Comunione legale: come esercitare la revocatoria ordinaria dell'atto costitutivo di un fondo patrimoniale per il debito personale di uno solo dei coniugi?

15 Giugno 2023

In che modo deve essere strutturata la domanda di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell'atto costitutivo di un fondo patrimoniale avente ad oggetto un bene appartenente alla comunione legale, in caso di debito personale di un solo coniuge?
Massima

“La domanda di revocatoria dell'atto con cui è stato costituito in fondo patrimoniale un bene della comunione legale va rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5, c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi (ancorché solo uno di essi sia debitore) e, in quanto preordinata all'espropriazione forzata del medesimo cespite (necessariamente da compiersi per l'intero), essa è diretta ad una pronuncia d'inefficacia dell'atto complessivo e non limitata alla inesistente quota pari alla sola metà del bene.”

Il caso

I coniugi Tizio e Tizia costituivano un fondo patrimoniale conferendovi un bene immobile di proprietà di entrambi, in regime di comunione legale; successivamente la società Alfa, creditrice del solo Tizio, agiva nei confronti del debitore e del coniuge per chiedere la revoca ex art. 2901 c.c. dell'atto notarile costitutivo del detto fondo patrimoniale.

Il Tribunale dichiarava l'inefficacia del suddetto atto nei confronti della società, limitatamente alla “quota” della quale Tizio risultava comproprietario e, passata in giudicato la sentenza, la creditrice promuoveva conseguentemente procedura esecutiva, assoggettando ad espropriazione la “quota” del bene di proprietà di Tizio.

Il giudice dell'esecuzione ordinava al creditore di estendere il pignoramento anche nei confronti di Tizia, in quanto contitolare (senza quote) del bene aggredito.

La società, quindi, procedeva ad un nuovo pignoramento, dell'intero bene, anche nei confronti di Tizia, la quale però proponeva opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi, sostenendo l'impignorabilità del bene in quanto oggetto di fondo patrimoniale. Il giudice dell'esecuzione sospendeva l'esecuzione e l'ordinanza veniva confermata dal Collegio in sede di reclamo. Nella seconda fase dell'opposizione il Tribunale ribadiva, tra l'altro, che l'immobile oggetto della comunione legale, costituito in fondo patrimoniale, era impignorabile; la società creditrice, allora, proponeva appello: il giudice del gravame, sul merito, prendeva atto della dichiarata inefficacia soltanto parziale dell'atto di disposizione, ormai res iudicata (in quanto la domanda di revocatoria del fondo era stata accolta solo relativamente alla quota di Tizio), e dichiarava illegittimo il pignoramento avente ad oggetto l'intero bene in comunione legale.

La società creditrice proponeva ricorso per Cassazione e con il primo motivo di ricorso sosteneva che la Corte di Appello aveva applicato erroneamente gli artt. 2901 e 2910 c.c., in quanto la revocatoria del fondo patrimoniale doveva spiegare i suoi effetti necessariamente nei confronti di entrambi i coniugi in comunione legale, considerate le finalità dell'azione ex 2901 c.c.; con il secondo motivo di ricorso, lamentava che il giudice di secondo grado non aveva considerato che col conferimento del bene in fondo patrimoniale, la comunione legale su quel cespite si era trasformata in comunione semplice e per l'effetto, una volta revocato l'atto dispositivo compiuto sulla quota, doveva reputarsi ammissibile l'aggressione in executivis della medesima quota.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, respinge i primi due motivi di ricorso, sottolineando come la decisione del Tribunale, che dichiarava inefficace l'atto costitutivo del fondo nei confronti della società solo limitatamente alla quota di Tizio, ancorché errata, è passata in giudicato e non più emendabile. Tale decisione, quindi da una parte non può spiegare effetti verso il coniuge non debitore, non contemplato nel decisum, dall'altra non può consentire di aggredire il cespite solo per la “quota” della metà: il suo unico effetto è quindi di rendere inopponibile, dal solo soccombente, al vittorioso attore, l'atto di costituzione del fondo.

La Corte di Cassazione ha invece accolto il terzo motivo di ricorso, cassando la decisione impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello: accogliendo il rilievo della ricorrente, i giudici di legittimità hanno sottolineato che la sentenza impugnata affermava in modo apodittico l'impignorabilità del cespite nella misura in cui apparteneva a Tizia, sulla base della circostanza che la porzione costituita in fondo patrimoniale era rimasta indenne alla revocatoria, senza indicare argomenti e prove eventualmente addotti dall'opponente, sulla quale gravava l'onere di provare gli elementi che ai sensi dell'art. 170 c.c., escludono la pignorabilità dei beni in fondo.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di debito personale di un solo coniuge, come deve essere strutturata la domanda di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell'atto costitutivo di fondo patrimoniale avente ad oggetto un bene della comunione legale, finalizzata all'espropriazione forzata del cespite? Quali possono essere gli effetti della revocatoria di un atto dispositivo che sia stata limitata ad una “quota” del bene della comunione legale?

Le soluzioni giuridiche

Al fine di risolvere la problematica posta dal caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto indispensabile ricordare preliminarmente la natura giuridica della comunione legale e le modalità con le quali deve essere assoggettato ad esecuzione il bene sottoposto a quel regime patrimoniale.

Innanzitutto, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 311 del 17 marzo 1988, ha riepilogato le differenze ontologiche tra la comunione legale dei beni e quella ordinaria: nella prima non possono dirsi esistenti “quote”, ma unicamente la titolarità solidale di un diritto avente ad oggetto i beni della comunione, di tal che la quota non ha una funzione strutturale; per orientamento assolutamente costante della giurisprudenza di legittimità, infatti, la comunione legale è una comunione senza quote, o a mani riunite. La definizione che precede non è scevra di riflessi per quanto concerne la corretta individuazione delle modalità con le quali deve essere assoggettato ad espropriazione forzata un cespite rientrante nella comunione legale. Infatti, a dirimere un acceso contrasto nelle prassi degli uffici giudiziari, la Cassazione è intervenuta nel 2013 (con sentenza n. 6575 del 14 marzo 2013), affermando che l'espropriazione per debiti personali di un solo coniuge di un bene in comunione legale ha ad oggetto il bene nella sua interezza e non la metà - non esistendo giuridicamente alcuna “quota” indivisa.

A questo punto, la Corte approfondisce la correlazione tra l'espropriazione forzata dei beni in comunione legale e la disciplina dell'azione revocatoria ordinaria: partendo dal presupposto che la domanda di revocatoria è inequivocabilmente e univocamente preordinata all'espropriazione forzata, ne discende che anche la domanda di inefficacia dell'atto e la corrispondente pronuncia di accoglimento devono riguardare l'intero bene e non solo una sua (inesistente) quota.

Ci si potrebbe domandare, allora, quale tutela vi sia per il coniuge non debitore. Nella sentenza in esame, la Corte riepiloga le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza con riferimento alle regole per sottoporre ad espropriazione forzata il bene in comunione legale, sul presupposto che lo stesso vada aggredito per l'intero e che quindi anche il coniuge non debitore sia soggetto passivo dell'espropriazione. Anche a quest'ultimo va notificato il pignoramento e anche nei suoi confronti va perfezionata la trascrizione nei registri immobiliari, per l'opponibilità ai terzi; la vendita o l'assegnazione del bene va disposta per l'intero e al momento del decreto di trasferimento, si verifica lo scioglimento della comunione legale per quel bene. Venendo meno siffatto regime patrimoniale, il coniuge non debitore matura il diritto alla metà della somma lorda ricavatadall'alienazione, o del valore in caso di assegnazione.

Osservazioni

E' importante sottolineare come le conclusioni cui perviene la Corte rinvengono il relativo presupposto, sul piano logico prima ancora che giuridico, nella permanenza del regime della comunione legale sul bene costituito in fondo patrimoniale, non essendo l'apposizione del vincolo causa di scioglimento della comunione ex art. 191 c.c.

Ecco, quindi, che i giudici di legittimità avvertono la necessità di chiarire le motivazioni del contrasto - solo apparente - con altri precedenti della Corte che invece hanno escluso il litisconsorzio necessario dei coniugi (e segnatamente del coniuge non debitore) in caso di azione revocatoria: ci si riferisce ai casi in cui il bene, già oggetto della comunione legale, era stato alienato a terzi. Tale atto dispositivo comporta – a differenza della costituzione in fondo patrimoniale - la fuoriuscita del bene dal regime della comunione legale, di tal che in siffatte ipotesi, coerentemente con le premesse di cui innanzi, la revocatoria potrà e dovrà avere ad oggetto soltanto la “quota” del coniuge debitore, “quota” che sorge al momento della cessione dell'immobile a terzi.

Proprio sul presupposto che, nel caso in esame, permane la comunione legale, la Corte di Cassazione conseguentemente disconosce il percorso argomentativo sotteso alla decisione del Tribunale che aveva dichiarato l'inefficacia dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale limitatamente alla quota (inesistente) di Tizio.

Nella motivazione della sentenza è molto interessante il passaggio in cui la Corte chiarisce come debba essere interpretata siffatta decisione che, ancorché errata, è passata in giudicato e costituisce, comunque, il presupposto dell'esecuzione e dell'opposizione: la sentenza avrebbe reso inefficace l'atto dispositivo su un piano meramente soggettivo negando al solo Tizio, ma non anche alla moglie (esecutata, essendo assoggettato ad espropriazione l'intero bene, ma non destinataria delle sentenza), la legittimazione ad opporre al creditore la limitazione (art. 170 c.c.) derivante dalla costituzione del fondo. L'art. 170 c.c. prevede che l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

La Corte, nell'accogliere il terzo motivo di ricorso, ha sottolineato come la decisione del giudice di secondo grado fosse basata su un presupposto errato, non prevedendo l'art. 170 c.c. un'assoluta impignorabilità dei beni in fondo patrimoniale.

Anzi, i giudici di legittimità hanno sottolineato come secondo un univoco orientamento giurisprudenziale, incombe sul debitore esecutato l'onere di fornire la prova della sussistenza dell'elemento oggettivo (non inerenza del debito alle esigenze familiari) e soggettivo (consapevolezza di siffatta circostanza in capo al creditore) previsti dalla suddetta norma, in quanto destinati a concretare un fatto impeditivo del generale principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.

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