Dimissioni dell'amministratore in carica1. Bussole di inquadramentoLe dimissioni dell'amministratore in carica L'amministratore può dimettersi in qualsiasi momento senza l'obbligo di fornire un preavviso, ma il dimissionario rimane in carica ad interim fino alla nomina del successore. Le dimissioni vanno presentate per iscritto a tutti i condomini, quindi, l'amministratore convoca un'assemblea e inserisce nell'ordine del giorno la nomina del successore. Prima di abbandonare l'incarico, l'amministratore uscente deve consegnare i registri e la documentazione al successore. La durata dell'incarico e i problemi interpretativi della prorogatio Prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio (l. n. 220/2012), l'amministratore durava in carica un anno e, al termine di questo periodo di tempo, doveva essere considerato cessato dall'incarico per scadenza del termine e proseguiva nel suo incarico in prorogatio fino alla sua riconferma o revoca, salvo il diritto di ciascun condomino, nel caso di mancata conferma alla prima assemblea utile, di ricorrere all'autorità giudiziaria per la nomina giudiziale dell'amministratore. Con la riforma, l'art. 1129, comma 10, c.c. (nuova formulazione) prevede che l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata e l'assemblea, convocata per la revoca o le dimissioni, delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore. Questa disposizione è stata interpretata dagli operatori del diritto in diversi modi. Per meglio dire, con la nuova disposizione, è sorto un contrasto di lettura della norma: la durata dell'incarico è annuale ( la nomina deve essere deliberata tutti gli anni); la durata dell'incarico è biennale (l'amministratore decade dal proprio mandato dopo due anni dalla nomina, continuando successivamente ad operare in regime di prorogatio fino alla nomina di un nuovo amministratore); la durata dell'incarico avviene tramite rinnovo tacito (c.d. durata 1+1 ove l'amministratore, al termine del primo anno di incarico, in assenza di dimissioni o di espressa volontà di revoca da parte dei condomini, non dovrà inserire all'ordine del giorno il punto relativo alla sua conferma, in quanto si intenderà rinnovato tacitamente e svolgerà così, un secondo anno di incarico nella pienezza dei suoi poteri. Al termine del secondo anno di incarico, però, tale rinnovo tacito non sarà più operante e l'amministratore dovrà necessariamente inserire all'ordine del giorno apposito punto relativo alla sua nomina); la durata dell'incarico avviene in maniera sine die (in assenza di dimissioni o di revoca da parte dell'assemblea dei condomini, sussiste l'automatico rinnovo dell'incarico dell'amministratore di anno in anno, senza alcuna soluzione di continuità). In conclusione, in presenza di “diverse letture” della citata norma, spetta all'interprete individuare le regola da applicare in relazione al caso da affrontare. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso dimissioni, permane l'interesse dei condomini alla revoca dell'amministratore in prorogatio?
L'amministratore in prorogatio Per prorogatio, si intende la prosecuzione nella carica di amministratore in via provvisoria (o ad interim) proprio per sottolineare una situazione provvisoria che andrà a risolversi in futuro. L'amministratore, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'articolo 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuarli ad esercitare fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore. Ma tale principio – nell'elaborazione giurisprudenziale – si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell'ex amministratore, all'interesse ed alla volontà dei condomini (Cass. II, n. 1445/1993). Dunque, secondo i giudici, in tema di condominio di edifici, l'istituto della prorogatio imperii – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, comma 2, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina (Cass. VI, n. 14930/2013; Cass. II, n. 18660/2012; Cass. II, n. 1405/2007). Le attività dell'amministratore dimissionario L'amministratore di un condominio, cessato dalla carica per scadenza del termine previsto dall'art. 1129 c.c. o per dimissioni, in virtù dell'istituto della prorogatio, continua ad esercitare tutti i poteri previsti dall'art. 1130 c.c., attinenti alla vita normale ed ordinaria del condominio, finché non sia stato sostituito con la nomina di altro amministratore. Di talché, deve provvedere, durante la gestione interinale, all'adempimento delle incombenze ed attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c., nonché a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni. Tali poteri, pur essendo stati limitati in seguito alla novella, all'esecuzione delle attività urgenti e senza che possa essere liquidato compenso alcuno, devono essere rapportati all'esigenza di garantire il funzionamento della complessa organizzazione condominiale che, altrimenti, rimarrebbe paralizzata con conseguente detrimento in primis della compagine stessa che non potrebbe più pagare i fornitori o riscuotere gli oneri dai partecipanti (Trib. Roma 5 febbraio 2021). Invero, le attività urgenti non danno diritto ad ulteriori compensi, giacché molte responsabilità ricadono in questa fase ancora sull'amministratore cessato, secondo quanto previsto dall'art. 1129, comma 8, c.c. Tuttavia, l'amministratore cessato dalla carica ha diritto al pagamento dei compensi per l'attività prestata (Trib. Palermo 30 maggio 2022: nella specie, il giudicante ha ritenuto che non essendo in contestazione il diritto dell'odierno convenuto al pagamento dei compensi per l'attività prestata, ed essendo prevista anche la proroga dei poteri dell'amministratore revocato dall'incarico per le sole attività di carattere ordinario, sono state ritenute infondate le doglianze espresse dal condominio attore). L'assemblea non può insistere sulla decisione dell'amministratore dimissionario In caso di amministratore di condominio dimissionario, l'irrevocabilità delle dimissioni costituisce una formula di stile per comunicare la definitività della decisione senza produrre effetti preclusivi nel senso che, innanzi all'assemblea dei condomini, nulla può escludere il ripensamento. In àmbito condominiale, la nuova stesura dell'articolo 1129, comma 7, c.c. prevede l'importante novità di consentire anche all'amministratore dimissionario (“alla cessazione dell'incarico”) di agire in prorogatio, e anche in caso di dimissioni, l'assemblea resta sovrana nella nomina dell'amministratore nel senso che se la assemblea decide sulla nomina e l'amministratore recede dalle dimissioni, il deliberato resta valido. Con la precisazione, peraltro, che la perpetuatio di poteri in capo all'amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all'interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell'assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell'amministratore, cessato dall'incarico. Quando poi l'amministratore insista nelle sue dimissioni (e, quindi, sostanzialmente rinunci al mandato) innanzi all'assemblea, la stessa non può insistere nella nomina in applicazione delle regole del contratto di mandato di cui all'art. 1727 c.c. (App. Lecce 10 giugno 2022). Pertanto, la delibera, che non accoglie le dimissioni dell'amministratore, non ha alcun valore vincolante e non può, quindi, nemmeno essere impugnata, in quanto manca un apprezzabile interesse giuridico a rimuovere un atto improduttivo di effetti per i condomini ed il condominio. Ne consegue che l'assemblea non può opporsi alla scelta dell'amministratore di lasciare il proprio incarico (Trib. Roma 24 marzo 2021) Permanenza dell'interesse dei condomini alla revoca anche in presenza di dimissioni dall'incarico Nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, comma 2, c.c. (nonché nelle ipotesi di dimissioni, o di revoca o annullamento della delibera di nomina), l'amministratore condominiale continua ad esercitare (e vi è obbligato), sino alla nomina del nuovo amministratore, i suoi poteri, in applicazione del principio della prorogatio imperii; inoltre, le dimissioni dell'amministratore non fanno venire meno l'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti il deliberato condominiale, permanendo un interesse giuridico alla stessa, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1129, comma 13, c.c., secondo il quale in caso di revoca giudiziale dell'amministratore, lo stesso non può più essere nominato dall'assemblea (Trib. Catanzaro 15 giugno 2022: il Tribunale ha accolto la richiesta di revoca dall'incarico di amministratore del condominio, nonostante le dimissioni presentate da quest'ultimo). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Alcuni condomini comunicano all'amministratore dimissionario che, a seguito delle riscontrate inadempienze agli obblighi conseguenti alla permanenza del rapporto di mandato relativamente al corretto disbrigo degli affari relativi alla gestione ordinaria del condominio, nel caso in cui tale situazione di inadempimento continui, decorsi quindici giorni dal ricevimento della stessa comunicazione inoltrata via pec, senza ulteriore preavviso, provvederanno a chiedere la revoca giudiziale del medesimo. Funzione e natura del giudizio Il ricorso per la revoca dell'amministratore dimissionario del condominio è un procedimento di volontaria giurisdizione, il cui fine è quello di salvaguardare i diritti dei condomini, in caso di inerzia dell'assemblea. Aspetti preliminari Mediazione L'art. 71-quater disp. att. cc., introdotto dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, precisa che, per le controversie in materia di condominio ai sensi dell'art. 5 comma 1 d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, si intendono, tra le altre, quelle degli articoli da 61 a 72 disp. att. c.c., comprendendo dunque l'art. 64 disp. att. c.c. relativo alla revoca dell'amministratore. Tuttavia, l'art. 5, comma 4, lett. f), come sostituito dal d.l. n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico. Competenza È competente il Tribunale del luogo dove si trova il condominio. Legittimazione In caso di inerzia dell'assemblea nel revocare l'amministratore dimissionario, la legittimazione attiva a richiederla al Tribunale spetta ad uno o più condomini. Profili di merito Onere della prova I condomini, i quali intendano chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore dimissionario di condominio, hanno l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Gli stessi devono, dunque, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva volta ad addivenire alla relativa revoca giudiziale. Qualora i condomini agiscano per fare revocare l'amministratore dimissionario del condominio dall'autorità giudiziaria adita, siccome l'assemblea è risultata inerte non avendo provveduto nonostante i rituali tentativi eseguiti a tale fine, incombe sull'amministratore dimissionario del condominio convenuto l'onere di provare il venire meno dell'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per l'inesistenza di gravi violazioni inerenti la gestione condominiale, mentre resta a carico degli istanti la dimostrazione della prova contraria. Contenuto del ricorso La domanda per la revoca dell'amministratore dimissionario di condominio assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dei fatti integranti la pretesa posta a fondamento del ricorso. In particolare, il ricorso deve indicare la necessità della revoca dell'amministratore dimissionario per non avere l'assemblea condominiale provveduto, a tale fine, allegando copia del verbale negativo dell'assemblea, l'istanza di revoca dell'amministratore e la fissazione dell'udienza per la decisione. Il giudice, con decreto, fissa l'udienza ed il termine entro il quale il ricorrente deve procedere alla notifica del ricorso e del decreto alla parte convenuta. Nel ricorso, va spiegato che le dimissioni dell'amministratore non fanno venire meno l'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti all'osservanza degli obblighi afferenti la gestione corrente del condominio. Il ricorso, unitamente alla procura alla lite su atto separato, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente e depositato telematicamente – unitamente al pagamento del contributo unificato anch'esso eseguito in forma telematica – negli uffici giudiziari in cui è in vigore il processo civile telematico. Richieste istruttorie I condomini devono produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza della richiesta di revoca giudiziale dell'amministratore dimissionario del condominio allegando che, le dimissioni dell'amministratore non fanno venire meno l'interesse dei medesimi ricorrenti alla sua revoca, anche per gravi violazioni inerenti all'osservanza degli obblighi afferenti alla gestione corrente del condominio unitamente all'impossibilità dell'assemblea nel provvedere in merito. Dal canto suo, l'amministratore dimissionario del condominio ha l'onere di provare l'onere di provare il venire meno dell'interesse dei ricorrenti alla sua revoca, anche per l'inesistenza di gravi violazioni inerenti alla gestione condominiale. 4. ConclusioniL'istanza di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, promosso da un condomino ai sensi dell'art. 1129 c.c., è improcedibile, secondo una pronuncia di merito, se non è preceduta dalla convocazione dell'assemblea che deve pronunciarsi su tale revoca (App. Torino 5 dicembre 2017). Il singolo condomino è, comunque, legittimato a chiedere la revoca giudiziale dell'amministratore in presenza di comportamenti contrari agli obblighi imposti dalla legge e dal regolamento di condominio che pregiudichino la gestione economica o sociale del condominio. La procedura di revoca dell'amministratore di condominio rientra nelle controversie in materia di condominio di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010, per le quali è prevista la mediazione obbligatoria? Il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio – al pari di quello di nomina – riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, essendo ispirato all'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela finalizzata ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, ed è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità, ragione per cui esso non riveste, alcuna efficacia decisoria. Pertanto, sebbene l'art. 71-quater disp. att. cc., introdotto dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, precisa che, per le controversie in materia di condominio ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, si intendono tra le altre, quelle degli articoli da 61 a 72 disp. att. c.c., comprendendo dunque l'art. 64 disp. att. c.c. relativo alla revoca dell'amministratore, l'art. 5, comma 4, lett. f), come sostituito dal d.l n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico (Cass. VI, n. 1237/2018). Tuttavia, sebbene con riferimento al procedimento di revoca dell'amministratore di condominio – a cui è speculare quello volto alla nomina del nuovo amministratore – secondo parte della giurisprudenza di merito gli artt. 71-quater e 64 disp. att. c.c. rappresenterebbero una norma speciale nella specifica materia del condominio. Si tratta evidentemente di orientamenti contrastanti che necessiterebbero di un intervento chiarificatore ad opera della giurisprudenza di legittimità se non dello stesso legislatore. Ciò premesso, le dimissioni dell'amministratore sono sufficienti a fare venire meno l'interesse del condomino a proseguire il procedimento e, quindi, a determinare la cessazione della materia del contendere? In capo al ricorrente, permane un interesse sostanziale ad ottenere una pronuncia che investa il merito della pretesa azionata anche nell'ipotesi in cui l'amministratore sia dimissionario, posto che l'art. 1129, comma 13, c.c. prevede espressamente che, in caso di revoca dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non possa nominare nuovamente l'amministratore che sia stato revocato (Trib. Milano 2 dicembre 2016). In questa ipotesi, è evidente che il condomino ricorrente può avere l'interesse a non vedere più nominato un certo amministratore quale gestore del condominio (Trib. Taranto 17 febbraio 2017). Il provvedimento camerale relativo all'istanza di revoca dell'amministratore dimissionario di condominio, anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini, si risolve in un intervento del giudice di tipo sostanzialmente amministrativo, privo dell'attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato soltanto alla tutela dell'interesse generale e collettivo del condominio ad una sua corretta amministrazione. Pertanto, nel procedimento di volontaria giurisdizione in questione – anche se afferente alla nomina giudiziale dell'amministratore – non trovano applicazione le regole di cui all'art. 91 ss. c.p.c., le quali postulano l'identificazione di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo effettivamente contenzioso (Cass. II, n. 25336/2018). Tuttavia, una più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. VI, n. 15992/2020) ha, invece, evidenziato che questo genere di controversia può dare luogo ad una pronuncia di regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c., atteso che questa norma fa riferimento a qualsiasi provvedimento che definisce il procedimento, senza considerare la natura ed il rito del procedimento adito. Conseguentemente, la norma anzidetta trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa, come quelli in materia di revoca dell'amministratore di condominio. |