Mancato rispetto delle distanze nell'apposizione della tettoia1. Bussole di inquadramentoLa realizzazione della tettoia La tettoia svolge la funzione di copertura dagli agenti atmosferici del sottostante spazio aperto, spesso per proteggere oggetti o veicoli. È un elemento edilizio che spesso consistente in una copertura sostenuta da pilastri distanziati tra loro, priva di pareti o tamponature. Questa configurazione la fa apparire come una opera modesta, o perfino precaria. La definizione è inserita nel Regolamento edilizio tipo nazionale Allegato A, voce n. 41 (art. 4, comma 1-sexies, d.P.R. n. 380/2001), precisando la tettoia come elemento edilizio di copertura di uno spazio aperto sostenuto da una struttura discontinua, adibita ad usi accessori oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali. La tettoia deve essere totalmente o prevalentemente priva di tamponamenti esterni. La tettoia può essere: libera su tutti i lati; libera su due o tre lati e, per i restanti, posta in aderenza ad un fabbricato principale, dal quale può avere anche accesso diretto. La realizzazione della tettoia comporta nuova costruzione ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e.1) del d.P.R. n. 380/2001, fermo restando le opere pertinenziali disciplinate dal successivo punto e.6). Inoltre, le sue caratteristiche di non amovibilità o stagionalità fanno rientrare la tettoia tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, i quali sono subordinati a permesso di costruire (art. 10, comma 1, d.P.R. n. 380/2001). Difatti, secondo i giudici amministrativi non è riconducibile alla nozione di pergolato la struttura non avente funzione ornamentale ma di sostanziale tettoia, costituita da pilastri e travi in legno di importanti dimensioni e stabilmente ancorata alle parti murarie, tale da presentarsi come costruzione solida e robusta, idonea ad una permanenza prolungata nel tempo, che, dunque, richiede il permesso di costruire (T.A.R. Napoli 7 settembre 2018). La tettoia in condominio In base all'art. 1102 c.c., il singolo condomino ha il diritto ad un uso più intenso del bene comune, anche se si tratta di appoggiare al muro propri manufatti. L'eventuale mancata autorizzazione comunale ai lavori, poi, è questione che riguarda sempre e solo il proprietario e non il condominio, dal momento che si tratta di proprietà privata. Invero, secondo i criteri stabiliti nel primo comma dell'art. 1102 c.c., lo sfruttamento esclusivo del bene, da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri, non è riconducibile alla facoltà di ciascun condomino di trarre dal bene comune la più intesa utilizzazione, ma ne integra un uso illegittimo in quanto il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (Cass. II, n. 17208/2008: nella fattispecie, la Corte ha escluso la legittimità dell'installazione e utilizzazione esclusiva, da parte di un condomino titolare di un esercizio commerciale, di fioriere, tavolini, sedie e di una struttura tubolare con annesso tendone Inoltre, la costruzione da parte di uno dei condomini di una tettoia a copertura di alcuni posti auto e di una scala siti all'interno della sua proprietà esclusiva non integra violazione delle norme che regolamentano l'uso della cosa comune, neppure se essa sia ancorata al muro perimetrale comune, se la costruzione della tettoia non contrasti con la destinazione del muro e non impedisca agli altri condomini di farne uso secondo la sua destinazione (Cass. II, n. 7870/2021). La tettoia, tuttavia, non può incidere negativamente sull'esercizio del diritto di veduta, comportando un ostacolo alla fruizione di aria e luce. Infatti, il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare, dalle proprie aperture, la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi, conseguentemente, alla costruzione di altro condomino, che, direttamente o indirettamente, pregiudichi l'esercizio di tale suo diritto (Cass. II, n. 5732/2019). Distanza delle costruzioni dalle vedute La disciplina di cui all'art. 907 c.c., relativa alla distanza delle costruzioni dalle vedute, ha natura giuridica, presupposti di fatto e contenuto precettivo diversi da quelli relativi alla distanza tra le costruzioni al diverso fine di evitare la formazione di intercapedini dannose. Invero, la violazione del diritto di veduta del proprietario di un'unità immobiliare si determina quando viene realizzata una costruzione, a distanza inferiore da quella prevista dalla legge, di qualsiasi materiale e forma, idonea ad ostacolare stabilmente l'esercizio della inspectio e della prospectio nonché di godere di luce ed aria dalla veduta. Le norme sulle distanze delle costruzioni dalle vedute devono essere osservate anche nei rapporti tra condomini di un edificio, in quanto l'art. 1102 c.c. non deroga al disposto dell'art. 907 c.c. In tema di condominio negli edifici, pertanto, la realizzazione di una tettoia insistente sul terrazzo di proprietà esclusiva deve rispettare la distanza di tre metri dalle vedute degli altri appartamenti, in applicazione del sopracitato art. 907 c.c., non ponendosi alcuna questione di compatibilità tra la disciplina sulle distanze e quella sull'uso della cosa comune, ex art. 1102 c.c., giacché la tettoia insiste su un'area di proprietà esclusiva e non condominiale ed essendo i rapporti tra proprietà individuali e beni comuni finitimi disciplinati dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue o asservite (Cass. II, n. 17216/2020). Inoltre, il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda (ad esempio), elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, è soggetto alla normativa sulle distanze di cui all'art. 907 c.c. quando la costruzione insista su altra area del terrazzo non ricadente in quella del sovrastante balcone, mentre non è tenuto ad analogo rispetto qualora la veranda insista esattamente nell'area del balcone senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario sovrastante. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Il proprietario del piano inferiore può posizionare la tettoia sul frontalino del balcone del condomino del piano sovrastante?
Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa all'uso delle cose comuni In materia di distanze, l'art. 907 c.c., impone la distanza minima di tre metri delle “costruzioni” dalle vedute. Ai fini dell'anzidetta norma, costituisce “costruzione” qualsiasi opera di qualsiasi natura che si elevi stabilmente dal suolo e che ostacoli l'esercizio della veduta (Trib. Roma 27 gennaio 2021). Le norme sulle distanze, volte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche ai condomini di un edificio condominiale, a condizione che siano compatibili con la disciplina speciale relativa alle cose comuni; in ipotesi di contrasto, prevale la norma speciale in materia di condominio e determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà previsti da tale ultima disciplina siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. Ne discende che, ove il giudice accerti, con riguardo alla cosa comune, il rispetto dei limiti dettati dalla citata norma e della struttura dell'edificio condominiale, deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza l'esatta osservanza delle norme dettate in materia di distanze; queste ultime, infatti, come detto, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa all'uso delle cose comuni, prevalendo, in ipotesi di contrasto, la disciplina speciale (Trib. Firenze 20 dicembre 2022: nel caso di specie, la condomina attrice aveva agito nei confronti della condomina convenuta al fine di sentir accertare e dichiarare la lesione del proprio diritto di proprietà a causa di una costruzione eseguita da quest'ultima in violazione delle distanze dettate dagli artt. 873,905 e 907 c.c.; in tal caso, il giudice adìto ha rigettato la domanda in quanto, non essendo stata allegata né provata la violazione di alcuno dei criteri posti dall'art. 1102 c.c. ma solo della normativa stabilita in materia di distanze, l'opera realizzata doveva di conseguenza ritenersi legittima). Pertanto, ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza osservare le norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue sempre che venga rispettata la struttura dell'edificio condominiale (Cass. II, n. 30528/2017). Veduta in appiombo o verticale esercitabile dalle aperture dei singoli appartamenti condominiali Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l'art. 907 c.c. il bilanciamento tra l'interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita (Cass. II, n. 31640/2021; Cass. II, n. 5732/2019). La costruzione realizzata in violazione delle distanze legali integra una turbativa del possesso avverso cui è esperibile azione di manutenzione, la quale consente di ordinare la demolizione (Trib. Termini Imerese 18 giugno 2022). Nulla la delibera che approva la realizzazione della tettoia di un condomino in violazione delle distanze La tettoia costituisce una nuova costruzione e, laddove sia realizzata in aderenza al muro portante di altro condominio ed al muro portante del fabbricato, in tal guisa togliendo luce ed aria alla finestra del vicino, sussiste la violazione della normativa sulle distanze legali (App. Roma 4 aprile 2022). Dunque, è affetta da nullità, avendo un oggetto illecito, la delibera assembleare che approvi a maggioranza la realizzazione su area di proprietà comune da parte di un condomino di una tettoia in violazione delle distanze minime previste dal regolamento regionale (Trib. Terni 22 settembre 2021). Illegittima l'installazione di tettoia ancorata al frontalino del balcone del piano sovrastante La disposizione di cui all'art. 907 c.c., in materia di acquisto del diritto di avere vedute dirette verso il fondo del vicino, deve ritenersi applicabile anche tra proprietà individuali collocate in un unico edificio, dovendosi tenere ben distinti, in ambito condominiale, i rapporti tra parti comuni e proprietà esclusive, assoggettati alla normativa di cui agli artt. 1102 e 1122 c.c. e i rapporti tra proprietà esclusive tra loro. Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale, invero, ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi l'esercizio di tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino (Trib. Roma 26 settembre 2018: nel caso concreto le tettoie, sia quella installata sulla parete condominiale, sia quella installata direttamente sul frontalino del balcone, sono fonte di pregiudizio per il vicino, e non solo per la netta limitazione della veduta, giacché per la loro stessa conformazione, costituiscono potenziale ricettacolo di polvere, sporcizia ed appoggio per volatili). Pertanto, la realizzazione di una tettoia insistente sul terrazzo di proprietà esclusiva deve rispettare la distanza di tre metri dalle vedute degli altri appartamenti (Trib. Potenza 14 dicembre 2022: il proprietario di un alloggio posto al secondo piano di un plesso condominiale adiva l'autorità giudiziaria deducendo che al piano sottostante due coniugi avevano installato, senza dotarsi di alcuna autorizzazione, una tettoia sul proprio terrazzo a livello; la tettoia, aderendo alla soletta del sovrastante balcone attoreo, impediva la veduta in appiombo violando le distanze previste dall'art. 907 c.c. motivo per il quale era stata chiesta la rimozione). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Un condomino, lamentandosi dell'illegittimo ancoraggio al frontalino del proprio balcone aggettante di una tettoia appartenente al condomino del piano di sopra, lo avvisa che è tenuto a rimuovere il manufatto, attesa la violazione delle distanze previste dall'art. 907 c.c., poiché in difetto, sarà costretto a promuovere ricorso per la manutenzione nel possesso con possibile aggravio di spese. Funzione e natura del giudizio È un rimedio processuale avente ad oggetto specifico la tutela del possesso, proposto da un condomino per l'illegittimo ancoraggio al frontalino del proprio balcone aggettante di una tettoia appartenente al condomino del piano di sopra, in violazione della distanza legale ex art. 907 c.c. per conseguire l'immediata cessazione della molestia nel possesso. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 28/2010 non si applica nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice, e, in generale, per quelle di valore indeterminabile. Legittimazione Il condomino proprietario del balcone aggettante al cui frontalino è ancorata la tettoia appartenente al condomino del piano di sopra, in violazione della distanza legale ex art. 907 c.c. è legittimato a proporre l'azione per la manutenzione del possesso nei confronti di quest'ultimo per fare cessare la relativa molestia. Profili di merito Onere della prova Il condomino proprietario del balcone aggettante al cui frontalino è ancorata la tettoia appartenente al condomino del piano di sopra, ad una distanza inferiore a quella legale, deve provare che il condomino nei cui confronti agisce è il proprietario del manufatto anzidetto. Il medesimo ricorrente deve, altresì, allegare in atti di causa, la prova costituente la turbativa del possesso a giustificazione del ricorso all'azione di manutenzione. Contenuto del ricorso per la manutenzione del possesso La domanda cautelare proposta per la manutenzione del possesso assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dettagliata dei fatti integranti la turbativa del possesso. In particolare, nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto d'indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata come peraltro esige la recente riforma del processo civile, e, dall'altro, va specificato in cosa consiste la dedotta turbativa del possesso per il ricorrente, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adito potrebbe concedere la richiesta tutela possessoria. Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente. Richieste istruttorie Il condomino ricorrente, unitamente alla produzione di materiale fotografico, può chiedere l'assunzione di informatori in persona dei condomini dello stabile condominiale, al fine di provare il fatto costituente la dedotta turbativa del possesso, e di conseguenza, la richiesta di immediata rimozione dell'altrui tettoia ancorata al frontalino del proprio balcone aggettante ad una distanza inferiore a quella legale, di proprietà del condomino evocato in giudizio, la quale, costituisce una molestia al possesso arrecata al bene del ricorrente. Lo stesso ricorrente deve allegare la natura dell'area interessata dall'azione di manutenzione del possesso, a tale fine, producendo la relativa documentazione. 4. ConclusioniIl balcone aggettante, non svolgendo funzione portante, non va annoverato tra le parti comuni dell'edificio anche se inserito nella facciata, poiché forma parte integrante dell'appartamento cui accede. Da ciò consegue che il vicino del piano di sotto può ancorare al balcone del piano di sopra la propria tenda da sole solo chiedendo prima l'autorizzazione al condomino titolare di quest'ultimo immobile. Ciò posto, l'animus turbandi per l'esperibilità dell'azione di manutenzione del possesso di un immobile per effetto della molestia relativa alla violazione delle distanze legali, deve presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto (Cass. II, n. 3901/2017). Con specifico riguardo alle installazioni effettuate sul frontalino del balcone, esse sono illegittime anche, e soprattutto, perché lo stesso frontalino è da ritenersi di proprietà esclusiva del condomino del balcone aggettante, atteso che quest'ultimo sporgendo dalla facciata dell'edificio, costituisce solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protende e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell'edificio non può considerarsi a servizio del piano sovrapposto e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani, ragione per cui ad essi non può applicarsi il disposto dell'art. 1125 c.c. Ciò ha consentito alla giurisprudenza di legittimità di escludere che il proprietario dell'appartamento sito al piano inferiore possa agganciare le tende alla soletta del balcone aggettante sovrastante, se non con il consenso del proprietario del corrispondente appartamento (Cass. II, n. 15913/2007). I frontalini del balcone, dunque, sono da ritenersi di proprietà esclusiva del condomino del balcone aggettante ed il condomino del piano sovrastante deve conseguentemente rimuovere tutto ciò che vi ha installato senza il consenso dell'avente diritto – nella fattispecie esaminata nel presente scenario, la tettoia – compiendo un'attività che configura spoglio, più che semplice molestia possessoria, per effetto del quale, deve pertanto ordinarsi al medesimo di rimuovere la tettoia agganciata al frontalino del balcone dell'appartamento di proprietà altrui ripristinando lo status quo ante. |