Ricorso straordinario al Presidente Regione Sicilia: illegittima la natura non vincolante del parere del CGARS
05 Giugno 2023
Massima
È vigente, in quanto non tacitamente abrogata dalla successiva legge n. 69/2009, la norma di cui all'art. 9, co. 5, del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373, che ha previsto la facoltà per il Presidente della Regione Sicilia, investito del ricorso straordinario avverso atti regionali in conformità all'art. 23 dello Statuto Regionale, di adottare una decisione che si discosti dal parere reso dal C.g.a., attesa la prevalenza che deve essere riconosciuta nel nostro ordinamento alle norme di attuazione statutarie rispetto alle leggi ordinarie.
E' incostituzionale la prefata norma di cui all'art. 9, co. 5, del d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 in riferimento all'art. 3 Cost., sul principio di uguaglianza, e all'art. 24 Cost., sulla tutela dei diritti e degli interessi legittimi, dal momento che, per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, l'art. 69, co. 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, nel modificare l'art. 14 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, ha ampliato le garanzie e le tutele offerte ai cittadini rendendo vincolante il parere reso dal Consiglio di Stato, non ravvisandosi differenze tra tale istituto e l'omologo ricorso straordinario proponibile al Presidente della Regione Sicilia che possano giustificare delle disparità di trattamento in materia. Il caso
La vicenda posta all'attenzione del Giudice delle leggi prende le mosse dall'ordinanza del 12 maggio 2022, n. 566, del C.g.a., con cui è stata prospettata la rilevanza e la non manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 111, 117, co. 1, e 136 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, co. 5, del d.lgs. n. 373/2003, recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato”, nella parte in cui ha attribuito al Presidente della Regione Siciliana il potere di decidere il ricorso straordinario a lui indirizzato, così come previsto dall'art. 23 dello Statuto regionale, in maniera difforme rispetto al parere reso in merito dal giudice amministrativo di appello siciliano.
La controversia, sulla quale si innesta l'odierna questione di legittimità costituzionale, trae origine da un ricorso straordinario promosso da un dirigente tecnico archeologo impiegato presso l'assessorato regionale dei beni culturali, in materia di inquadramento del personale dirigenziale regionale e di conseguente trattamento retributivo.
Con parere n. 644/2006, le sezioni riunite del C.g.a hanno motivato sulle ragioni per cui il ricorso avrebbe dovuto trovare accoglimento, riconoscendo alla parte ricorrente, in particolar modo, il suo diritto all'inquadramento quale dirigente di terza fascia.
Il Presidente della Regione siciliana, tuttavia, ha respinto il ricorso straordinario nonostante il prefato parere di segno contrario, facendo applicazione della norma di cui all'art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373/2003, ritenuta ancora vigente e non tacitamente abrogata dalla riforma del ricorso straordinario introdotta con la richiamata legge n. 69/2009.
Il T.a.r. per la Sicilia, investito dell'impugnazione avverso tale decisione di rigetto, ha ritenuto di dover confermare la vigenza della disposizione in argomento, respingendo il gravame con la sentenza 25 marzo 2019, n. 867. Secondo il giudice di prime cure, in particolare, la norma veicolata dal d.lgs. n. 373/2003 non avrebbe potuto essere abrogata dai contenuti successivi della legge n. 69/2009, avuto riguardo alla particolarità della sua funzione, ossia quella di dare attuazione alle disposizioni contenute nello Statuto speciale della Regione siciliana nella sua veste di fonte dell'ordinamento di rango sovraordinato rispetto alla legge ordinaria.
Nel giudizio di appello, il C.g.a. ha dubitato, in primo luogo, della vigenza del decreto legislativo in questione e, comunque, in seconda battuta, della costituzionalità della norma veicolata dall'art. 9, co. 5, per violazione di diversi precetti contenuti nella Carta fondamentale, rimettendo la q.l.c. alla Corte Costituzionale. La questione
Le questioni giuridiche sottoposte alla delibazione del Giudice delle leggi da parte della Corte amministrativa di appello siciliana sono sostanzialmente due.
In primo luogo, e in via pregiudiziale, a venire in rilievo è la possibilità, o meno, che la disposizione di cui all'art. 9, co. 5, del d.lgs. n. 373/2003, con cui è stato conferito al Presidente della Regione Sicilia il potere di decidere il ricorso straordinario a lui indirizzato, discostandosi dal parere reso dai competenti giudici amministrativi di secondo grado, possa essere stata abrogata in via tacita dal contenuto della successiva legge n. 69/2009, con la quale è stata preclusa la suddetta facoltà al Capo dello Stato per quanto riguarda i ricorsi straordinari a lui proposti, rendendo non solo obbligatorio ma altresì vincolante, ai fini della decisione, il parere reso dal Consiglio di Stato.
In secondo luogo e in via gradata, è stata posta la questione della compatibilità della norma sopra richiamata con la Costituzione e, in particolare, con le disposizioni contenute negli artt. 3, 11, 24, 111, 117, co. 1, e 136, attese le profonde differenze che sussisterebbero, al livello nazionale, in materia di ricorso straordinario, con un regime di tutela differenziato delle posizioni giuridiche soggettive dei consociati, con particolare riferimento a quelle vantate da soggetti attinti da provvedimenti rientranti nella sfera di competenza della Regione Sicilia rispetto ai rimanenti cittadini. Le soluzioni giuridiche
Avuto riguardo alla prima questione giuridica sottesa ai fatti di causa, la Corte ha escluso che la disposizione censurata (art. 9, co. 5, d.lgs. n. 373/2003) possa essere stata implicitamente abrogata dalla successiva riforma del 2009 e ciò in considerazione della prevalenza riconosciuta dal nostro ordinamento alle norme di attuazione statutarie rispetto alle leggi ordinarie, in considerazione sia del procedimento normativo speciale dedicato all'adozione delle prime, che del «carattere riservato e separato» della disciplina dalle stesse dettata.
Nella vigenza della disposizione censurata, dunque, il parere reso dal C.g.a. in sede di ricorso straordinario sarebbe rimasto non vincolante, mentre lo sarebbe quello reso dal Consiglio di Stato, a seguito delle modifiche operate dalla richiamata legge n. 69 /2009.
Per quanto attiene alla sempre maggiore centralità attribuita al parere reso dall'organo consultivo nell'ambito dell'istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la Corte ha rilevato che pur non sfociando tale riforma in una vera e propria giurisdizionalizzazione del rimedio, la stessa gli ha comunque conferito una natura maggiormente "giustiziale" (in termini, cfr. Corte Cost., sentenza 9 febbraio 2018, n. 24), con discendente ampliamento delle garanzie e degli strumenti di tutela in favore dei cittadini, derivanti dalla natura vincolante del parere reso dall'organo consultivo, basato sulla soluzione del caso concreto offerta dall'interpretazione e dall'applicazione delle norme vigenti e non già, come poteva avvenire in passato, facendo prevalere all'interesse dei privati valutazioni di natura politica eminentemente discrezionali e ancorate a un concetto di pubblico interesse dominante rispetto alle pretese dei cittadini.
Tra gli strumenti con cui il legislatore nazionale ha inteso ampliare le garanzie procedimentali e i rimedi esperibili in sede di ricorso straordinario, dapprima con la legge n. 69/2009 e, successivamente, con il d.lgs. n. 104/2010, con cui è stato approvato il codice del processo amministrativo, la Corte ha citato, oltre alla prefata natura vincolante del parere dell'organo consultivo, anche la delimitazione della proponibilità del ricorso straordinario alle sole materie di competenza del giudice amministrativo (art. 7 c.p.a.) e la facoltà di azionare il giudizio di ottemperanza per la corretta esecuzione del decreto presidenziale.
In un contesto di tal fatta, dove con lo strumento del ricorso straordinario, prendendo le mosse dalla vincolatività del parere reso dal Consiglio di Stato, si è assistito a un ampliamento del novero delle garanzie e delle facoltà difensive riconosciute in capo ai privati, titolari di situazioni giuridiche soggettive incise dall'esercizio del pubblico potere, il Giudice delle leggi ha rilevato, venendo così alla seconda questione giuridica sopra evidenziata, che il permanere della natura non vincolante del parere del C.g.a. avrebbe finito per mettere in discussione il riconoscimento di corrispondenti garanzie nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.
In merito, la Corte Costituzionale ha evidenziato come non sussistano apprezzabilidifferenze tra i due istituti idonee a giustificare una tale disparità di trattamento. Né, tantomeno, tali differenze possono essere ricondotte agli speciali profili di autonomia di cui gode la Regione Sicilia, dal momento che l'art. 23, co. 4, del suo Statuto si limita a prevedere, soltanto, che i ricorsi straordinari proposti avverso atti amministrativi regionali siano decisi dal Presidente della Regione, sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato, senza null'altro aggiungere.
E' solo il richiamato art. 9, co.5, del d.lgs. n. 373/2003 ad aver sancito la possibilità per la medesima Autorità di vertice regionale di adottare una decisione difforme rispetto all'atto consultivo espresso dal C.g.a., peraltro in conformità con quanto previsto, all'epoca della sua entrata in vigore, dal testo originario dell'art. 14 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, poi oggetto di modifica da parte dell'art. 69, co. 2, della legge n. 69/2009.
In definitiva, il Giudice delle leggi ha ritenuto fondata la q.l.c. sollevata dal giudice amministrativo di appello siciliano, tenuto conto che la disposizione di cui all'art. 9, co. 5, del d.lgs. n. 373/2003, per come formulata, si risolve in una contrazione del corredo dei rimedi e delle garanzie riconosciute ai ricorrenti in sede di ricorso straordinario proposto al Presidente regionale, rispetto a coloro che invece si avvalgono dell'omologo rimedio nazionale, ponendosi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e riflettendosi in maniera negativa, senza idonea giustificazione, sulla tutela dei diritti e degli interessi legittimi di cui all'art. 24 della Carta fondamentale. Osservazioni
La sentenza in commento è intervenuta per rimediare a una effettiva disparità di trattamento registratasi a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 69/2009, con cui sono state rafforzate le tutele previste in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato sul piano nazionale, anzitutto, mediante la trasformazione del parere reso dal Consiglio di Stato in un atto consultivo vincolante oltre che obbligatorio.
La norma attuativa dello Statuto della Regione Siciliana, con la quale all'art. 9, co. 5 del d.lgs. n. 373/2003, segnatamente, è stata prevista la facoltà per l'Autorità di vertice regionale di discostarsi dal parere reso dal C.g.a. nell'ambito del ricorso straordinario proposto avverso atti regionali, se in un primo momento ha allineato il quadro normativo siciliano a quello nazionale in materia, attribuendo una facoltà al Presidente di Regione già invero contemplata dalla versione primigenia dell'art. 14 del d.P.R. n. 1199/1971, successivamente la medesima norma ha finito per essere distonica rispetto ai contenuti della riforma apportata a quest'ultimo riferimento normativo da parte dell'art. 69 della legge n. 69/2009, con cui il parere del Consiglio di Stato, reso in seno ai procedimenti intesi alla definizione dei ricorsi straordinari indirizzati al Presidente della Repubblica, è stato reso vincolante ai fini della decisione finale per l'organo di vertice politico.
L'odierna pronuncia della Corte Costituzionale risulta essere di particolare interesse perché, da un lato, conferma il suo precedente orientamento col quale, nell'ambito della gerarchia delle fonti del nostro ordinamento giuridico, ha riconosciuto la dovuta prevalenza alle norme attuative degli Statuti speciali sulle leggi ordinarie, in virtù delle loro peculiarità procedimentali e teleologiche e, dall'altro lato, ha sostanzialmente riallineato le garanzie dei cittadini italiani offerte dal rimedio del ricorso straordinario, sia esso indirizzato al Capo dello Stato o al Presidente della Regione Siciliana, sancendo il necessario effetto vincolante anche del parere endoprocedimentale reso dal C.g.a. ai fini della formazione della decisione finale. In dottrina si segnala C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it, nov. 2012; A. TRAVI, (voce) Ricorso straordinario al Capo dello Stato, in Dig. disc. pubbl., UTET, Torino, vol. agg. 2011; BERTONAZZI, Recenti novità normative in tema di ricorso straordinario al presidente della repubblica, in Urb. e app., 2009, p. 1285. |