Varco illegittimo realizzato nel muro perimetrale

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Il muro perimetrale

I muri perimetrali sono parti comuni di un edificio condominiale che delimitano gli spazi in essi compresi. È per questa ragione che possono essere usati dai condomini a loro vantaggio, a patto che vengano rispettate delle regole specifiche. Fino all'entrata in vigore della l. n. 220/2012, in assenza di una espressa menzione nel corpus normativo, è stata la giurisprudenza a considerare i muri perimetrali tra quelle parti dell'edificio che devono essere considerate comuni. Nella definizione di muro perimetrale rientra anche quella di muro di confine, espressione con cui si fa riferimento a quello che ha la funzione di delimitare una determinata proprietà. È bene precisare che, tuttavia, quest'ultima non è una regola generale, nel senso che è ben possibile che il muro perimetrale di un edificio in condominio non sia anche il muro di confine dell'intera proprietà condominiale: può accadere, infatti, che tra edificio e pubblica via vi siano piccoli spazi destinati a cortile, a parcheggio o, comunque, zone di passaggio tra il muro perimetrale e l'effettivo confine tra proprietà privata (condominiale) e proprietà pubblica. Inoltre, può non essere presente un muro di confine, bensì soltanto uno spazio privato (sempre del condominio) fra muro perimetrale e strada pubblica. I muri perimetrali sono da considerare comuni a tutti i condomini anche nelle parti che si trovano in corrispondenza dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coincidente con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si verifica per i piani attici. La giurisprudenza fa rientrare i muri perimetrali nella categoria dei muri maestri sul rilievo che, pur non potendo essere considerati strutture portanti dell'edificio, essi sono comunque essenziali per l'esistenza di quest'ultimo, delimitandone la consistenza volumetrica e delineandone la sagoma architettonica (Cass. II, n. 839/1978). I muri perimetrali degli edifici in cemento armato (c.d. pannelli di rivestimento o di riempimento) sono compresi fra i muri maestri, giacché, pur non avendo funzione portante, la quale negli edifici anzidetti è assolta principalmente dai pilastri e dagli architravi, costituiscono parte organica ed essenziale dell'intero immobile che, senza la delimitazione da essi operata sarebbe uno “scheletro vuoto” privo di qualsiasi utilità (Cass. II, n. 2773/1992). Alla luce di quanto esposto, poiché i muri perimetrali sono parti comuni dell'edificio, l'uso che i condomini possano farne deve rispondere al criterio fissato dall'art. 1102 c.c. Pertanto, dal momento che i muri perimetrali sono condominiali, tutti i condomini devono partecipare alle decisioni inerenti alla loro conservazione e tutti alle spese per l'esecuzione degli interventi medesimi. In assenza di patti contenuti in un regolamento contrattuale o in un accordo sottoscritto comunque da tutti i condomini, le spese per le opere di manutenzione dei muri perimetrali dell'edificio devono essere suddivise tra i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.

L'uso delle parti comuni dell'edificio

La norma regolatrice, in tale materia, è costituita dall'art. 1102 c.c. – dettato in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio stante il richiamo dell'art. 1139 c.c. – il quale consente al condominio di servirsi della cosa comune, “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Quindi, secondo il precetto in commento, la libertà del condomino di usare la cosa comune soggiace a due ordini di limitazioni: di ordine oggettivo (o qualitativo), ossia attinenti alla res, volendo evitare che la funzione della cosa comune sia distolta da quella sua propria, nonché di ordine soggettivo (o quantitativo), nel senso che viene posto l'accento sul potere degli altri comproprietari di usare ugualmente la cosa in conformità del diritto di comproprietà del quale anche essi risultano titolari. Dunque, il singolo partecipante può servirsi della stessa, sempre con i due limiti oggettivi e soggettivi di cui sopra, anche modificando la cosa comune, per il miglior godimento della stessa, fino a sostituirla con altra che offra maggiore funzionalità, e ciò ai sensi dell'art. 1102, comma 1, ultima parte, c.c. Ne consegue il divieto per i condomini di utilizzare arbitrariamente le cose comuni a danno degli altri condomini, oppure in modo tale da rendere non più utile quella cosa agli interessi di tutti. Oltre a ciò, il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (art. 1102, comma 2, c.c.). Essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, richiedente un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, al riguardo del pari uso che prevede uno sviluppo estensivo delle esigenze abitative, non si può intendere la clausola del “pari uso della cosa comune” come veicolo per giustificare impedimenti all'estrinsecarsi delle potenzialità di godimento del singolo. All'uopo, si evidenzia che la valutazione della violazione del pari uso deve essere nel concreto ravvisabile nel senso che l'uso privato toglierebbe reali possibilità di uso della cosa comune agli altri potenziali condomini-utenti. Di talché, spetta a chi si oppone all'utilizzo del bene comune dimostrare il minore uso da parte degli altri o di chi vi ha interesse (Trib. Cosenza 22 agosto 2020). In definitiva, il singolo partecipante può usare – con i citati limiti – la cosa comune nella sua interezza, indipendentemente dal fatto che sia titolare di una quota maggiore o minore della comproprietà ragguagliata al valore dell'appartamento di sua pertinenza.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali conseguenze si verificano per i condomini che realizzano un varco nel muro perimetrale che altera la normale destinazione del bene comune?

Modificazione di bene condominiale per iniziativa del singolo

Le modificazioni di un bene condominiale per iniziativa del singolo condomino sono lecite nelle sole ipotesi in cui esse, oltre a non comprometterne la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico, ed a non alterare la destinazione del bene, non siano lesive dei diritti degli altri condomini relativi al godimento sia delle parti comuni interessate alla modificazione, sia delle parti di loro proprietà. Più in particolare, il condomino, nel caso in cui il cortile comune sia munito di recinzione che lo separi dalla sua proprietà esclusiva, può apportare a tale recinzione, pur essa condominiale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modifiche che gli consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini e, quindi, procedere anche all'apertura di un varco di accesso dal cortile condominiale alla sua proprietà esclusiva, purché tale varco non impedisca agli altri condomini di continuare ad utilizzare il cortile, come in precedenza (Cass. II, n. 42/2000). Dunque, l'apertura, da parte di un condomino, di una porta di accesso al ballatoio comune mediante l'abbattimento del corrispondente tratto di muro perimetrale delimitante la proprietà del singolo appartamento, non costituisce abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso esercitato dagli altri condomini tanto sul muro quanto sul ballatoio comune in quanto non incide in senso modificativo sulla normale destinazione del ballatoio stesso, che è tipicamente quella di disimpegno, di spazio atto a consentire la sosta e il riposo nonché a consentire il libero transito ai locali prospicienti (Trib. Napoli 6 dicembre 2004).

Il condomino può realizzare un varco nel muro per ricavarne maggiore vantaggio nel godimento di un'unità immobiliare già strutturalmente e funzionalmente collegata al bene comune

Il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare a esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini e quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva (Cass. II, n. 4437/2017). Ciascun condomino è, in altri termini, libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, sicché il condomino che si serve del muro perimetrale nel rispetto della sua destinazione, per ricavarne maggiore vantaggio nel godimento di un'unità immobiliare già strutturalmente e funzionalmente collegata al bene comune, come presuppone l'art. 1117 c.c., lo fa nell'esercizio del diritto di condominio e non avvalendosi di una servitù (Cass. II, n. 5060/2020). Pertanto, in tema di apertura di varchi o finestre, il singolo condomino può apportare al muro perimetrale, anche se muro maestro, tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale (Cass. II, n. 28919/2011; App. L'Aquila 18 giugno 2020). In materia condominiale, non si verifica alcuna lesione del possesso dei condomini, per effetto dell'ampliamento dell'apertura del muro perimetrale attraverso la quale si passa dalla corte comune alla proprietà privata del singolo condomino (Trib. Bologna 9 luglio 2012).

Alterazione della destinazione della cosa comune a seguito dell'apertura di un varco nel muro perimetrale

I muri perimetrali di un edificio condominiale sono destinati al servizio esclusivo dell'edificio stesso di cui costituiscono parte organica. Per tale loro funzione e destinazione, possono essere usati dal singolo condomino solo per il miglior godimento della parte di edificio di sua proprietà esclusiva, ma non possono essere utilizzati, senza il consenso di tutti i condomini, per l'utilità di altro immobile di sua esclusiva proprietà non facente parte del condominio, in quanto ciò implicherebbe la costituzione di una servitù in favore di un bene estraneo al condominio (Cass. II, n. 1619/2022: ai sensi dell'art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio – anche in difetto di funzione portante – in favore di una proprietà estranea a esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini). Invero, in tema di uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., è illegittima l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà, ma estraneo al condominio. Infatti, tale opera comporta la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini (App. Bolzano 27 giugno 2020; Trib. Matera 28 aprile 2022; Trib. Perugia 19 maggio 2021; Trib. Milano 5 febbraio 2019; Trib. Potenza 24 aprile 2018; inoltre, Cass. II, n. 20543/2020: principio applicabile anche in presenza di un edificio strutturalmente unico, su cui insistono due distinti e autonomi condominii). Né valgono ad escludere l'abuso il riferimento ad un utilizzo conforme a quello già esistente della cosa comune o non idoneo al suo asservimento, laddove lo stesso non sia riconducibile a mera tolleranza o connotato da una utilità a vantaggio di un altro fondo del tutto transitoria, ovvero ad un mero utilizzo più intenso del bene comune ed al mancato impedimento dell'uso paritetico da parte degli altri condomini, giacché il diritto di ciascun comproprietario di trarre dal bene comune un'utilità anche maggiore e più intensa di quella eventualmente goduta in concreto dagli altri comproprietari, non può sconfinare nell'esercizio di una servitù (Cass. II, n. 6550/2010). In conclusione, in questi casi, l'alterazione del muro perimetrale realizza un uso indebito della cosa comune oltre a poter precostituire una servitù di passaggio (Cass. II, n. 10606/2014).

Determinazione quantitativa del danno derivante dal comportamento illecito del condomino che abbia aperto un varco nel muro perimetrale

Ai fini della determinazione quantitativa del danno derivante dal comportamento illecito del condomino che abbia aperto un varco nel muro perimetrale (danno da lesione del corrispondente diritto reale sul bene comune) e della sua liquidazione per equivalente pecuniario, è necessaria la prova della verificazione in concreto di un pregiudizio economico (Cass. II, n. 3035/2009).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore del condominio rende edotto il condomino che, senza alcuna autorizzazione, ha aperto un varco nel muro perimetrale che deve procedere immediatamente al ripristino dello status quo ante, poiché in difetto, senza ulteriore preavviso sarà costretto ad attivarsi promuovendo l'azione di manutenzione del possesso.

Funzione e natura del giudizio

È un rimedio processuale avente ad oggetto specifico la tutela del possesso, proposto dall'amministratore di condominio nei confronti del condomino che ha praticato un varco nel muro perimetrale, al fine di ripristinare con la tutela del possesso del bene comune la cessazione della molestia, e con essa, la pari facoltà d'uso per tutti i condomini.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 28/2010 non si applica nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile.

Legittimazione

L'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione per la manutenzione del possesso nei confronti del condomino che ha aperto un varco nel muro perimetrale, al fine di far cessare la molestia del possesso costituita in tale ipotesi dall'alterazione della normale destinazione del bene comune senza una preventiva autorizzazione ad hoc dell'assemblea condominiale.

Profili di merito

Onere della prova

L'amministratore deve provare che il condomino ha realizzato il varco nel muro perimetrale, in tale modo alterando la normale destinazione della cosa comune in danno degli altri condomini, allegando in atti di causa la suddetta prova, costituente la turbativa del possesso a giustificazione del ricorso all'azione di manutenzione.

Contenuto del ricorso per la manutenzione del possesso

La domanda cautelare proposta per la manutenzione del possesso assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dettagliata dei fatti integranti la turbativa del possesso.

In particolare, nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto d'indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata, come peraltro esige la recente riforma del processo civile, e, dall'altro, va specificato in cosa consiste la dedotta turbativa del possesso per il ricorrente, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adito potrebbe concedere la richiesta tutela possessoria.

Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente.

Richieste istruttorie

L'amministratore di condominio, unitamente alla produzione di materiale fotografico, può chiedere l'assunzione di informatori in persona dei condomini dello stabile condominiale al fine di provare il fatto costituente la dedotta turbativa del possesso, nella fattispecie integrata dall'apertura non autorizzata di un varco nel muro perimetrale, e di conseguenza, la richiesta di ripristino dello status quo ante da parte del condomino evocato in giudizio. Lo stesso ricorrente deve allegare la natura condominiale del muro interessato dall'azione di manutenzione del possesso producendo la relativa documentazione.

4. Conclusioni

L'apertura non autorizzata di un varco nel muro perimetrale costituisce un evidente abuso del diritto che impedisce a tutti i condomini di usufruire dello stesso bene comune, per l'effetto ciò integrando gli estremi di una molestia al possesso dello stesso bene comune per la cui tutela, si rende necessario il ricorso all'azione di manutenzione del possesso, in relazione alla quale, per fare cessare la molestia, il giudice può adottare qualsiasi provvedimento risulti idoneo nella fattispecie concreta.

In particolare, secondo i giudici di legittimità (Cass. II, n.17145/2015), l'apertura di un varco nel muro perimetrale per esigenze del singolo condomino è consentita, quale uso più intenso del bene comune, mentre è ritenuta illegittima l'apertura di un varco praticata da un condomino nel muro perimetrale dell'edificio condominiale al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio (Cass. VI, n. 5060/2020).

Ciò premesso, si è ritenuta ammissibile la domanda di ripristino dello stato dei luoghi e risarcimento dei danni proposta dal condominio nei confronti del condomino, proprietario di un'unità abitativa, a seguito dell'apertura nel muro perimetrale di una porta di accesso alla sua abitazione su un terrazzino di esclusiva proprietà condominiale, perché l'apertura realizzata comportava il mutamento di destinazione limitando il passaggio ed il pregresso uso da parte degli altri condomini (Cass. II, n. 21576/2020).

In sintesi, ad avviso dei magistrati di Piazza Cavour (Cass. II, n. 9036/2006), le modificazioni di un bene condominiale per iniziativa del singolo condomino sono lecite nelle sole ipotesi in cui esse, oltre a non compromettere la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico ed a non alterare la destinazione del bene, non siano lesive dei diritti degli altri condomini relativi al godimento sia delle parti comuni interessate alla modificazione, sia delle parti di loro proprietà.

Si pensi al condomino che, per ragioni di praticità, desideri aprire sul muro perimetrale un varco che gli permetta il passaggio diretto, ad esempio, dal suo giardino al cortile comune destinato ad autorimessa o da una sua proprietà ad un'altra situata in un edificio condominiale adiacente.

In tale ottica, si è precisato che l'apertura di un varco nel muro perimetrale per le esigenze del singolo condomino, può ritenersi in linea generale consentita quale uso più intenso del bene comune ex art. 1102 c.c., salvo allorché il varco consenta la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, pur se di proprietà del medesimo condomino, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale, giacché, in tale caso, il collegamento tra due unità abitative determina la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture del fabbricato e anche di passaggio a carico di un eventuale ingresso condominiale su via pubblica, tale modifica non può legittimamente avvenire per iniziativa unilaterale del singolo condomino, ma richiede il consenso unanime di tutti (Cass. II, n. 32437/2019; in precedenza nella giurisprudenza di merito, v. App. Roma 21 aprile 2010).

Questa particolare ipotesi è quella presa in esame nella fattispecie in cui si rende necessaria l'azione possessoria al fine di conseguire l'immediato ripristino dello status quo ante.

Pertanto, in presenza di condizioni di fatto e di diritto che possano ledere l'interesse comune, l'uso del bene condominiale da parte del singolo condomino in modo difforme dalla sua attuale destinazione deve ritenersi vietato, ragione per cui può essere intrapresa l'actio per il ripristino dello status quo ante, finalizzata ad eliminare il foro aperto nel muro perimetrale.

La legittimazione attiva ad esperire l'azione di manutenzione spetta esclusivamente al possessore – nella fattispecie in esame all'amministratore in qualità di mandatario dei condomini – non anche al detentore a differenza dell'azione di reintegrazione del possesso che muove invece da presupposti differenti.

In tale ottica, l'azione di manutenzione è data al possessore che vanti un possesso annuale, continuo e non interrotto, non violento, né clandestino.

La molestia in relazione alla quale si agisce in possessoria sul piano giuridico consiste nel compimento di un'azione priva di fondamento giuridico – l'apertura non autorizzata di un varco nel muro perimetrale condominiale costituente un abuso perpetrato dal singolo condomino – non potendo altrimenti ravvisarsi la lesione antigiuridica della posizione del possessore volta ad ostacolare od impedire l'esercizio legittimo del possesso.

In questo caso, l'attività materiale è un'ingerenza di fatto lesiva del possesso che può accompagnarsi anche a minacce finalizzate ad ostacolare o comunque impedire l'esercizio del possesso del bene comune.

È importante, altresì, tenere presente che tale azione è soggetta al termine annuale di decadenza decorrente dal giorno in cui ha avuto inizio l'attività integrante la turbativa del possesso.

In buona sostanza, la molestia del possesso – nella fattispecie, mediante l'apertura non autorizzata di un varco nel muro perimetrale condominiale – configura un abuso o, nella specie, una turbativa del possesso rispetto alla normale destinazione della res, poiché preclude ad altri condomini dello stabile di partecipare all'utilizzo della cosa comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà.

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