Schiamazzi notturni post chiusura dei locali sotto casa? Il Comune deve risarcire i danni

Redazione Scientifica
31 Maggio 2023

Il Comune, essendo tenuto ad osservare il principio del neminem laedere, deve risarcire il danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni di rumore nella propria abitazione, prodotte da esercizi commerciali situati nelle vicinanze che, oltre l'orario di chiusura notturna, arrecano disturbo alla quiete pubblica.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso della coppia, in quanto la stessa PA è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza «nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno(artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l'appunto, un'attività soggetta al principio del neminem laedere» (Cass. n. 21993/2020; Cass. n. 25578/2020; Cass. n. 23436/2022; Cass. n. 27175/2022; Cass. n. 5668/2023).

Inoltre, la domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dagli attori a causa delle immissioni acustiche intollerabili, «non postula alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede soltanto la verifica della violazione da parte della PA del principio del neminem laedere e, dunque, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., per aver mancato di osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni quale condotta, connotata da c.d. colpa generica, determinativa di danno ingiusto per il privato».

Ne consegue che la circostanza che il primo giudice avesse predeterminato il facere del Comune convenuto, imponendogli alcuni comportamenti (tra cui l'adozione di provvedimenti discrezionali ed autoritativi) non impediva, però, «ogni diversa delibazione del giudice di secondo grado, coerente con la portata della domanda formulata dagli attori, che fosse volta ad imporre alla PA (non già le modalità di esercizio del potere discrezionale ad essa spettante, ma) di procedere agli interventi idonei ed esigibili per riportare le immissioni acustiche entro la soglia di tollerabilità, ossia quegli interventi orientati al ripristino della legalità a tutela dei diritti soggettivi violati».

Per tutti questi motivi, il Collegio accoglie il ricorso in oggetto, cassa e rinvia la pronuncia alla Corte d'appello di Brescia.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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