Gravi difetti di costruzione dell'immobile e correlate responsabilità

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Stipula del contratto di appalto con il condominio

La stipula di un contratto di appalto, che coinvolga quale parte negoziale appaltante il condominio, può muovere sia dall'iniziativa autonoma dell'amministratore che dalla decisione dell'assemblea, a seconda che abbia ad oggetto attività di carattere conservativo delle parti comuni ovvero interventi manutentivi di natura straordinaria o aventi contenuto innovativo. Nel primo caso sussiste autonoma legittimazione dell'amministratore ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4), c.c.; nelle altre ipotesi indicate è, invece, richiesta deliberazione assembleare i cui relativi quorum decisionali vengono a diversamente modularsi secondo l'articolata disciplina offerta dall'art. 1136, commi 4 e 5, c.c. in considerazione del tipo di intervento deciso. Va ancora rilevato che, laddove sussista urgenza, sia l'amministratore che il singolo condomino possono procedere ad eseguire interventi conservativi interessanti le parti comuni, secondo quanto previsto dagli artt. 1135, comma 2, e 1134 c.c. e con i differenti effetti e conseguenze richiamati da tali disposti. Mette conto, poi, evidenziare che, nel caso di opere di natura manutentiva straordinaria ovvero di innovazioni, la deliberazione dell'assemblea deve prevedere anche la preventiva copertura economica, e ciò o con la predisposizione di apposito fondo speciale ovvero, nel caso in cui lo stipulando contratto di appalto prevedesse il graduale pagamento del corrispettivo in corrispondenza della progressione dei lavori, con la costituzione di relativi stanziamenti per singoli stati d'avanzamento (art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.).

Gravi difetti: danni conseguenti a rovina totale o parziale

Nel contratto di appalto, è possibile che si verifichino situazioni che possano cambiare il normale svolgimento del rapporto, deviandolo dalle sue dinamiche ed impedendogli di pervenire al risultato previsto dalle parti, costituito dall'esecuzione delle opere e dal pagamento del corrispettivo. Secondo quanto sancito dal codice civile, a prescindere dalle ipotesi di carattere generale di invalidità valevoli per qualsiasi ipotesi di contratto, esistono alcune specifiche norme che regolamentano questi aspetti di illegittimità che sono caratteristici della fattispecie. Dette norme sono contenute nei seguenti artt. 1667,1668 e 1669 c.c. In particolare, in merio all'art. 1669 c.c., le opere appaltate riguardino beni immobili e sull'appaltatore grava l'ulteriore responsabilità per i c.d. gravi difetti, ponendo in capo al committente l'onere di denunciare i vizi e difformità entro un anno dalla scoperta ed intentare il giudizio entro il successivo anno dalla denuncia. Per meglio dire, qualora l'appalto abbia avuto ad oggetto beni immobili aventi carattere duraturo ed entro dieci anni dalla loro realizzazione, l'appaltatore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., è responsabile per i danni conseguenti a rovina totale o parziale o anche possibilità di rovina o, comunque, a gravi difetti che siano eziologica conseguenza di “vizio del suolo” o “difetto della costruzione”. Trattasi di obbligo risarcitorio che, per previsione di legge, può essere fatto valere sia da parte dell'originario committente che dei suoi successivi aventi causa, del quale ne è concordemente affermata la natura giuridica extracontrattuale e che è funzionale a garantire il godimento dell'opera. È stato puntualizzato, al riguardo, che nei “gravi difetti” che, ai sensi dell'art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa si compendiano tutte le “alterazioni” che apprezzabilmente pregiudicano la fruizione del bene nella sua globalità, non consentendone il normale utilizzo secondo la sua funzione economica e pratica e la sua intrinseca natura.

Le garanzie in caso di ristrutturazione edilizie

Nel condominio, per la quasi totalità dei casi, l'appalto riguarda opere sull'edificio, vale a dire si tratta di opere su cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata. Necessariamente bisogna raffrontare, per meglio comprendere le dinamiche delle garanzie previste dalla disciplina civilistica, ovvero l'art. 1667, che, disciplina una garanzia di carattere generale riguardante i c.d. vizi occulti, e l'art. 1669 c.c. di garanzia prevista per le opere su fabbricati affette dai c.d. vizi gravi. Sempre con riferimento al condominio, però, bisogna formulare una domanda circa l'applicazione dei menzionati articoli se la garanzia dipenda dalla natura dei vizi e difformità riscontrati ovvero dalla loro “gravità”, oppure da altri fattori. Per dirimere tale querelle, è intervenuta la Suprema Corte, a Sezioni Unite, affermando che “l'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo” (Cass. S.U., n. 7756/2017). In buona sostanza, con tale pronuncia, gli ermellini hanno tracciato una linea fondamentale per chiarire, in modo definitivo, che l'applicabilità dell'art. 1669 c.c. afferisce anche gli interventi manutentivi di lunga durata, non operando in modo dissimile dal caso di costruzione ex novo. Ne consegue che il suddetto art. 1669 c.c. è applicabile sia nell'ipotesi di costruzione di un edificio che anche nella fattispecie di ristrutturazione di un edificio preesistente.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'amministratore è legittimato ad agire contro la ditta appaltatrice per la rimozione dei gravi difetti dell'edificio e dei singoli appartamenti?

Valutazione dei gravi difetti di costruzione che legittimano l'azione di garanzia

I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile. Costituiscono, altresì, difetti rilevanti ai sensi della richiamata disposizione non solo quelli che incidono in misura sensibile sugli elementi essenziali delle strutture dell'opera, ma anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti), purché tali da compromettere la funzionalità dell'opera stessa. (Trib. Roma 11 aprile 2019: nel caso concreto, tra i vari vizi dedotto dal condominio non rientrano nell'operatività della richiamata norma gli inconvenienti relativi alle canne fumarie e ai ponti termici, giacché concernenti poche unità immobiliari e, dunque, non riguardanti l'edificio nel suo complesso o, comunque, non incidenti sulla sua funzionalità globale). Inoltre, secondo i giudici, i problemi di infiltrazione di acqua all'interno dei locali dell'edificio condominiale, determinati da carenze della impermeabilizzazione, costituiscono vizi del bene rilevanti ai fini della operatività della norma di cui all'art. 1669 c.c. Essi, infatti, sebbene attengono ad elementi accessori o secondari dell'edificio, rilevano in relazione alla possibilità di un impiego duraturo dell'immobile, con la conseguenza che incidono sulla relativa funzionalità, menomandone il godimento (Trib. Vicenza 19 maggio 2016). L'interpretazione della norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d'acqua determinate da carenze d'impermeabilizzazione e da inidonea realizzazione degli infissi, difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (Cass. II, n. 14650/2013). Anche l'umidità dell'edificio, conseguente a cattiva ed inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali, può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità ed il godimento dell'immobile, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore-venditore ai sensi dell'art. 1669 c.c. (Cass. II, n. 15291/2011; App. Roma 29 gennaio 2013).

Legittimazione attiva dell'amministratore per la rimozione dei gravi difetti dell'edificio e dei singoli appartamenti

L'art. 1130, n. 4), c.c., il quale attribuisce all'amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l'amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale, unitariamente considerato. Rientra dunque nel novero degli atti conservativi di cui alla citata disposizione codicistica, l'azione di cui all'art. 1669 c.c. finalizzata a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto. Se, dunque, vi è l'obbligo dell'amministratore di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, e se l'amministratore medesimo ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio, sia contro i condomini sia contro i terzi, allora dal combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. emerge che il Legislatore ha inteso riferirsi agli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi), necessari per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile (cioè ad atti meramente conservativi) (App. Milano 2 marzo 2022; Trib. Lecce 15 dicembre 2020; Trib. Trani 1° ottobre 2020; Trib. Cosenza 28 gennaio 2020). Dunque, deve riconoscersi la legittimazione dell'amministratore a promuovere azione di responsabilità, ai sensi dell'art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore a tutela dell'edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivano da vizi afferenti le parti comuni dell'immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese (Trib. Vicenza 27 settembre 2021). La legittimazione di cui innanzi, inoltre, può estendersi anche alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva: si tratta, in tal caso, di diritti di credito ben distinti e individuabili, la cui tutela, chiaramente eccedente le suddette finalità conservative, compete esclusivamente ai rispettivi interessati (App. Lecce 2 dicembre 2021). Infine, va riconosciuta agli acquirenti degli immobili, che possono farlo tramite il condominio e il suo amministratore per quanto concerne i danni subiti dalle parti comuni, il diritto di agire, nel termine lungo previsto dall'art. 1669 c.c., nei confronti sia dell'appaltatore (come nella specie) sia della cooperativa costruttrice dell'immobile stesso, che si sia avvalsa di un appaltatore (Cass. II, n. 1438/2014).

Limitazione della legittimazione dell'amministratore in caso di gravi difetti riportati dalla proprietà esclusive

La legittimazione dell'amministratore a promuovere l'azione di responsabilità, ai sensi dell'art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore, a tutela dell'edificio nella sua unitarietà, non può estendersi, in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini, anche alla proposizione delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente, relative ai danni subiti dai condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva (Cass. II, n. 3846/2020). Inoltre, l'amministratore del condominio non ha legittimazione se non per le azioni dirette agli atti conservativi e di ripristino delle parti comuni dell'edificio, tra le quali non sono comprese le azioni per il risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento delle parti comuni dell'immobile, come la domanda volta alla riduzione del prezzo degli appartamenti con condanna del venditore agli esborsi ex art. 1494 c.c. (App. L'Aquila 11 gennaio 2021). Se i difetti del fabbricato sono riconducibili alla categoria delle difformità e dei vizi di cui all'art. 1667 c.c., la relativa azione, di natura contrattuale, spetta soltanto al committente e non all'amministratore del condominio (Cass. II, n. 11034/2022). Qualora, pertanto, il condominio non sia stato committente dell'opera deve escludersi la legittimazione dell'amministratore al suo esercizio (Cass. II, n. 3040/2009). Secondo l'orientamento in commento, l'amministratore non è legittimato all'esperimento dell'azione ex art. 1669 c.c. con riferimento a danni che interessino specificamente unità immobiliari in proprietà esclusiva (Cass. II, n. 217/2015).

Responsabilità del progettista e direttore dei lavori

L'azione può essere esercitata anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l'esecuzione dell'opera, sì da rendere l'appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini (Trib. Padova 5 maggio 2016). Invero, secondo la Suprema Corte, sono tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio: l'art. 1669 c.c. presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l'appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato, ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione dell'opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell'evento dannoso (Cass. II, n. 8700/2016).

Le attività dell'appaltatore e del direttore dei lavori, pur avendo contratti di diversa natura, possono concorrere alla produzione del danno, con la conseguenza che entrambi i soggetti (indipendentemente dalla graduazione delle rispettive colpe nei rapporti interni) sono tenuti a risarcire integralmente i danneggiati in condominio. Non si sottrae, dunque, a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni all'uopo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e di riferirne al committente (Trib. Santa Maria Capua Vetere 19 marzo 2024, n. 1166).

Danni e vizi relativi alle sole unità di proprietà esclusiva con esclusione di litisconsorzio

Qualora i vizi di costruzione di un edificio in condominio riguardino soltanto alcuni appartamenti e non anche le parti comuni, l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore-costruttore, exartt. 1669 e 2058 c.c., ha natura personale e può essere esercitata da qualsiasi titolare del bene oggetto della garanzia, senza necessità che al giudizio partecipino gli altri comproprietari. Tale azione va proposta, peraltro, esclusivamente dai proprietari delle unità danneggiate, non sussistendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condomini, ancorché possa insorgere, in sede di esecuzione ed in modo riflesso, un'interferenza tra il diritto al risarcimento del danno in forma specifica riconosciuto in sentenza ed i diritti degli altri condomini, dovendo i danneggiati procurarsi il consenso di questi ultimi per procedere, nella proprietà comune, ai lavori necessari ad eliminare i difetti, giacché tale condizionamento dell'eseguibilità della pronuncia costituisce soltanto un limite intrinseco della stessa, che non cessa comunque di costituire un risultato giuridicamente apprezzabile (Cass. II, n. 6192/2021).

Condomini danneggiati dai lavori sulle parti comuni dell'edificio

Nei confronti dei terzi danneggiati dall'esecuzione di opere effettuate in forza di un contratto di appalto, il committente è sempre gravato dalla responsabilità oggettiva di cui all'art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell'immobile all'appaltatore ai fini dell'esecuzione delle opere stesse con l'unica eccezione del caso fortuito. Ed invero, per consolidata ed univoca giurisprudenza, il condominio risponde dei danni per umidità e infiltrazioni nell'appartamento di proprietà esclusiva, causate dai lavori su parti comuni dell'edificio, commissionati alla ditta dall'assemblea condominiale. L'appalto dei lavori di manutenzione sulle parti comuni ad una ditta esterna, infatti, non fa venire meno gli obblighi di custodia e vigilanza sulle parti comuni del condominio soggetto “custode delle parti comuni”, il quale è chiamato a rispondere dei danni ai sensi dell'art. 2051 c.c., al posto della ditta appaltatrice o in solido con essa, a meno che non provi la sussistenza del caso fortuito (Trib. Salerno 16 aprile 2024, n. 2040).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore pro-tempore del condominio chiede al costruttore dell'edificio l'eliminazione dei gravi difetti riscontrati, in quanto pregiudizievoli – in misura apprezzabile – nel godimento dell'intero stabile, avvisandolo che, decorsi quindici giorni dal ricevimento della comunicazione inoltrata via pec, provvederà ad evocarlo in giudizio per conseguirne l'eliminazione, unitamente al risarcimento dei danni correlati ex art. 1669 c.c., con possibile aggravio di costi.

Funzione e natura del giudizio

È un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, instaurato dall'amministratore pro-tempore del condominio che lamenta i gravi difetti di costruzione all'intero immobile, ed in tale ottica, invoca la correlata responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore, al fine di conseguirne la condanna, a seguito dell'accertata responsabilità produttiva dei vizi anzidetti e, per l'effetto, al pagamento di tutte le spese occorrenti per la loro integrale eliminazione ed il conseguenziale risarcimento di tutti i danni occorsi a parte attrice.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente dal legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in àmbito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso dell'atto di citazione spiccato dall'amministratore pro-tempore del condominio per conseguire la condanna ex art. 1669 c.c. del costruttore dell'edificio, previo accertamento della sua responsabilità in ordine all'esistenza dei gravi difetti di costruzione del fabbricato, al fine di eliminarne i vizi riscontrati e statuire sull'eventuale risarcimento di tutti i danni occorsi.

Legittimazione

La legittimazione attiva spetta all'amministratore pro-tempore del condominio nel proporre l'azione di natura extracontrattuale ex art. 1669 c.c. siccome intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi, con il determinare un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento di tutti i danni, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto.

Profili di merito

Onere della prova

L'amministratore pro-tempore del condominio, in qualità di attore, deve dimostrare la responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore in ordine ai gravi difetti di costruzione dell'edificio riscontrati, e dunque, per l'effetto, l'esistenza dei presupposti legittimanti la sua condanna all'eliminazione dei vizi anzidetti, ed al conseguenziale risarcimento di tutti i danni occorsi alla stessa parte attrice. I gravi difetti che, a norma dell'art. 1669, c.c., legittimano il condominio-committente all'azione di responsabilità extracontrattuale possono consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata, incidono negativamente ed in modo considerevole sul godimento di essa. In tale ottica, la qualificazione del vizio come grave, ai fini della responsabilità ex art. 1669 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass. II, n. 5648/2024).

Contenuto dell'atto di citazione

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del costruttore dell'edificio condominiale – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e, dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al singolo convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte istante dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate alla condanna della singola parte convenuta.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – al costruttore dell'edificio condominiale.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione alla parte convenuta, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

L'amministratore pro-tempore del condominio istante – premessa la richiesta di interrogatorio formale della parte convenuta su circostanze volte a comprovare l'esistenza dei fatti oggetto della richiesta risarcitoria, e sulle stesse circostanze capitolate, la prova testimoniale a mezzo di persone in grado di riferire sui medesimi fatti, come ad esempio periti tecnici di parte, interessati in precedenza per tentare di individuare in loco le cause dei gravi difetti di costruzione – ha l'onere di chiedere l'ammissione di una c.t.u. teleologicamente orientata ad accertare il rapporto di causa-effetto dei vizi riscontrati all'intero immobile, e dunque, se quest'ultimi siano ascrivibili alla responsabilità del costruttore, scaturente ai sensi e gli effetti di cui all'art. 1669 c.c.

La domanda di c.t.u., in quanto mezzo istruttorio, deve anche contenere la richiesta di quantificazione di tutti i danni occorsi alla parte istante, prevedendo altresì le lavorazioni ed i costi occorrenti per l'integrale eliminazione delle cause produttive dei gravi difetti di costruzione.

4. Conclusioni

La legittimazione dell'amministratore a proporre l'azione di natura extracontrattuale ex art. 1669 c.p.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, sussiste nel caso in cui questi, con il determinare un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass. II, n. 7875/2021; Cass. II, n. 2436/2018; Cass. II, n. 3040/2009; Cass. II, n. 3146/1998; Cass. II, n. 5613/1996; Cass. II, n. 3366/1995).

Diversamente, se invece i difetti del fabbricato sono riconducibili alla categoria delle difformità e dei vizi di cui all'art. 1667 c.c., la relativa azione, di natura contrattuale, spetta soltanto al committente e non all'amministratore del condominio.

Va opportunamente precisato che la denunzia dei vizi di cui all'art. 1669 c.c. è a forma libera ed è valida anche se manifestata oralmente, salvo l'onere del denunziante di provarne la tempestività. Pertanto, la denunzia dei difetti al costruttore non necessita di giungere all'indirizzo del destinatario in forma scritta per presumersi da questi conosciuta, potendo anche essere inoltrata oralmente (Cass. II, n. 10380/2024).

Ciò premesso, sul piano della legittimazione ad agire, va detto che in tema di condominio, l'art. 1130, n. 4), c.c., che attribuisce all'amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi alla parte comune, l'amministratore ha il potere - dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130 n. 4), c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass. II, n. 10380/2024).

Come ha precisato la Suprema (Cass. II, n. 7875/2021, cit.), non si pongono in contrasto con l'orientamento qui ribadito i precedenti di legittimità che, altrimenti, postulano la necessità di un apposito mandato rappresentativo conferito all'amministratore dai singoli condomini per le azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente, relative ai danni subiti nelle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva, allorché si tratti non di eliminare le cause o di condannare il costruttore alle spese per l'eliminazione di pregiudizi afferenti ad un tempo, sia le parti comuni dell'immobile che, di riflesso, quelle costituenti proprietà esclusiva, quanto di fare valere diritti di credito ben distinti ed individuabili, la cui tutela perciò ecceda dalle finalità conservative dell'unitario fabbricato (Cass. II, n. 22656/2010, di recente richiamata da Cass. II, n. 3846/2020).

Promossa l'azione ex art. 1669 c.c. per gravi difetti dell'opera, è possibile integrare la domanda iniziale e chiedere il risarcimento del danno anche per difetti costruttivi ulteriori rispetto a quelli allegati con la citazione introduttiva, purché la relativa deduzione avvenga nel termine, di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., per la precisazione o la modificazione della domanda e delle conclusioni già proposte.

Infatti, con specifico riferimento in tema di appalto, all'azione proposta dal committente per difformità e vizi dell'opera, la giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 14815/2018) ha chiarito che la mera indicazione di ulteriori vizi della cosa appaltata rispetto a quelli indicati in citazione non integra una modifica inammissibile del petitum o della causa petendi, ove dedotta nel termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c., permanendo un chiaro e stabile collegamento con la questione concreta oggetto del contendere.

In generale, la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa – petitum e causa petendi – sempre che la domanda così modificata risulti, comunque, connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, per ciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali (Cass. S.U., n. 22404/2018; Cass. S.U., n. 12310/2015).

L'ampliamento della domanda è invece ammissibile, anche laddove intervenuto dopo la scadenza dei termini di cui al citato art. 183 c.p.c., soltanto al ricorrere di una precisa condizione: che si tratti di nuovi vizi e difetti manifestatisi una volta superata la barriera delle preclusioni.

Infatti, ove gli ulteriori difetti compaiono soltanto successivamente alla scadenza dei termini dell'art. 183, comma 6, c.p.c., l'attore è nell'impossibilità di prospettare la richiesta ampliativa nel rispetto dei termini fissati dal codice di procedura civile.

In tale situazione, può allora intervenire in soccorso l'istituto della rimessione in termini, il quale – prestandosi ad essere utilizzato in tutte le situazioni nelle quali il mancato rispetto di un termine perentorio o comunque il tardivo compimento di attività soggette a preclusione possa considerarsi lato sensu giustificato o quanto meno scusabile – è suscettibile di comprendere nel suo àmbito la deduzione che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano manifestati nuovi gravi vizi o difetti costruttivi, ulteriori rispetto a quelli descritti con l'atto introduttivo. La giurisprudenza di legittimità ha del resto già chiarito (Cass. VI/III, n. 25631/2018) che, in tema di risarcimento dei danni, il principio generale della immodificabilità della domanda originariamente proposta è derogabile non solo nel caso di riduzione della domanda o nel caso di danni incrementali, quando il danno originariamente dedotto in giudizio si sia ulteriormente incrementato nel corso dello stesso, ferma l'identità del fatto generatore, ma anche, appunto, nel caso di fatti sopravvenuti, quando l'attore deduca che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano verificati ulteriori danni, anche di natura diversa da quelli descritti con l'atto introduttivo.

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