In due recenti sentenze (Consiglio di Stato, sez. V, n. 942/2022 e TAR Molise-Campobasso, n. 82/2023) i giudici amministrativi hanno nuovamente affrontato la questione delle cause di esclusione nelle gare di appalto in relazione alla esimente della regolarità fiscale, come disciplinata dal co. 4 dell'art. 80 e modificata dal Decreto semplificazioni 2020. Il tema è particolarmente interessante, anche per il coinvolgimento di istituti disciplinati dal diritto tributario: normativa questa, che presenta molte affinità con il diritto amministrativo ma che, comunque, se ne differenzia. L'equilibrio che il sistema giuridico aveva finora in qualche modo garantito nei casi di esclusione dalle procedure evidenziali per irregolarità fiscali, sembra essere messo in crisi dall'emanazione del nuovo Codice dei Contratti del 2023 che, per gli affidamenti sotto soglia, prevede ormai la eliminazione della procedura gara.
Il caso - Consiglio di stato, sez. V, 9 febbraio 2022 n. 942
Una recente sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato, annullando la decisione del TAR Puglia, Bari, Sez. II, n. 597/2021, ha dichiarato illegittima l'esclusione da una gara di appalto, per difetto del requisito della regolarità fiscale, in un caso in cui l'operatore economico, prima di partecipare alla procedura evidenziale, aveva presentato regolare istanza di rateizzazione, sebbene non ancora accolta dall' Ente erogatore. Questa pronuncia merita di essere segnalata per il fatto che i giudici di Palazzo Spada, superando il proprio precedente orientamento, non solo hanno rimarcato che l'istanza formale di rateizzazione è essa stessa un impegno vincolante tale da scongiurare l'applicazione della causa di esclusione, ma hanno altresì chiarito che la tempestiva presentazione dell'istanza di rateizzazione (formulata e notificata prima della partecipazione ad una gara di appalto) consente la partecipazione alla gara stessa, ancorché il procedimento sulla istanza di dilazione fiscale sia ancora “pendente”; e cioè a dire non sia stata accolta dall'Ente creditore prima della presentazione dell'offerta.
E' stato quindi affermato che l'art. 80, comma 4, ultimo periodo del d.lgs. n. 50/2016 - laddove prevede che l'impegno vincolante al pagamento sia “perfezionato” prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande - deve essere interpretato nel senso che tale perfezionamento possa dirsi compiuto con la trasmissione di una valida istanza di rateizzazione.
La ratio di questa condivisibile posizione si rinviene nella considerazione che sarebbe eccessivamente afflittivo, per l'operatore economico, subordinare la partecipazione dello stesso alla gara di appalto, a un evento - l'accoglimento della istanza di rateizzazione del debito fiscale - sul quale il concorrente non ha, di fatto, alcun potere di intervento e che ben può sopraggiungere anche a distanza di tempo dalla presentazione della istanza di dilazione.
Nello stesso senso si è pronunciato il TAR Molise-Campobasso con una recentissima sentenza, pubblicata quando il presente commento era ormai consegnato alla bozza definitiva (TAR Molise 21 marzo 2023, n. 82).
La regolarità fiscale quale requisito di partecipazione alla gara e le sue esimenti
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 942/2022 (sez. V), torna sulla questione delle cause di esclusione dalla gara di appalto in relazione alla regolarità contributiva e fiscale dell'operatore economico, questa volta affrontando il tema della rateizzazione di tali debiti alla luce della recente modifica legislativa intervenuta col decreto semplificazione del 2020 (1) il quale, nell'ultima parte del co. 4 art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, ha sostituito il termine “perfezionato” a quello, prima in uso, di “formalizzato”.
Tale disposizione recita: “il presente comma [ovvero la causa di esclusione per irregolarità tributaria e previdenziale] non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte e i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siamo perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”.
I giudici di Palazzo Spada interpretano qui le ragioni di tale modifica legislativa.
La regolarità fiscale rientra fra i requisiti c.d. di ordine generale che devono essere necessariamente posseduti dai soggetti che intendono instaurare un rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione. Il tema è annoso e particolarmente interessante e complesso, anche perché involge la natura del potere (discrezionale e/o vincolato) della Amministrazione in ipotesi di sussistenza della esimente di cui al suddetto co. 4 dell'art. 80, nel quadro dei rapporti tra due regimi disciplinari, quello amministrativo e quello tributario, i cui istituti, seppure nominativamente identici, assumono spesso una dimensione differente, in quanto riguardati attraverso lenti che sono tradizionalmente diverse (2).
Il dubbio interpretativo che ha chiamato in causa il Supremo consesso amministrativo è, ancora una volta, legato al momento del perfezionamento dell'impegno di pagamento cui si riferisce la suddetta norma, ovvero se debba intendersi sufficiente una valida istanza di rateizzazione o se, invece, sia necessario che l'istanza sia accolta dall'Ente creditore.
Sgomberato il campo da questioni non centrali rispetto a quella principale sottoposta alla sua attenzione (3) il Collegio, dopo aver rimarcato che, per giurisprudenza consolidata, anche l'istanza di rateizzazione, sempre che sia tempestiva, costituisce impegno vincolante ai fini della applicabilità della esimente contenuta nell'art. 80 co. 4 Codice dei Contatti, ritiene di dover accogliere l'appello della società esclusa in virtù dell'adesione ad una interpretazione più elastica, nel quadro di un contrasto esegetico che si era già registrato nella prima versione del d.lgs. n. 50/2016, evidentemente perpetuatosi dopo le modifiche apportate al co. 4 dell'art. 80 dal d.l. n. 76/2020 (4).
Nel breve excursus sulla evoluzione del dettato normativo, il Collegio spiega come il decreto semplificazioni non abbia affatto variato, nella sostanza, i termini della questione: già prima delle modifiche del decreto Semplificazioni 2020, la norma richiedeva che l'impegno vincolante, ai fini della esimente di cui al co. 4 dell'art. 80 (esclusione per irregolarità fiscali), fosse “formalizzato” anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande (5).
La giurisprudenza amministrativa, chiamata ad interpretare tale disposto normativo, si era però attestata su posizioni contrapposte. Ad una lettura rigida della norma, per la quale solo con l'accoglimento dell'istanza di rateizzazione potevano dirsi “formalizzati” il pagamento o l'impegno vincolante, si contrapponeva una lettura più elastica, secondo cui tale formalizzazione si sarebbe perfezionata anche con presentazione della sola istanza di rateizzazione, purché inoltrata prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte di gara. La norma è stata poi modificata dal decreto semplificazioni che, al termine “formalizzati”, ha sostituito quello di “perfezionati” (6).
La rilevanza di questo arresto sta nel fatto che i giudici di Palazzo Spada affermano che la locuzione “perfezionamento” utilizzato dall'art. 80 debba essere riferita all'impegno vincolante e non alla procedura amministrativa che conduce alla dilazione dei termini di pagamento; in quest'ottica, il perfezionamento può dirsi regolarmente compiuto con la sola trasmissione di una valida istanza di rateizzazione (7).
Scendendo ancor più nel dettaglio, la sentenza si interroga sulle ragioni che hanno spinto il legislatore a modificare la norma con il decreto semplificazione del 2020, il quale è intervenuto su due fronti: da un lato ha esteso le situazioni di inapplicabilità della causa di esclusione per irregolarità fiscali anche alla integrale estinzione del debito, oltre che alla assunzione dell'impegno vincolante al pagamento nonché al pagamento stesso; dall'altro ha disposto la sostituzione terminologica anzidetta.
A giudizio del Collegio proprio questa duplice contestuale modifica induce a ritenere che l'utilizzo del termine “perfezionati”, in luogo di “formalizzati”, si sia resa necessario “per comprendere, con unica locuzione verbale l'esito richiesto (come necessario all'ammissione) di tutte le vicende prima richiamate”, ovvero del “pagamento”, dell'“impegno vincolate” e dell' “estinzione”.
Ma non solo. Chiarisce ulteriormente il Collegio che “la modifica normativa non è, invece, ragione decisiva per dire ora necessario, per volontà di legge, che all'impegno vincolante assunto dal debitore segua l'accettazione dell'ente creditore”. Ed è ancora per questo motivo che l'utilizzo del termine "perfezionati" (al posto di “formalizzati”) non è ritenuto di ostacolo ad una interpretazione della norma in senso per così dire elastico, sulle orme di pronunce già intervenute in vigenza del testo originario del d.lgs. n. 50/2016 (8), nelle quali, cioè, era stata già affermata la sufficienza della sola presentazione dell'istanza formale di rateizzazione al fine di scongiurare la esclusione dalla gara per irregolarità fiscali, ferma restando, l'anteriorità dell'istanza alla scadenza del termine di presentazione delle offerte.
Tutto ciò in ossequio al principio del favor partecipationis, che permea la disciplina contrattuale pubblica. La sentenza si sofferma, quindi, sulla considerazione che, condizionare l'ammissione alla gara al fatto dell'accoglimento della istanza di rateizzazione, significherebbe far dipendere la sorte dell'impresa nella procedura evidenziale da un evento, la conclusione di quel procedimento amministrativo, sul quale il terzo non ha alcun potere di intervento.
Ora, in disparte le considerazioni sulla opportunità di un comportamento diligente, in termini di proattività e tempestività, da parte dell'operatore economico nel rapporto con gli enti pubblici, i giudici osservano compiutamente come nulla esclude che potrebbero verificarsi in ogni caso impedimenti o rallentamenti nel procedimento amministrativo sulla istanza di rateizzazione, finanche regolarmente presentata. Infatti, se è vero che la logica sottesa alla previsione della automatica esclusione dalla gara in presenza di violazioni contributive e tributarie “gravi” sia quella di disincentivare e scoraggiare tali condotte anche nell'operatore economico, è altrettanto vero che proprio la esimente prevista al co. 4 dell'art. 80 restituisce una forte leva incentivante all'adempimento di obblighi fiscali, considerato che il suddetto requisito generale deve essere mantenuto per tutto il corso della procedura, compresa la fase di esecuzione del contratto (artt. 80, 83 e 84 Codice Contratti). Con l'effetto che il suo venir meno (ad esempio, per mancato regolare pagamento delle rate) comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione e, automaticamente, la vanificazione di ogni possibilità di continuare il rapporto pubblicistico. Si vede bene, quindi, come la norma, interpretata in questi termini, opera benefici in una duplice direzione: sia nell'interesse del concorrente economico, sia nei confronti della collettività.
I due presupposti della esimente ex co. 4 art. 80 d.lgs. n. 50/2016
La sentenza in rassegna si inserisce nel quadro più generale dei presupposti per l'ammissibilità alla procedura concorsuale dell'operatore economico, anche nel caso in cui lo stesso abbia debitorie pendenti di natura impositiva o contributiva; e, ciò, sia che queste riguardino la fiscalità nazionale sia che riguardino quella locale. Rispetto agli obblighi impositivi e previdenziali cui è tenuto l'operatore economico che voglia partecipare ad una competizione evidenziale, il co. 4 dell'art. 80 del D.lgs. n. 50/2016 vincola il potere di esclusione della stazione appaltante a due presupposti: la gravità delle violazioni e la definitività del relativo accertamento.
La gravità della violazione
La “gravità della violazione” cui è riferimento nella norma in commento, è certamente un concetto giuridico indeterminato (9) che tuttavia la fonte normativa primaria ha “oggettivizzato” attraverso il rimando ad una fonte normativa subordinata, che nel caso di specie ha fissato il limite massimo di tollerabilità della debitoria (quindi della violazione) a 5.000,00 euro; e ciò a prescindere dalla entità dello scostamento rispetto al limite di legge, come fissato, o dal valore complessivo dell'appalto (10). Rinvio, questo, definito “mobile” proprio in quanto la soglia del valore che determina la gravità della violazione è fissata dalla disposizione vigente in un segmento storico (11). È stato anche chiarito che la esiguità della violazione, in relazione al valore complessivo dell'appalto, non determina affatto una lesione del principio di proporzionalità (12)atteso che i principi di certezza del diritto e di concorrenza che presidiano l'intera materia dei contratti pubblici, ostano ad “interpretazioni adeguatrici o di buon senso”, soprattutto laddove il legislatore introduca limiti tassativamente individuati, per di più concernenti cause di esclusione, in ordine alle quali è pacifica la necessità di interpretazioni restrittive (13).
La giurisprudenza amministrativa ha pure escluso ogni contrasto dell' art. 80 co. 4 del Codice dei contratti con gli articoli 3,41 e 97 della Costituzione, in quanto la fissazione di una soglia di tollerabile inadempimento, invariabile e predeterminata, non può dirsi in assoluto lesiva né del principio di uguaglianza né di quelli di imparzialità e di buon andamento, di proporzionalità e di ragionevolezza (14). L'obiettivo del legislatore di assicurare l'integrità, la correttezza e l'affidabilità dei concorrenti, ben si concilia, quindi, con la definizione di un ambito entro cui l'irregolarità fiscale può essere tollerata, ovvero mediante la fissazione di un quantum debeatur predeterminato in maniera assoluta, oggettiva e certa, quali che siano le caratteristiche della procedura o del concorrente. Quello della regolarità fiscale costituisce, infatti, un requisito obbligatorio, costruito dal legislatore europeo in modo da escludere qualunque potere valutativo in capo alla stazione appaltante e limitare quello degli stessi Stati membri (15). Il richiamo dei giudici alla categoria dei concetti giuridici a contenuto indeterminato, ci consente di ricordare come la stessa attiene ad una particolare tecnica legislativa nella quale, al fine di individuare l'evento produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive il fatto stesso in maniera tassativa ed esaustiva - fissandone direttamente tutti i termini, mediante riferimenti determinati ed univoci - ma rinvia, per la sussunzione del fatto nella ipotesi normativa, alla attività di integrazione dell'interprete, attraverso l'utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici (ad es. la buona fede, la pericolosità, l'insalubrità, la bellezza d'insieme ecc.) (16). In altri termini, si tratta di una tecnica legislativa che garantisce la flessibilità dell'ordinamento giuridico (17), sia nel senso dell'adattabilità alle circostanze del caso concreto da decidere, sia nel senso del mantenimento di una sua attualità pur nel trascorrere del tempo (18); tecnica che però, in termini generali, non risulta scevra da profili di problematicità.
Utilizzata in molteplici campi del diritto, il profilo più problematico di questa categoria, nella disciplina amministrativa, è dato dall'ambito dei poteri del giudice amministrativo a fronte della applicazione che le amministrazioni possano fare di norme così formulate (19); ciò in ragione del fatto che, con particolare riferimento al settore disciplinare del diritto, l'applicazione delle disposizioni espresse mediante l'utilizzo di concetti giuridici indeterminati non è attuato attraverso un mero processo di confronto dei caratteri del caso singolo con gli elementi previsti dalla fattispecie legale astratta, ma richiede, invece, da parte dell'amministrazione, l'esercizio di un potere ricostruttivo, al fine di individuare, nella specifica fattispecie concreta, le ragioni che ne consentano la riconduzione alle nozioni adoperate dalla norma. Questo spiega la stretta correlazione tra la categoria dei concetti giuridici indeterminati e quella della discrezionalità amministrativa, dacché attraverso l'esercizio del suo potere di discrezionalità tecnica l'amministrazione applica i concetti giuridici indeterminati (20). In altri termini l'interprete, in ogni singola valutazione, oltre a risolvere il caso sottoposto al proprio giudizio, partecipa in qualche modo alla stessa formazione del concetto e cioè alla sua progressiva definizione in rapporto al valore semantico del
Termine (21). Ed è proprio per evitare possibili derive dovute all'attività dell'interprete nella definizione della esimente di cui al co. 4 dell'art. 80, che il legislatore, in una materia tanto sensibile come quella degli appalti pubblici, ne ha opportunamente delimitato l'argine, stabilendo espressamente, seppur in via mediata, il limite oltre il quale la violazione debba essere, ex lege, considerata “grave”. Cosicché, la oggettivazione di un concetto giuridico indeterminato (22), sebbene possa suonare come una contraddizione in termini, appare quanto mai necessaria ai fini della conformità della disciplina del Codice degli appalti ai precetti costituzionali.
Cenni sul concetto di discrezionalità e vincolatezza nell'agire delle amministrazioni finanziarie
A tematiche non meno complesse, sotto il profilo della teoria generale, rimanda l'affermazione dei giudici amministrativi secondo cui la esiguità dello sforamento dalla soglia dei 5.000,00 euro non autorizza la stazione appaltante a considerare tale violazione come non grave (23).
In questo quadro si innesta la annosa questione della natura dei poteri dell'amministrazione, nella sua funzione discrezionale e vincolata; per di più in un settore, quello degli appalti, nel quale vengono ad intrecciarsi discipline appartenenti ad ambiti diversi del diritto - come, in questo caso, quello amministrativo e quello tributario - che hanno visioni parzialmente differenti degli istituti richiamati.
Non è questa la sede per affrontare argomenti tanto dibattuti e controversi, che purtuttavia meritano sintetici cenni.
Nel diritto amministrativo il potere discrezionale viene generalmente identificato a monte, per la compresenza di giudizio (ponderazione di interessi) e di volontà (scelta più opportuna e conveniente tra più soluzioni tutte astrattamente possibili) e a valle per la portata costitutiva dell'atto (l'atto produce effetti giuridici grazie al potere amministrativo). Il che comporta che, sotto il profilo genetico, gli effetti riportano sempre al provvedimento, quindi alla amministrazione.
Di contro, nel potere vincolato vi sarebbe solo il momento del giudizio, essendo la scelta effettuata a monte in distinta sede. La soluzione opzionabile da parte dell'amministrazione sarà, quindi, una e una soltanto e l'effetto prodotto è geneticamente da ricollegare alla legge (24).
Cionondimeno non manca chi sostiene che un esercizio del potere amministrativo è sempre necessario perché possa prodursi l'effetto giuridico prefissato aliunde e che, in realtà, l'atto vincolato finisce per avere sempre, al pari dell'atto discrezionale, anche una qualche efficacia costitutiva dell'effetto (25). Il che porta a ritenere ormai superata l'idea che, a situazioni giuridiche soggettive qualificabili come diritti soggettivi, corrisponda sempre e soltanto un potere amministrativo vincolato mentre, a quelle definibili come interessi legittimi un potere discrezionale. Ben potrebbe accadere, infatti, che un'attività vincolata della P.A. possa aversi tanto in situazioni di diritto soggettivo tanto in situazioni di interesse legittimo, dal momento che anche l'attività vincolata può essere diretta al perseguimento di un interesse pubblico, oltre che a un interesse privato (26).
La linea di demarcazione tra le antitetiche esplicazioni del processo decisionale amministrativo può pertanto rintracciarsi nella finalità perseguita dalla norma primaria che, se pubblica, qualificherà la situazione giuridica vantata dal privato come di interesse legittimo, a prescindere dal carattere formalmente vincolato o meno dell'attività amministrativa, e viceversa (27).
Ciò posto, se può affermarsi che nel campo disciplinare del diritto amministrativo le posizioni della dottrina e della giurisprudenza, con riguardo ai caratteri distintivi del potere pubblico nelle due declinazioni innanzi citate, si sono attestate in termini abbastanza pacifici, lo stesso sembra non possa dirsi con riguardo al settore disciplinare del diritto tributario.
Sebbene possa apparire pleonastico soffermarsi sulla tematica della natura degli atti dell'Amministrazione finanziaria, essendo il diritto tributario in buona parte occupato dall'azione autoritativa di quest'ultima, tuttavia è proprio in questo settore che si pongono i maggiori problemi sistematici, dal momento che all'interno delle funzioni dell'Amministrazione finanziaria i temi della discrezionalità e della vincolatezza, come osservato dalla dottrina, sembrano non essere stati adeguatamente valorizzati.
A tal proposito attenta dottrina, denunciando la vaghezza, la eterogeneità di posizioni, forse anche la confusione concettuale della dottrina tributarista sui temi della discrezionalità e della vincolatezza, ha sottolineato come, il tentativo di coniare una nozione di “discrezionalità tributaria” differente dalla discrezionalità amministrativa (e tecnica), stia a reclamare una sorta di autonomia sistematica in questo settore (28). In sostanza viene sostenuto che nella decisione tributaria non possa mai mancare il momento dell'apprezzamento (volitivo), e che la stessa attività interpretativa è sempre caratterizzata da profili di discrezionalità in quanto diversamente, si assume, il diritto sarebbe ridotto “da analisi di funzioni a commento di materiali legislativi, dottrinali e giurisprudenziali”. Per questa via è delineato un concetto particolarmente ampio di funzione discrezionale, intesa quale bilanciamento tra interessi, criteri interpretativi, parametri tecnici e valori giuridici (29).
Una delle principali ragioni di tale ritenuta trascuratezza - ovvero del fatto di non aver debitamente affrontato, in termini generali e sistemici, la tematica della natura dell'esercizio del potere da parte dell'Amministrazione finanziaria – sarebbe ascrivibile alla tradizionale quanto errata ricostruzione dei rapporti, tra amministrazione e contribuente, in termini di obbligazione tributaria che, pur con le varianti via via proposte, ha valorizzato un (per taluni) inesistente rapporto giuridico di tipo paritetico - con posizioni di credito e di debito - tra amministrazione e contribuente (30). Cosicché non sarebbe neppure corretto riferirsi al credito tributario per indicare esclusivamente la situazione giuridica di vantaggio dell'Amministrazione finanziaria. In realtà, la pretesa fiscale è ricavata dalla scomposizione dell'obbligazione tributaria nelle situazioni di debito e di credito e dalla considerazione della sola posizione attiva dell'amministrazione, rappresentata, appunto, come diritto di credito. Di crediti tributari può, invece, parlarsi con riferimento alle pretese dei contribuenti nei confronti dell'amministrazione finanziaria, cui corrispondono obblighi in capo a quest'ultima qualificabili, queste sì, come vere e proprie obbligazioni tributarie.
Un'altra ragione è stata, invece, quella di aver tradizionalmente ritenuto preponderante l'attività di accertamento (31), con il conseguente effetto di rappresentare la funzione impositiva come “unitaria” (32).
In ogni caso la dottrina assolutamente maggioritaria, muovendo dall' unicità strutturale della norma in ogni branca del diritto, ed al fine di evitare una frammentazione non necessitata delle categorie giuridiche, condivide la piena rapportabilità delle costruzioni elaborate nel diritto amministrativo al diritto tributario (33).
Le dilazioni di pagamento alla luce del Decreto aiuti (d.l. n. 50/2022): questioni aperte
Non meno interessante è poi il tema dell'istituto della dilazione fiscale e del relativo inquadramento sistematico.
L'ultimo decreto c.d. “aiuti”, il d.l. n. 50/2022 convertito in legge n. 91/2022 (34), ha modificato l'art. 19 del d.P.R. n. 602/1973 che originariamente aveva normato, in verità in modo piuttosto scarno, la materia (35) in combinato disposto con il D.M. Finanze n. 678/1994 il quale attualizzava, nel settore tributario, la legge sul procedimento amministrativo (36).
Pur senza alcuna pretesa di completezza, sarà sintetizzata la disposizione attualmente vigente che regola le dilazioni fiscali di pagamento al fine di ripercorrere la ricostruzione suggerita dai giudici di Palazzo Spada, in riferimento alla lettura proposta del nuovo co. 4 dell'art. 80 Codice dei contratti.
Va preliminarmente rammentato che i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati ai principi di collaborazione e buona fede (art. 17 L. n. 212/2017); che gli atti dell'Amministrazione finanziaria sono normalmente motivati (art. 7 L. n. 212/2017) e che l'Amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza, da parte del contribuente, degli atti allo stesso destinati (art. 6 L. n. 212/2017).
Si vede bene come questi principi sono fondamentalmente i medesimi che governano il procedimento amministrativo della legge n. 241/1990.
Tornando alle dilazioni finanziarie, disciplinate oggi in termini generali dall' art. 19 del D.p.r. n. 602/1978, in disparte l'aumento degli importi rateizzabili, è prevista una procedura differente a seconda che le somme iscritte a ruolo, per le quali sia chiesta la dilazione, siano, per così dire, sotto soglia oppure sopra soglia, ciò incidendo sul carattere del potere esercitato dalla P.A.
La norma prevede infatti che, fino all'importo di 120 mila euro, l'Amministrazione finanziaria è tenuta a concedere la dilazione delle somme iscritte a ruolo al contribuente che semplicemente dichiari di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica. Trattasi, in sostanza, di un'attività vincolata da parte della amministrazione, la quale non può esercitare alcun sindacato discrezionale, né tantomeno pretendere la prova documentale della situazione di decozione finanziaria come, invece, può fare allorché le somme iscritte a ruolo, ed oggetto di dilazione, siano superiori a tale importo per ciascuna richiesta. In altri termini, per iscrizioni fino all'importo massimo di 120 mila euro per ogni richiesta, la legge preveda un vero e proprio diritto del contribuente alla concessione della dilazione Quanto, invece, alla fase finale del procedimento, l' obbligo dell'amministrazione di concludere lo stesso con un provvedimento espresso - sebbene questo non sia stato sancito in una apposita disposizione, come prevedeva invece l'art. 6 del d.m. n. 678/1994 - sembra emergere piuttosto chiaramente proprio dalla lettura dell'art. 19) d.P.R. n. 602/1973 che, al comma 1-quater menziona gli effetti che scaturiscono dalla presentazione della istanza di rateazione («a seguito della presentazione della richiesta di cui al comma 1 e fino alla data di eventuale rigetto della stessa […] »), mentre alla successiva lettera c) dello stesso comma menziona, a certi effetti, «la data di accoglimento della richiesta».
Meglio sarebbe stato, evidentemente, se la norma si fosse espressa in termini di silenzio diniego, ovvero rispettando le categorie fissate dal diritto amministrato.
Tuttavia, la circostanza che tale disposizione non qualifichi il silenzio dell'amministrazione in senso provvedimentale (37), legittima anche un'altra e diversa lettura, ovvero che il comportamento dell'Amministrazione finanziaria possa assumere, in questo caso, la valenza di silenzio inadempimento, a fronte del quale il contribuente, decorso il termine di conclusione del procedimento, può attivare gli strumenti processuali avverso tale silenzio rigetto (38).
Rimanendo al caso trattato dalla sentenza qui in commento e, quindi, limitando l' analisi alle dilazioni sotto soglia (39) non sorgono dubbi sulla natura vincolata della funzione ivi esercitata dalla stazione appaltante, ma è questione aperta quella sulla natura dell'atto (di accoglimento o rigetto) emesso dall'Amministrazione finanziaria, dovendo chiarirsi se le dilazioni di pagamento possano essere ragionevolmente inquadrate - secondo le affermazioni della dottrina e della giurisprudenza tributaria - nella categoria generale delle “agevolazioni” ricorrendone, almeno logicamente, i presupposti (40).
Ma qui i concetti di “provvedimento di accoglimento” e, quello più ristretto, di “concessione”, riferiti al fenomeno agevolativo - inteso come atto terminativo del procedimento di verifica dell'Amministrazione (controllo ex ante) in ordine alla ricorrenza dei presupposti di fatto richiesti dalla legge - sono declinati in modo del tutto peculiare rispetto al diritto amministrativo: ovvero quali “decisioni amministrative, idonee a risolvere un potenziale conflitto di interessi circa la ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie legale” ; (41); rivestendo pertanto, tali concetti, carattere indubbiamente dichiarativo (42).
Posta in questi termini la questione, non può sfuggire come emergono indubbie similitudini con il fenomeno autorizzatorio contemplato nel diritto amministrativo (43).
Ed infatti, al pari di quanto accade nelle autorizzazioni amministrative, a seguito della istanza del contribuente l'Amministrazione procede alla verifica della ricorrenza dei presupposti in fatto, richiesti dalla legge per l'esercizio della facoltà individuata nella fattispecie generale ed astratta (44).
In questo modo è possibile cogliere anche le diverse morfologie che l'istituto della dilazione tributaria può assumere, a seconda che venga riconosciuta a seguito dell'esercizio di un potere vincolato ovvero discrezionale.
Nel caso di dilazioni “sotto soglia” il potere dell'amministrazione è vincolato e il fenomeno può essere inquadrato nella categoria delle autorizzazioni vincolate ricognitive (45)(ovvero di natura dichiarativa) in cui, cioè, la genetica dell'effetto è da rapportarsi all'istanza (rectius alla legge) e non già all'atto. Di contro, nel caso diverso di dilazioni “sopra soglia” (oltre i 120 mila euro), il fenomeno sarà inquadrabile nelle c.d. autorizzazioni costitutive, riconoscendo dunque all'atto terminativo connotati del tutto simili a quelli del provvedimento amministrativo vero e proprio, sebbene temperati, in questo caso, dal particolare valore che deve essere riconosciuto all'istanza.
Preme segnalare, a questo proposito, e per quanto di interesse nella breve e sommaria disamina qui svolta, come in virtù della mera portata ricognitiva dell'atto nell'un caso (dilazione sotto soglia), e dell'efficacia prenotativa dell'istanza nell'altro (dilazione sopra soglia), gli effetti dell'accoglimento dell'istanza di dilazione da parte dell'Amministrazione finanziaria, non potranno che retroagire al momento stesso della relativa presentazione, non residuando più alcun possibile conflitto con il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione, come consacrato nel Codice dei contratti pubblici per l'aggiudicazione dell'appalto (46).
La definitività dell'accertamento
Il secondo presupposto che vincola il potere di esclusione della stazione appaltante ex co. 4 art. 80 Codice contratti, è rappresentato dalla definitività dell'accertamento.
Rispetto alla previgente formulazione (art. 38 d.lgs. n. 163/2006), l'art. 80 ha innovato il concetto di “definitività” sotto due distinti profili: per un verso rinunciando ad ogni riferimento alla liquidità, esigibilità o certezza del debito e riconnettendo, piuttosto, tale requisito alla perdurante impugnabilità dell'atto; per altro verso introducendo una apposita condizione disapplicativa della causa di esclusione in discorso, in specie rappresentata dal pagamento integrale o dall'assunzione dell'impegno vincolante a pagare, purché “formalizzati” (ora “perfezionati”) prima del termine per la presentazione delle domande di partecipazione.
In particolare la norma prevede che la regolarità fiscale sussiste quando, alternativamente, a carico dell'impresa: a) non risultino contestate violazioni tributarie mediante atti amministrativi ormai definitivi per decorso del termine di impugnazione; b) in caso di impugnazione, la relativa pronuncia giurisdizionale sia passata in giudicato (47). Pertanto, nel caso in cui l'atto di accertamento sia divenuto definitivo per l'infruttuoso decorso del termine di impugnazione oppure per passaggio in giudicato della sentenza, l'impresa che partecipi ad una procedura ad evidenza pubblica deve essere esclusa per il mancato rispetto del requisito della regolarità fiscale exart. 80 d.lgs. n. 50/2016. È stato anche puntualizzato che a nulla rileva l'accordo sulla definizione della pretesa tributaria, tra la ditta concorrente e l'Agenzia delle Entrate, ove sia intervenuto successivamente al termine per la presentazione delle offerte.
Il punto è, allora, stabilire quando il requisito legislativamente posto possa dirsi avverato e, quindi, qual è l'atto amministrativo dalla notifica del quale far decorre il relativo termine per l'impugnazione: decorso il quale l'atto stesso diviene inoppugnabili e, quindi, il debito può dirsi definitivamente accertato.
A tal fine la giurisprudenza ha identificato tipologie di atti amministrativi che, divenuti inoppugnabili - perché non tempestivamente impugnati ovvero confermati all'esito di un giudizio - concretano la situazione di definitività dell'accertamento. Così è, ad esempio, per gli avvisi di accertamento (exart. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) e gli atti di contestazione di sanzioni amministrative (ex art. 16 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) e, nel caso in cui costituiscano il primo atto di esercizio della pretesa impositiva, anche le cartelle di pagament (48).
Non a caso, a norma di legge l'atto amministrativo da cui scaturisce l'obbligazione debitoria deve indicare, a pena di nullità, i dati di fatto e di diritto per i quali è richiesto un versamento, nonché la misura dello stesso e l'imponibile (art. 42 d.P.R. n. 600/1973 e art. 16 d.lgs. n. 472/1997). È rilucente allora come, atti quali la cartella di pagamento o l'ingiunzione di pagamento, altro non sono che meri strumenti di riscossione di una pregressa richiesta di pagamento di un debito tributario definitivamente accertato (49). Detto altrimenti, ciò che rileva ai fini della maturazione della definitività della posizione debitoria è solo e soltanto il momento della notifica dell'atto presupposto, che è rappresentato dall'avviso di accertamento o di altro titolo esecutivo, restando, quindi, assolutamente irrilevante il momento della notifica della cartella di pagamento o dell'atto di ingiunzione o, peggio, della mancata notifica di questi ultimi. Questo è quanto ha affermato la decisione del Cons. Stato, sez. V, n. 2397/2020che, aderendo ad un principio consolidato della giustizia amministrativa (50) ha ribadito come debba considerarsi definitivamente accertato il debito tributario per essere divenuto inoppugnabile l'avviso di accertamento (come pure l'atto di contestazione), senza che rilevi la mancata notifica di una conseguente cartella di pagamento. E ciò vale tanto più ora che l'avviso di accertamento ha efficacia impoesattiva (51).
Ne consegue la irrilevanza, ai fini che qui interessano, dell''accoglimento dell'istanza di rateizzazione, la quale non muta né la posizione del contribuente né quella dell'amministrazione; tanto ciò è vero che neppure nella norma richiamata dal co. 4 dell'art. 80 rileva il momento dell'accoglimento della suddetta rateizzazione (52).
La ragione per cui il legislatore ricollega l'effetto della esimente di cui al co. 4 alla presentazione dell'istanza di rateizzazione e non, invece, all'accoglimento della stessa è allora chiaro, e sta nel voler evitare che al contribuente possano derivare effetti negativi dovuti a problemi organizzativi tutti interni alla amministrazione, nonostante la dichiarata volontà di quello di onorare il proprio debito; mentre, dal lato dell'amministrazione, nulla cambia rispetto al credito da riscuotere, atteso che il contribuente può divenire inadempiente rispetto al correlato debito tributario oggetto di istanza di dilazione, anche nel caso in cui la stessa sia stata accolta (53).
Tributi locali
Ma c'è ancora un altro profilo sul quale la giurisprudenza ha ritenuto di dover far luce e che preme qui segnalare, ed è quello della applicazione della esimente di cui al co. 4 dell'art. 80, d.lgs. n. 50/2016 anche ai tributi di natura locali.
Posto che la ratio dell'art. art. 80 Codice contratti è di escludere dalla gara l'impresa che non offra una totale affidabilità, anche di tipo economico, sulla corretta esecuzione della prestazione oggetto dell'appalto, la giurisprudenza ha altresì chiarito che le gravi violazioni legate alla fiscalità possano ben derivare anche dall'omesso pagamento di tributi locali.
Infatti sotto il profilo sistematico non sembrano esservi differenze di natura tra i tributi nazionali e quelli locali. Tanto più che è proprio il disposto del citato art. 80 a porre sullo stesso piano i tributi locali e quelli nazionali allorché, con riferimento alla commissione di violazioni gravi da parte dell'operatore economico, richiama genericamente “imposte e tasse” “secondo la legislazione italiana”: ambito sistemico in cui rientrano, a pieno titolo, anche i tributi locali (ancora Cons. Stato, sez. V, n. 7789/2020, punto 5.3).
È stato ulteriormente chiarito che eventuali attestazioni dell'Agenzia delle Entrate, secondo cui non risultano violazioni definitivamente accertate a carico di un operatore economico, sono irrilevanti ai fini della esimente fiscale dell'art. 80 del Codice dei contratti in quanto le stesse, come già affermato dall'ANAC nel parere n. 295 del 1° aprile 2020, non ricomprendono i tributi locali, la cui gestione è di competenza esclusiva degli enti locali. Ne consegue che è rimesso alle singole stazioni appaltanti verificare e valutare la regolarità fiscale delle imprese concorrenti con riferimento al corretto pagamento di questi tributi, anche promuovendo forme di collaborazione ed interscambio dati con altri enti locali (54).
Cenni al rapporto tra la normativa tributaria e la legge sul procedimento amministrativo
Ancora oggi, benché l'attività dell'Amministrazione finanziaria sia ormai generalmente considerata come procedimentalizzata (55), non possono dirsi completamente superate le difficoltà di corretto inquadramento delle funzioni svolte da questa autorità. E, probabilmente, ciò risiede nel fatto che la funzione impositiva si compone di attività, quella conoscitiva e quella di accertamento in senso stretto, che sebbene siano funzionalmente collegate, hanno una propria autonomia, connotandosi il procedimento tributario in senso multiforme; stesso discorso vale per gli interessi pubblici perseguiti dalla Amministrazione finanziaria (56).
Senza azzardare di inoltrarci nell'insidiosissimo terreno dei rapporti tra la normativa tributaria (ed in particolare la legge n. 212/2000, Statuto dei diritti del contribuente) e la legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990) (57), ai fini della presente breve riflessione basta dire, anticipando le conclusioni, che la tesi che si ritiene qui di condividere è quella di una coabitazione tra questi due settori disciplinari (58). Il che comporta ricadute ed impatti di non poco momento almeno sotto due profili: uno è rappresentato dall'incidenza del principio di proporzionalità sull'esercizio dei poteri d'indagine tributaria, l'altro riguarda eventuali vizi del provvedimento (59) sulla stessa attività di controllo posta in essere dall'Amministrazione finanziaria.
Il principio di proporzionalità
In termini generali il principio di proporzionalità (60) rappresenta uno di quei principi la cui lesione disvela il difetto della funzione amministrativa, ovvero l'eccesso di potere; e che, secondo una certa definizione, altro non è che il risvolto patologico della discrezionalità (61).
Nel quadro dell'autonomia sistematica raggiunta dalle varie figure sintomatiche dell'eccesso di potere (62), particolarmente significativo è il rilievo assunto proprio da questo principio dopo la modifica dell'art. 1 della legge n. 241/1990 per mano della novella del 2005. La norma, statuendo la necessaria conformità dell'attività amministrativa anche ai principi dell'ordinamento comunitario, ha sostanzialmente positivizzato la figura dell'eccesso di potere, dal momento che il principio di proporzionalità è contemplato nella normativa europea, cui il suddetto art. 1) pure rinvia. È stato osservato che proprio il fondamento normativo di questa figura dovrebbe portare a concepire l'eccesso di potere quale risultanza di un giudizio “sintetico” e non più solo “sintomo”(come invece normalmente inteso) (63).
Quel che in questa sede interessa è però, in particolare, verificare quale impatto possono avere i principi generali dell'ordinamento giuridico nel suo complesso, sulle attività dell'Amministrazione finanziaria (64); attività che si presenta multiforme, composta com'è da momenti che, pur essendo tra loro collegati, reclamano una loro (pur relativa) autonomia non solo funzionale ma pure procedimentale.
Il riferimento è chiaramente alle attività di controllo e di accertamento.
Quanto alla attività di controllo (che sostanzia l'attività conoscitiva, ovvero ispezioni, verifiche, accessi ecc.) (65) essa è, per sua natura, caratterizzata dalla discrezionalità dell'amministrazione nell'esercizio della funzione, atteso che non è possibile prescindere, in questa fase procedimentale, da una vera e propria comparazione tra l'interesse pubblico alla conoscenza di circostanze su attività economiche dei cittadini e l'interesse privato alla riservatezza. Anzi. La dottrina ha messo in rilievo come, al di là del fatto che la legge lo preveda o meno, l'Amministrazione finanziaria - in virtù del principio di imparzialità (art. 97 Cost.)
- “è tenuta” a compiere valutazioni comparative dell'interesse primario con gli interessi rilevanti per il privato (66).
È chiaro, quindi, che come nel diritto amministrativo, anche nel diritto tributario l'Amministrazione finanziaria, nella propria attività discrezionale, dovrà rispettare principi e regole fissate dal diritto e, di conseguenza, anche il principio di proporzionalità (art. 12, l. n. 212/2000) (67). Il che significa che, a margine di questa attività, potrà residuare una certa libertà di scelta (il merito amministrativo) di esclusiva pertinenza della stessa P.A., insindacabile in sede giurisdizionale.
Nella attività di accertamento, invece, l'Amministrazione finanziaria è vincolata nella determinazione del tributo sia nell' an sia nel quantum , e ciò per ragioni che tradizionalmente vengono fatte risalire non solo alla c.d. riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Cost.), ma anche nel principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), oltre che al principio di non disponibilità della pretesa tributaria (68). È chiaro che in questo caso, non vi è ponderazione di interessi, poiché l'unico interesse da prendere in considerazione è l'applicazione del tributo in rapporto alla capacità contributiva.
La radicale differenza tra i due momenti dell'attività dell'Amministrazione finanziaria sta allora, proprio in questo; il che porta la dottrina a ritenere che meglio sarebbe evitare di traslare aprioristicamente la vincolatezza dell'accertamento sull'attività conoscitiva (69).
Le ricadute degli articoli 21-septies e 21-octies della legge n. 241/1990 sulla attività posta in essere dall'amministrazione finanziaria
Il secondo profilo cui qui interessa accennare riguarda le ricadute dei vizi del provvedimento (70) (artt. 21-septiese 21-octies della legge n.. 241/1990) sulla attività di controllo posta in essere dall'Amministrazione finanziaria.
Anticipando le conclusioni, possiamo dire che i principi contenuti in quelle norme della L. n. 241/1990 sembrano solo in parte applicabili al settore tributario.
Circa la applicabilità dell'art. 21 septies della legge n. 241/1990 (71) all'ordinamento tributario, non sembrano esservi particolari problemi, essendo la dottrina (72) e la giurisprudenza (73) tendenzialmente concordi in senso positivo (74). Infatti, sebbene limitate ad ipotesi assai rare o di scuola, sia il difetto assoluto di attribuzion (75), sia la mancanza di elementi essenziali dell'atto (76), sono situazioni che possono chiaramente prefigurarsi anche nel diritto tributario.
Più difficile è, invece, ritenere trasferibile nel settore tributario la disposizione contenuta nel secondo comma del citato art. 21-octies, a tenore del quale «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato»; e, ciò, per il regime di termini perentori e di conseguenti decadenze che ispira l'attività di imposizione tributaria, volto a garantire, come noto, tanto la tempestiva riscossione delle entrate, quanto la certezza del contribuente di non essere perseguibile oltre termini temporali precostituiti e ragionevoli (77).
A questo proposito non va sottaciuto che la disposizione determina un vero e proprio “depotenziamento” dei vizi formali e procedimentali, recependo sotto questo profilo la logica dell'“amministrazione di risultato”, il cui scopo è quello di accentuare la prevalenza della correttezza sostanziale dell'azione sulla sua pedissequa rispondenza allo schema formale di legge (78).
In tale prospettiva la disposizione risponde al criterio della c.d. “efficienza causale” del vizio sul contenuto dispositivo del provvedimento, per cui il provvedimento amministrativo vincolato non può essere annullato se, malgrado sia inficiato da vizi formali o procedimentali - anche derivanti da norme poste nell'interesse del privato, e quindi dotate di piena attitudine invalidante - sia in ogni caso corretto ed abbia raggiunto il risultato sostanziale voluto dall'ordinamento (79).
Alla luce di tutto questo è, allora, interessante verificare se l'art. 21 octies della l. 241/1990 sia o meno applicabile all'ambito del diritto tributario; e, quindi, più nel dettaglio, se sia applicabile all'attività di controllo - ovvero ai provvedimenti dispositivi delle indagini tributarie - e all'attività di accertamento - ovvero agli atti impositivi (80).
Quanto alla prima, appare evidente l'inapplicabilità dell'art. 21-octies comma 2, se solo si considera che la norma sul depotenziamento dei vizi formali e procedimentali ha un ambito di applicazione testualmente circoscritto ai soli provvedimenti vincolati. È chiaro che, costituendo i provvedimenti dispositivi delle indagini tributarie espressione di poteri discrezionali, questi non possono che essere esclusi dalla sfera di operatività della stessa norma (81).
Quanto, invece, all'attività di accertamento, la questione si presenta un po' più problematica e, ciò, nonostante gli atti impositivi costituiscano il risultato dell'esercizio di poteri senz'altro vincolati, ovvero, potenzialmente idonei a soddisfare i requisiti previsti dall'art. 21-octies, comma 2 (82). A tal proposito la dottrina tributaria ha contrapposto una pluralità di argomenti, tutti idonei ad escludere l'applicabilità della norma ai provvedimenti impositivi, o quanto meno a circoscriverne la sfera di operatività a casi molto marginali (83).
Una delle ragioni della (parziale) inapplicabilità dell'art. 21-octies, comma 2 alla materia tributaria è stata, ad esempio, individuata nel principio di specialità, che precluderebbe l'applicazione della norma nella misura in cui la stessa possa tradursi in un azzeramento delle garanzie formali e procedimentali previste dallo Statuto (84). Un'altra fa leva sul fatto che l'art. 21-octies circoscrive l'ambito di operatività del “depotenziamento” dei vizi formali e procedimentali a quegli atti che siano non soltanto “vincolati”, ma addirittura “palesi” nel contenuto, rilevando come i provvedimenti tributari, pur essendo atti vincolati, non raggiungerebbero mai un grado di incontrovertibilità fattuale e giuridica tale da renderli “atti meccanici” ed “autoesplicativi” e, dunque, da attrarli entro la sfera applicativa della norma (85).
Queste osservazioni sembrerebbero portare alla conclusione che sia la stessa natura processuale della norma ad ostare decisivamente alla sua estendibilità alla materia tributaria e, in particolare, ai provvedimenti impositivi (86).
Infatti, posto che, ai sensi dell'art. 1 co. 2 del D.lgs. n. 546/1992, il giudice tributario oltre ad applicare le norme di questo decreto, applica anche - “per quanto da esse non disposto e purché con esse compatibili - le norme del codice di procedura civile”, sembrerebbe doversi escludere in radice la possibilità di eterointegrare la disciplina del processo tributario tramite disposizioni della legge processuale amministrativa (87).
Ad ogni qual modo, anche abbracciando la contrapposta tesi della legittima integrazione analogica - ovvero la integrazione della disciplina del processo tributario (…) con le norme che del processo amministrativo ordinario (88) - per giustificare l'applicazione dell'art. 21-octies al processo tributario occorrerebbe che tale disciplina fosse lacunosa sul punto. Lacuna che, tuttavia, non sembra qui configurabile, posto che il Giudice tributario, anche a fronte di provvedimenti sostanzialmente corretti ma viziati nella forma o nel procedimento, in mancanza di una norma ad hoc come l'art. 21-octies comma 2, ben potrà (e dovrà) apprestare il rimedio “ordinariamente” previsto dall'ordinamento (anche costituzionale) per la tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti amministrativi illegittimi, vale a dire la tutela di annullamento (89), salvo ovviamente che il vizio formale o procedimentale dia luogo a mera irregolarità (90).
Questo ragionamento convince, oltretutto, anche in considerazione del fatto che, come è stato evidenziato, la logica di “risultato” sotteso all'art. 21-octies co. 2 può forse attagliarsi ai provvedimenti “ampliativi”, mentre manifesta notevoli limiti allorché vengano in rilievo provvedimenti “limitativi” della sfera giuridica dei privati, rispetto ai quali l'annullamento dell'atto appare idoneo ad offrire una concreta utilità al ricorrente (91).
Alla luce dei principi fin qui illustrati, si può, pertanto, escludere l'applicabilità dell'art. 21-octies, comma 2 non soltanto ai provvedimenti d'indagine tributaria - che in quanto espressione di poteri discrezionali sono di per sé testualmente esclusi dall'ambito di applicazione della norma - ma anche ai provvedimenti impositivi.
La sentenza TAR Molise, Campobasso, n. 82/2023
Quando la presente stesura è perfezionata, viene pubblicata la sentenza del Tar Molise – Campobasso n. 82 del 21 marzo 2023 (Presidente N. Gaviano - Estensore M. Scalise) (92), che presenta caratteri di continuità logica con le riflessioni sinora svolte.
Nella vicenda oggetto del contenzioso giudiziario, l'aggiudicazione definitiva era stata impugnata dalla ricorrente sulla base di due motivi: il primo riguardava la violazione del co. 4 dell'art. 80 codice contratti; il secondo l'anomalia dell'offerta. Il Tar Molise, ritenendo assorbito quest'ultimo, ha invece diffusamente argomentato sul primo motivo, accogliendo tutte le eccezioni della società ricorrente.
Le motivazioni della sentenza ripercorre, con estrema chiarezza ed incisività, alcune delle riflessioni tratteggiate in questo scritto.
In particolare, su questo punto, il Tar Molise, richiamando arresti del supremo giudice delle leggi (93) nonché della giustizia amministrativa (94) ha rimarcato come «costituisce preciso onere del soggetto la cui esclusione sia in discussione, dimostrare che, prima delle cartelle esattoriali, non gli siano stati notificati gli avvisi di accertamento presupposti. A tale conclusione - sottolineano ancora i giudici molisani - induce l'interpretazione logica e sistematica dell'art. 80, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016, che riconduce le “violazioni gravi, definitivamente accertate” agli “obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse…”, e lega il loro definitivo accertamento alla definitività degli atti amministrativi e delle sentenze che accertano le dette violazioni».
Ha altresì precisato che «Per questa ragione la definitività della violazione fiscale non può che essere riferita alla irrevocabilità dell'atto che accerta l'an e il quantum della pretesa tributaria e dà conto del suo mancato adempimento. In questo senso, ribadito che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili, “quest'ultima condizione di pagamento è data per verificata con la notifica della cartella esattoriale” (Cons Stato, sez. V, n.1783/2016)».
Infine, l'arresto sottolinea come: «Al momento della notifica delle cartelle di pagamento, quindi, in difetto di prova contraria, i sottostanti accertamenti tributari devono ritenersi ormai definitivi, in quanto incorporanti pretese tributarie già consolidatesi in favore dell'Amministrazione finanziaria e riflettenti “violazioni fiscali definitive” ai sensi dell'art. 80, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016, che come tali legittimano l'esclusione del concorrente».
Conclusioni
Il 31 marzo 2023 è stato pubblicato, in Gazzetta ufficiale, il d.lgs. n. 36 “Codice dei Contratti pubblici in attuazione dell'art. 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici” (95).
Per quanto qui di interesse, il nuovo Codice al co. 6 dell'art. 94 riproduce, nei medesimi termini, la disposizione del co. 4 dell'art. 80 del d.lgs n. 50/2016; e, tuttavia, è proprio il nuovo articolato normativo, letto nel suo complesso, a sollevare non poche perplessità (96).
Nel regime del d.lgs. n. 50/2016 la questione della regolarità fiscale, ivi incluso l'accertamento sul versamento dei tributi locali - come affrontata e risolta dai giudici amministrativi - ha rimarcato l'importanza del sistema evidenziale: grazie all'istituto dell'accesso agli atti, è stata infatti finora possibile la emersione di situazioni di illegalità che spesso possono sfuggire alle verifiche della stazione appaltante; e, ciò, a prescindere dal valore dell'affidamento.
Situazioni che invece adesso, con riguardo agli affidamenti sottosoglia - “liberati” dal giogo della formalità di una procedura di gara intesa in senso canonico - rischiano di non poter più essere neppure rilevate dall'autorità giudiziaria chiamata, dal concorrente non aggiudicatario, a vegliare sul buon andamento della pubblica amministrazione e sulla tutela della concorrenza.
Il sistema della messa a gara, posto a garanzia dei suddetti principi, è stato infatti rivisto dal nuovo Codice che, almeno per gli appalti contemplati nell'art. 50 d.lgs. n. 36/2023, prevede l'affidamento diretto o la procedura negoziata senza bando.
È chiaro che, in questo modo, viene ad essere sterilizzata la vigilanza attiva da parte sia della stazione appaltante sia dell'operatore economico, seppure oggi reciprocamente avvinti da un nuovo principio c.d. di “fiducia” (art. 2). Principio, questo, che se in termini generali è deputato a favorire e valorizzare l'iniziativa e l'autonomia dei pubblici funzionari nelle valutazioni e nelle scelte per l'acquisizione e l'esecuzione delle prestazioni secondo il “principio del risultato” (art. 1), nel caso degli affidamenti sottosoglia, vede, ad avviso di chi scrive, il suo valore decisamente depotenziato.
Il che non sembra coerente con la ratio della norma, se è vero, come è vero che il principio del risultato - il quale sostanzialmente impone alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di pervenire all'affidamento del contratto e alla sua esecuzione con la massima trasparenza e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo - deve sempre, ed in ogni caso, essere perseguito “nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, come pure espressamente la norma richiede.
Azzardando un giudizio prognostico, verrebbe da dire che la soluzione offerta dal legislatore del 2023 potrebbe, all'atto pratico, non risultare pienamente efficace, ed in ogni caso desta legittime perplessità in termini operativi.
L'art. 50 del nuovo Codice prevede, infatti, che presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici opererà il c.d. “fascicolo virtuale dell'operatore economico” il quale dovrà garantire la verifica dell'assenza delle cause di esclusione, tra cui anche quelle delle violazioni gravi definitivamente accertate (art. 94 d.lgs. n.36/2023).
Come noto, il fascicolo virtuale (Fvop) - operativo presso la Banca dati dell'ANAC già dall'8 novembre 2022 - deve contenere, tra gli altri, i dati relativi alla regolarità fiscale dell'operatore economico. A stabilirlo è l'art. 5 della delibera ANAC n. 464 del 22 luglio 2022 (97), che ha reso obbligatorio l'uso di tale strumento al precipuo fine di facilitare la verifica dei requisiti di partecipazione agli appalti pubblici.
Tuttavia, è proprio riguardo a questo particolare requisito che si pone il problema che ha dato scaturigine al contenzioso insorto dinanzi ai giudici amministrativi nelle sentenze in commento, ed in particolare in quella dinanzi al TAR Molise. Infatti, tra la documentazione e i dati che il suddetto art. 5 impone agli Enti certificanti di mettere a disposizione, attraverso adeguati sistemi di cooperazione applicativa, è annoverata sì la “comunicazione di regolarità fiscale”, ma solo quella fornita dalla Agenzia delle Entrate.
A questo proposito, l'ANAC - in ragione della fondamentale importanza di tale condizione per la legittimità degli affidamenti ed in mancanza di una norma che oneri la stazione appaltante ad acquisire comunicazioni ulteriori rispetto a quella della Agenzia delle Entrate (ricavata tramite AVCPass) (98) – nel parere n. 295 del 01.04.2020, dopo aver chiarito che il regolare versamento dei tributi locali rappresenta anch'esso un requisito imprescindibile ai fini della ammissione alla gara di appalto, ha stabilito che siano le singole stazioni appaltanti a dover valutare tale requisito, anche promuovendo forme di collaborazione ed interscambio dati con altri enti locali, per controllare la regolarità di imprese non del luogo (99). In questo modo è garantita la correttezza delle informazioni ai fini della aggiudicazione.
Nel regime del Codice dei contratti del 2016, quindi, è stato possibile salvaguardare la legittimità degli affidamenti da violazioni delle norme sulla fiscalità locale, grazie alla combinazione di due fattori: sistema di gara - collaborazione tra amministrazioni.
Strada non più percorribile, ora, alla luce delle nuove disposizioni del d.lgs. n. 36/2023, almeno per gli affidamenti sottosoglia.
Alla mancanza di richiami, nell'art. 5 della delibera ANAC n. 464/2022, alla regolarità fiscale locale si aggiunge, adesso, la semplificazione del sistema degli affidamenti per le gare sottosoglia. Il che significa escludere qualsivoglia possibilità di verifica in merito alla regolarità fiscale riferita ai tributi locali, sia da parte della stazione appaltante, sia da parte degli operatori economici concorrenti.
Ci si chiede, però, come si possa conciliare l'esigenza al rispetto, doveroso ed irrinunciabile, dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, consacrati anche dal nuovo Codice contratti (art. 1), con la semplificazione imposta, dallo stesso Codice, al sistema delle gare sottosoglia, atteso che non sembra percorribile la strada del conseguimento del “risultato” prescindendo dal rispetto dei principi presupposti.
Né può trascurarsi l'importanza che verrebbe ad assumere il suddetto fenomeno in una situazione, come quella italiana, in cui il territorio è composto per il 69% circa da piccoli comuni (con popolazione compresa tra mille e tremila abitanti, ovvero il 17% della popolazione nazionale) e le gare che potranno essere assegnate senza avviso pubblico (perché sotto i 5 milioni di euro) sfiorano il 98%, come denunciato dal presidente dell'ANAC all'esordio del nuovo codice (100).
Questa smagliatura nel sistema di affidamento degli appalti, così ridisegnato dal nuovo Codice del 2023, andrebbe forse ricucita prima della sua applicazione (101), magari integrando proprio le comunicazioni contenute nel Fvop; e, ciò, per evitare che semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa vadano, ancora una volta, a discapito della legittimità delle scelte azionate nell'interesse generale.
Note
(1) D.l. 16 luglio 2020n. 76/2020, conv. in L. 14 settembre 2020 n. 120
(2) A. GUIDARA, Discrezionalità e vincolatezza nell'amministrazione finanziaria, in Lexunic.it 2019 pag. 4 e segg, sulle attività dell'Amministrazione finanziaria (differenti per tipologia e natura), e con particolare riferimento a quelle di accertamento e riscossione (che sono tipiche del diritto tributario), afferma che la discussione tra discrezionalità e vincolatezza è intranea al diritto tributario. Sul tema della natura discrezionale e vincolata dell'atto amministrativo, si rinvia in diritto amministrativo si segnala M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, pag. 66 e segg.; A.PIRAS, voce Discrezionalità amministrativa, in Enc.Dir., XIII, Milano, 1964, pag. 22 e segg.; per lavori più recenti doveroso è certamente il rinvio a R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, pag.72 segg.; F. G. SCOCA, L'interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017, pag. 432 segg.. Sia inoltre consentito citare M. DIFINO, Discrezionalità amministrativa- autonomia privata, autorità-consenso, potere-rapporto: diadi a confronto, in www.federalismi.it 2021. Sul controllo giurisdizionale degli atti amministrativi, si rinvia a V.VISONE, La riedizione del potere della pubblica Amministrazione a seguito della sentenza di Annullamento, in www.camminodiritto.it 2021. In diritto tributario, invece, si segnala cfr. R. LUPI, voce Discrezionalità (Dir. Trib.), in Enc.Giur. Il Diritto, V, pag. 452 e segg; F. GALLO, voce Discrezionalità nel diritto tributario, in Enc.Dir. Agg. III, Roma, pag. 2 e segg; G. MELIS, L'interpretazione nel diritto tributario, Milano 2003, pag. 117 e segg; M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezionalità nel diritto tributario, Napoli, 2018, pag.18 e segg.
(1) I giudici di Palazzo Spada in primo luogo chiariscono che, nella fattispecie, la questione non verte affatto sulla valenza del DURC negativo, ovvero se lo stesso sia di per sé causa di esclusione della procedura di gara; e, ciò, nonostante l'operatore economico abbia egli stesso dichiarato, alla stazione appaltante, la propria condizione debitoria, rispetto alla quale si sia impegnato al pagamento con istanza di rateizzazione regolarmente presentata prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, come fissato dal bando di gara (Sent. n. 5.2). Dipoi, fatta una breve digressione sulla decisione dell'adunanza plenaria (Cons. Stato, Ad. Plen., giugno 2013, n. 15), intervenuta dieci anni prima e richiamata dagli appellati (Anas, Inps e parte controinteressata), ne evidenziano la non utilità ai fini del giudizio pendente, osservando come, non solo a quell'epoca il quadro normativo di riferimento fosse diverso - non contemplando, l'art. 38 co. 1 lett. g) del d.lgs. n. 163/2006, alcuna esimente, e men che mai quella dell' impegno di pagamento dei debiti in caso di irregolarità tributarie e contributive, come invece la norma ora prevede - ma, soprattutto, chiarendo che l'Adunanza Plenaria, in quel caso, era stata chiamata a risolvere un contrasto giurisprudenziale determinato dalla diversa interpretazione della locuzione “definitivamente accertata” contenuta in quel dettato normativo. Proprio per questo il supremo consesso amministrativo aveva concluso affermando che la istanza di rateizzazione, purché proposta entro il termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, determinava l'ammissione alla gara di questo operatore economico a condizione, però, che tale istanza fosse stata accolta. Sottolinea la sentenza n. 942/2022 qui in commento, come, invece, la questione esegetica che si pone nel caso di specie riguarda il senso da attribuire al concetto di impegno vincolante “perfezionato” (introdotto come detto nella norma a seguito della modifica di cui al d.l. 76/2020) a fronte di quello, in origine adoperato dal legislatore, di impegno vincolante “formalizzato” (Sent. n. 5.6). In dottrina, sui capisaldi argomentativi della sentenza della Plenaria cfr G.M.VARSI, La travagliata vicenda del soccorso istruttorio “a pagamento”: tra ripensamenti del legislatore e questioni di diritto intertemporale, in Dir. proc. amm., 2018, pag. 395 e segg.; R. COLAGRANDE, Il possesso continuato dei requisiti non è necessario in caso di scorrimento della graduatoria, in Lamministrativista.it, 2017, pag. 1 segg.
(4) Decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitali» (Decreto Semplificazioni),convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120.
(5) Sentenza n. 5.7 «(…) in precedenza, pertanto, la disposizione aveva il seguente tenore: “Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande” (…)».
(6) Comma 4, ultimo periodo, art. 80 Dl.gs n. 50/2016: «Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande. (comma modificato dall'art. 8, comma 5, lettera b), della legge n. 120 del 2020, poi dall'art. 10, comma 1, della legge n. 238 del 2021)(i fini dei periodi quinto, sesto e settimo, costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle stabilite dagli articoli 3 e 4 del d.m. 28 settembre 2022)».
(7) Sent. n. 942/2022, si legge: «n. 5.7. Nondimeno, anche nella vigenza del nuovo codice dei contratti pubblici, la giurisprudenza si è pronunciata, esaminando, tuttavia, il dato normativo, nella precedente formulazione, di cui subito si dirà, per la quale si richiedeva che l'impegno vincolante fosse “formalizzato” (e, dunque, non “perfezionato” come ora stabilito) prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande (la modifica legislativa si è avuta con l'art. 8 d.l. 16 luglio 2020, n. 76 conv. in l. 11 settembre 2020, n. 120 con applicabilità alle procedure indette alla data di entrata in vigore del decreto legge; in precedenza, pertanto, la disposizione aveva il seguente tenore: “Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”); gli esiti anche in questo caso non sono stati univoci: a fronte di un orientamento per il quale condizione di inapplicabilità della causa di esclusione dell'irregolarità contributiva e tributaria era l'accoglimento dell'istanza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1753, V, 19 febbraio 2018, n. 1028), altre pronunce si sono espresse nel senso della sufficienza della sola presentazione di istanza formale prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte in gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1753; V, 2 luglio 2017, n. 4039)». E, ancora, al punto « n. 5.8. Ritiene il Collegio che sia preferibile l'orientamento che consente all'operatore economico di partecipare alla procedura di gara con la sola presentazione di valida istanza di rateizzazione del debito tributario prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Militano in questo senso diverse considerazioni».
(8) Per intendersi, laddove la norma utilizzava il termine “formalizzati”.
(9) Cons. Stato, sez. IV, 9 dicembre 2020n. 7789(punto 4). Sulla definizione dei concetti giuridici indeterminati si rinvia M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019, pag. 120 e segg. In dottrina anche H. EHMKE «Discrezionalità» e «concetto giuridico indeterminato» nel diritto amministrativo, Napoli, 2011; S. PERONGINI, Teoria e dogmatica del provvedimento amministrativo, Torino, 2016, pag. 291 e segg., qui l'Autore, dopo aver affermato che «quando il legislatore conferisce un potere amministrativo configurandone i presupposti sulla scorta di un concetto giuridico indeterminato, è evidente che ha inteso devolvere all'amministrazione il potere di individuare i presupposto del potere amministrativo stesso», descrive nitidamente i momenti di questo processo in cui si articola la specificazione devoluta all'amministrazione; FERRERO, Concetti giuridici indeterminati e poteri discrezionali delle amministrazioni, in Riv. trim. dir. proc. amm., n. 3, Napoli, 2014; G. FALSITTA, Natura e funzione dell'imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”, in S. La Rosa (a cura di), Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, Milano, 2008, pag. 149 e segg.
(10) La fonte normativa è qui l'art. 48-bis co. 1 e 2 del DPR 602/1973. Così Consiglio di Stato, Sez. IV, 9.12.2020 n. 7789.
(11) Art. 48-bis co. 1 e 2 del DPR 602/1973 modificato dall'art. 1 co. 986 della L. n. 205/2017, che ha ridotto gli importi di cui al DPR n. 602/1973 da diecimila a cinquemila.
(12) Il tema è disciplinato anche a livello comunitario. A tal proposito, e per quanto di interesse, si riportano alcuni passaggi salienti dell'art. 57 della Dir. 2014/24/UE, che si pone a fondamento della disciplina italiana: «2. Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se l'amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza del fatto che l'operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del paese dove è stabilito o dello Stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere o possono essere obbligate dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura d'appalto un operatore economico se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l'operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali. Il presente paragrafo non è più applicabile quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe.” E ancora “5. Le amministrazioni aggiudicatrici escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2. Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere oppure gli Stati membri possono esigere che le amministrazioni aggiudicatrici escludano un operatore economico in qualunque momento della procedura qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui al paragrafo 4 ».
(13) Così Tar Lombardia, Milano, IV, 14 novembre 2022n. 2518. I giudici lombardi hanno infatti stabilito che la stazione appaltante, verificato il superamento, ancorché contenuto, della soglia limite fissata dall'art. 80 d.lgs. n. 50/2016, non avrebbe potuto operare valutazioni diverse dalla disposta esclusione di quell'operatore economico dalla procedura. In dottrina, A. ORSI BATTAGLINI, Attività vincolata e situazioni soggettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, pag. 3 segg.
(14) Questo principio è stato affermato dal TAR Campania, Salerno, Sez. I, 16 frbbraio 2021, n. 441(Sent. punto 4.4 pag. 18) secondo il quale non vi è lesione del “principio di uguaglianza, in quanto i partecipanti alla procedura sono tutti nella stessa posizione di concorrenti e pertanto tenuti ad assicurare la necessaria integrità essendo totalmente, … del principio di libertà di iniziativa economica, in quanto tale libertà incontra comunque il limite dell'utilità sociale e deve quindi esplicarsi nel rispetto dell'obbligo di concorrere alle spese pubbliche, posto dall'art. 53) della Costituzione, espressione del dovere di solidarietà sociale e finalizzato proprio alla realizzazione di quelle utilità sociali connesse alla spesa, del principio di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, in quanto la citata disposizione è volta ad assicurare che i soggetti pubblici contraggano con soggetti privati che svolgono la loro attività in ossequio alle disposizioni dell'ordinamento; del principio di proporzionalità e di ragionevolezza”. In dottrina G.MARGIOTTA- P.PORTALURI, Motivi di esclusione, in Garofali-Ferrari, Codice dei Contratti pubblici, VII, Roma, 2017, pag. 1340 e segg.
(15) Ancora TAR Campania, Salerno, Sez. I, 16 febbraio 2021, n. 441(Sent. punto 4.4.pag. 17). Sulla regolarità fiscale D. MENDOLA, La regolarità contributiva e fiscale nelle gare d'appalto, Milano, 2019.
(16) Così T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.10.2004 n. 1266
(17) P. CALAMANDREI, Opere giuridiche, VII, Napoli, 1976 pag. 87, osservava che l'interpretazione di norme elastiche costituisce «la parte più dinamica e attiva della giurisprudenza stessa, che qui, meglio che in ogni altra circostanza, adempie il compito di ringiovanire il diritto obiettivo e di adattarlo alle esigenze moderne».
(18) Pur non essendo questa la sede per ripercorrere l'evoluzione della categoria qui brevemente trattata, si ricorda soltanto che il dibattito intorno ai concetti giuridici indeterminati affonda le sue radici nella dottrina germanica dell'Ottocento (teorie elaborate dalla dottrina austriaca e tedesca del IXI secolo). Come è noto, fino al secondo dopoguerra, in ossequio alla logica liberale, la soggezione dei pubblici poteri alla legge era da intendersi in senso formale (principio di legalità formale): scopo del legislatore era quello di limitare il potere pubblico mentre lo strumento attraverso cui perseguirlo era la forma , ovvero la barriera eretta a garanzia dei deboli nei confronti deli forti (De Tocqueville). Lo Stato, in altri termini, si elevava a tutore e garante dell'ordine pubblico interno attraverso il diritto penale, mentre garantiva la certezza dei traffici economici attraverso il diritto civile. Dalla seconda metà del 900, con le Costituzioni dei valori, la legge non detta più semplicemente le forme che le amministrazioni devono osservare nel rispetto del principio di legalità, ma indica gli obiettivi da raggiungere; obiettivi che non possono essere cristallizzati in un testo normativo, ma necessitano di una forma generica, adattabile al periodo storico in cui la norma deve concretamente essere applicata. Tutto ciò è, allora, possibile solo attraverso il ricorso a concetti giuridici indeterminati, ovvero a sintagmi di natura valutativa che, essendo caratterizzati da una forte vaghezza e ambiguità di significato, consentono alla norma di mantenere una sua attualità, tanto da permettere una sua applicazione nel modo ritenuto migliore al raggiungimento dell'interesse pubblico in un certo momento storico. Su una interessante ricostruzione della categoria della discrezionalità e delle due contrapposte teorie “soggettiva” e “dell'unica decisione giusta”, si rinvia a E. FERRERO, Concetti giuridici indeterminati e poteri discrezionali delle amministrazioni, op. cit. pag. 759 e segg.
(19) S. VENEZIANO, Il controllo giurisdizionale sui concetti giuridici a contenuto indeterminato e sulla discrezionalità tecnica in Italia, in www.diritto.it, 24.10.2005.
(20) In Italia il primo ad aver studiato la tematica del potere discrezionale distinguendone le due fasi, quella intellettiva (di apprezzamento degli interessi in gioco, anche della di “giudizio”) e quella volitiva (della decisione finale, ovvero “volontà”) è stato M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, op.cit.. Ed è proprio nella prima fase, quella del giudizio, che rileverebbero i concetti giuridici indeterminati, dove l'amministrazione è chiamata a compiere un numero indefinito di apprezzamenti da cui non può sottrarsi.
(21) E. FABIANI, Norme elastiche, concetti giuridici indeterminati, clausole generali, «standards» valutativi e principî generali dell'ordinamento, in Foro It., 1999, I, pag. 3558 e segg.; E. FERRERO, Concetti giuridici indeterminati e poteri discrezionali delle amministrazioni, op.cit.. In termini più generali sulla questione dei concetti giuridici indeterminati e il potere dell'amministrazione, si rinvia a P. FORTE, Pubblica amministrazione ad eminenza scientifica e tecnologica. Riflessioni teoriche, in Istituzioni del federalismo, n. 4-2021.
(22) Sentenza del Cons. Stato, Sez. IV, n. 7789/2020 punto 4, richiamata alla precedente nota 9.
(23) Ancora Cons. Stat. Sez. IV, 9.12.2020 n. 7789 nonché TAR Campania, Salerno, Sez. I, 16. 02.2021, n. 441dove è ribadito che lasciata ai legislatori nazionali e non alle stazioni appaltanti la facoltà di la facoltà di prevedere deroghe alle esclusioni automatiche per irregolarità fiscale fissando in concreto un limite alla definizione del presupposto della gravità della violazione.
(24) Tuttavia la distinzione tra discrezionalità e vincolatezza va compiuta in concreto, avuto riguardo alle fonti che disciplinano il singolo potere o ne condizionano lo specifico esercizio. Infatti il vincolo all'esercizio del potere discende normalmente dalla legge, ma nulla esclude che possa discendere anche da fonti diverse, quali precedenti atti amministrativi (si pensi al provvedimento emanato in esecuzione di atti di programmazione e di indirizzo o di accordi ex artt. 11 o 15 della legge 241/90) o pronunce giurisdizionali (nel caso del riesercizio della potestà amministrativa conseguente ad una sentenza di annullamento di un atto amministrativo). E comunque, come già spiegato, tale distinzione non può essere enfatizzata, dal momento che possono aversi poteri vincolati in ambiti discrezionali e viceversa. Sul punto anche A. GUIDARA, Discrezionalità e vincolatezza nell'amministrazione finanziaria, op cit., pag. 8.
(25) Infatti, se l'amministrazione non agisce l'effetto non si produce. Per ottenere giustizia degli atti contra legem eventualmente emanati occorre l'annullamento del provvedimento costitutivo dell'effetto sfavorevole (non già l'accertamento giudiziale dell'inesistenza dell'effetto, come accade ove si fa questione di mero atto, cioè non costitutivo dell'effetto). Questo giustifica il fatto che il giudice, come per gli atti discrezionali e tranne pochissime ipotesi (essenzialmente l'ottemperanza), non può sostituirsi all'amministrazione e rendere gli stessi risultati. In dottrina si rinvia a F. FOLLIERI, Decisione e potere nell'atto amministrativo vincolato, in www.federalismi.it , 2017; P. VIRGA, Il provvedimento, Torino, 1979.
(26) Corte Costituzionale 16 aprile 1998 n. 127
(27) Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8, ove appunto si ribadisce che «anche a fronte di attività connotate dall'assenza in capo all'amministrazione di margini di discrezionalità valutativa o tecnica … occorre avere riguardo, in sede di verifica della natura della corrispondente posizione soggettiva del privato, alla finalità perseguita dalla norma primaria, per cui quando l'attività amministrativa, ancorché a carattere vincolato, tuteli in via diretta l'interesse pubblico, la situazione vantata dal privato non può che essere protetta in via mediata, così assumendo consistenza di interesse legittimo». Ciò che connota il provvedimento amministrativo, distinguendolo dai meri atti, da quelli preparatori o strumentali come anche dall'attività di diritto privato dell'amministrazione è, allora, l'idoneità di esso a modificare la sfera giuridica degli interessati prescindendo dal loro consenso, a regolare ex se l'assetto giuridico del destinatario e/o di eventuali terzi, ossia quella «fine sostanza di essere l'affermazione del momento dell'autorità» che già da tempo si individua come tratto comune dei provvedimenti, così M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, op.cit.; id., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993. Nello stesso senso F.G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 2000, pag.1045 ss. In diritto tributario si segnala L. PERRONE, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.) in AA. VV. Dizionario di diritto pubblico a cura di Cassese, Milano, III, 2006, pag.2003 e segg.
(28) A. GUIDARA, Discrezionalità e vincolatezza, op cit., pag. 10 e segg.
(29) R. LUPI, voce Discrezionalità, (Dir. Trib.), in Enc.Giur. Il Diritto, V, pag. 452 e segg.; Id., Società, diritto e tributi. Scienze giuridiche, discrezionalità e legislazione: profili generali e riflessi tributari, Milano, 2005, pag. 74 segg. dove si propone una accezione lata della discrezionalità, come ponderazione di interessi alieni afferente a qualunque tipo di scelta, la quale può emergere in tutti i campi del diritto e stare alla base di qualsiasi attività umana, compresa l'interpretazione (pp.86 ss., 224 ss.) da chiunque posta in essere, compreso il contribuente (laddove provvede ad autodeterminare le imposte da lui dovute: in particolare p.136 ss.).
(30) Sempre A. GUIDARA, Discrezionalità e vincolatezza, op.cit., pag. 9. Quello delle c.d. “obbligazioni tributarie” è un vero e proprio nervo scoperto, che provoca tuttora un acceso dibattito in dottrina, con posizioni determinate a ritenere, questa, una categoria “inesistente”, la cui qualificazione è considerata solo un “ingombrante feticcio” In questi termini S. LA ROSA, Accertamento tributario e situazioni soggettive del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2006, I, pag.743 e segg.. E, ciò, per la ragione che nel diritto tributario difficilmente può parlarsi di situazioni di debito e di credito che siano correlate tra loro, vale a dire in un rapporto obbligatorio (anche innestantesi nell'ambito di un procedimento amministrativo), dal momento che i rapporti tra contribuente e amministrazione sono connotati da profili che esulano dalle normali obbligazioni pecuniarie. Infatti l'amministrazione, a differenza del normale creditore, può azionare ex se le sue pretese, esercitando i poteri autoritativi di cui dispone (come è noto, essa determina l'esistenza di un eventuale debito, lo quantifica e lo riscuote, anche contro la volontà del “debitore”); inoltre, essa stessa punisce l'inadempimento del contribuente con l'applicazione di una sanzione (amministrativa), che non si riscontra nei normali rapporti di debito-credito. Non solo. Delle obbligazioni mancano connotati importanti come, ad esempio, la pariteticità, almeno sul piano formale, del “rapporto” tra le parti, constatandosi piuttosto una posizione formale (oltre che sostanziale) di supremazia dell'amministrazione. Manca, altresì, un interesse esclusivo o preminente del “creditore” alla prestazione e del conseguente potere di disposizione, giacché l'interesse dell' Amministrazione (o dello Stato-apparato) è servente rispetto all'interesse pubblico alla percezione dei tributi al punto che la stessa amministrazione, a differenza del normale creditore, non può sottrarsi dal far valere le sue pretese, come anche dal sanzionare eventuali comportamenti del contribuente difformi dalla legge, neppure laddove venga meno l'interesse di essa a conseguire la prestazione. Sull'argomento si rinvia a A. GUIDARA, La successione nelle situazioni soggettive tributarie, Milano, 2018, pag.48 e segg., C. GLENDI, L'oggetto del processo tributario, Padova, 1984, pag.143 e segg.
(31) Sebbene con le note dispute circa la natura dichiarativa o costitutiva di esso.
(32) S. ZAGA', Le invalidità degli atti impositivi, Padova, 2012; A. GUIDARA, Discrezionalità e vincolatezza, op. cit., pag.9.
(33) Su tali profili, in particolare, si veda M. VERSIGLIONI, Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001, pag 382 e segg.; F. GALLO, voce Discrezionalità nel diritto tributario, op.cit.; G. FALSITTA, Natura e funzione dell'imposta, op.cit. pag. 149; L. PERRONE, Discrezionalità e norma interna, op.cit. pag.10 e segg.. Alla discrezionalità tributaria, ma in linea con la concezione della discrezionalità invalsa nel diritto amministrativo, si riferisce pure M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezionalità. op. cit., in particolare pag. 1 e segg., 69 e segg., 168 e segg.
(34) D.l. 17 maggio 2022, n. 50, Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina. (22G00059), conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2022 n. 91.
(35) D.P.R.29 settembre 1973 n. 602, Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
(36) D.M. Finanze 19 ottobre 1994, n. 678, Regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo, relativamente ai procedimenti di competenza di organi dell'Amministrazione delle finanze, ivi compresi il Corpo della guardia di finanza e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
(37) La letteratura in tema di silenzio è sterminata. Tuttavia, solo per un inquadramento generale sul tema si rinvia a A. POLICE, Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A.Sandulli, Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017; M.A. SANDULLI, Silenzio assenso e termine a provvedere. Esiste ancora l'inesauribilità del potere amministrativo?, in Il Processo, n. 1/2022; G. MARI, L'obbligo di provvedere e i rimedi preventivi e successivi ai silenzi provvedimentali e procedimentali della P.A., in M.A. Sandulli (a cura di), Princìpi e regole dell'azione amministrativa, III ed., Milano, 2020; V. CERULLI IRELLI, F. LUCIANI, La semplificazione dell'azione amministrativa, in Dir. Amm., 2000; F.G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, 1971.
(38) Anzi. È proprio la precisazione di cui al co. 1-quater («a seguito della presentazione della richiesta di cui al comma 1 e fino alla data di eventuale rigetto della stessa») a far ritenere che si tratti di una ipotesi di silenzio inadempimento, che consente di agire avverso il comportamento illegittimo della P.A .
(39) A. GUIDARA, Dilazioni amministrative di pagamento, in M. Basilavecchia - S. Cannizzaro - A. Carinci (a cura di), Quaderni della rivista di diritto tributario la riscossione dei tributi, Milano, 2011, pag. 176 e segg; id, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010, pag. 190 e segg.; M. GOLISANO, La giurisprudenza in tema di regolarità fiscale e dilazioni di pagamento ex art. 19 d.p.r. n. 602/1973: la ormai improrogabile necessità di una rivisitazione critica alla luce del mutato contesto normativo, in Riv. giur.edil. fasc. 5-2019, pag. 455.
(40) Cass. n. 20788/2010 (ord.), secondo cui “trattasi all'evidenza, di una disposizione destinata a venire incontro alle necessità del debitore, per il quale rappresenta quindi un'”agevolazione”, che anche nel linguaggio comune ha, per l'appunto, il significato di aiuto, favore, facilitazione”. Non manca di segnalare talune criticità M. GOLISANO, La giurisprudenza in tema di regolarità fiscale, op.cit. pag. 455 e segg., in particolare nota 48.
(41) R. ZENNARO - F. MOSCHETTI, voce Agevolazioni Fiscale, in Dig. IV, Torino, 1987 pag. 19 e segg.
(42) In sostanza, nel fenomeno della dilazione tributaria l'Amministrazione sarebbe chiamata, alternativamente, o ad una mera verifica delle condizioni in fatto richieste dalla legge o, ad ogni modo, ad un limitato giudizio di opportunità. In dottrina sul punto cfr A. PACE, Le agevolazioni fiscali, profili procedimentali e processuali, Torino, 2012. Per un approccio in parte differente, cfr L. RASTELLO, Le agevolazioni tributarie concesse dalla finanza con poteri discrezionali, in Giur. Imp., III/IV, 1957, pag. 534 e segg.
(43) A questo proposito è stato ricordato come in verità la dottrina già dagli anni '60 aveva inquadrato le dilazioni tributarie all'interno della categoria generale dell' autorizzazione. Infatti dal Ranelletti le dilazioni vincolate erano fatte rientrare nella categoria delle autorizzazioni, in coerenza con la tradizionale teoria della “rimozione del limite al diritto”. E ciò proprio per il fatto che l'atto dell'Amministrazione rappresenterebbe, qui, un elemento accessorio del diritto soggettivo del contribuente e, più nel dettaglio, una condizione il cui verificarsi sarebbe necessario perché si renda attivo “quel diritto riconosciuto in partenza dalla norma”. Per quel che concerne le dilazioni concesse con poteri discrezionali, invece, questo A. le inquadrava nelle c.d. dispense la cui peculiarità sarebbe comunque stata rappresentata dal permanere in vita dell'originaria obbligazione tributaria, sebbene dilazionata. Sul punto cfr. M. GOLISANO, La giurisprudenza in tema di regolarità fiscale op.cit. pag. 455 e segg., che alla Nota 53 rinvia a R. Pomini, Note sull'attività discrezionale della pubblica amministrazione in materia tributaria, in Riv. dir. fin, 1962, pag. 227 e segg.
(44) Sulle autorizzazioni O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni, in Giur. it., 1898, pag. 21 e segg.; A. ORSI BATTAGLINI, voce Autorizzazione amministrazione, in Dig. Disc. Pubbl. online, 1987, pag. 1 e segg.
(45) R. VILLATA, Attività, atti e provvedimenti amministrativi, in AA.VV., Diritto amministrativo, II ed., II, Monduzzi, Bologna, 1998, 1392; A. ORSI BATTAGLINI, voce Autorizzazione amministrazione, op.cit., pag. 71
(46) «I requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all'aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell'esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità» così Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015 n. 8; principio ribadito da Cons, St., Sez. V, 18.08.2021 n. 5916 e, da ultimo, da TARPugliaLecce,Sez.III,18 gennaio 2022,n.72.
(47) Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2049.
(48) Così Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2020n. 2397la quale, al punto 5.2, richiama Cons. Stato, V, 8.04.2019, n. 2279; V, 27.07.2018, n. 1970; Cass., SS.UU., 14 maggio 2010, n. 11722).
(49) Anche il giudice delle leggi ha affermato che la cartella di pagamento, non essendo un atto del titolare della pretesa tributaria ma del soggetto incaricato alla riscossione, “costituisce solo uno strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale, cioè che non possiede […] alcuna autonomia che consenta di impugnarla prescindendo dagli atti in cui l'obbligazione è enunciata “(ex multis, Cass. SSUU, 8.02.2008 n. 3001). Ciò a conferma del fatto che è l'avviso di accertamento l'atto mediante il quale l'ente impositore notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente, a seguito di una attività di controllo sostanziale” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12.02.2018 n. 856).
(50) Cons. St., Sez. V, 14.12.2018 n. 7058 e Sez. V, 12.02.2018n. 856.
(51) I nuovi accertamenti assolvono al duplice funzione di atto impositivo e di atto della riscossione, da qui la denominazione impoesattivi. La natura impoesattiva o esecutiva degli accertamenti comporta, quindi, che non sarà più necessario notificare la cartella, ma lo stesso accertamento contiene contemporaneamente anche la cartella. Il che significa che, una volta notificati e spirati i termini, l'accertamento tributario è titolo per procedere direttamente al pignoramento. Per imposte dirette e Iva: d.l. 31.05.2010 n. 78 art. 29 co.1 ; per agli atti dell'Agenzia delle dogane: d.l. n. 16/2012 (conv. in l. 26.04.2012 n. 44) ; per i tributi locali: l. 27.12.2019 n. 160 art. 1 co. 792. In giurisprudenza si segnala Corte Cass. Sez. Trib., Ord. 17.01.2019 n. 1156/2019(Nota Giuseppe Di Nardo); Corte di Cass., Sez. VI-5, Ord. 19.09.2019 n. 23435.
(52) Ed infatti l'art. 19) Dpr 602/1973, per quel che concerne gli effetti ed in maniera peraltro del tutto coerente rispetto alla tipologia della funzione che, come si vedrà, caratterizza i ridetti istituti, distingue esclusivamente due momenti: il primo, individuato nella presentazione dell'istanza, relativo al già evidenziato blocco delle nuove azioni esecutive o cautelari; il secondo, individuato nel pagamento della prima rata, relativo all'estinzione delle procedure esecutive già intraprese.
(53) M. GIOVANNELLI, Partecipazione a gare di appalto e requisiti di regolarità fiscale, in Urb. e App., 2018, pag. 240 e segg.
(54) Così TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 23 luglio 2021, n. 2288
(55) L. DEL FEDERICO, Procedimento e codificazione dei vizi nell'identificazione dell'oggetto del processo tributario, in M. Basilavecchia – A. Comelli (a cura di), Discussioni sull'oggetto del processo tributario, Milano, 2020, pag. 39, ID., Tutela del contribuente e integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana, Milano, 2010, pag. 69 e 220 e segg.; C. CALIFANO, La motivazione degli atti impositivi, Torino, 2012, pag. 7 e segg; P. PIANTAVIGNA, Osservazioni sul “procedimento tributario” dopo la riforma della legge sul procedimento amministrativo, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2007, I, pag. 44 e segg.; P. SELICATO, L'attuazione del tributo nel procedimento amministrativo, Milano, 2001.
(56) Ferma la possibilità di invocare utilmente, anche in materia tributaria, il concetto di procedimento amministrativo propriamente inteso, è stato evidenziato come sia invece ben più arduo inquadrare le attività conoscitive dell'Amministrazione finanziaria, da un lato, e l'accertamento in senso stretto, dall'altro, entro un'unitaria sequenza procedimentale, in cui, secondo una certa impostazione diffusa in dottrina, le attività conoscitive assumerebbero carattere meramente strumentale, servente e preparatorio rispetto a quelle di accertamento. In dottrina si rinvia a S. LA ROSA, Caratteri e funzioni dell'accertamento tributario, in ID., Scritti scelti, II, Torino, 2011, 617 e ss., già in Dir. Prat. Trib., I, 1990; G. VANZ, I poteri conoscitivi e di controllo dell'Amministrazione finanziaria, Padova, 2012; F. GALLO, L'istruttoria nel sistema tributario, in Rass. Trib., 2009, pag. 25 e segg.
(57) In proposito parte della dottrina ha tuttavia ritenuto di escludere l'applicabilità generalizzata della Legge n. 241/1990 nell'ordinamento tributario, sostenendo che nella nostra materia esisterebbe già una legge generale di principi, vale a dire lo Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212/2000), che dunque rappresenterebbe “il fondamentale punto di riferimento per la regolamentazione dei procedimenti tributari”, così L. PERRONE, La disciplina del procedimento tributario, op. cit. Di altro e opposto parere invece M. BASILAVECCHIA, La nullità degli atti impositivi. Considerazioni sul principio di legalità e funzione impositiva, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2006, I, pag. 356 e segg. che osserva come, in realtà, le aree coperte dalle due discipline non sono sovrapponibili, se non in modo parziale ed episodico, giacché se è pur vero che lo Statuto dei diritti del contribuente pone una serie di indicazioni di principio destinate a condizionare i rapporti tra contribuenti e fisco, resta nondimeno certamente estranea a tale normativa l'idea di una disciplina compiuta ed organica sui procedimenti tributari.
(58) Si è sostenuto che, in materia tributaria, la Legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990) e lo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000) possano pacificamente coabitare e, ciò, “alla stregua di un singolare rapporto di specialità tra normative entrambe di carattere generale, delle quali, però, lo Statuto dei diritti del contribuente ha indubbiamente una valenza di regolamentazione settoriale”, M. BASILAVECCHIA, La nullità degli atti impositivi, op.cit., pag. 356, par. 1. Di talché, laddove lo Statuto non contenga alcuna specifica disciplina al “procedimento tributario”, potrà trovare applicazione, nei limiti in cui sia con esso compatibile, il corrispondente principio recato dalla legge generale sul procedimento amministrativo, cfr. D. MAZZAGRECO, I limiti all'attività impositiva nello Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2011, e, comunque, fatte sempre salve le specifiche esclusioni ivi previste in materia di istituti partecipativi. A questo proposito si ricorda l'art. 13, comma 2, della Legge n. 241/1990 che esclude dall'ambito di applicazione delle norme in materia di partecipazione al procedimento, proprio i procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano. Norma, questa, che da molti viene considerata come il principale ostacolo all'applicazione “generalizzata” del principio del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria. Sul punto, per tutti, si veda G.M. CIPOLLA, La prova tra procedimento e processo tributario, Padova, 2005, pag. 276. Rileva, qui, anche l'art. 24, comma 1, lett. b) della stessa legge, che esclude il diritto di accesso ai documenti amministrativi “nei procedimenti tributari”, anche qui facendo salve “le particolari norme che li regolano”. Tuttavia, posto che la giurisprudenza non esclude l'accesso agli atti dei procedimenti tributari ma semplicemente ne posticipa l'ammissibilità al termine del procedimento di accertamento (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4209/2014), secondo la dottrina dovrebbe allora rilevare anche l'ultimo comma dell'art. 24 della Legge n. 241/1990, a tenore del quale deve comunque “essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”, si rinvia a M. LOGOZZO, Il diritto ad una buona amministrazione e l'accesso agli atti del procedimento tributario, in M. Pierro (a cura di), Il diritto ad una buona amministrazione nei procedimenti tributari, Milano, 2019, pag. 171 e segg.
(59) Art. 21-septies e 21-octies disciplinanti rispettivamente la nullità e l'annullabilità del provvedimento.
(60) La dottrina ha precisato che il principio di proporzionalità, nella sua accezione più ampia e generale, implica che “ogni misura adottata debba essere «proporzionata» e, cioè, in grado di perseguire il fine prefissato, recando il minor sacrificio possibile a coloro che ne subiscono gli effetti”, A. SANDULLI, voce Proporzionalità, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, V, Milano, 2006, pag. 4643 e segg. E' stato anche detto che il sindacato di proporzionalità, nella sua formulazione più pura, risulta dalla combinazione di tre elementi (c.d. “teoria dei tre gradini”): l'idoneità, la necessarietà e la proporzionalità in senso stretto della misura amministrativa. Conseguentemente, affinché una misura amministrativa possa dirsi rispettosa del principio di proporzionalità, occorre anzitutto che la stessa sia effettivamente idonea al raggiungimento dell'obiettivo perseguito dall'Amministrazione; che sia necessaria per il raggiungimento di detto obiettivo (ovvero, nel caso in cui non sia disponibile nessun altro mezzo ugualmente efficace e suscettibile di determinare un minor sacrificio per la sfera del privato); che sia tale da non gravare in maniera eccessiva sull'interessato al punto da risultargli intollerabile (c.d. proporzionalità in senso stretto), D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, pag. 149 e segg.
(61) Definisce l'eccesso di potere quale “risvolto patologico della discrezionalità” E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2010, pag. 559, richiamato anche da M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezionalità nel diritto tributario, op.cit., pag. 39. Secondo un'altra fortunata definizione, invece, l'eccesso di potere è un vizio della funzione, intesa quest'ultima come “concretizzazione” del potere in un singolo provvedimento amministrativo, così F. BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rass. Dir. Pubbl., 1950, I, pag 29. Altra dottrina, ancora, definisce l'eccesso di potere quale violazione di uno di quei “limiti interni (…) della discrezionalità” allorché il provvedimento risulti emanato in vista di un fine diverso da quello stabilito dalla legge, di per sé non illecito, anche di interesse pubblico, ma in ogni caso diverso da quello stabilito dalla norma attributiva del potere (Cons. Stato, Sez. VI, n. 35/1994). Sulla matrice giurisprudenziale dell'eccesso di potere e, quindi, sulla continua evoluzione di queste figure; sul fatto che le stesse non possano per questo dar luogo a una categoria a numero chiuso; sulla necessità di un affiancamento alla figura principe dell'eccesso di potere (qual è lo sviamento di potere) di altre figure c.d. “sintomatiche” per la difficoltà, oggettiva, di dimostrare quest'ultimo; sulla autonomia delle figure dell'eccesso di potere, si rinvia alla vastissima bibliografia sull'argomento. Si segnala M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, op.cit. pag. 120 e segg. P.M. VIPIANA, Il vizio di eccesso di potere, in P.M. Vipiana – v. Cingano, L'atto amministrativo, Padova, 2012, pag. 143 e segg.; id, Gli atti amministrativi: vizi di legittimità e di merito, cause di nullità ed irregolarità, Padova, 2003, pag. 161 e segg.; F. BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo, op.cit..; M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezionalità, op.cit., pag. 40 e segg.
(62) Tra le figure sintomatiche dell'eccesso di potere elaborate nel tempo dalla giurisprudenza amministrativa, accanto allo sviamento di potere ricordiamo: falsità del presupposto; travisamento ed erronea valutazione dei fatti; erronea valutazione dei fatti; illogicità della motivazione; irragionevolezza della motivazione; inosservanza di circolari; ingiustizia manifesta; violazione del principio di proporzionalità; contraddizione tra motivi e dispositivo; contraddizione tra provvedimenti; carenza di motivazione.
(63) A. BARTOLINI, voce Illegittimità del provvedimento amministrativo, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, IV, Milano, 2006, pag. 2863 e segg. il quale ritiene che il codificato richiamo ai “principio dell'ordinamento giuridico” e, quindi, anche del principio di proporzionalità, abbia comportato una rilettura della patologia dell'eccesso di potere “il quale, trovando oggi il paradigma di riferimento nel diritto positivo, non può più essere visto come un vizio di devianza rispetto al fine (…) ma una figura che, anch'essa, va a saggiare la conformità dell'esercizio del potere rispetto ad una norma giuridica “; nei medesimi termini M. CLARCH, Manuale di diritto amministrativo, op. cit. pag. 221.
(64) Il principio di proporzionalità è molto studiato anche nel diritto tributario. Si segnala G. MOSCHETTI, Il principio di proporzionalità come "giusta misura" del potere nel diritto tributario, Milano, 2017; G. PETRILLO, Il principio di proporzionalità nell'azione di accertamento tributario, Roma, 2015; M.V. SERRANÒ, Il rispetto del principio di proporzionalità e le garanzie del contribuente, in Riv. Trim. Dir. Trib., 2014, pag. 871 e segg. Come noto, proprio le elaborazioni di dottrina e giurisprudenza sul tema dell'eccesso di potere hanno via via esteso l'area della legittimità e, conseguentemente quella della sindacabilità giurisdizionale. Infatti l'attività discrezionale si differenzia dall'attività “libera” per essere la prima vincolata nel fine. E' tuttavia possibile scomporre idealmente l'agire discrezionale dell'Amministrazione in due “comparti”: quello della “legittimità” - sindacabile dal giudice amministrativo in quanto relativa all'ambito del rispetto delle regole e dei principi di diritto - e quello del “merito”- insindacabile dal giudice amministrativo in quanto relativa a scelte della PA assunte sulla base di regole non giuridiche, quali sono quelle di opportunità e convenienza.
(65) F. GALLO, L'istruttoria nel sistema tributario, op. cit.
(66) B.G. MATTARELLA, voce Discrezionalità amministrativa, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, III, Milano, 2006, pag. 1996; G. VANZ, I principi della proporzionalità e della ragionevolezza nelle attività conoscitive e di controllo dell'Amministrazione finanziaria, in Dir. Prat. Trib., 2017, I, 1912 e segg.
(67) L'art. 12 dello Statuto del Contribuente, in caso di accesso, ispezioni e verifiche nei locali dove si svolgono le attività del contribuente, espressamente sancisce che il giudice potrà controllare esclusivamente che le valutazioni dell'amministrazione si siano formate correttamente; ovvero secondo un sindacato limitato al controllo di legittimità A. VIOTTO, I poteri d'indagine dell'Amministrazione finanziaria nel quadro dei diritti inviolabili di libertà sanciti dalla Costituzione, Milano, 2002, pag. 186 e segg.; F. PADOVANI, voce Controlli fiscali. Accessi, ispezioni e verifiche, in Diritto Online Treccani, 2018 .
(68) Il principio di indisponibilità del credito tributario è un principio immanente nel nostro sistema di regole tributarie e trova fondamento nel Regio Decreto 23 maggio 1924 n. 827, contenente il Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità dello Stato. In dottrina: L. PERRONE, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.)op.cit. pag. 67 e segg.; L. DEL FEDERICO, Tutela del contribuente op.. cit. pag. 90 e segg.
(69) Chi invece, ritiene che l'attività conoscitiva sia assorbita in quella di accertamento, ravvisa margini di discrezionalità assai limitati nella prima attività. Il che comporta che una certa discrezionalità sarebbe ravvisabile soltanto in quelle attività, come le ispezioni, le verifiche, i controlli, che sono sganciate da quelle di controllo in quanto sono frutto dell'esercizio dell'attività non predefinito dalla legge, ovvero “libero” nelle scelte delle soluzioni più opportune al caso concreto, F. GALLO, L'istruttoria nel sistema tributario, op. cit. pag. 30 e segg.
(70) Art. 21-septies e 21-octies disciplinanti rispettivamente la nullità e l'annullabilità del provvedimento.
(71) Per completezza va qui ricordata la netta differenza che corre, nel regime delle invalidità, tra l'ordinamento amministrativo e quello civile, entrambi imperniati sul binomio nullità-annullabilità (nel diritto amministrativo con gli articoli 21 sepries e 21 octies L. n. 241/1990 e nel diritto civile con gli articoli 1418 e ss. e 1425 e ss. del cod. civ.). Tuttavia, mentre la violazione delle norme che disciplinano l'azione amministrativa, generalmente di carattere imperativo, viene ordinariamente attratta entro il regime dell'annullabilità - cosicché “la nullità” rappresenta “un fenomeno marginale” circoscritto, come prevede l'art. l'art. 21 septies, alle sole ipotesi di vizi testuali e ad altri casi di gravi difetti strutturali del provvedimento - invece nel diritto civile la violazione di norme imperative (e solo di queste) determina la nullità del negozio. Sulla natura esclusivamente imperativa delle norme amministrative, si rinvia a G. GUARINO, Atti e poteri amministrativi, Milano, 1994, pag. 243; sulla “la nullità” nel diritto amministrativo cfr R. CHIEPPA, La nullità del provvedimento, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, pag.113 e segg., A. BARTOLINI, voce Illegittimità del provvedimento amministrativo, op. cit.; mentre, invece, sulla c.d. “nullità virtuale” ex art. 1418 c.c. si rinvia a A. SCHILLACI, la nullità ”virtuale” dei contratti alla luce della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità, in Dir. proc. civ. n. 6/2015.
(72) La dottrina tributaria, pur attraverso ricostruzioni diverse, sembra tuttavia converge verso l'applicabilità, anche in questo settore, della disciplina dei vizi del provvedimento amministrativo. Data la vastità della letteratura in merito, si cita solo S. ZAGÀ, Il regime effettuale delle invalidità nel sistema tributario, tra inefficacia ab origine ed efficacia precaria, in C. Glendi – G. Corasaniti – C. Corrado Oliva – P. Dè Capitani Di Vimercate (a cura di), Per un nuovo ordinamento tributario, II, Milano, 2019, pag. 1199 e segg., F. PISTOLESI, La “invalidità” degli atti impositivi in difetto di previsione normativa, in Riv. Dir. Trib., 2012, I, pag. 1131 e segg.; L. DEL FEDERICO, La rilevanza della legge generale sull'azione amministrativa in materia tributaria e l'invalidità degli atti impositivi, in Riv. Dir. Trib., 2010, pag. 729 e segg.
(73) Tra le pronunce più rilevanti in materia di teoria generale della “invalidità” degli atti in materia tributario, si segnala
Cass., Sez. V, 18/09/2015 n. 18448.
(74) Sostiene, invece, la tendenziale inapplicabilità degli artt. 21-septiese 21-octies della Legge n. 241/1990 agli atti impositivi S. MULEO, Motivazione degli atti impositivi e (ipotetici) riflessi tributari delle modifiche alla legge n. 241/90, in Dialoghi Dir. Trib., 2005, pag. 540 e segg. .
(75) In diritto amministrativo si segnala P.M. VIPIANA, Le cause di nullità e le cause di inesistenza, in P.M. Vipiana – V. Cingano, L'atto amministrativo, Padova, 2012, pag. 233 e segg., F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2010. In diritto tributario si rinvia ai contributi di A. VIOTTO, Le violazioni commesse nel corso dell'attività d'indagine tra inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite e principio di conservazione degli atti amministrativi, in Riv. Dir. Trib., 2014, II, pag. 7 e segg., S. ZAGÀ, Le invalidità degli atti impositivi, op.cit. pag. 214 e segg.
(76) In diritto amministrativo sul tema, R. VILLATA - M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, op. cit. In diritto tributario G. VANZ, I poteri conoscitivi e di controllo, op. cit.
(77) Ancora, sulla controversa questione della applicabilità dei principi dettati dal comma 2 dell'art. 21 octies L. n. 241/1990, si segnala la recente sentenza della C.Cass. Sez. V, 04.07.2022 n. 21065 che fa il punto sulla natura discrezionale e vincolata degli atti tributari .
(78) Sull'amministrazione di risultato, in diritto amministrativo, si richiama L. PERFETTI (a cura di), Le riforme della l. 7 agosto 1990, n. 241 tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato, Padova, 2008; in diritto tributario, si veda L. DEL FEDERICO, La rilevanza della legge generale sull'azione amministrativa, op. cit.
(79) R. GIOVAGNOLI, I vizi formali e procedimentali, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, pag. 1150, il quale osserva che, per il ricorrente, una pronuncia di annullamento sarebbe, in realtà, solo una vittoria apparente (una “vittoria di Pirro”), dal momento che dal giudicato deriverebbe solo un effetto caducatorio, ma nessun utile effetto conformativo ai fini del riesercizio del potere, per il fatto che dalla riedizione del potere scaturirebbe un atto emendato dal punto di vista formale ma, comunque, identico nel contenuto. Questa conclusione, che risponde bene alla “logica del risultato”, pare tuttavia attagliarsi soltanto alle ipotesi in cui vengano in rilievo provvedimenti di tipo “ampliativo”, ma non invece a quelle in cui si discuta di provvedimenti “limitativi” della sfera del privato. In questi termini, E. FOLLIERI, L'annullabilità dell'atto amministrativo, in Urb. e App., 2005, pag. 625 e segg. In diritto tributario, nello stesso senso, F. RANDAZZO, In tema di applicabilità dell'art.21-octies,comma2,leggen.241del1990, agli atti impositivi, in C. Glendi – G. Corasaniti – C. Corrado Oliva – P. De' Capitani Di Vimercate (a cura di), Per un nuovo ordinamento tributario, II, Milano, 2019, pag. 1115 e segg.
(80) Dubitano della applicabilità della norma in esame agli tributari, E. FOLLIERI, L'annullabilità dell'atto amministrativo, op.cit. pag. 625 e segg.; P. PROVENZANO, I vizi nella forma e nel procedimento amministrativo. Fra diritto interno e diritto dell'Unione europea, Milano, 2015.
(81) A questo proposito è interessante l'osservazione di G. VANZ, I poteri conoscitivi e di controllo, op.cit., pag. 288 e segg. il quale sottolinea che “Gli unici atti a carattere vincolato presenti in tale ambito sono costituiti dalle autorizzazioni dell'autorità giudiziaria (…), le quali però - in quanto atti necessari di un'unica sequenza procedimentale finalizzata all'adozione, da parte dell'amministrazione finanziaria, di un provvedimento finale a carattere discrezionale (ad es. un ordine di accesso ispettivo) - è dubbio che possano assumere un'autonoma rilevanza ai fini di cui all'art. 21octies, comma 2, della legge n. 241/1990”.
(82) La conseguenza sarebbe che il Giudice tributario non potrebbe annullare un atto impositivo che, sebbene invalido sotto il profilo formale o procedimentale, sia comunque perfetto sotto il profilo sostanziale
(83) Una attenta ricognizione delle obiezioni sollevate nella dottrina tributaria rispetto all'applicabilità dell'art. 21-octies, comma 2 ai provvedimenti impositivi, è svolta da F. PEPE, Contributo allo studio delle invalidità degli atti impositivi, Torino, 2012 pag. 115 e segg. Si segnala, altresì, come, invece, talvolta la giurisprudenza, ha accolto la tesi della applicazione, anche agli atti impositivi dell'art. 21 octies co. 2 (ex multis C.CASS., n. 13024/2015; n. 6395/2014).
(84) In questo senso, M. BASILAVECCHIA, La nullità degli atti impositivi. op. cit.; L. DEL FEDERICO, La rilevanza dei principi della CEDU in materia tributaria: op. cit.
(85) In questo senso, per tutti, R. LUPI, E se il difetto di motivazione desse luogo a normali annullabilità ?, in Dialoghi dir. trib., 2007, pag. 838 e segg.; G. INGRAO, La valutazione del comportamento delle parti nel processo tributario, Milano, 2008, pag. 134 e segg.
(86) Intorno a questa norma si registra un orientamento non pacifico. Una parte (minoritaria) della dottrina ritiene che l'intervento legislativo abbia inciso sul diritto sostanziale, definitivamente degradando a semplici irregolarità le violazioni meramente formali in questo senso, F. LUCIANI, voce Irregolarità del provvedimento amministrativo, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, IV, Milano, 2006, pag. 3283 e segg. La dottrina prevalente, invece, sostiene la valenza meramente processuale della norma, che sarebbe, perciò, rivolta esclusivamente al giudice , lasciando così inalterata la sistematica della illegittimità, così P. PROVENZANO, I vizi nella forma e nel procedimento amministrativo, op. cit. pag. 247, Nota 4. In diritto tributario, si rinvia a S. BUTTUS, Implicazioni tributarie del nuovo regime dei vizi del provvedimento amministrativo, in Dir. Prat. Trib., 2007, I, pag. 472 e segg. Quest'ultima posizione sembrerebbe proferibile dal momento che l'idoneità del provvedimento, pur adottato in violazione di norme sulla forma o sul procedimento, a conseguire un certo risultato, non può che essere scrutinata di volta in volta ed ex post (a differenza della irregolarità che, invece, opera ex ante ed in astratto). In questi termini, Cons. St., Sez. VI, n. 4614/2007.
(87) Il che significa che il Giudice tributario non potrebbe fare applicazione dell'art. 21-octies, comma 2, posto che trattasi di una norma processuale amministrativa, che dunque esula dalle fonti titolate ad integrare direttamente la disciplina del processo tributario contenuta nel D.Lgs. n. 546/1992. In tal senso S. BUTTUS, Implicazioni tributarie, op. cit. pag. 475 e segg.
(88) M. NUSSI, Commento all'art. 1 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in C. Consolo – C. Glendi, Commentario breve alle leggi sul processo tributario, Milanofiori Assago, 2017, pag. 5 e segg.
(89) Secondo D.U. GALETTA, Violazione di norme sul procedimento amministrativo e annullabilità del provvedimento, Milano, 2003, pag. 211, particolare rilevanza andrebbe attribuita al comma 3 dell'art. 113 Cost., ai sensi del quale “La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. (p. 211). Ciò, se da un lato comporta una riserva di legge in materia, dall'altro lato, e nello specifico, ha il significato di individuare una tutela giurisdizionale precipua nei confronti degli atti amministrativi illegittimi: la tutela di annullamento, per l'appunto (C. Cost., n. 284/1974). Il che non significa che l'art. 113 Cost. imponga che avverso gli atti amministrativi illegittimi sia apprestata una tutela sempre e comunque di tipo demolitorio; e, tuttavia, ogniqualvolta il legislatore faccia venire meno la tutela ordinaria di annullamento, deve contemporaneamente predisporre un'idonea tutela alternativa.
(90) Sulla irregolarità si rinvia a: R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, op. cit., pag. 581 e segg.; P.M. VIPIANA, Le cause di irregolarità, in P.M. Vipiana – V. Cingano, L'atto amministrativo, Padova, 2012, 215 e ss.; S. ZAGA', Le invalidità degli atti impositivi, op.cit., pag. 83 e segg.
(91) Del resto il provvedimento che, dopo essere stato annullato per vizi formali o procedimentali, venisse successivamente reiterato con identico contenuto, non potrebbe che avere una decorrenza successiva a quella dell'atto originario, il che basta, nella maggior parte dei casi, ad escludere la carenza di interesse al ricorso: E. FOLLIERI, L'annullabilità dell'atto amministrativo, pag. 626 e segg.
(92) Tar Molise-Campobasso 21 marzo 2023 n. 82, pubblicata su www.lamministrativista.it del 23.03.2023 con commento di M. CHIARELLI “Irregolarità tributaria: l'escluso ha l'onere di dimostrare la mancata notifica degli avvisi di accertamento presupposti alla cartella esattoriale”.
(93) Cass., SS.UU., 8 febbraio 2008, n. 3001
(94) Cons. Stato, sez. III, n. 8148/2020 e in termini analoghi ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 856/2018.
(95) GU n 77 supplemento ordinario n. 12 del 31 marzo il Decreto legislativo n. 36.
(96) D.lgs. n. 36 del 12.03.2023 - Art. 94 co. 6. E' inoltre escluso l'operatore economico che ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni definitivamente accertate quelle indicate nell'allegato II.10. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta.
(97) Art. 5) delibera ANAC n. 464 del 27 luglio 2022 “Documentazione a comprova dei requisiti generali”.
(98) Ai sensi degli articoli 81 co. 2 e 216 co. 13 del d.lgs. n. 50/2016.
(99) Rif. paragrafo n. 4 del presente scritto “Tributi locali”.
(100) Intervista al Presidente dell'ANAC, Giuseppe Busia, pubblicato su Repubblica del 30.03.2023 “Il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ha chiesto al governo di correggere il nuovo Codice mostrando perplessità sulla "deregulation" di Salvini. Replica il Carroccio: "Certifica di essere prevenuto, non neutrale". Boccia (Pd): "I timori espressi sono anche i nostri". Poi arriva la frenata dei salviniani: "Pronti al confronto".
(101) Il nuovo codice appalti, entrato in vigore il 1° aprile 2023, diverrà efficace a decorrere dal 1° luglio 2023. È inoltre previsto un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2023, che prevede l'estensione della vigenza di alcune disposizioni del d. lgs 50/2016 e dei decreti semplificazioni (dl 76/2020) e semplificazioni bis (dl77/2021).
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Sommario
Il caso - Consiglio di stato, sez. V, 9 febbraio 2022 n. 942
La regolarità fiscale quale requisito di partecipazione alla gara e le sue esimenti
Le ricadute degli articoli 21-septies e 21-octies della legge n. 241/1990 sulla attività posta in essere dall'amministrazione finanziaria