Locazione ad uso abitativo o comodato: rilevanza della controdichiarazione ai fini della simulazione

Adriana Nicoletti
24 Maggio 2023

Per dimostrare se un immobile è stato concesso in comodato gratuito, oppure se è stato oggetto di un contratto di locazione ad uso abitativo, non conta il momento in cui la controdichiarazione è stata rilasciata, ma rileva la posizione del soggetto che l'abbia sottoscritta e contro la quale è fatta valere.
Massima

In tema di simulazione, la c.d. controdichiarazione costituisce un atto di riconoscimento o di accertamento scritto che, non avendo carattere negoziale e non facendo parte del procedimento simulatorio come elemento essenziale, può non essere coeva all'atto simulato e può altresì provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione. Tuttavia, non può ritenersi consentito attribuire tale valore probante alla dichiarazione che provenga da un soggetto che, al momento in cui la rende, non sia più legittimato a rilasciare la dichiarazione stessa.

Il caso

La “Diocesi” X, nella qualità di locatrice di un immobile ad uso abitativo, intimava al proprio conduttore sfratto per morosità chiedendo che venisse pronunciata ordinanza di rilascio del bene e condanna del soggetto al pagamento, in proprio favore, di una somma a titolo di canoni arretrati non pagati. Il contratto, comunque, doveva essere dichiarato risolto eventualmente anche per finita locazione, con restituzione e rilascio immediato dell'immobile. In via subordinata, qualora il giudice avesse ritenuto fondato - come dedotto dal convenuto - che il contratto di locazione dissimulasse un contratto di comodato, il ricorrente chiedeva sempre la restituzione immediata dell'immobile.

Infatti, il convenuto, da parte sua, aveva chiesto il rigetto delle domande avversarie per la loro infondatezza, ed aveva formulato domanda riconvenzionale avente ad oggetto l'accertamento della sussistenza di un contratto di comodato gratuito dell'immobile a tempo indeterminato.

La domanda di risoluzione del contratto, riconosciuta fondata, veniva accolta con condanna del conduttore al pagamento di una somma mensile a titolo del mancato pagamento dei canoni fino all'effettivo rilascio dell'immobile, oltre interessi come per legge, nonché all'immediato rilascio del bene e fissazione della data per l'esecuzione, mentre veniva rigettata, invece, la domanda riconvenzionale del conduttore.

La questione

La questione esaminata dal Tribunale concerneva l'accertamento della sussistenza di un contratto di comodato gratuito e non di locazione ad uso abitativo.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice del merito ha rilevato che il convenuto aveva fornito diversi elementi di prova, anche testimoniali, dai quali desumere la volontà della “Diocesi” di non “onerare l'odierno convenuto di canoni locatizi” che, tuttavia, non erano stati sufficienti per l'accoglimento della domanda riconvenzionale.

Il Tribunale, in primis, ha ribadito sia la natura della controdichiarazione, quale atto di riconoscimento privo di carattere negoziale ed estraneo al procedimento simulatorio, sia la tempistica per la sua validità, che non richiede necessariamente una sua contestualità rispetto all'atto simulato, mentre è essenziale che la provenienza della dichiarazione sia attribuita al soggetto che al momento rappresenti la parte contro il cui interesse è redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione (Cass. civ, sez. II, 5 marzo 2019, n. 6357). Nel nostro caso, la controdichiarazione era stata sottoscritta dal Vescovo, quale rappresentante della Diocesi, dopo che questi era cessato dalla sua carica.

Peraltro, il fatto che il locatore, sempre nella persona del Vescovo, avesse concluso un contratto con il quale, in ragione del principio della solidarietà dettato dal diritto canonico, aveva concesso al convenuto di godere a titolo gratuito dell'immobile fino al momento in cui lo stesso non avesse versato più in uno stato di indigenza/indisponibilità giudiziaria era stata considerata circostanza ontologicamente diversa dall'aver stipulato un contratto di comodato in luogo della simulata locazione.

La prova dei fatti costitutivi della domanda riconvenzionale, ai fini della dedotta simulazione, era a carico del convenuto, il quale non aveva assolto al proprio onere non essendo sufficiente allo scopo richiamare le testimonianze raccolte in un procedimento penale nel quale il convenuto stesso era stato parte. Sempre valendo, a tal fine, che la dichiarazione resa dall'ex Vescovo non aveva alcuna rilevanza.

A conclusione, quindi, il Tribunale non poteva non prendere atto del fatto che l'iniziale rinuncia del locatore a percepire i canoni di locazione era temporanea e condizionata al perdurare della precaria situazione economica dell'utilizzatore dell'immobile, così come era giustificata dal noto principio di solidarietà. Tuttavia, nel momento in cui la rappresentanza legale della Diocesi era mutata, la stessa aveva iniziato a chiedere formalmente al conduttore di eseguire la propria obbligazione. A fronte dell'inadempimento così maturato la Diocesi introduceva il giudizio di sfratto la cui naturale conclusione coincide con la sentenza pronunciata dal Tribunale e qui oggetto di esame.

Osservazioni

Prima di affrontare il tema della simulazione, per come trattato nella decisione del Tribunale di Massa, è opportuno rilevare come molto spesso i conflitti tra il proprietario dell'immobile e colui che ne ha la detenzione ed il godimento nascono dal dubbio riconducibile all'individuazione del tipo di rapporto che è stato instaurato tra le parti: o di locazione, come vorrebbe il primo, oppure di comodato, come invece sostenuto dal secondo.

Se, come previsto dall'art. 1571 c.c., la locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un tempo determinato e verso il pagamento di un corrispettivo concordato, il comodato è caratterizzato, secondo il dettato dell'art. 1803, comma 1, c.c., dalla consegna di una parte all'altra di un bene mobile o immobile, affinché questa se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. La norma ne specifica l'essenziale gratuità.

Per stabilire se si ricada nell'una o nell'altra ipotesi normativa, è stato affermato (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 1984, n. 2151) che è necessario mettere a confronto i sacrifici e i vantaggi che dal negozio derivano rispettivamente alle parti e che il comodato non viene meno neppure se il comodatario è sottoposto ad un modus. Inoltre, con particolare riferimento al rapporto tra comodato e locazione di immobili è stato precisato che quest'ultima è esclusa a condizione che il peso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2005, n. 13920). Tanto è vero che è configurabile il rapporto di comodato, anziché di locazione, nel caso in cui a colui che beneficia dell'immobile sia stato richiesto il pagamento di un contributo nelle spese occorrenti all'uso del bene, sempre a condizione che lo stesso si mantenga nei limiti della compatibilità necessaria per definire il carattere essenziale di gratuità del comodato medesimo.

Ai fini dell'art. 1414 c.c., che disciplina gli effetti della simulazione tra le parti, assume rilevanza la controdichiarazione, ovvero il mezzo utilizzato dalle parti per documentare l'accordo simulatorio ed in merito al quale la giurisprudenza ha affermato che la stessa può anche risultare da un atto scritto formatosi anteriormente, purché sia in concreto accertato che sia stato successivamente mantenuto e che sussisteva nel momento della stipulazione del contratto simulato (Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2000, n. 1624).

Principi pacifici che si devono mettere in relazione con la fattispecie in esame nella quale il convenuto aveva chiesto, in via riconvenzionale, il riconoscimento del contratto di comodato per la sussistenza di una controdichiarazione rilasciata dal vescovo, in rappresentanza della Diocesi, da valere come prova scritta ai fini della simulazione disciplinata dall'art. 1414 citato.

A questo proposito, occorre osservare - senza alcun intento polemico - che se il giudicante ha fatto corretta applicazione dell'art. 132 c.p.c. dal quale, per effetto della modifica di cui all'art. 58, comma 2, della l. n. 69/2009, è stato eliminato l'obbligo di esporre in sentenza, pure se in maniera concisa, lo svolgimento del processo, tuttavia, non ha proceduto alla concisa esposizione del fatto come previsto dalla legge (comma 4, art. 132 c.p.c.). La vicenda “sostanziale”, infatti, si deve trarre dalla motivazione, senza però avere la possibilità di confrontarsi con un quadro, pur sintetico ma essenziale, dei rapporti concreti sussistenti tra le parti. Mentre sarebbe stato importante conoscere i termini del contratto di locazione per avere qualche elemento di chiarimento, puramente indicativo, dei fatti (salvo di quelli di rilevanza penale opportunamente oscurati dal Tribunale) per avere un quadro più completo dell'insieme.

Al netto di questa nota di colore, la decisione del Tribunale di Massa è più che condivisibile, soprattutto nelle parti in cui il giudice monocratico ha sottolineato come il rappresentante della Diocesi, al momento della formazione e sottoscrizione della controdichiarazione che avrebbe potuto portare al pineo disconoscimento della locazione, era totalmente privo di legittimazione attiva, non sussistendo più la rappresentanza sostanziale del Vescovo nei confronti della diocesi medesima.

La decisione, inoltre, ha fatto pieno centro anche per il profilo concernente il rapporto, nell'ambito della simulazione, tra la prova scritta e le prove testimoniali, essendo queste ammissibili senza limiti solo se la domanda sia stata proposta dal creditore o dai terzi (art. 1417 c.c.). La situazione relativa alla fattispecie oggetto del giudizio non corrispondeva, neppure in minima parte, all'ipotesi legislativa.

Infatti, se la controdichiarazione della Diocesi, per mano dell'ex Vescovo, non poteva avere alcun valore legale tanto da poter essere considerata tamquan non esset, è evidente che l'accordo simulatorio avrebbe dovuto trovare conferma, in considerazione della domanda riconvenzionale formulata dal convenuto, solo ed esclusivamente nelle richiamate prove testimoniali. Prove che, a quanto risulta dalla sentenza in esame, non solo non erano state raccolte nel relativo procedimento civile, ma erano state richiamate da altro giudizio di natura penale del quale il conduttore o aspirante comodatario era stato parte. In buona sostanza, quindi, si può affermare che l'accordo simulatorio eccepito da parte convenuta poggiava sul nulla.

Scartata, quindi, l'ipotesi della sussistenza di un contratto di comodato, non poteva che restare valida quella della locazione dell'immobile ad uso abitativo, il cui pagamento del canone era stato temporaneamente sospeso dalla Diocesi per motivi di solidarietà. A questo proposito assume ulteriore rilevanza leggere, tra le righe della motivazione della sentenza, che, ad un certo punto, il motivo di solidarietà fosse venuto meno e che la locatrice, una volta sostituito il Vescovo (il quale - si ribadisce - non era più legittimato a firmare la controdichiarazione) abbia inteso fare valere in giudizio i propri diritti.

Riferimenti

Brizzolari, Forma delle controdichiarazioni e prova della simulazione, in Nuova giur. civ. comm., 2017, fasc. 12, 1663;

Nicolini, Contratto simulato e prova testimoniale della simulazione, in Nuova giur. civ. comm., 2013, fasc. 6, parte 1, 530;

Floridia, In tema di simulazione nelle locazioni ad uso abitativo, in Giur. merito, 2002, fasc. 6, 1203.

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