Ricorso all'assemblea contro i provvedimenti dell'amministratore

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

L'autonomia dell'amministratore di emettere provvedimenti

L'amministratore è nominato dall'assemblea o dal giudice in sostituzione della stessa, tuttavia, l'amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge o di quelli conferitigli dall'assemblea, rappresenta il condominio e, pertanto, ove ne abbia speso il relativo nome, contrae per conto dello stesso, con conseguente riferibilità diretta dei relativi rapporti all'anzidetto ente di gestione. Tale principio si desume non solo dall'art. 1131 c.c., che fa riferimento alle attribuzioni elencate nell'art. 1130-bis c.c., ma anche dall'art. 1133 c.c., che prevede l'obbligatorietà per tutti i condomini dei provvedimenti presi dall'amministratore nell'àmbito dei suoi poteri. Quando, invece, emette i provvedimenti in autonomia risponde personalmente della liceità e correttezza degli stessi conformemente ai poteri conferitogli dall'assemblea.

I provvedimenti presi dall'amministratore

L'amministratore, dunque, in forza del suo mandato, ha la capacità di prendere decisioni in ordine alle modalità di uso dei beni in comune. In tema, l'art. 1133 c.c. prevede che i provvedimenti presi dall'amministratore nell'àmbito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini e, avverso quest'ultimi, è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137 c.s. Secondo una prima lettura della disposizione ex art. 1133 c.c., il Legislatore non ha stabilito quali siano i provvedimenti dell'amministratore che possano essere oggetto di impugnativa, ovvero quando la parola dell'amministratore è “legge” all'interno del condominio e, conseguentemente, riesaminabile dinanzi all'assemblea o/e all'autorità giudiziaria. Si consideri, poi, che l'art. 1133 c.c. definisce i provvedimenti presi dall'amministratore, “nell'àmbito dei suoi poteri”, obbligatori per tutti i condomini, e prosegue nel dire che contro tali provvedimenti è ammesso il ricorso all'assemblea. Orbene, l'àmbito dei suoi poteri è circoscritto nell'art. 1130 c.c., o nel regolamento di condominio oppure, ancora, delineato dall'assemblea con apposita delibera; perciò, se i provvedimenti presi dall'amministratore “nell'àmbito dei suoi poteri” sono obbligatori per tutti i condomini, significa che tali provvedimenti sono stati assunti nell'àmbito della legge, del regolamento o delle disposizioni date dall'assemblea, e non quando il provvedimento è stato preso al di fuori dei suoi poteri.

Il reclamo all'assemblea

Il provvedimento dell'amministratore ex art. 1133 c.c. dovrà essere portato a conoscenza del condomino; la conoscenza potrà essere data con qualunque mezzo (lettera, raccomandata, telegramma, mail, fax, orale, ecc.), restando pur sempre la prova, a carico dell'amministratore, dell'avvenuta comunicazione ai fini dell'eccezione di decadenza per il trascorrere del tempo di cui al citato articolo. Il reclamo (senza particolari formalità) va presentato per iscritto all'amministratore, il quale è tenuto a convocare, entro un termine congruo a seconda delle esigenze del caso, un'assemblea ad hoc per decidere al riguardo, salvo che già sia stata convocata un'assemblea ordinaria o straordinaria, potendo tale argomento essere discusso tra le “varie ed eventuali” del relativo ordine del giorno. In ordine ai possibili esiti del reclamo, l'assemblea potrà o rigettare il reclamo, confermando sostanzialmente il provvedimento dell'amministratore, oppure accogliere lo stesso, revocando o modificando il provvedimento in oggetto, e ciò sia per ristabilire il disposto legislativo o regolamentare che era stato violato sia sulla base di una diversa valutazione di opportunità in ordine alla decisione presa dall'amministratore. Per meglio dire, dalla formulazione di tale disposizione, discenda che, di fronte al reclamo del singolo condomino, all'amministratore si pongano tre alternative: accantonare il provvedimento, ponendo così fine alla questione; sospenderlo, lasciando all'assemblea la decisione; mantenerlo, con l'obbligo però, in questo caso, di porre la questione all'ordine del giorno dell'assemblea, dato che differentemente priverebbe il condomino interessato di un suo diritto.

Il ricorso all'autorità giudiziaria

Il ricorso all'autorità giudiziaria avverso il provvedimento ex art. 1133 c.c. segue quanto previsto dall'art. 1137 c.c. e, quindi, l'impugnazione va proposta, pena la decadenza, entro trenta giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento dell'amministratore al condomino o dalla conoscenza da parte di quest'ultimo. Al riguardo, si è precisato che, di decadenza, si può parlare soltanto se si tratta di provvedimento dell'amministratore annullabile per inosservanza di regole formali, mentre qualora si verifichi l'ipotesi di lesione di diritti dei singoli condomini (oggetto impossibile o illecito), si è in presenza di nullità radicale del provvedimento, con la conseguenza che, essendo un'azione di accertamento, il ricorso è proponibile oltre l'anzidetto termine di trenta giorni (Cass. II, n. 3775/1981); inoltre, per superare la decadenza per inosservanza del termine, non può essere invocata l'illiceità della condotta dell'amministratore, né la mancata approvazione del suo operato da parte dell'assemblea, in quanto non è la delibera di quest'ultima, ma l'operato dell'amministratore che viene impugnato secondo le disposizioni degli artt. 1133 e 1137 c.c. (Cass. II, n. 12851/1991). Pertanto, scelta la via del ricorso all'autorità giudiziaria, il condomino non può ricorrere contemporaneamente all'assemblea, né il giudice può rimettere le parti davanti all'assemblea per cui dovrà decidere sul ricorso; qualora, invece, sia stata adita l'assemblea, il condomino potrà ricorrere avverso la delibera di conferma e/o ratifica, impugnando la stessa.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
I condomini possono impugnare dinanzi al giudice i provvedimenti adottati dall'amministratore di condominio?

Criterio distintivo tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione

Il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla “normalità” dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni; sicché, gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale (Cass. VI, n. 20136/2017; Trib. Cosenza 27 settembre 2021; Trib. Roma 15 aprile 2021). Tanto premesso, ad esempio, l'attività di elaborazione dei dati fiscali ed i relativi adempimenti costituiscono certamente attività ordinaria che l'amministratore ha l'obbligo di effettuare, ma che non richiede la preventiva deliberazione assembleare (Trib. Cuneo 7 aprile 2022). In altra questione, invece, accogliendo la domanda del condomino attore, il giudice capitolino ha annullato il provvedimento impugnato, relativo al regime degli interventi di riparazione da eseguire sul terrazzo a livello del fabbricato, in quanto con tale atto l'amministratore aveva adottato una ripartizione delle spese differente rispetto a quanto precedentemente deliberato in sede assembleare (Trib. Roma 7 marzo 2022).

Adozione di provvedimenti di portata obbligatoria per i condomini

L'art. 1133 c.c., dopo aver disposto, nella prima parte, che “i provvedimenti presi dall'amministratore nell'àmbito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini”, precisa, nella seconda, che, “contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137 c.c.”. Tale disposizione, secondo la giurisprudenza, deve essere interpretata nel senso che l'amministratore, anche laddove vi siano incertezze e dubbi interpretativi, può adottare provvedimenti di portata obbligatoria per il condomino e che questi può ricorrere all'assemblea o anche – direttamente – proporre impugnativa ex art. 1137 c.c. Ne consegue che fuoriesce dalla prospettiva della illiceità un'ipotesi in cui la contestazione dell'agire del singolo condomino sia effettuata mediante un provvedimento astrattamente riconducibile nell'ambito delle prescrizioni regolamentari e dei poteri spettanti all'amministratore (Cass. II, n. 13689/2011: nel caso di specie, alla luce di tali principi, la Suprema Corte ha censurato la decisione di merito, la quale aveva ritenuto illecita e fonte di responsabilità l'iniziativa dell'amministratore condominiale diretta a sollecitare il rispetto del divieto di collocazione, senza autorizzazione, di targhe sulla facciata dell'edificio condominiale). A norma dell'art. 1133 c.c., l'amministratore di condominio ha il potere di assumere provvedimenti obbligatori nei confronti dei condomini, i quali possono impugnarli davanti all'assemblea e, ricorrendone le condizioni, davanti all'autorità giudiziaria; pertanto, poiché l'amministratore è tenuto a garantire il rispetto del regolamento di condominio allo scopo di tutelare la pacifica convivenza, qualora egli inviti uno dei condomini al rispetto delle leggi o del regolamento vigenti, non è configurabile, a suo carico, alcun atto di turbativa del diritto altrui nel caso in cui egli abbia agito, secondo ragionevole interpretazione, nell'ambito dei suoi poteri-doveri di cui agli artt. 1130 e 1133 c.c. (Cass. II, n. 10347/2011: fattispecie in tema di azione di manutenzione del possesso promossa nei confronti dell'amministratore).

Termini per l'impugnativa del provvedimento adottato dall'amministratore

In tema di condominio degli edifici, l'art. 1133 c.c., nel prevedere la facoltà di ricorrere all'assemblea, avverso i provvedimenti che l'amministratore abbia preso in violazione della legge o del regolamento di condominio (nella specie, con riguardo alla ripartizione di spese di manutenzione), fa espressamente salvo il diritto di rivolgersi immediatamente all'autorità giudiziaria, e, pertanto, non subordina l'esercizio di tale diritto al preventivo ricorso all'assemblea (Cass. II, n. 960/1977). Premesso ciò, il rimedio dell'impugnazione offerto dall'art 1137 c.c. nei confronti delle deliberazioni assembleari condominiali – e la disciplina relativa, anche in ordine alla decadenza – riguarda unicamente le deliberazioni annullabili e non quelle nulle. Pertanto, il provvedimento con cui l'amministratore del condominio, esorbitando dai suoi poteri, leda i diritti dei singoli condomini sulle cose comuni, in quanto affetto da radicale nullità, è impugnabile davanti all'autorità giudiziaria, con azione non soggetta ai termini di decadenza di cui agli artt. 1133 e 1137, comma 3, c.c. (Cass. II, n. 4726/2016)

Contestazione dell'assemblea contro i provvedimenti dell'amministratore in materia di portierato

Il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 2), c.c., non esclude il potere dell'assemblea dei condomini, la quale sia intervenuta sul medesimo oggetto su richiesta dell'amministratore per ratificarne l'operato, di “revocare” il licenziamento stesso (Cass. II, n. 4427/1985).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino rende noto all'amministratore che il provvedimento con cui quest'ultimo, esorbitando dai suoi poteri, ha leso i diritti del medesimo condomino sulle cose comuni, è impugnabile davanti all'autorità giudiziaria, con l'azione di cui all'art. 1137 c.c., invitando di conseguenza, l'amministratore a revocare il suo precedente provvedimento, atteso che in difetto, provvederà a richiederne l'annullamento dinanzi al giudice competente, con possibile aggravio di spese.

Funzione e natura del giudizio

L'impugnazione contro i provvedimenti dell'amministratore che si assume essere stati presi illegittimamente ha natura di un ordinario giudizio di cognizione, la cui funzione è quella di annullare i medesimi provvedimenti impugnati in quanto pregiudizievoli degli interessi del medesimo opponente.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione dei provvedimenti dell'amministratore per conseguirne la dichiarazione giudiziale di invalidità in quanto nella fattispecie, adottati illegittimamente.

Legittimazione

La legittimazione ad impugnare i provvedimenti resi dall'amministratore del condominio appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nell'illegittimità dei medesimi provvedimenti impugnati, lesivi dei diritti del medesimo opponente.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare per l'invalidità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale. Lo stesso opponente deve dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva volta ad invalidare quanto deliberato. Qualora il condomino agisca per far valere l'invalidità del provvedimento dell'amministratore, incombe sul convenuto professionista l'onere di provare che il provvedimento è stato adottato per finalità di tutela delle parti comuni.

Contenuto dell'atto di citazione per l'impugnazione dei provvedimenti dell'amministratore

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus dell'amministratore pro-tempore del condominio – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento dei provvedimenti impugnati adottati dall'amministratore del condominio.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino deve produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare. Dal canto suo, l'amministratore ha l'onere di provare la legittimità dei provvedimenti adottati nell'interesse del condominio.

4. Conclusioni

L'art. 1133 c.c. afferma l'obbligatorietà per tutti i condomini dei provvedimenti adottati dall'amministratore pro-tempore del condominio rientranti nell'àmbito dei suoi poteri.

Nonostante l'obbligatorietà espressamente prevista dall'art. 1133 c.c., è possibile contestare l'operato dell'amministratore, con particolare riferimento alle decisioni poste in essere dallo stesso, qualora siano contrarie alle deliberazioni dell'assemblea ovvero eccedano le attribuzioni conferitegli ex lege.

La norma anzidetta rimanda all'art. 1137 c.c., in tema di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea, affermando che contro le deliberazioni contrarie alla legge od al regolamento di condominio, può essere adita l'autorità giudiziaria per chiederne l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni.

In base al combinato disposto degli artt. 1133 e 1137 c.c. si evince un duplice sistema di impugnazione dei provvedimenti resi dall'amministratore di condominio.

Infatti, mentre il ricorso preventivo all'assemblea dei condomini è ammesso contro ogni provvedimento reso dall'amministratore, il ricorso diretto al giudice è ammissibile soltanto per i provvedimenti contraria alla legge od al regolamento condominiale nel rispetto del termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla conoscenza che il condomino abbia avuto del provvedimento.

In buona sostanza, l'amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge, rappresentando il condominio, ove ne abbia speso il relativo nome, contrae per conto dello stesso, con la conseguente riferibilità diretta dei relativi rapporti all'anzidetto ente di gestione, mentre qualora, invece, emette gli stessi provvedimenti in autonomia, risponde personalmente della loro liceità e correttezza.

In ordine a tale aspetto, è dunque processualmente corretto citare in giudizio la persona dell'autore del provvedimento medesimo di diniego, cioè lo stesso amministratore in luogo del condominio, inteso quale ente di gestione dei beni comuni che pure egli rappresenta.

Il Legislatore ha inteso lasciare alla valutazione discrezionale del condomino l'opzione se ricorrere all'assemblea in qualsiasi momento, senza alcun termine di decadenza – la quale, è sovrana nell'annullare o ratificare il provvedimento dell'amministratore con una delibera ad hoc a sua volta impugnabile, ma non può sospendere l'esecuzione del provvedimento adottato dall'amministratore – oppure se proporre ricorso direttamente all'autorità giudiziaria, che si ritiene abbia carattere assorbente, escludendo il ricorso all'assemblea, in quanto la relativa scelta non può non essere influenzata dalla preventiva considerazione della manifesta o presuntivamente prevedibile opinione dei condomini, sulla cui scorta, se tale considerazione induce il condomino a ritenere che l'assemblea non accoglierà l'opposizione, chiaramente avrà interesse ad adire direttamente l'autorità giudiziaria.

In tale senso, si è espresso l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale ritiene che il diritto del condomino di rivolgersi all'autorità giudiziaria non possa essere subordinato al preventivo ricorso all'assemblea, poiché la sede naturale per risolvere le controversie – in cui venga lamentata la violazione di un diritto e non l'incongruo uso del potere discrezionale da parte dell'amministratore – è davanti al giudice.

In tale ottica, va comunque osservato che il ricorso all'assemblea assicurato al singolo condomino dall'art. 1133 c.c., lascia impregiudicata la possibilità – introdotta dalla legge di riforma n. 220/2012 – di proporre successivamente il ricorso all'autorità giudiziaria, dinanzi alla quale, è possibile altresì chiedere la revoca dell'amministratore ove la sua condotta configuri una grave irregolarità ex art. 1129, comma 11, c.c., così come la possibilità, nelle ipotesi di gravi irregolarità di chiedere la convocazione dell'assemblea per fare cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore e, ove l'assemblea non deliberi la revoca, di rivolgersi all'autorità giudiziaria. Infine, l'invalidità denunciata può colpire il provvedimento dell'amministratore riferendosi alla sua nullità, quando lede i diritti del condomino sulla cosa comune, la cui deducibilità davanti al giudice non è soggetta al termine di decadenza di cui agli artt. 1133 e 1137 c.c., oppure riferirsi alla sua annullabilità per vizi formali.

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