Defecazione del cane nel giardino1. Bussole di inquadramentoIl giardino condominiale L'art. 1117 c.c. riporta i cortili nell'elenco delle parti comuni, ricomprendendo estensivamente anche i giardini. Nonostante la citata disposizione, tuttavia, i giardini non dovrebbero rientrare necessariamente nell'elenco delle parti comuni indicate dalla legge; lo diventano solo quando sono così identificati nel regolamento di condominio oppure nei singoli atti di acquisto. In mancanza di espresso riferimento, il giardino spetta a chi ne ha effettivamente la disponibilità, o al condomino a cui è attribuito come pertinenza della sua singola proprietà. Il giardino ha la funzione di dare aria e luce alle unità abitative, è ornamentale, abbellisce l'ambiente, decora i palazzi imprimendo all'intero complesso condominiale un aspetto più gradevole, con conseguente rivalutazione anche dei singoli appartamenti che lo compongono. In base all'art. 1102 c.c., ogni condomino, salvo se riportato diversamente dal regolamento, può utilizzare il cortile e il giardino condominiale nel modo che ritiene più opportuno, purché non ne alteri la destinazione d'uso e purché non infranga il diritto degli altri condomini. Sotto tale profilo, nulla vieta di destinare parte del giardino comune per il gioco dei bambini, non essendo ciò in contrasto con la sua tipica destinazione, quand'anche richiamata in un regolamento contrattuale: l'importante è che l'assemblea si preoccupi di disciplinarne il funzionamento, gli orari e quant'altro, così da impedire che si arrechi pregiudizio alla quiete dei condomini. Quindi, tutti i condomini sono tenuti a partecipare alle spese per la manutenzione e per l'illuminazione del giardino condominiale, stante l'innegabile maggior pregio che da esso deriva a tutte le singole unità immobiliari site nel condominio. Le opere relative all'abbellimento e alla sistemazione di esso, ivi compresa la pavimentazione dei vialetti che portano ad uno o più fabbricati, costituiscono normali interventi di miglioria e di ordinaria manutenzione di una parte comune. La relativa spesa va pertanto suddivisa tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso criterio stabilito nel regolamento condominiale. La presenza di animali nel giardino condominiale Molti contesti condominiali godono di un cortile o di un giardino di proprietà del condominio. Si può pensare che siano l'ideale per lasciarvi liberi i cani, perché possano correre e divertirsi almeno per un po'. In realtà, invece, non è sempre possibile farlo in quanto è probabile che il regolamento vieti la presenza di animali nelle aree verdi interne del condominio, giardino o cortile che sia. Ma, anche se uno specifico divieto di questo tipo non ci fosse, bisogna tenere presente che cortili e i giardini condominiali sono aree che appartengono a tutti i condomini, i quali condividono il diritto di usufruirne così come quello di sostenere gli oneri di manutenzione. Per questi motivi, non è possibile lasciare circolare i cani liberamente. Alcune persone potrebbero esserne spaventate o provare disagio e sentirsi, quindi, inibite dal frequentare il cortile o il giardino ed essere, così, spogliate di un proprio diritto. Per quanto riguarda la presenza di animali, inoltre, bisogna fare riferimento al regolamento di polizia veterinaria e alle più recenti ordinanze ministeriali per la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani, le quali impongono l'uso del guinzaglio e l'obbligo di munirsi di museruola da applicare all'animale in caso di necessità o in caso ciò venga richiesto dalle autorità. Il cane, dunque, dovrebbe sempre essere legato, per garantirne il controllo costante e per evitare che “invada” aree che gli sono precluse oppure che si avvicini troppo a chi non ne gradisce la presenza. Un'altra buona norma da rispettare obbligatoriamente è raccogliere le deiezioni dei cani e mantenere la pulizia dei luoghi. Questo, al fine di tutelare l'igiene pubblica e il decoro dell'ambiente. Per un cane, infatti, l'espletamento delle necessità fisiologiche è un istinto che non può essere ostacolato. Però, il proprietario ha il dovere di non lasciare a terra gli escrementi del suo cane, portando sempre con sé il necessario. Del resto, è un dato di comune esperienza che gli animali (nella specie, cani) non esplicano i propri bisogni fisiologici all'interno degli appartamenti o degli altri luoghi chiusi di privata dimora, con la conseguenza che i possessori dei predetti animali si vedono necessitati in altri spazi con tali finalità. I proprietari degli animali, per evitare una condanna (civile e/o penale), oltre a buste, palette e guinzaglio, dovranno attrezzarsi anche con una bottiglietta d'acqua e soprattutto con una buona dose di civiltà. Immissioni moleste e emissioni pericolose Preliminarmente, in tema di odori sgradevoli, nell'àmbito della disciplina a tutela del bene comune devono essere ricordate anche due norme codicistiche che mirano a proteggere la salute dei cittadini nel loro complesso (art. 674 c.p.) o nei loro rapporti interpersonali (art. 844 c.c.) ed “indirettamente” la risorsa aria, in maniera del tutto concorsuale e non alternativa alle leggi speciali. In tema, possiamo classificare le “immissioni” moleste, ai sensi dell'art. 844 c.c., nel senso di un livello di “inquinamento” percepito e non assoluto (inquinamento a valle e non alla fonte); trattasi, dunque, di norma che sostanzialmente garantisce, ma solo a certe condizioni, la possibilità di impedire la manifestazione di certe molestie o di certi disturbi. Diversamente, il getto di “emissioni” pericolose ex art. 674 c.p. riguarda la fattispecie penale secondo cui chiunque nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a 206 euro. Quest'ultima norma è diretta a tutelare l'ordine pubblico, preservando nello specifico la sicurezza e la tranquillità dei consociati. Responsabilità dei condomini in caso di odori sgradevoli in condominio La previsione contenuta all'art. 844 c.c. – per cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi – trova applicazione anche in materia condominiale, allorché un condomino, nel godimento della proprietà comune ovvero di quella esclusiva, dia luogo ad immissioni moleste e dannose per le singole proprietà condominiali appartenenti agli altri comproprietari. Si è, invece, al di fuori della tematica riferibile in senso stretto alle immissioni allorquando, pur in presenza di attività che determini l'espansione di fumo, calore, rumore ovvero altre propagazioni simili, l'oggetto del giudizio non concerna il superamento – o meno – della normale tollerabilità quanto, piuttosto, l'opponibilità della clausola di un regolamento condominiale. Difatti, in tal caso, è possibile invocare a sostegno dell'obbligazione di non facere, non già la norma codicistica sulle immissioni, quanto il rispetto della (eventualmente più rigorosa) previsione regolamentare. Ebbene, in materia di immissioni eccedenti la normale tollerabilità sorgono a favore del proprietario del fondo immesso due distinte azioni: una (ex art. 844 c.c.) diretta alla rimozione della causa delle immissioni ha carattere reale e rientra nello schema della negatoria; l'altra, di carattere personale, rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 c.c., che può essere proposta anche cumulativamente con l'azione ex art. 844 c.c. (Trib. Venezia 27 luglio 2007). Quanto agli aspetti penali, sono stati condannati alcuni condomini per aver superato il criterio della normale tollerabilità per l'eccessiva puzza di fritto in condominio. In questo caso, i proprietari di un appartamento sono stati accusati dai condomini residenti al terzo piano di aver provocato continue immissioni di fumi, odori e rumori molesti dalla loro cucina. Confermando le decisioni dei primi due gradi di giudizio, la Cassazione penale (Cass. pen. III, 14467/2017) ha condannato gli imputati, dichiarandoli colpevoli di getto pericoloso di cose, respingendo l'argomentazione dei ricorrenti in base alla quale tale norma non sarebbe estensibile agli odori. I giudici hanno, quindi, deciso che la contravvenzione prevista dall'art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di molestie olfattive a prescindere dal soggetto emittente con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali tutele sono configurabili in capo ai condomini in caso di odori sgradevoli provenienti dagli escrementi lasciati dagli animali negli spazi condominiali?
Immissioni intollerabili in condominio La disposizione dell'art. 844 c.c. è applicabile anche negli edifici in condominio nell'ipotesi in cui un condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Pertanto, nel contesto condominiale, al fine di accertare la concreta sussistenza dell'effetto lesivo dell'immissione, la valutazione della “normale tollerabilità” deve tenere conto, caso per caso, sia della peculiarità dei rapporti condominiali. Invero, un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma codicistica sulle immissioni impone al giudice di considerare prevalente la tutela della qualità della vita e della salute, nel contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, indipendentemente dalla priorità di un determinato uso (Cass. III, n. 8420/2006: nella specie è stata confermata la decisione di merito che aveva inibito la prosecuzione di un'attività produttiva preesistente, poiché nociva per la salute dei vicini dell'azienda nella quale la produzione avicola si era svolta senza la predisposizione di misure di cautela idonee ad evitare o limitare l'inquinamento atmosferico). Tutela penale da odori nauseabondi e condizioni igieniche precarie La contravvenzione ex art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di emissioni moleste olfattive che superino il limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. Non è richiesto che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea a molestare le persone. Inoltre, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive od in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti (Cass. III, n. 8420/2006: tale contravvenzione, ad esempio, sussiste a fronte delle esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, gabbie o promananti da escrementi di animali in numero rilevante o quelle dovute alla presenza di numerosi cani tenuti in condizioni di sporcizia). In tal caso, dunque, deve essere riconosciuta la responsabilità ex art. 674 c.p. nei confronti dell'imputato che, non provvedendo ad adeguata pulizia dei recinti in cui custodisce i propri cani e dell'area cortiliva circostante, mantenendovi a lungo le deiezioni degli animali, provoca esalazioni maleodoranti idonee a provocare molestie ai condomini di un confinante condominio (Cass. pen. VI, n. 2267/2015). La contravvenzione prevista dall'art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di molestie olfattive con la specificazione che quando non esista una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, condizione nella specie sussistente, al criterio della normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c., il quale, comunque, costituisce un referente normativo, per il cui accertamento non è certo necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento, come avvenuto nel caso di specie, su elementi probatori di diversa natura e dunque, anche ricorrendo alle sole dichiarazioni testimoniali dei confinanti (Cass. pen. III, n. 45230/2014: il reato previsto dall'art. 674 c.p. è integrato dalle esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, gabbie o promananti da escrementi di animali in numero rilevante o quelle dovute alla presenza di numerosi cani tenuti in condizioni di sporcizia). Di conseguenza, l'azione di un cane che – condotto dal proprietario – imbratti con urina la facciata di un edificio va qualificata, in assenza di elementi che denotino una volontà di segno contrario, come attività di malgoverno del rischio stesso, dipendente da disattenzione, sciatteria o, più semplicemente da imperizia nella conduzione dell'animale, situazione comunque riconducibile alla sfera della colpa, ma non certo del dolo, neppure nella forma di quello eventuale (Cass. pen. II, n. 7082/2015). In conclusione, anche in àmbito diverso dal condominio, si osserva anche che le esalazioni maleodoranti, provenienti da luoghi in cui sono ricoverati animali in numero rilevante e promananti da escrementi prodotti dagli stessi, costituiscono offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio per il tranquillo svolgimento della loro vita di relazione, sì da concretizzare quelle molestie di cui è cenno nell'art. 674 c.p., di guisa che tale tipo di condotta è penalmente sanzionato dalla predetta norma (Cass. pen. III, n. 49298/2012). Tutela civile da esalazioni degli escrementi e dell'urina dei cani in condominio Nel momento in cui la situazione diventa intollerabile, i condomini che non possono utilizzare il cortile comune e sono costretti a convivere con odori nauseabondi e condizioni igieniche precarie, possono adire il giudice. Difatti, la detenzione di un animale può integrare in astratto la fattispecie di cui all'art. 844 c.c., in quanto tale norma, interpretata estensivamente, è suscettibile di trovare applicazione in tutte le ipotesi di immissione che abbiano carattere materiale, mediato o indiretto e provochino una situazione di intollerabilità attuale (Trib. Piacenza 10 aprile 1990). In tal caso, inoltre, la responsabilità del proprietario di cui all'art. 2052 c.c. è fondata su una presunzione assoluta di colpa nella custodia dell'animale: ne consegue che si deve necessariamente intendere per utente responsabile chi ha sull'animale quel potere fisico che gliene consente la vigilanza (Trib. Fermo 10 giugno 1960). Uso e custodia sono quindi elementi inscindibili poiché chi, in virtù dell'uso, ha un potere sull'animale non può in nessun modo sottrarsi all'obbligo di custodirlo, e viceversa, chi lo custodisce ha il governo di esso (Trib. Parma 28 maggio 1956). In quest'ottica, una pronuncia di merito ha ritenuto il condominio responsabile, a norma dell'art. 2043 c.c. per non aver inibito la condotta illecita del condomino proprietario del cane, del danno alla tranquillità e delle conseguenze sulla qualità della vita, conseguenti alle esalazioni degli escrementi e dell'urina (Trib. Bari 12 aprile 2006: nella fattispecie, la parte attorea non ha ritenuto di convenire in giudizio il padrone dell'animale, bensì il condominio, a suo dire responsabile di non aver impedito la condotta illecita del condomino). Con altro provvedimento, i giudici hanno sottolineato che la mancata condanna penale del proprietario degli animali non impedisce al giudice civile di riconoscere (comunque) il risarcimento del danno non patrimoniale a favore dei danneggiati, quando la condotta del proprietario dei cani è idonea a configurare tutti gli elementi del reato – nel caso di specie – quello previsto dall'art. 674 c.p. (Trib. Parma 5 settembre 2018: in tal vicenda, gli animali provocavano disagi per gli attori, quali ad esempio quello di non poter lasciare la porta di casa aperta, di non poter lasciare i nipotini giocare liberamente nel cortile ed il rischio di trasportare le feci pestate dentro casa; in base a tali premesse, gli attori avevano chiesto la cessazione dell'attività illecita e che gli stessi fossero condannati al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti; per le ragioni esposte, oltre alla domanda inibitoria ex art. 844 c.c., il giudice ha riconosciuto anche il risarcimento dei danni non patrimoniali di 2.500 euro). In definitiva, l'amministratore di condominio è legittimato a proporre ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. per far cessare immissioni moleste solo qualora nel ricorso stesso venga prospettata la sussistenza di un pregiudizio incombente sul condominio in quanto tale, vale a dire sui beni di proprietà comune ex art. 1117 c.c. (Trib. Napoli 26 ottobre 1993); quindi, l'amministratore può agire in giudizio per conto del condominio nei confronti di un soggetto che compia immissioni illecite, ma non può domandare un risarcimento per danni subìti dai singoli condomini (Trib. Torino 31 gennaio 2022: l'azione di risarcimento del danno, per l'ipotesi della pretesa violazione dell'art. 844 c.c., dovrebbe essere eventualmente proposta dai singoli condomini ritenutisi danneggiati dalle condotte del condomino e non dal condominio che, in quanto ente immateriale, non è titolare di alcun diritto alla salute tutelato dal nostro ordinamento, né è, comunque, titolare di diritti reali sull'immobile; l'amministratore di condominio, pertanto, può agire per quanto di sua competenza, per la tutela del condominio, delle sue parti comuni e del suo decoro architettonico). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale L'amministratore del condominio rende edotto il condomino proprietario di alcuni cani che depositano abitualmente le proprie feci e l'urina nel giardino condominiale che è sua intenzione adire con urgenza il competente magistrato al fine di eliminare quanto prima tale situazione di pericolo, con ogni conseguenza prevista ex lege in danno del medesimo condomino, laddove quest'ultimo non decida di adoperarsi immediatamente, in tale modo evitando il successivo ricorso all'azione giudiziale. Funzione e natura del giudizio È un procedimento cautelare atipico, proposto in via d'urgenza dall'amministratore di condominio nei confronti del condomino proprietario dei cani per le deiezioni depositate da quest'ultimi nel giardino comune al fine di conseguirne l'immediata cessazione. Aspetti preliminari Mediazione Trattandosi di procedimento cautelare – sebbene con effetti anticipatori – non è necessario instaurare preventivamente il procedimento di mediazione, non essendo quest'ultimo condizione di procedibilità per le azioni proponibili in via d'urgenza dalla parte interessata. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice, e, in generale, per quelle di valore indeterminabile. Legittimazione L'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione cautelare con ricorso d'urgenza nei confronti del condomino proprietario dei cani che effettuano le deiezioni nel giardino condominiale. Profili di merito Onere della prova L'amministratore deve provare che il condomino è il proprietario dei cani che defecano nel giardino condominiale e che quest'ultimi, sono effettivamente quelli a cui imputare tale evento. Il medesimo ricorrente deve, altresì, allegare in atti di causa la proprietà condominiale dell'area adibita a giardino. Contenuto del ricorso proposto in via d'urgenza La domanda cautelare proposta in via d'urgenza assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dei fatti integranti rispettivamente il fumus boni juris ed il periculum in mora, quest'ultimo, rilevante specificamente sotto l'aspetto del pregiudizio imminente ed irreparabile. In particolare, nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto d'indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata come peraltro esige la recente riforma del processo civile, e, dall'altro, va specificato in cosa consiste per il ricorrente, il fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per fare valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adito potrebbe concedere la richiesta tutela cautelare in via d'urgenza. Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente. Richieste istruttorie L'amministratore di condominio può chiedere l'assunzione di informatori in persona dei condomini dello stabile condominiale al fine di provare il fumus boni juris riferito alla circostanza che i cani defecano nel giardino e sono altresì di proprietà del condomino evocato in giudizio. Il medesimo ricorrente deve, altresì, allegare la documentazione comprovante la proprietà condominiale del giardino nel quale si verifica l'anzidetto evento ed il connesso periculum in danno dei condomini, attesa la necessità del contestuale riscontro di entrambi gli anzidetti presupposti per l'accoglimento dell'azione cautelare proposta in via d'urgenza. 4. ConclusioniL'amministratore del condominio, il quale intende agire nei confronti del condomino proprietario dei cani, le cui continue defecazioni ed urina hanno reso necessaria la proposizione del ricorso d‘urgenza al fine di conseguirne la cessazione, deve allegare l'esistenza dei presupposti occorrenti per la proposizione di tale azione, consistenti nel fumus e nel periculum derivante dalla condotta anzidetta, resa possibile per effetto del disinteresse e mancanza di responsabilità della parte resistente evocata dinanzi al giudice della cautela. In particolare, occorrerà dimostrare che a causa delle continue deiezioni canine durante il tempo occorrente per fare valere il diritto in via ordinaria, si profila il verificarsi di un pregiudizio imminente ed irreparabile per i restanti condomini – come nel caso in cui gli escrementi possono costituire un pericolo per la salute pubblica – in forza del quale si giustifica il ricorso alla procedura d'urgenza. Con questa azione, il giudice ordina al condomino-proprietario dell'animale di tenerlo lontano dal giardino e, in particolare, da fiori alberi e piante circostanti esistenti nella stessa area. Con il medesimo provvedimento reso in forma di ordinanza, e su richiesta ad hoc del ricorrente, il magistrato può anche prevedere un'astreinte, vale a dire una sanzione pecuniaria per ogni giorno in cui non verrà rispettato il suddetto obbligo di tenere lontano il cane, la cui funzione è quella di quantificare in anticipo il danno prodotto ai condomini. Al riguardo, premesso che il suddetto comportamento al ricorrere di determinate condizioni può anche integrare una fattispecie di reato, è opportuno precisare la pericolosità delle deiezioni in questione per quanto attiene al rispetto della disciplina concernente l'igiene urbana anche all'interno del condominio ed alla salute dei condomini le cui abitazioni si trovano nelle immediate vicinanze dell'area adibita a giardino al cui interno permangono gli escrementi e l'urina, con particolare riferimento ai periodi estivi in cui l'elevata temperatura e l'umidità contribuiscono ad amplificarne e diffonderne gli odori sgradevoli. In sintesi, posto che il proprietario del cane deve assumersi la responsabilità del comportamento del proprio animale, poiché l'espletamento delle necessità fisiologiche del cane è un istinto non sopprimibile né tantomeno gestibile, l'unica cosa che può fare il condomino-proprietario è pulire tempestivamente l'area dove l'animale ha sporcato, in tale modo, adempiendo all'obbligo di raccogliere gli escrementi del cane in un sacchetto di plastica portandoli con sé fino al primo punto utile in cui cestinarli. |