Partecipazione al voto del condomino in conflitto di interessi

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Il conflitto di interessi in condominio

Il conflitto di interessi può avere luogo anche nella materia condominiale sotto vari aspetti. La situazione principale riguarda il condomino portatore di un proprio interesse individuale in conflitto con quello generale degli altri condomini in modo che il suo voto non viene espresso nell'interesse comune, ma esclusivamente dell'interesse proprio in contrasto con l'interesse di tutti. Su tale tematica, la giurisprudenza ammette nella disciplina delle assemblee di condominio una “interpretazione estensiva” che prende origine dall'art. 2373 c.c., norma riguardante il conflitto di interessi del socio nelle deliberazioni della società per azioni. Presupposto dell'ammissibilità del conflitto è, però, l'accertamento di un contrasto obiettivo e preesistente tra l'interesse concretamente perseguito dai partecipanti al condominio e quello istituzionale del condominio stesso. Questo interesse comune ai singoli condomini, in quanto tali, è connesso con lo scopo in vista del quale il condominio si è costituito; esso equivale, perciò, all'interesse all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni, in funzione del godimento delle unità immobiliari in proprietà esclusiva site nell'edificio. Il perseguimento attraverso il voto di un vantaggio personale speciale, estraneo al condominio, è configurato quale limite di incompatibilità rispetto allo scopo del gruppo. A questo proposito, i giudici hanno sostenuto che per l'assemblea condominiale è possibile estendere il divieto di esercitare il diritto di voto per il condomino in potenziale conflitto di interessi, senza alcuna deroga, tuttavia, ai fini dei quorum costitutivo e deliberativo. Il condomino in conflitto di interesse potrà, ma non dovrà, astenersi dalla votazione. Se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l'“interesse istituzionale del condominio” e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida (Cass. II, n. 19131/2015). In sintesi, secondo i giudici, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio.

Prova della resistenza

L'art. 1137 c.c. non prevede l'istituto della “prova della resistenza” per l'impugnazione delle delibere condominiali. Quindi, in caso di conflitti di interesse, occorre considerare che la manifestazione di volontà del singolo partecipante, contaminata nel proprio interesse genetico, costituisce un abuso del diritto di voto in assemblea e rappresenta ex se un elemento negativo rispetto al calcolo della maggioranza legale richiesta per quella data deliberazione. Ciò porta alla riflessione che colui che eccepisce il conflitto di interesse deve fornire la c.d. prova di resistenza. Tale requisito deve essere inteso in modo puramente aritmetico, non essendo rilevante la semplice influenza che il condomino in conflitto possa avere esercitato sugli altri condomini, pur non essendo il suo voto matematicamente determinante per l'approvazione della deliberazione. Esclusa, dunque, dal calcolo della maggioranza di voto deliberativo la quota riferita al condomino in conflitto di interessi, se residua una maggioranza di consensi necessaria per la validità della decisione, da calcolarsi sugli aventi diritto al voto, deve essere negato il carattere determinate del voto del condomino in conflitto. In tal senso, in materia societaria, ai sensi dell'art. 2368, comma 3, c.c., salvo diversa disposizione di legge, le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea; le medesime azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione. Pertanto, il voto espresso dal socio in conflitto di interessi deve essere computato ai fini tanto del quorum costitutivo quanto di quello deliberativo, ad eccezione dei casi in cui il soggetto portatore del conflitto abbia deliberatamente scelto di astenersi o si ponga ai voti la deliberazione inerente la responsabilità di un socio-amministratore. Alla luce delle citate considerazioni, non sussiste l'interesse all'impugnativa in relazione al vizio connesso all'esclusione di un condomino dalla votazione per ritenuto conflitto di interessi, alla stregua della c.d. prova di resistenza ex art. 2373 c.c. da applicarsi estensivamente alla collettività condominiale (Trib. Milano 17 febbraio 2009: nel caso di specie, trattandosi di delibera concernente innovazioni, il quorum deliberativo richiesto era rappresentato dalla maggioranza dei condomini rappresentanti i due terzi del valore dell'edificio; quindi, avendo votato favorevolmente un solo condomino – portatore di mm 289,86 – l'eventuale consenso espresso dalla ricorrente non avrebbe comunque comportato il raggiungimento della prescritta maggioranza, sì da risultare ultroneo ogni accertamento riguardo al profilo dedotto).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Può essere impugnata la decisione adottata dall'assemblea con il voto del condomino in conflitto di interessi?

La dimostrazione della sicura divergenza tra le specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini

Nel condominio negli edifici, anche con riguardo alle delibere dell'assemblea, la situazione di conflitto di interessi va accertata non in astratto, ma in concreto, richiedendo la verifica di una sicura divergenza tra l'interesse del singolo condomino e l'interesse comune. Ne deriva che, al fine di determinare l'invalidità del deliberato assembleare adottato con il voto determinante di colui che si assume persegua un interesse in conflitto con quello comune, non è sufficiente allegare che questi si trovi in una situazione astrattamente contrastante, ma è necessario dimostrare che egli abbia, in concreto, perseguito altro interesse, incompatibile con quello collettivo (Cass. II, n. 13011/2013; App. Roma 15 ottobre 2003). Quindi, ai fini della invalidità della delibera assembleare, il conflitto di interessi può essere riconosciuto solo ove risulti dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la maggioranza assembleare, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio (Cass. II, n. 13004/2013; Cass. II, n. 10754/2011). Pertanto, il diritto di voto non può essere esercitato dal condomino che in una deliberazione assembleare abbia un interesse proprio in potenziale conflitto con quello del condominio (Cass. II, n. 3891/2012). In tale circostanza, la delibera condominiale è annullabile in quanto il condomino, non astenendosi, ha concorso in modo determinante con il proprio voto a formare la maggioranza assembleare (Trib. Terni 8 luglio 2021).

Voto riguardo ad azioni da intraprendersi nei confronti di condomini morosi

Va annullata la delibera dell'assemblea condominiale volta ad esprimere il voto riguardo ad azioni, di cognizione o di esecuzione, da intraprendersi nei confronti di condomini morosi, qualora questi partecipino alla votazione, configurandosi in tal caso una situazione di conflitto di interesse. Detta fattispecie comporta l'esclusione dal voto dei condomini i quali, rispetto ad una deliberazione assembleare, si pongano come portatori di interessi personali, estranei alla loro personale situazione soggettiva di condomino, in potenziale conflitto con quelli del condominio. La configurabilità del conflitto di interesse va esclusa solo qualora non sia possibile identificare, in concreto, una sicura divergenza tra le ragioni personali, che potrebbero concorrere a determinare la volontà dei condomini di maggioranza, e l'interesse cosiddetto istituzionale del condominio (Trib. Roma 28 maggio 2019: nel caso concreto è stata annullata la delibera con cui si è consentito a condomini in debito verso il condominio, di esprimere il voto riguardo ad azioni, di cognizione o di esecuzione, che ineriscono alla propria posizione contrapposta a quella del condominio creditore; nella specie, inoltre, in mancanza dei condomini in conflitto di interesse, la delibera non avrebbe raggiunto le necessarie maggioranze).

Valutazione del voto determinante del condomino in conflitto di interessi

Le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono, ma non devono, astenersi dal votare. Conseguentemente, la delibera assembleare adottata con il voto determinante del condomino in conflitto di interessi potrà essere validamente impugnata solamente se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l'interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare. Difatti, l'invalidità della delibera discende non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio, ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione (App. Ancona 4 agosto 2020). Ne consegue che il condomino in conflitto di interessi (soltanto potenziale, ma non effettivo) non è obbligato (ma può) astenersi dall'esercitare il diritto di voto secondo i quorum stabiliti dall'art. 1136 c.c. (Trib. Milano 10 maggio 2019).

Non estensibilità della situazione di conflitto al condominio rappresentato

In caso di conflitto di interessi fra un condomino ed il condominio, ove il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato an-che il proprio interesse, non personale ma quale componente della collettività, e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato (Cass. II, n. 18192/2009; App. Napoli 26 giugno 2018; Trib. Cassino 30 giugno 2022, n. 923; Trib. Lecce 22 luglio 2016).

Partecipazione di un soggetto privo di legittimazione

La partecipazione ad un'assemblea condominiale di un soggetto estraneo ovvero privo di legittimazione non si riflette sulla validità della sua costituzione e delle decisioni in tale sede assunte, sempre che tale partecipazione non abbia influito sulla maggioranza richiesta e sul quorum prescritto, né sullo svolgimento della discussione e sull'esito della votazione (Trib. Roma 2 novembre 2023: nella vicenda, gli attori non avevano dimostrato che la presenza dell'avvocato, regolarmente messa a verbale, aveva influito sulla corretta formazione della volontà assembleare o sui quorum prescritti dalla legge; difatti, dal verbale era emerso che l'avvocato non aveva espresso alcun voto in assemblea, limitandosi ad essere presente ai fini dell'accettazione del mandato che il condominio gli aveva conferito).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino chiede all'amministratore di convocare una nuova seduta assembleare perché la precedente delibera risulta viziata, in quanto è stato consentito al condomino moroso nei confronti del condominio, di esprimere il voto riguardo all'azione di recupero del credito che, inerisce alla propria posizione contrapposta a quella del medesimo condominio creditore.

Funzione e natura del giudizio

L'impugnazione della delibera condominiale, che si assume essere stata presa illegittimamente, ha natura di un ordinario giudizio di cognizione, la cui funzione è quella di annullare la delibera adottata in quanto pregiudizievole degli interessi del medesimo opponente.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente dal legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Ai sensi dell'art. 34 d.m. n. 150/2023 entrato in vigore il 15 novembre 2023, rubricato “soggetti obbligati e modalità di pagamento” le spese di cui all'art. 28 del d.m. n. 150/2023 cit. sono dovute e versate da ciascuna delle parti, rispettivamente, alla presentazione della domanda di mediazione ed al momento dell'adesione. Quando il primo incontro si conclude con la conciliazione e, quando la procedura di mediazione prosegue con incontri successivi al primo, sono dovute e versate da ciascuna delle parti le ulteriori spese di mediazione calcolate in conformità all'art. 30 dello stesso d.m. n. 150/2023 cit., detratti gli importi previsti dall'art. 28, comma 5, cit. e salvo quanto previsto dal comma 4 della stessa norma. Le parti sono solidalmente obbligate a corrispondere all'organismo le ulteriori spese di mediazione in caso di conciliazione o di prosecuzione del procedimento con incontri successivi al primo. Ai fini dell'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento delle spese di mediazione, quando più soggetti rappresentano un unico centro di interessi, il responsabile dell'organismo li considera come una parte unica.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare del condominio per conseguirne la dichiarazione giudiziale di invalidità in quanto nella fattispecie, adottata con il voto del condomino in conflitto d'interessi.

Legittimazione

La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare del condominio appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nell'accertamento giudiziale dell'annullabilità della delibera in quanto adottata con il voto del condomino in conflitto d'interessi.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare del condominio per l'invalidità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Lo stesso opponente deve dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva volta ad invalidare quanto deliberato. Qualora il condomino agisca per fare valere l'invalidità di una delibera assembleare siccome adottata con il voto del condomino in conflitto d'interessi, incombe sul condominio convenuto l'onere di provare l'inesistenza del relativo conflitto, mentre resta a carico dell'istante la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla stessa delibera assembleare.

Contenuto dell'atto di citazione

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis), c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera del condominio impugnata.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino deve produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare del condominio. Dal canto suo, il condominio ha l'onere di provare il regolare iter assembleare trattandosi di un elemento costitutivo della validità della decisione.

4. Conclusioni

Il condomino è in conflitto di interessi con il condominio quando è portatore di un interesse proprio in contrasto anche solo potenziale, con quelli del condominio di cui pure fa parte.

In buona sostanza, la situazione di conflitto di realizza quando non si possono soddisfare i due interessi – ascrivibili rispettivamente al condomino ed al condominio – i quali, pertanto sono fra loro contrastanti e non semplicemente concorrenti.

In questo caso, il voto del condomino in conflitto, che persegue un interesse personale, si pone dunque in contrasto con quello del condominio, perché risulta essere portatore di due interessi incompatibili: uno come condomino e uno personale.

Quid juris al fine di stabilire “se” e “quando” il voto del condomino in conflitto di interessi con il condominio rende la relativa delibera invalida?

Secondo l'opinione emersa in giurisprudenza, una volta accertata l'esistenza di una situazione integrante un conflitto di interessi del condomino, occorre verificare se il voto del medesimo abbia influito, in modo determinante, alla formazione della maggioranza in seno all'assemblea condominiale (Cass. II, n. 20126/2022).

Soltanto in questa ipotesi è possibile invocare l'annullabilità della delibera, come ad esempio nel caso in cui il condomino moroso – munito anche di deleghe ricevute da altri condomini – abbia partecipato all'assemblea, votando contro l'approvazione dell'azione contemplata nell'o.d.g. da proporsi nei suoi stessi confronti per il recupero del credito vantato dal condominio.

A diversa conclusione si perviene, invece, laddove emerga ictu oculi che, nonostante l'assenza del condomino portatore di un interesse in conflitto con quello del condominio, la votazione avrebbe avuto la stessa sorte, ragione per cui la delibera in questo caso non sarebbe impugnabile mancando l'interesse ad agire in capo all'opponente.

A ciò aggiungasi, da un lato che, per invocare l'annullabilità della delibera che si assume viziata occorre dimostrare che il conflitto di interessi ha in concreto arrecato un danno al condominio, e, dall'altro, che, tale situazione venga contestata dinanzi al giudice competente entro il termine perentorio di trenta giorni decorrenti dalla votazione, con impugnazione della delibera assembleare.

Infatti, la situazione di conflitto di interessi del condomino comporta un vizio non di nullità ma di annullabilità della delibera.

L'invalidità della delibera discende, quindi, non solo dalla verifica del voto determinante del condomino avente un interesse in conflitto con quello del condominio, e che perciò abbia abusato del diritto di voto in assemblea, ma altresì della dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione.

Il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo del condomino in conflitto ricorre, in particolare, quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extra-condominiali ovvero di esigenze lesive dell'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio.

In forza di quanto sino esposto, ne consegue che il conflitto di interessi rilevante non si sostanzia nella titolarità, in capo ad un condomino, di un suo interesse personale in concorso con quello comune, bensì solo nella ricorrenza di un interesse che sia in grado di pregiudicare, se realizzato, l'interesse collettivo, ove sia dimostrata in concreto una sicura divergenza tra le specifiche ragioni personali ed un parimenti specifico interesse contrario del condominio (Cass. II, n. 8774/2020; Cass. VI/II, n. 25680/2020).

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