Limiti alla ripetibilità delle spese sostenute dalla parte vittoriosa per l'assistenza da parte del consulente tecnico di parte

Antonino Barletta
25 Maggio 2023

Qual è il regime applicabile in ordine alla ripetizione delle spese sostenute dalla parte vittoriosa per l'assistenza da parte del consulente tecnico di parte? In caso di presentazione d'idonea documentazione, sono soggette a riduzione da parte del giudice? In base a quale criterio?

Le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte rientrano inter alia nella nozione di “spese processuali” di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. (A. Giussani, Spese giudiziali [dir. proc. civ.], in Treccani.it., Diritto on line, 2013).

Il c.t.p. svolge, infatti, un'attività di assistenza nella difesa della parte che lo nomina “nei casi e nei modi stabiliti” dal codice di rito (art. 87 c.p.c.). In altri termini, il c.t.p. è un ausiliario della parte a cui sono affidate le specifiche potestà difensive, previste dagli artt. 194, comma 2, e 195, comma 3, c.p.c. nell'ambito dello svolgimento delle indagini affidate al consulente tecnico d'ufficio (C. Trapuzzano, Consulenza tecnica di parte, in questa rivista).

La possibilità per le parti di avvalersi di un c.t.p., nei casi appena menzionati, deve riferirsi direttamente all'espressione del diritto di difesa di cui all'art. 24, comma 3, Cost., come emerge plasticamente dal dictum della Corte cost., 8 giugno 1983, n. 149, con la quale è stato dichiarato illegittimo, per contrarietà alla cit. disposizione della Carta fondamentale, l'art. 11 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 “nella parte in cui non prevede che il beneficio del gratuito patrocinio si estenda alla facoltà per la parte di farsi assistere da consulenti tecnici”.

Tale principio, poi, è stato ribadito allorché il Giudice delle leggi ha censurato illegittimità dell'art. 131, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002 là dove viene previsto un “meccanismo procedimentale [che] unitamente all'applicazione dell'istituto della prenotazione a debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo sistema normativo incentrato sulla regola dell'assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente” (Corte cost., 1° ottobre 2019, n. 217, in Corr. giur. 2020, 518, con nota di E. Cicatelli, A ciascuno il suo: il chiarimento della Corte costituzionale su patrocinio a spese dello Stato e liquidazione dei compensi al consulente tecnico).

La parte vittoriosa ha, dunque, diritto a ricevere il rimborso per le spese per la propria consulenza tecnica a meno che il giudice non si avvalga della potestà di escludere la loro ripetizione in quanto eccessive o superflue ai sensi dell'art. 92, comma 1, c.p.c. (tra le più recenti, Cass., 8settebre 2021, n. 24188; Cass., 20 novembre 2019, n. 30289; Cass., 20 febbraio 2015, n. 3380; Cass., 3 gennaio 2013, n. 84).

È poi importante rilevare che il criterio per stabilire tale eccessività non corrisponde ai parametri in base al quale devono essere determinate le spettanze del consulente tecnico d'ufficio (ossia alla tabella di adeguamento allegata al d.m. 30 maggio 2002); in considerazione del fatto che, a differenza dell'attività prestata da quest'ultimo, il c.t.p. svolge una prestazione d'opera professionale in esecuzione del relativo contratto.
Sulla base di tale rilievo, quindi, nel 2011 la Suprema Corte ha individuato quale criterio oggettivo di riferimento le tariffe professionali rilevanti in considerazione delle mansioni di volta in volta prestate (Cass., 22 settembre 2011, n. 19399). Tuttavia, a seguito delle c.d. liberalizzazioni il richiamo alle tariffe deve intendersi sostituito dal riferimento ai parametri stabiliti per decreto del Ministero vigilante ai sensi dell'art. 9, comma 2, d.l. n. 1 del 2012 (conv. con mod. dalla l. n. 27 del 2012). Mentre il criterio della superfluità di cui all'art. 92, comma 1, c.p.c. non può che mettersi in relazione all'esercizio del diritto di difesa nell'ambito dello svolgimento delle operazioni peritali.

Occorre precisare, poi, che solo i compensi maturati per l'attività del c.t.p. nominato ai sensi dell'art. 201 c.p.c. costituiscono spese giudiziali vere e proprie.

Non è così per le spese di assistenza stragiudiziale sul piano tecnico, al di fuori dei procedimenti costituenti per legge condizione per l'accesso alla tutela giurisdizionale dichiarativa, analogamente a quanto si osserva per le spese sostenute in relazione all'attività prestata da un legale in sede precontenziosa; esse, infatti, hanno natura di danno emergente (Cass., 10 luglio 2017, n. 16990). Peraltro, ai fini della liquidazione e della quantificazione del danno anche tali spese possono essere “decurtate”, ad es., perché ritenute superflue.

Muta – tuttavia – il criterio rilevante per tale valutazione. In quanto ciò deve essere valutato in relazione al raggiungimento di una più pronta definizione del contenzioso e dell'utilità per evitare il giudizio o per assicurare una tutela più rapida, chiarendo già in ambito stragiudiziale questioni tecniche (quantomeno) di una certa complessità (Cass., 10 luglio 2017, n. 16990). D'altra parte, la valutazione circa il carattere eccessivo o meno deve esse svolto sempre sulla base dei parametri stabiliti con decreto ministeriale ai sensi dell'art. 9, comma 2, d.l. n. 1/2012.

Analoghe considerazioni devono essere svolte riguardo all'attività svolta da consulenti di parte nominati anche nel corso del processo, ma al fuori dell'applicazione dell'art. 201 c.p.c. Perché tale attività non può essere messa in relazione all'esplicazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., pur essendo sempre possibile per le parti produrre in causa le cc.dd. perizie di parte, soggette al libero apprezzamento da parte del giudice (Corte Cost. 13 aprile 1995, n. 124).

La qualificazione dei compensi per il consulente di parte quale spesa processuale o meno, oltre ad essere rilevante in sé ai fini dell'applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., determina la possibilità di chiedere la ripetizione tramite una deduzione difensiva tecnica non soggetta a preclusioni (cfr., da ultimo, Cass., 8 settembre 2021, n. 24188). Mentre la possibilità di far valere i compensi per l'attività di assistenza in sede stragiudiziale, o comunque al di fuori di quanto previsto dal disposto dell'art. 201 c.p.c., rimane soggetta all'applicazione delle norme in tema di trattazione e istruzione della causa e alle relative preclusioni, del pari che ogni altro fatto rilevante ai fini della decisione sul merito nei giudizi risarcitori (Cass., 10 luglio 2017, n. 16990).

Dunque, dopo l'entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) le spese giudiziali per il c.t.p. possono essere dedotte fino alla rimessione in decisione (là dove ante riforma potevano essere fatte valere fino alla precisione delle conclusioni). Sul punto è richiesto che la parte abbia già sostenuto il connesso esborso, dimostrando di aver già provveduto al pagamento del compenso (Cass., 7 febbraio 2006, n. 2605), oppure quantomeno che venga prodotta idonea documentazione a supporto del fatto che sia sorta la relativa obbligazione, consentendo pure la quantificazione del dovuto, ad es., con la presentazione di una nota pro-forma.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.