La stabile relazione osta all'assegno divorzile anche in assenza di convivenza

Sabina Anna Rita Galluzzo
07 Giugno 2023

Quanto può incidere una relazione more uxorio del beneficiario sul diritto all'assegno in assenza di una convivenza?
Massima

La convivenza di fatto instaurata con altro partner, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, seppure in mancanza di coabitazione può essere valorizzata quale fatto idoneo a concorrere con altri alla formazione del convincimento del giudice nel senso di non riconoscere l'assegno divorzile, in mancanza di prova della sussistenza in concreto dei presupposti giustificativi della componente compensativa dello stesso.

Il caso

Il Tribunale, pronunciando il divorzio tra due coniugi, rigettava la richiesta della ex moglie volta ad ottenere un assegno divorzile a suo beneficio e a carico del marito. La donna proponeva appello avverso tale sentenza. La Corte d'Appello adita rigettava l'istanza ritenendo insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell'assegno di divorzio, in considerazione della condizione di autosufficienza economica della ex moglie, della sua dimostrata capacità di lavoro, nonché della stabile relazione instaurata tra la stessa e un'altra persona, nonostante i due non convivessero.

Contro tale sentenza la donna proponeva ricorso in Cassazione.

La questione

Due sono le questioni alla base del provvedimento in oggetto. La Cassazione si interroga innanzitutto su quanto incida sul diritto all'assegno il contributo fornito dall'ex coniuge alla cura della famiglia nel corso della vita matrimoniale. Ci si chiede cioè se dall'accertamento dell'esistenza di tale contributo discenda necessariamente il diritto all'assegno in funzione compensativa. L'attenzione della Corte, inoltre, si sofferma su quanto possa incidere una relazione more uxorio del beneficiario sul diritto all'assegno stesso, pur in assenza di una convivenza.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione respinge il ricorso. La ricorrente in particolare si opponeva al fatto che la corte territoriale avesse ritenuto che la relazione affettiva dalla stessa instaurata determinasse automaticamente la perdita dell'assegno divorzile. La donna sosteneva che i giudici di merito non avevano verificato la situazione di squilibrio patrimoniale e reddituale tra le parti e la sua riconducibilità alle scelte della coppia in costanza di rapporto matrimoniale.

Secondo la Cassazione, al contrario, i giudici di merito avevano adeguatamente valutato la situazione economica della donna rilevando che la stessa aveva raggiunto una condizione di indipendenza economica e che soprattutto non aveva dimostrato di trovarsi in condizione di non potersi procurare mezzi adeguati per ragioni oggettive.

Com'è noto, secondo l'orientamento costante in giurisprudenza, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, va adottato un criterio composito che tenga conto delle rispettive condizioni economico-patrimoniali e dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge al patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età (Cass. 18287/2018). In questa linea interpretativa la giurisprudenza valorizza il principio dell'autoresponsabilità economica del coniuge comparando le condizioni economiche delle parti ma attribuisce altresì rilevanza al contributo dato da ognuno dei due alla vita familiare. L'espressione “funzione compensativa” fa infatti riferimento alla “compensazione” delle aspettative professionali ed economiche sacrificate dal coniuge che si è dedicato in via esclusiva o primaria alla cura della famiglia e dei figli nel corso del matrimonio (Cass. 7783/2022).

In questo contesto si inserisce l'ordinanza in esame la quale specifica che non è sufficiente che vi sia stato un contributo alla vita familiare per far sorgere il diritto all'assegno divorzile. La funzione perequativa compensativa dell'assegno infatti, si sottolinea, non si fonda unicamente sul fatto che uno dei due coniugi si sia dedicato in maniera prevalente alla cura dell'abitazione e alla crescita dei figli. Una tale scelta assume rilevanza nella valutazione dell'assegno divorzile nei limiti in cui è stata condivisa con l'altro coniuge e nei limiti in cui ha comportato rinuncia a reali occasioni professionali, occasioni che devono essere dimostrate in giudizio dal coniuge richiedente. Nello stesso senso si era in passato già espressa la Cassazione che aveva in particolare sottolineato la necessità di indagare sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppure condivisa con l'altro, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare. Tale scelta, ha precisato la giurisprudenza, ai fini della funzione compensativa dell'assegno divorzile, assume rilievo nei limiti in cui sia all'origine di “aspettative professionali sacrificate” e della rinuncia a realistiche occasioni di lavoro (Cass. 29920/2022; Cass.14582/2022 in IUS Famiglie, con nota di Galluzzo, L'assegno divorzile deve tener conto del tempo dedicato alla cura della famiglia).

Tra i fattori da tenere in considerazione in sede di determinazione dell'assegno, continua l'ordinanza in esame, vi è anche l'instaurazione di una convivenza di fatto con un'altra persona. Nella specie, infatti secondo i giudici di merito la donna aveva instaurato una nuova relazione, con le caratteristiche della stabilità e dunque tale, da integrare una famiglia di fatto ostativa al riconoscimento dell'assegno divorzile, anche in assenza di convivenza.

A lungo la giurisprudenza si è confrontata con la tematica dell'influenza di una convivenza more uxorio del coniuge beneficiario sulla stessa sopravvivenza del diritto all'assegno divorzile. Secondo l'orientamento ormai consolidato la convivenza more uxorio, ove abbia il carattere della stabilità, e dia luogo nei confronti del coniuge beneficiario a prestazioni di assistenza economica di tipo familiare da parte del convivente spiega rilievo sull'ammontare dell'assegno. Si afferma in tal senso che la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento che grava sull'altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi "more uxorio" siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare (Cass. 6051/2021). Un nuovo e stabile legame affettivo determina, secondo la dottrina, il venir meno del dovere di solidarietà che, poggiando sul cardine costituzionale della pari dignità dei coniugi, è alla base dell'assegno di divorzio (Assegno divorzile e una tantum, Cosmai, in IUS Famiglie).

In questo contesto le Sezioni Unite hanno affermato che l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno. La relazione di fatto, si precisa, può far venir meno la funzione assistenziale, perché il nuovo legame, sotto il profilo della tutela assistenziale, si sostituisce al precedente ma non quella compensativa, volta al riconoscimento del contributo fornito dal coniuge più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell'altro coniuge (Cass. sez. un. 32198/2021).La particolarità del caso in esame era costituita peraltro dal fatto che i due, pur avendo instaurato tra loro una relazione stabile, non convivevano. La Cassazione in proposito sottolinea l'irrilevanza di quest'aspetto in quanto, si precisa, una stabile relazione di fatto sussiste in presenza di un legame affettivo volontariamente assunto e caratterizzato da reciproci impegni di assistenza morale e materiale, pur in assenza di convivenza (nello stesso senso Cass. 14151/2022). Viene dunque ritenuta, nella specie, validamente sussistente una stabile relazione affettiva tale da far venir meno la componente assistenziale dell'assegno. Manca inoltre, sottolinea l'ordinanza in esame, la prova della sussistenza in concreto dei presupposti giustificativi della componente compensativa dello stesso.

Sulla base di tali motivazioni pertanto la Cassazione ritiene non dovuto l'assegno divorzile.

Osservazioni

La coabitazione dunque, secondo la Cassazione, non è necessaria affinché una relazione more uxorio abbia i caratteri della stabilità e della condivisione di un progetto familiare a lungo termine. Un rapporto di fatto viene così inteso come un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale, senza peraltro che il fatto di vivere insieme possa assumere il rilievo di un requisito indispensabile. In tal senso si era espressa anche la giurisprudenza CEDU la quale ha precisato che non vi è una differenza tra quelle coppie che convivono e quelle coppie che, per motivi professionali e sociali, non lo fanno poiché il fatto di non convivere non priva le coppie interessate della stabilità che le riconduce nell'ambito della vita familiare tutelata dall'art. 8 della Convenzione sui diritti dell'uomo. (Grande Chambre, 7 novembre 2013, V. e altri c. Grecia, n 29381/09; 32684/09).

La legge prevede l'obbligo di coabitazione solo per le coppie coniugate. È stabilito in particolare dall'art. 143 c.c., ed è requisito essenziale affinché si formi quella communio omnis vitae che è l'essenza stessa del matrimonio. La giurisprudenza peraltro ha sottolineato come il dovere di convivere non è violato da quelle assenze di breve durata che non intacchino la sostanziale continuità di vita in comune, né tantomeno dall'accordo tra i coniugi di stabilirsi in città diverse, per motivi di lavoro o della famiglia d'origine incontrandosi durante i fine settimana (Cass. 4558/2000). Anche sul contenuto di tale obbligo incide l'accordo dei coniugi che possono pertanto decidere di vivere in abitazioni diverse, senza con ciò interrompere la comunione di vita, fondamento del matrimonio.

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