamenti effettuati dall'amministratore con la provvista da loro versata, mediante la comunicazione di cui all'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., in modo da rimanere esposti ad eventuale responsabilità per importi superiori a quelli effettivamente dovuti solo in virtù dell'obbligo sussidiario di garanzia introdotto dal secondo comma della medesima norma, che però è condizionato alla previa vana escussione dei condomini morosi. L'obbligo ricadente sull'amministratore, poi, si concreta in un dovere legale di cooperazione col terzo creditore posto direttamente in capo alla persona dell'amministratore, e non incombente sul condominio (Cass. II, n. 34220/2023; Trib. Napoli 16 febbraio 2024, n. 1897). La prova della sussistenza della pretesa creditoria L'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. espressamente dispone che l'amministratore condominiale è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati dei condomini morosi. Si tratta per l'amministratore di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale. Ciò delinea, pertanto, un obbligo di cooperazione con il terzo creditore posto direttamente dalla legge in capo all'amministratore, che esula dal contenuto del programma interno al rapporto di mandato corrente tra lui ed i condomini. Ai fini dell'applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c. risulta dunque sufficiente la prova della sussistenza della pretesa creditoria (Trib. Bari 15 dicembre 2021). Pertanto, potranno essere resi noti i nominativi dei condomini non in regola con il pagamento della somma dovuta e delle rispettive quote millesimali, con una comunicazione propedeutica ad informare i creditori del condominio dell'esatta identità di quei componenti della collettività condominiale, i quali non avendo pagato le rate condominiali, rischiano di mettere in difficoltà il condominio nel suo complesso. Unico limite alla comunicazione prevista nella nuova formulazione dell'art. 63 disp. att. c.c. è l'esclusione dei condomini in regola con i pagamenti (App. L'Aquila 17 marzo 2022). Orientamento del riconoscimento della legittimazione passiva in capo al condominio In tema di comunicazione ai creditori che richiedano i dati relativi ai condomini morosi, in punto di diritto si osserva che l'art. 63 disp. att. c.c. attribuisce all'amministratore compiti, poteri e doveri, quale rappresentante dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la sua attività, e la violazione di siffatti doveri, funzionali alla cura degli interessi della compagine condominiale, si esaurisce dunque nel rapporto con il condominio, al di fuori del quale è il condominio a rispondere per il fatto dell'amministratore nei confronti dei terzi rimasti danneggiati; né potrebbe ricavarsi dalla regola di cui all'art. 63 citato una diretta responsabilità dell'amministratore, nei confronti del terzo creditore, per il mancato adempimento dell'obbligo di comunicazione dei dati personali dei condomini, poiché l'obbligazione imposta dall'art. 63 citato a carico dell'amministratore si colloca, pur sempre, nell'ambito del rapporto contrattuale di mandato che lega l'amministratore stesso al condominio, in forza del quale soltanto egli è in possesso dei dati dei condomini morosi (App. Napoli 28 giugno 2022: secondo la Corte territoriale campana, dell'eventuale comportamento illecito, consistente nel rifiuto di ottemperare alla richiesta del creditore di avere i dati dei condomini morosi, l'amministratore risponde in proprio nell'àmbito del suo rapporto di mandato con il condominio, così come nel caso in cui si renda inadempiente rispetto agli ulteriori obblighi imposti dalla legge o dal contratto, anche eventualmente in rivalsa rispetto alle pretese dei terzi contro il condominio; all'esterno, invece, l'amministratore, nell'esercizio dei suoi doveri, si pone come rappresentante del condominio, pertanto, è in tale qualità che deve essere convenuto in giudizio da parte dei terzi. In definitiva, deve ritenersi che legittimato passivo nel procedimento instaurato ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. sia il condominio, in persona dell'amministratore pro tempore). Orientamento del riconoscimento della legittimazione passiva in capo all'amministratore Secondo altro e diverso orientamento, in tema di condominio negli edifici, la domanda volta a conseguire l'ordine di comunicare al creditore non soddisfatto i dati dei condomini morosi, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., deve essere rivolta nei confronti dell'amministratore, mentre non sussiste al riguardo la legittimazione passiva del condominio (Trib. Catania 16 gennaio 2018; Trib. Napoli 1° febbraio 2017; Trib. Napoli 5 settembre 2016). Quindi, l'amministratore, avendo violato le regole della buona fede e correttezza, essendo inadempiente all'obbligazione nei confronti del creditore, risponde personalmente del risarcimento al terzo creditore per l'importo del credito azionato nei confronti del condominio (Giud. Pace Genova 15 giugno 2015: in tale vicenda, era accaduto che l'amministratore non solo non aveva indicato il nominativo dei condomini morosi al creditore ma aveva altresì disatteso l'ordine del giudice di esibire la documentazione relativa al conto corrente condominiale ed i registri contabili al fine di dimostrare la sua diligente attività di ripartizione e di richiesta della somma ai condomini). Pertanto, legittimato passivo rispetto alla domanda di comunicazione dei dati relativi ai condomini morosi è l'amministratore quale organo monocratico del condominio, e non questi nella sua interezza. Per meglio dire, l'obbligo di comunicazione dei dati relativi ai condomini morosi appartiene al c.d. munus dell'amministratore, onde l'eventuale inadempimento espone quest'ultimo alla responsabilità diretta nei confronti dei terzi che siano rimasti lesi dall'obbligo di comunicazione (Trib. Taranto 30 dicembre 2019: secondo il giudicante pugliese, “ben potrebbe il condominio ignorare del tutto sia la richiesta del terzo creditore e sia la stessa esistenza di condomini morosi sino al momento della convocazione dell'assemblea annuale di approvazione del bilancio destinata istituzionalmente alla discovery dei rapporti giuridici interni ed esterni contratti nell'ambito del condominio”). Natura parziaria e non solidale dell'obbligazione e coordinamento con l'art. 63 disp. att. c.c. Colui che sia creditore nei confronti del condominio, ottenuto il titolo per procedere nei confronti dello stesso, dopo aver notificato dovrà attendere che l'amministratore fornisca i dati necessari per procedere con le modalità previste dall'art. 63 disp. att. c.c. e di fronte all'eventuale inadempimento dell'amministratore, potrà agire giudizialmente per l'ottenimento dei dati richiesti. Soltanto dopo aver ottenuto il nominativo e i dati relativi ai condomini morosi, il creditore potrà notificare il titolo e l'atto di precetto ma ciò solo quando abbia esaurito infruttuosamente tutte le azioni esperibili nei confronti dei condomini che siano effettivamente morosi. In altri termini, per poter legittimamente richiedere il pagamento (pro quota) al condomino in regola con i pagamenti, il creditore dovrà preventivamente intraprendere tutte le procedure, anche esecutive (mobiliari, immobiliari e presso terzi), in danno del condomino moroso nonché seguirle con la dovuta diligenza e buona fede. Il creditore, quindi, prima di aggredire il patrimonio del condomino in regola con i pagamenti, dovrà dare la rigorosa prova di aver fatto tutto il possibile per soddisfare il proprio credito nei confronti del condomino moroso poiché in mancanza di quest'ultimo avrebbe ragione di opporsi all'esecuzione (Trib. Monza 27 aprile 2016). La posizione dei condomini in regola con i pagamenti Il debito sussidiario di garanzia del condomino solvente è subordinato alla preventiva escussione del moroso e pur sempre limitato alla rispettiva quota di quest'ultimo, e non invece riferibile all'intero debito verso il terzo creditore. La posizione del condomino in regola con i pagamenti, chiamato dal creditore a rispondere delle quote dovute dai morosi, dopo la preventiva escussione degli stessi è, pertanto, assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege (Trib. Catania 18 settembre 2024, n. 4421). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il creditore del condominio, che intende conoscere i nominativi dei condomini morosi nel pagamento degli oneri condominiali, chiede all'amministratore di attivarsi senza ritardo, e comunque, non oltre quindici giorni dal ricevimento della comunicazione a mezzo pec, poiché in difetto, sarà costretto ad agire nei riguardi del medesimo, evocandolo in giudizio per conseguirne la relativa condanna all'attività di facere anzidetto, oltre a quella all'eventuale risarcimento del danno, con possibile aggravio di spese. Funzione e natura del giudizio Il nuovo procedimento semplificato si caratterizza per essere un procedimento pienamente alternativo a quello ordinario, in quanto a cognizione piena, ma sommario e deformalizzato solo per quanto riguarda l'istruttoria e l'iter procedimentale. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso in cui il creditore evochi in giudizio l'amministratore per conseguire l'acquisizione dei dati dei condomini morosi per tutelare le proprie ragioni di credito nei confronti della compagine condominiale, ed il conseguente risarcimento del danno per effetto delle ripercussioni economiche negative manifestatesi nella propria sfera imprenditoriale collegate al ritardo nel recupero delle somme dovute. Legittimazione La legittimazione a proporre l'azione nei confronti dell'amministratore per conseguire l'acquisizione dei dati dei condomini morosi appartiene al creditore del condominio che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nella tutela del proprio diritto di credito. In particolare, il comma 2 dell'art. 1131 c.c., nel prevedere la legittimazione passiva dell'amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini, senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna, deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi, soccorrendo, così, all'esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio, senza la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei condomini (Cass. II, n. 21506/2024). Profili di merito Onere della prova Il creditore, il quale intenda proporre l'azione nei confronti dell'amministratore per conseguire l'elenco dei condomini morosi, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Lo stesso ricorrente deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a consentire l'acquisizione dei dati anzidetti, al fine di potere soddisfare la relativa pretesa creditizia. Contenuto del ricorso semplificato di cognizione La domanda si propone con ricorso ex art. 281-undecies c.p.c., sottoscritto a norma dell'art. 125 c.p.c., che deve contenere le indicazioni di cui ai nn. 1), 2), 3), 3-bis), 4), 5), 6) e l'avvertimento di cui al n. 7) del comma 3 dell'art. 163 c.p.c. Il ricorso deve, inoltre, contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con la relativa documentazione a corredo e la specificazione delle relative conclusioni. Il giudice, entro cinque giorni dalla designazione, fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto a cura dell'attore. Tra il giorno della notificazione del ricorso e quello dell'udienza di comparizione, devono intercorrere termini liberi non minori di quaranta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di sessanta giorni se si trova all'estero. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio. Richieste istruttorie Ai sensi dell'art. 281-undecies, commi 1 e 3, c.p.c. e dell'art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c., il ricorrente ha facoltà di ottenere dal giudice adito la fissazione, alla prima udienza, di un doppio termine per la definizione del thema decidendum e per l'articolazione della prova diretta e di quella contraria. Inoltre, alla prima udienza, il ricorrente può, a pena di decadenza, proporre le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dall'amministratore, oppure chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Il ricorrente può, dunque, chiedere se sussiste giustificato motivo, la concessione di un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre la prova contraria. 4. ConclusioniLa responsabilità dell'amministratore di condominio derivante dall'inosservanza dell'obbligo legale di comunicazione al creditore dei dati dei condomini morosi previsto dall'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. è riconosciuta da una parte della giurisprudenza di merito e da un'autorevole dottrina, che la ricollega all'inosservanza di tale obbligo, posto dalla legge direttamente a carico del suddetto professionista, con la conseguenza che la legittimazione passiva è riconosciuta unicamente in capo al medesimo – e non anche o soltanto – verso il condominio. Va comunque precisato che, in assenza di una presa di posizione anche da parte della giurisprudenza di legittimità, esiste anche un diverso orientamento di merito, sulla scorta di una diversa esegesi del suddetto dato normativo atteso che l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., nel menzionare l'amministratore medesimo lo identifica come rappresentante del condominio, con la conseguenza che, la circostanza che l'adempimento del dovere di cooperazione verso i creditori risponde all'interesse dello stesso condominio conferma l'ipotesi che egli agisca nella sua veste di mandatario della compagine condominiale e, di conseguenza, debba essere convenuto in tale qualità, da parte del terzo creditore. Ciò premesso, sul versante processuale, la possibilità di risolvere la querelle sul piano squisitamente documentale, suggerisce che la stessa rientri – ai sensi dell'art. 281-decies c.p.c. – nell'àmbito di applicazione di tale norma, ragione per cui la relativa azione deve essere intrapresa con la forma propria del ricorso previsto ex art. 281-undecies c.p.c. dal nuovo procedimento semplificato di cognizione. Infatti, quando i fatti di causa non sono controversi, oppure quando la domanda è fondata su prova documentale, o è di pronta soluzione o richiede un'istruzione non complessa, il giudizio è introdotto nelle forme del procedimento semplificato – trattandosi di rito avente natura cognitiva e non cautelare – la cui sommarietà caratterizzante il procedimento è afferente esclusivamente all'istruttoria e non alla cognizione che resta “piena”. Al riguardo, è opportuno precisare che il nuovo rito semplificato riguarda anche le cause di competenza collegiale e che, mentre la scelta del vecchio rito sommario di cognizione ormai abolito era, tendenzialmente, rimessa alla facoltà discrezionale della parte ricorrente – salvo per specifiche materie – il nuovo rito semplificato diventa obbligatorio, anche per le cause di competenza collegiale, per tutte le controversie che presentino uno dei presupposti suindicati dall'art. 281-decies c.p.c. È opportuno precisare, altresì, che il riferimento contenuto nella norma di nuovo conio all'istruttoria non complessa, distinto da quello della prova documentale, consente di affermare che l'istruttoria semplificata sia quella non necessariamente basata sulle sole prove documentali potendo essere articolate anche delle prove costituende da assumersi in modalità deformalizzata, come del resto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità con riferimento al vecchio rito sommario di cognizione (Cass. II, n. 14734/2022). Al fine di evitare di incorrere in lungaggini processuali, occorre valutare preventivamente cum grano salis il quadro della situazione di fatto da portare all'attenzione del giudice che si intende adire, poiché ai sensi dell'art. 281-duodecies c.p.c. esiste la possibilità che, alla prima udienza, il giudice rilevi che, per la domanda principale o per la domanda riconvenzionale, non ricorrano i presupposti di cui all'art. 281-decies, comma 1, c.p.c., ragione per cui, in tale ipotesi, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito ordinario fissando l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., rispetto alla quale decorrono i termini previsti dall'art. 171-ter c.p.c. procedendo nello stesso modo quando, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, ritenga che la causa debba comunque essere trattata con il rito ordinario. Tale facoltà di mutamento del rito, con valutazione caso per caso, è infatti esercitabile anche nelle ipotesi in cui, trattandosi di controversia di competenza del tribunale in composizione monocratica, la scelta del rito semplificato sia stata effettuata discrezionalmente dal ricorrente, ai sensi dell'art. 281-decies c.p.c., ma non risulti opportuna in relazione alle caratteristiche della controversia. Le modalità di introduzione del giudizio e di instaurazione del contraddittorio ricalcano, sostanzialmente, quelle del vecchio rito sommario, previste dall'abrogato art. 702 bis c.p.c. Tuttavia, una novità riguarda il contenuto del ricorso, essendo previsti requisiti analoghi a quelli introdotti dalla riforma ai nn. 3 bis) e 7) dell'art. 163 c.p.c. sebbene restano invariati sia termine per la costituzione del convenuto – non oltre dieci giorni prima dell'udienza – sia il termine di quaranta giorni che deve intercorrere tra la notificazione del ricorso e l'udienza di comparizione, con riferimento al quale è opportuno precisare che trattasi di termine libero, avendo in tale modo il legislatore delegato del 2022 colmato la lacuna del previgente art. 702-bis c.p.c. In sintesi, la ratio del nuovo istituto è ravvisabile nella necessità di prevedere una scansione processuale in cui maturano in modo chiaro e prevedibile le preclusioni consentendo di prevedere i tempi di trattazione del procedimento, fermo restando il necessario rispetto del principio del contraddittorio. Conseguentemente, il rito semplificato mantiene le caratteristiche di concentrazione e snellezza già caratterizzanti il precedente rito sommario di cognizione, dal quale, però, si differenzia per la previsione di termini più stringenti riferite sia all'eventuale necessità di disporre il mutamento del rito sia alle preclusioni assertive e probatorie, non presenti nel testo previgente dell'art. 702-bis c.p.c. Ciò renderà opportuno per il ricorrente indicare sin dall'atto introduttivo le risultanze documentali in suo possesso indicando altresì quelle eventualmente in possesso di controparte di cui chiede al giudice ordinarsi la produzione, al fine di evitare da un lato, di incorrere in un allungamento ingiustificato della tempistica processuale, e dall'altro, in decadenze e preclusioni di sorta derivanti dall'adozione obbligatoria di tale rito. In ordine all'esatta individuazione del credito vantato dal fornitore del condominio, va considerato che ove il condomino escusso per l'intero e che abbia pagato una parte del debito condominiale eccedente la propria quota, abbia poi, per qualsiasi ragione, recuperato dagli altri condomini un importo maggiore di quello effettivamente versato, per la differenza non potrà ritenersi estinta – nei confronti del creditore – né l'obbligazione condominiale, né le singole quote della stessa: esattamente come avverrebbe se l'amministratore avesse riscosso dai singoli condomini contributi superiori a quanto poi effettivamente versato al creditore. Il pagamento effettivamente ed in concreto riscosso dal creditore, in siffatta patologica eventualità, non potrà che essere imputato alle quote dei singoli condomini che abbiano versato il proprio contributo all'amministratore o, comunque, al condomino che ha eseguito il pagamento, ma non per l'intero contributo versato, in questo secondo caso, in rivalsa, che sarebbe di importo superiore a quanto riscosso, bensì solo in proporzione a quanto pagato da ciascuno. Dovrà, quindi, considerarsi, a tale fine, l'importo dovuto da ciascun condomino, quello effettivamente riscosso dal creditore e quello comunque versato dai condomini diligenti o adempienti o virtuosi: di regola, all'amministratore, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., ovvero, in rivalsa, al singolo condomino già escusso per l'intero in base all'interpretazione di solidarietà delle relative obbligazioni, corrente al tempo del pagamento. L'obbligazione parziaria di tali condomini diligenti, potrà ritenersi estinta solo in base al riscontro della corrispondenza tra quanto da ciascuno versato e quanto effettivamente pagato al creditore, salvo che non risulti una diversa e più specifica imputazione, nelle forme e secondo le modalità in precedenza indicate, ai sensi dell'art. 63 disp. att., c.c. (Cass. III, n. 36283/2023). |