L'abbattimento di alberi pericolanti non puo' considerarsi innovazione, ma mero intervento di manutenzione delle cose comuni

22 Maggio 2023

L'art. 1136 c.c. - leggermente modificato dalla l. n. 220/2012 - prescrive specifiche maggioranze assembleari, di volta in volta, differenti a seconda della natura degli affari oggetto della decisione. A voler essere più precisi, le norme sul quorum deliberativo delle statuizioni dell'assemblea di condominio possono trovarsi o nel predetto art. 1136 c.c., direttamente o mediante specifico riferimento a tale norma, oppure in una norma speciale.
Massima

L'abbattimento di alberi ritenuti pericolanti, disposto con delibera condominiale, costituisce un intervento di manutenzione delle cose comuni e non un'innovazione di cui all'art. 1120 c.c., atteso che, con questo termine, si intende - non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, bensì solamente - quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria.

Il caso

La controversia - giunta all'esame del Supremo Collegio - originava dalla domanda di un condomino interessato all'abbattimento di otto pini condominiali che si assumevano come instabili; costui aveva impugnato la delibera dell'assemblea che, sulla base di una perizia agronomica, aveva diffidato l'amministratore dal dare esecuzione ad una precedente delibera di abbattimento delle suddette piante.

Il Condominio era rimasto contumace, mentre avevano resistito, intervenendo in giudizio, altri condomini.

In primo grado, il Tribunale aveva rigettato la domanda e, quindi, aveva considerato legittima la delibera in base alla quale, in buona sostanza, la maggioranza dei condomini intendeva soprassedere all'abbattimento.

In secondo grado, invece, accogliendo l'appello dell'originario attore, la delibera impugnata era stata annullata dalla Corte d'Appello per difetto di quorum.

Ricorreva in cassazione uno dei condomini intervenuto nel giudizio di primo grado, il quale, resistendo alla domanda, era favorevole al mantenimento dello status quo ante.

La questione

Si trattava di verificare se fosse corretto il convincimento del giudice distrettuale, il quale aveva qualificato la delibera impugnata come relativa ad innovazioni ai sensi dell'art. 1120 c.c. ed aveva, quindi, ritenuto che dovesse essere necessaria la maggioranza qualificata, e non già quella per le delibere di ordinaria amministrazione adottate dall'assemblea in seconda convocazione ex art. 1136, comma 3, c.c.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del condomino interventore.

Invero, nel parlare di “innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”, l'art. 1120, comma 1, c.c. impiega un'espressione dotata di diversi termini “elastici”, a partire dalla stessa nozione di “innovazione”, per cui viene richiamato con discernimento il consolidato orientamento sul sindacato delle norme elastiche.

Esse sono “disposizioni di contenuto precettivo ampio e polivalente, destinato ad essere progressivamente precisato, nell'estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni … di carattere generale ed astratto”, per cui “l'operazione valutativa, compiuta dal giudice di merito … non sfugge ad una verifica in sede di giudizio di legittimità” (così, tra le molte, Cass. civ., sez. IV, 21 aprile 2022, n. 12789), per cui ne segue l'ammissibilità del sindacato in cassazione per la via dell'art. 360, n. 3), c.p.c., come proposto dal condomino ricorrente.

Nel caso di specie, la delibera impugnata era, in pratica, diretta a privare di efficacia esecutiva una precedente delibera (non ancora eseguita), che aveva disposto l'abbattimento di alberi condominiali pericolanti, sicché si trattava di stabilire se la stessa delibera, con cui si disponeva l'abbattimento di alberi condominiali pericolanti, disponesse o meno un'innovazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 1120 c.c.

La risposta - secondo gli ermellini - è stata negativa.

Al riguardo, si è richiamato l'orientamento della magistratura di vertice, ad avviso del quale innovazione agli effetti dell'art. 1120 c.c. non è qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria (v., tra le altre, Cass. civ., sez. VI/II, 22 novembre 2021, n. 35957).

Da questo punto di vista, l'abbattimento di alberi condominiali pericolanti rientra fra gli interventi di manutenzione delle cose comuni (qui visto in senso speculare e contrario, ossia ai fini della legittimità di una delibera, adottata con gli ordinari quorum, che revocava una precedente statuizione assembleare volta all'eliminazione delle piante).

Peraltro, i magistrati del Palazzaccio osservano, incidentalmente, che la tutela dell'ambiente (anche nell'interesse delle future generazioni) impone - non solo dal momento dell'ingresso esplicito in Costituzione (con il nuovo comma 3 dell'art. 9, introdotto nel 2022) - rigore nell'accertamento della pericolosità degli alberi e proporzionalità nell'individuare le misure idonee a contrastarla.

Osservazioni

La sentenza in commento offre lo spunto per esaminare il labile discrimen tra innovazioni ed interventi di manutenzione (segnatamente straordinaria) delle cose comuni, le cui decisioni, da parte dell'assemblea condominiale, scontano differenti maggioranze.

Infatti, il comma 5 dell'art. 1136 c.c. prescrive che le delibere che hanno per oggetto le innovazioni previste dal comma 1 dell'art. 1120 c.c. devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti ed i due terzi del valore dell'edificio (purché, ovviamente, alla relativa formazione abbiano partecipato o siano stati invitati tutti i condomini): si fa riferimento, quindi, alle innovazioni “dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni”, mentre le opere costituenti semplici modificazioni richiedono l'ordinario quorum delle delibere sugli affari di ordinaria o straordinaria amministrazione, per le quali, in seconda convocazione, è sufficiente l'adesione di un terzo dei partecipanti che rappresenti un terzo del valore dell'edificio.

Da segnalare che l'art. 1108 c.c., per la comunione, prevede, inoltre, la maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, per “le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa (nonché) gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti”, mentre “è necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.”

Come si vede, l'art. 1120 c.c. non dà una definizione del concetto di “innovazione”, limitandosi a stabilirne finalità e scopi - salvo indicare, all'ultimo comma, in negativo quelle vietate - per cui non resta che verificare come la giurisprudenza abbia individuato i requisiti fondamentali di tale figura.Innanzitutto, occorre distinguere le innovazioni che comportino un onere finanziario a carico di tutti i partecipanti al condominio da quelle per la cui realizzazione l'impegno economico è a carico esclusivo del singolo condomino che intenda realizzarle: per le prime, dovrà trovare applicazione l'art. 1120 c.c. specie riguardo alla (diversa e superiore) maggioranza richiesta - sull'inderogabilità di tale norma ad opera del regolamento di condominio, v. Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1990, n. 4905 - e, per le seconde, opererà il disposto dell'art. 1102 c.c., che consente al singolo di servirsi della cosa comune apportandovi, a proprie spese, le opportune modifiche a due condizioni, e cioè a patto che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 2010, n. 25872: fattispecie relativa al mantenimento in uso di un servoscala installato a spese di un condomino affetto da disabilità; Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2004, n. 24006, in un caso relativo al prolungamento della corsa dell'ascensore, che esauriva la sua funzione al terzo, fino al quarto piano dello stabile; Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1999, n. 3508; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1781; Cass. civ., sez. II, 13 novembre 1978, n. 5220).

Detto in altri termini, qualora un esborso relativo ad innovazioni non debba essere ripartito fra i condomini, per essere stato assunto interamente a proprio carico da uno di essi, trova applicazione la disposizione generale dell'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, in forza della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto - e può, perciò, apportare alla stessa, a proprie spese, le modificazioni necessarie a consentirne il migliore godimento (Cass. civ., sez. II, 5 dicembre 2018, n. 31462: nella specie, si era confermata la decisione di merito, che aveva ritenuto l'installazione di un ascensore sulle parti comuni, eseguita da alcuni condomini a loro spese, legittima ex art. 1102 c.c., non ricorrendo una limitazione della proprietà degli altri condomini incompatibile con la realizzazione dell'opera).

Inoltre, l'art. 1120 citato deve ritenersi applicabile non solo alle innovazioni materiali che attengono alle “cose” comuni - come, ad esempio, l'installazione di un ascensore che importa una maggiore utilizzazione ed anche una modifica delle scale dei pianerottoli, degli anditi, ecc., v. Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696, oppure la trasformazione del tetto in terrazza praticabile da un solo condomino, v. Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1975, n. 3076 - ma anche a quelle riguardanti i “servizi” condominiali, la cui modifica o soppressione deve, pertanto, essere decisa con il quorum qualificato di cui all'art. 1136, comma 5, c.c. (Cass. civ., sez. II, 29 marzo 1995, n. 3708; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5083).

Premesso ciò, si può convenire che la distinzione tra innovazioni e modifiche si ricollega all'entità e qualità dell'incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, per cui per innovazioni devono intendersi quelle opere, dirette al miglioramento della proprietà condominiale, che, da un lato, comportino sensibili modifiche di carattere strutturale, e, dall'altro, si risolvano in un mutamento dell'ordinaria destinazione della cosa comune, mentre non lo sono quelle modifiche non rilevanti che rispondano allo scopo di rendere più comodo o a potenziare l'uso ed il godimento della proprietà condominiale, lasciandone immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini.

Risulta, quindi, un principio consolidato quello secondo cui, in tema di condominio di edifici, costituisce innovazione ex art. 1120 c.c., non una qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l'entità materiale del bene operandone la trasformazione, oppure determini il mutamento della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale o sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere, mentre, ove, invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell'àmbito dell'art. 1102 c.c. che, pur dettato in materia di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell'art. 1139 c.c. (v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1999, n. 11936).

In quest'ordine di concetti - tanto per fare qualche esempio - tra le prime possiamo annoverare: l'installazione ex novo di un impianto di ascensore, l'istituzione di un servizio di portineria con adattamento dei locali alle esigenze di tale servizio, la trasformazione della lavanderia in ambienti di soggiorno o di disimpegno per i condomini; tra le seconde possiamo ricomprendere: la sostituzione di un impianto di ascensore già esistente, la sostituzione di un bruciatore a gasolio con quello a gas metano, la modifica dell'impianto di distribuzione dell'acqua da bocca tarata a contatore, l'installazione del citofono e dei dispositivi di apertura meccanica dei portoni in sostituzione del servizio di portineria o di altri sistemi manuali, la pavimentazione della terrazza condominiale con un diverso tipo di piastrelle.

Resta fermo il disposto del comma 4 dell'art. 1136 c.c., secondo cui “le deliberazioni che concernono riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma”, ossia, sia in prima che in seconda convocazione, con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio, mentre - come abbiamo visto sopra - per le opere di manutenzione straordinaria, che comportano una spesa di normale entità e che non costituiscano “innovazioni”, è sufficiente, in seconda convocazione, un quorum che rappresenti un terzo dei condomini ed un terzo del valore dell'edificio.

In ordine al requisito della “notevole entità”, anche qui nel silenzio del legislatore al riguardo - a parte il caso della ricostruzione dell'edificio di cui all'art. 1128 c.c. pure richiamato nel predetto comma 4 - stabilire se una spesa sia o meno di notevole entità, comporta una valutazione non agevole; potrebbe essere utile il criterio dell'ammontare oggettivo della somma occorrente, del rapporto tra la stessa ed il costo delle comuni riparazioni straordinarie, dell'incidenza della spesa in relazione al valore economico della proprietà comune, dell'entità dell'esborso ricadente sui singoli condomini (si pensi alle spese per il rifacimento di una facciata dell'edificio condominiale).

Al riguardo, i giudici di legittimità hanno chiarito che, in tema di riparazione di un edificio condominiale, l'individuazione della “notevole entità” delle riparazioni straordinarie - la cui approvazione esige, ai sensi del comma 4 dell'art. 1136 c.c., la maggioranza qualificata indicata nel capoverso - deve ritenersi affidata, in assenza di un criterio normativo, alla valutazione discrezionale del giudice del merito; in proposito, i criteri della proporzionalità tra la spesa ed il valore dell'edificio e la ripartizione di tale costo tra i condomini configurano non un vincolo ed un limite della discrezionalità, bensì un ulteriore ed eventuale elemento di giudizio, nel senso della possibilità per il giudice di tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell'ammontare complessivo dell'esborso occorrente per la realizzazione delle opere, anche del rapporto tra quei tre elementi (costo delle opere, valore dell'edificio ed entità della spesa ricadente sui singoli condomini) quando quel dato, per la sua entità, non appaia risolutivo; ne consegue la legittimità della maggiore incidenza riconosciuta all'uno o agli altri criteri di apprezzamento e della sufficienza, ai fini dell'obbligo della motivazione, delle risultanze reputate determinanti in ordine alla “notevole entità” della spesa deliberata (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810).

In quest'ordine di concetti, si è successivamente ribadito (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2008, n. 26733) che, in tema di assemblea di condominio, l'individuazione, agli effetti dell'art. 1136, comma 4, c.c. - approvazione con maggioranza degli intervenuti rappresentanti la metà del valore dell'edificio - della “notevole entità” delle riparazioni straordinarie è rimessa, in assenza di un criterio normativo, alla valutazione discrezionale del giudice di merito, che può tenere conto senza esserne vincolato, oltre che dell'ammontare complessivo dell'esborso necessario, anche del rapporto tra tale costo, il valore dell'edificio e la spesa proporzionalmente ricadente sui singoli condomini.

Riferimenti

Magro, Obblighi di manutenzione delle aree condominiali e responsabilità colposa dell'amministratore, in Immob. & proprietà, 2019, 212;

Bordolli, Giardini ed alberi in condominio, in Immob. & proprietà, 2019, 566;

Biarella, Condominio: i confini fra le nozioni di innovazione e manutenzione, in altalex.com, 2013;

Izzo, Gli alberi nel condominio, in Giust. civ., 2011, I, 876;

De Tilla, I poteri dell'amministratore e la manutenzione straordinaria, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 10, 24;

Gallucci, Contenuto minimo della deliberazione dei lavori di manutenzione straordinaria e sua sostituzione, in dirittoegiustizia.it, 2010;

Carrino, Omessa manutenzione di parti comuni di un edificio in comunione ed effetti pregiudizievoli sulla proprietà esclusiva, in Resp. civ. e prev., 2007, 2285.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.