Pluralità di locatori e profilo attivo del rapporto tra (disciplina della) solidarietà e (inesistenza del) litisconsorzio necessario

15 Giugno 2023

Con l'ordinanza in commento, decidendo su una fattispecie che registrava, da parte locatrice, la presenza di più soggetti, la Cassazione ha confermato la sentenza di merito la quale - in relazione ad un contratto di locazione che prevedeva che il pagamento del canone avvenisse mediante bonifico su un conto corrente intestato a due dei plurimi locatori - aveva ritenuto che la chiusura di tale conto, a seguito del decesso dei relativi intestatari, non legittimasse il conduttore ad interrompere il pagamento del canone, che avrebbe dovuto, invece, effettuarsi al domicilio di altro co-locatore, in applicazione dell'art. 1182, comma 3, c.c.
Massima

Quando in un contratto di locazione la parte locatrice è costituita da più locatori, dal lato passivo, ciascuno di essi è tenuto nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, mentre, dal lato attivo, ciascuno può agire nei riguardi dello stesso conduttore per l'adempimento delle sue obbligazioni, trovando applicazione la disciplina della solidarietà ex art. 1292 c.c., la quale, tuttavia, non determina la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e, quindi, non dà luogo a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori.

Il caso

La fattispecie sostanziale, giunta all'esame del Supremo Collegio, registrava l'esistenza di un contratto di locazione stipulato da più locatori con una Società, avente ad oggetto una porzione di uno stabile - interamente in comunione tra tutti i soggetti locatori - composto da un sottotetto, una copertura e due locali cantina, al fine del posizionamento di un palo porta antenne ed apparati da utilizzarsi per l'installazione di una stazione radio per telecomunicazioni.

Il suddetto contratto di locazione aveva termine iniziale all'1° giugno 2015 e prevedeva un canone di € 7.100,00 annui, da pagarsi in rate semestrali anticipate, entro la prima decade del mese, con bonifico sul conto corrente indicato nel contratto medesimo, intestato ad alcuni dei locatori.

Questi ultimi, allegando il mancato pagamento dei canoni di locazione dal gennaio 2016, avevano intimato alla conduttrice lo sfratto per morosità avanti al Tribunale, dove si costituiva la Società, deducendo la sua impossibilità nel pagamento del canone, in quanto tutti i bonifici eseguiti erano stati stornati, per sopravvenuta inoperatività del conto corrente indicato nel contratto, a causa dell'intervenuto decesso degli intestatari. Convertito il rito senza emissione di ordinanza di rilascio, i locatori chiedevano risolversi il contratto per inadempimento della conduttrice, con condanna di quest'ultima al pagamento dei canoni, scaduti ed a scadere sino all'effettivo rilascio.

La conduttrice resisteva alla domanda, negando la morosità, sostenendo che i locatori non avevano mai comunicato congiuntamente le coordinate bancarie del nuovo conto corrente, sul quale eseguire i pagamenti, ed imputando a negligenza degli stessi locatori il mancato incasso dei canoni.

Il Tribunale adìto - per quel che qui interessa - dopo aver rilevato, da un lato, che il luogo dell'adempimento non era elemento essenziale del contratto tale da chiedere il consenso di tutti i comproprietari per la relativa modifica, e, dall'altro, che, qualora la titolarità della posizione di locatore appartenesse a più soggetti, tutti i locatari erano legittimati ad esercitare nei confronti del conduttore le azioni derivanti dal contratto di locazione e tutti erano legittimati anche a ricevere dal conduttore il pagamento dell'intero canone di locazione, accertava il grave inadempimento della Società nel pagamento dei canoni e pronunciava la risoluzione del contratto di locazione, con condanna al rilascio ed al pagamento dei canoni insoluti, maggiorati degli interessi convenzionali di mora.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado, proponeva gravame la Società, ma la Corte d'Appello lo rigettava sulla base delle seguenti considerazioni:

a) il contratto di locazione indicava convenzionalmente il luogo di adempimento dell'obbligazione - mediante rimessa sul conto corrente ivi indicato intestato a due delle parti locatrici, quindi presso il domicilio di tali parti - che, però, non era elemento essenziale del contratto;

b) l'art. 1182, comma 3, c.c. - per l'ipotesi in cui il luogo dell'adempimento non sia determinato o non possa desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze - per evidenti ragioni di certezza, dettava i criteri da seguirsi qualora l'obbligazione consistesse nel pagamento di una somma di denaro, per cui tale obbligazione doveva adempiersi al domicilio che il creditore aveva al tempo della scadenza dell'obbligazione, ma, se tale domicilio era diverso e ciò rendeva più gravoso l'adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, aveva diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio;

c) affinché l'obbligazione pecuniaria potesse essere adempiuta dal debitore al proprio domicilio, doveva sussistere, quindi, un duplice requisito, ossia, per un verso, che l'esecuzione della prestazione al nuovo domicilio dell'accipiens doveva rivelarsi più gravosa e, per altro verso, che il debitore stesso doveva dichiarare al creditore di volersi avvalere di detta facoltà, con comunicazione che rivestiva carattere essenziale e che doveva essere adeguatamente motivata.

Applicando i suddetti principi al caso di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto:

1) che, essendo venuto meno il luogo dell'adempimento determinato nel contratto di locazione, la conduttrice avrebbe potuto adempiere presso il proprio domicilio, qualora lo avesse dichiarato ai locatori, allegando la gravosità dell'adempimento al domicilio del creditore;

2) che, in difetto della dichiarazione di cui all'art.1182, comma 3, c.c., la Società era, quindi, tenuta al pagamento del canone di locazione al domicilio della parte locatrice, con la precisazione che, in quanto detta parte era costituita da più locatori - essendo i locatori comproprietari in comunione dell'immobile oggetto delta locazione - si applicava la disciplina della solidarietà di cui all'art.1292 c.c., ragion per cui l'adempimento del debitore verso uno dei creditori era idoneo a liberarlo nei confronti di tutti i creditori;

3) che non sarebbe stata necessaria alcuna modifica del contratto di locazione, ben potendo la Società adempiere all'obbligazione di pagamento del canone di locazione nei confronti di una qualsiasi delle parti locatrici con effetto liberatorio nei confronti di tutte le altre.

Avverso la sentenza della Corte territoriale, la Società conduttrice proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se, nel caso concreto, fosse sussistente l'inadempimento della conduttrice, nonostante la pretesa di corresponsione del canone di locazione era stata avanzata soltanto da alcuni locatori e secondo modalità di pagamento difformi da quelle contrattualmente pattuite (e cioè mediante pagamento del canone su un conto diverso da quello indicato nel contratto congiuntamente agli altri locatori).

Si osservava, altresì, che il singolo locatore era senz'altro legittimato ad esigere la prestazione pattuita e ad agire giudizialmente per l'eventuale inadempimento del contratto, ma non poteva ritenersi legittimato a modificare unilateralmente una clausola del contratto che definiva le modalità di pagamento, benché questa non costituisse un elemento essenziale del contratto (nella specie, il contratto di locazione prevedeva, quale luogo dell'adempimento, il conto corrente intestato ad alcuni dei locatori).

Si evidenziava, inoltre, che la conduttrice, al momento della notificazione dello sfratto, fosse nella materiale impossibilità di eseguire il pagamento, per essere stato chiuso il conto corrente di accredito previsto nel contratto e per non avere i locatori, neppure singolarmente, indicato un nuovo conto sul quale potere eseguire i pagamenti.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto il ricorso per cassazione proposto dalla Società conduttrice inammissibile e, se fosse possibile indugiare nell'esame dei motivi, lo stesso si rivelava anche infondato.

Invero, il suddetto ricorso presuppone una questione di fondo, ossia se i diritti, che insorgono da un contratto stipulato da più parti - qui, un contratto di locazione stipulato da una pluralità di locatori - siano esercitabili non soltanto congiuntamente, ma anche singolarmente da ciascuna delle parti (nella specie, da ciascun locatore).

Orbene, secondo principi di diritto consolidati nella magistratura di vertice, qualora in un contratto di locazione di immobile la parte locatrice sia costituita da più locatori, in capo a ciascuno dei comproprietari concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo, peraltro, a regole di comune esperienza che uno o alcuni dei comproprietari gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti, con la conseguenza che l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti (Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 2016, n. 1986).

Sul versante processuale, si è, altresì, chiarito che, se in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore, alla medesima prestazione, così come, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c., che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori (Cass. civ., sez. III, 5 luglio 2019, n. 18069; Cass. civ., sez. III, 29 maggio 1995, n. 6019; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 1989, n. 350).

In via generale, occorre considerare che, nell'economia dell'art. 1182 c.c., il comma 1 risulta applicabile anche in presenza di prestazione costituita da un'obbligazione di pagamento di somma di danaro: orbene, nel caso di specie, il venir meno (per morte) del domicilio di pagamento convenzionale, concretandosi in un fatto oggettivo determinante la sua inesistenza e, quindi, l'impossibilità sopravvenuta della sua applicazione, non determinava, in mancanza di previsione contrattuale nel senso di una nuova determinazione congiunta fra le parti del luogo di pagamento, una sorta di obbligo di rinegoziare il luogo di pagamento e nemmeno, sempre per l'assenza di previsione contrattuale, un impegno a che il pagamento avvenisse in luogo congiuntamente indicato dai co-locatori, ma determinava soltanto la soggezione dell'obbligazione di pagamento alla norma dell'art. 1182, comma 3, c.c. e, dunque, essendo l'obbligazione solidale sul piano attivo, la possibilità che la conduttrice pagasse al domicilio anche di uno solo dei co-locatori-creditori.

Osservazioni

La pronuncia in commento ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.

Invero, in difetto della dichiarazione di cui all'art. 1182 c.c., la Società era tenuta al pagamento del canone di locazione al domicilio di parte locatrice, con la precisazione che, in quanto costituita da più locatori - essendo i locatori comproprietari in comunione dell'immobile oggetto di locazione - si applica la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c., per cui l'adempimento del debitore verso uno dei creditori è idoneo a liberarlo nei confronti di tutti i creditori.

In altri termini, l'iniziativa per ottenere il pagamento dei canoni dalla conduttrice non necessariamente doveva essere portata avanti dalla totalità dei comproprietari/locatori, ben potendo essere portata avanti soltanto da alcuni di essi, in mancanza di opposizione degli altri, il cui consenso andava presunto fino a prova contraria. D'altronde, le modalità di versamento dei canoni di locazione sul conto corrente indicato in contratto sono semplici modalità operative di esecuzione del medesimo, che vanno sempre interpretate secondo buona fede, in modo da poter conservare la validità del contratto.

In proposito, l'art. 1366 c.c. impone che il contratto deve essere interpretato seconda buona fede, mentre l'art. 1367 c.c. prevede che, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbero nessuno.

Ne consegue che, in caso di chiusura del conto indicato in contratto per il pagamento dei canoni a seguito del decesso del relativo intestatario, la modifica del conto su cui il conduttore deve effettuare il pagamento, può essere comunicata da uno solo dei comproprietari, dovendosi presumere il consenso degli altri, in mancanza di opposizione: pertanto, il decesso delle due intestatarie del conto corrente indicato in contratto e la chiusura del conto corrente medesimo in alcun modo legittimava la conduttrice a cessare per più di due anni il pagamento del canone.

Peraltro, l'offerta di pagamento, effettuata in più occasioni da parte conduttrice, essendo condizionata alla previa indicazione congiunta da parte di tutti i locatori del nuovo conto corrente di accredito in sostituzione di quello pattiziamente indicato in contratto, non era affatto un'offerta valida ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1220 c.c.

Sull'argomento, in termini generali, si è statuito (v., ex multis, Cass. civ., sez. VI/II, 28 gennaio 2015, n. 1650; Cass. civ., sez. II, 10 maggio 1996, n. 4388) che ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, “investe l'intera cosa comune” - e non una sua frazione - è legittimato ad agire (o resistere) in giudizio per la tutela della stessa nei confronti dei terzi o di un singolo condomino, anche senza il consenso degli altri partecipanti.

Nelle specifiche vicende del rapporto di locazione, segnatamente allorché viene a conclusione il suddetto rapporto - per scadenza del termine o per la pronuncia della sua risoluzione a seguito dell'inadempimento del conduttore - l'eventuale pluralità di locatori integra una “parte unica”, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione (v., tra la altre, Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2009, n. 14530: fattispecie relativa alla ritenuta ammissibilità di un procedimento di sfratto per morosità azionato solo da parte di alcuni coeredi dell'originaria locatrice).

Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, “pari poteri gestori” da parte di tutti i comproprietari, sulla base della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri.

Il corollario processuale di tale principio è che, potendo il comproprietario agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile per finita locazione - è ciò sulla considerazione che si tratta di atto di “ordinaria amministrazione” della cosa comune, per il quale si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione - non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti alla comunione (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2008, n. 19929, precisando che, in tal caso, il conduttore viene condannato al rilascio del bene in favore della comunione per consentire alla stessa di disporne e, attraverso la sua maggioranza, esercitare la facoltà di goderne direttamente o indirettamente).

In quest'ordine di concetti, qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto un immobile in comproprietà indivisa, ciascuno dei comunisti ha, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo a regole di comune esperienza che uno o alcuni di essi gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti, sicché l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione ad agire nei confronti del conduttore “rileva nei soli rapporti interni” fra i comproprietari, e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti (Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5077: in applicazione di tale principio, la Suprema Corte aveva confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto valida la cessione del contratto di locazione da parte del conduttore, in quanto i locatori, dopo aver ricevuto la comunicazione scritta dell'avvenuta cessione, avevano accettato senza riserve dalla cessionaria il pagamento dei canoni scaduti, rilasciandone ricevuta, e solo due mesi dopo tale comportamento concludente avevano comunicato di non acconsentire alla cessione, senza che nessuno dei locatori avesse dimostrato di essersi espressamente e formalmente dissociato dai comportamenti di colui che aveva incassato i canoni rilasciandone ricevuta; v., più di recente, Cass. civ., sez. III, 16 giugno 2016, n. 12386, secondo la quale, nel caso di affitto di fondo rustico da parte di una pluralità di affittanti, uno dei quali sia abilitato a ricevere il pagamento per conto di tutti, la quietanza totalmente liberatoria rilasciata dallo stesso al conduttore per un importo inferiore al canone pattuito fa presumere, a fronte della contestuale diminuzione dell'ampiezza del terreno affittato, per intervenuta alienazione di parte di esso a terzi, la riduzione del canone, avendo ciascuno degli affittanti, indipendentemente dalla natura solidale o meno della loro obbligazione, pari e disgiunti poteri gestori sulla cosa, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri).

Pertanto, quando la titolarità della posizione di locatore appartenga a più soggetti, i diritti nascenti dal contratto verso il conduttore, compreso quello di attivarsi giudizialmente per il pagamento dei canoni, in assenza di una specifica previsione contrattuale, sono esercitabili tanto congiuntamente quanto dal singolo o da alcuni dei contitolari, atteso che - secondo le regole generali della comunione dei diritti - la gestione dei rapporti obbligatori, non implicando “disposizione” della posizione comune, ma solo un'attività di “gestione ordinaria”, è espressione del diritto di ciascuno all'amministrazione della stessa (v., per tutte, Cass. civ., sez. III, 27 dicembre 2016, n. 27021).

Riferimenti

Merli, La responsabilità del conduttore cedente verso il locatore ceduto ex art. 36 l. n. 392/1978: tra sussidiarietà e solidarietà, in Danno e resp., 2017, 183;

Cappelletti, Successione nel contratto di locazione e giudizio plurisoggettivo (tra litisconsorzio necessario e chiamata in garanzia), in Foro pad., 2014, I, 485;

Piazzese, Esonero dal litisconsorzio necessario ex parte conductoris, in Il Civilista, 2011, fasc. 10, 31;

Massera, Riscatto di immobile: integrazione del contraddittorio per litisconsorzio necessario, in Ventiquattrore avvocato, 2010, fasc. 7, 90;

Coscetti, La cessione del contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo: rapporti tra locatore ceduto e conduttore cedente, solidarietà ed obbligazioni derivanti dalla cessione, in Riv. giur. edil., 2010, I, 1762;

Tomeo, Cessione del contratto, la solidarietà fra cessionario e cedente, in Immob. & diritto, 2007, fasc. 4, 79;

Cudia, Disciplina del recesso per necessità quando più di uno siano i locatori dello stesso immobile, in Locazioni urbane, 1983, 248.

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