Famiglie omogenitoriali: l’adozione in casi particolari in luogo del riconoscimento alla nascita?
20 Giugno 2023
Il quadro normativo
La disciplina dell'adozione in casi particolari si rinviene agli artt. 44 e ss l. 184/1983 (l. adoz.). Si tratta di un istituto che non è stato concepito specificamente per garantire la bigenitorialità ad un minore nato all'interno di una coppia omoaffettiva, bensì per facilitare quelle adozioni che potevano essere definite attraverso un iter più rapido e snello rispetto a quello riservato all'adozione “ordinaria” (detta anche adozione legittimante o piena), consentita peraltro soltanto a coppie coniugate e di sesso diverso. A partire dal 2014, con la nota sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma (Trib. min. Roma 30 luglio 2014, cui hanno fatto seguito pronunce sia nella giurisprudenza di merito, tra cui App. Torino 27 maggio 2016, n. 2, sia di legittimità, a partire da Cass. 22 giugno 2016, n. 12962), l'art. 44 lett d) è stato richiamato dalla giurisprudenza per dare risposta all'esigenza sempre più elevata di riconoscere giuridicamente il rapporto di genitorialità sociale, interpretando la “impossibilità di affidamento preadottivo” come impossibilità di diritto e consentire così di formalizzare la relazione affettiva e di cure materiali e psicologiche instaurata dal partner convivente, anche same sex, nonché dal partner di unione civile, con il figlio del genitore biologico. Se inizialmente l'adozione in casi particolari appariva una valida soluzione per rispondere alle esigenze delle famiglie omogenitoriali, a distanza di pochi anni dalle prime applicazioni, ha invece manifestato tutte le proprie debolezze, specialmente nel caso di crisi della coppia. Contemporaneamente iniziava a frasi strada la possibilità di ottenere dai Comuni il riconoscimento alla nascita secondo una interpretazione della legge basata sul tenore letterale della norma di cui all'art. 8 l. n. 40/2004, per cui i bambini nati da PMA sono figli della “coppia” che ha espresso il consenso alla detta tecnica (senza alcun restringimento alla sola “coppia” eterosessuale), posto che nel 2014 era caduto il divieto della PMA eterologa per le coppie eterosessuali in Italia e dunque nel nostro paese venivano già riconosciuti davanti all'Ufficiale di Stato civile, figli che non erano biologicamente legati ai due genitori che si dichiaravano tali ex art. 8 l. 40/2004 (cfr. Corte cost., sent. n. 162/2014). La formazione degli atti di nascita è stata tuttavia, sin da principio, costellata da numerose incertezze finché la Suprema Corte e la Corte costituzionale si sono espresse in senso negativo, non ritenendo possibile il riconoscimento alla nascita di questi bambini e indicando l'adozione in casi particolari come unico rimedio percorribile, pur riconoscendone l'inadeguatezza. Allo scopo di colmare l'insufficienza dell'adozione in casi particolari, la giurisprudenza degli ultimi anni si è spinta, per un verso, ad interpretare le sue disposizioni di legge in senso costituzionalmente orientato o, addirittura, a dichiararne l'incostituzionalità, per l'altro, a lanciare più moniti al nostro legislatore affinché intervenisse quanto prima, evidenziando l'urgenza di una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con il genitore intenzionale. Ad oggi il Parlamento è rimasto inerte, il malcontento delle famiglie omogenitoriali aumenta e qualche Sindaco continua a formare gli atti di nascita con due genitori dello stesso sesso come atto politico di disobbedienza, ma è evidente che la questione rimane ancora irrisolta. Le critiche mosse all'istituto dell'adozione in casi particolari, nello specifico, riguardano essenzialmente questi punti: 1. Il consenso preclusivo del genitore biologico Come si legge all'art. 46, comma 1, l. 184/1983 per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori e del coniuge dell'adottando. Si tratta di un consenso preclusivo in quanto il Tribunale per i minorenni non può superare l'eventuale dissenso manifestato, se ingiustificato, qualora lo stesso provenga dal genitore esercente la responsabilità genitoriale (art. 46 comma 2, l. 184/1983). 2. L'efficacia limitata dell'adozione L'art. 55 l. 184/1983 è una norma di rinvio e richiama una serie di articoli del codice civile in materia di adozione del maggiorenne tra cui l'art. 300 c.c. che al comma 2 dispone che l'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti dell'adottante, negando in buona sostanza all'adottato in casi particolari di entrare nella famiglia del genitore adottivo e viceversa. 3. La durata dell'intero procedimento Ai fini dell'accoglimento della domanda di adozione in casi particolari il Tribunale per i minorenni, ai sensi dell'art. 57 l. 184/1983, deve verificare se sussistono i presupposti di cui all'art. 44 e se l'adozione risponde al superiore interesse del minore; a tal fine dispone delle indagini tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza che incidono pesantemente sulla durata dell'iter promosso del genitore ricorrente e finché la sentenza di adozione non sarà passata in giudicato, il minore rimarrà privo della seconda figura genitoriale. Sul consenso preclusivo del genitore biologico Il rischio che in ipotesi di crisi e conflittualità della coppia questo consenso venga strumentalizzato dal genitore biologico è alto (Cfr. Corte cost., sent., 33/2021 «Essa (l'adozione in casi particolari) richiede inoltre, per il suo perfezionamento, il necessario assenso del genitore “biologico” (art. 46 della legge n. 184/1983), che potrebbe non essere prestato in situazioni di sopravvenuta crisi della coppia, nelle quali il bambino finisce per essere così definitivamente privato del rapporto giuridico con la persona che ha sin dall'inizio condiviso il progetto genitoriale, e si è di fatto presa cura di lui sin dal momento della nascita», come avvenuto in un caso che ha interessato il Tribunale di Padova nel 2019 in cui la madre non biologica aveva chiesto che l'Ufficiale di Stato civile la dichiarasse genitrice delle gemelle nate a seguito di PMA eterologa praticata all'estero, deducendo che tale richiesta nasceva, tra le varie ragioni, dall'impossibilità di promuovere una domanda di adozione coparentale, stante il diniego del consenso della madre biologica (Cfr. Trib. Padova, ord., 3 novembre 2019 che ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 8, 9 l. 40/2004 e 250 c.c. - per contrasto con gli artt. artt. 2, 3 primo e secondo comma, 30 della Costituzione, dagli artt. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 29.11.1989, ratificata dall'Italia con l. 27.5.1991 n. 176 e dall'art. 8 della Convenzione EDU - laddove non consentono al nato nell'ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita eterologa praticata da una coppia di donne, l'attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche della donna che insieme alla madre biologica abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa, ove non vi siano le condizioni per procedere all'adozione nei casi particolari ai sensi dell'art. 44 comma 1 lett. d) della l. 184/1983 e sia accertato l'interesse del minore). Sul punto la recente sentenza n. 38162/2022 resa a SS.UU. dalla Corte di Cassazione del 30 dicembre 22, in un obiter dictum, ha precisato che il genitore biologico potrebbe negare l'assenso all'adozione del partner solo nell'ipotesi in cui quest'ultimo non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del nato, oppure abbia partecipato solo al progetto di procreazione ma abbia poi abbandonato il partner e il minore. A questa conclusione la Suprema Corte è giunta attraverso una lettura restrittiva dell'art. 46 l. 184/1983 che così si può riassumere: - i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, il cui dissenso impedisce l'adozione particolare, non sono meri titolari della responsabilità stessa, ma sono coloro che ne hanno altresì il concreto esercizio grazie a un rapporto effettivo con il minore; - il dissenso all'adozione manifestato dal genitore dell'adottando che non esercita in concreto, da molti anni, la responsabilità genitoriale sul figlio, con il quale non intrattenga alcun rapporto affettivo non è quindi preclusivo (Cass., sez. I, 21 settembre 2015, n. 18575; Cass., sez. I, 16 luglio 2018, n. 18827). - Il genitore sociale che propone domanda di adozione ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), ha condiviso con il genitore biologico la responsabilità conseguente alla scelta di aver dato vita al progetto procreativo effettuato all'estero e, insieme al secondo, si occupa della cura morale e materiale del minore; - essendo l'adozione particolare, nel particolare caso della lettera d), destinata ad offrire un riconoscimento giuridico al rapporto intessuto con il genitore sociale all'interno dell'unica famiglia di accoglienza, il dissenso alla costituzione del legame di filiazione adottiva da parte del genitore biologico esercente la responsabilità genitoriale non può essere espressione di un volere meramente potestativo, ma va collocato in una dimensione funzionale; - l'effetto ostativo del dissenso dell'unico genitore biologico all'adozione del genitore sociale, allora, può e deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, secondo il modello del dissenso al riconoscimento. È dunque possibile superare la rilevanza ostativa del dissenso all'adozione in casi particolari ai sensi della lett. d), tenendo conto che il contrasto rischia, non di vanificare l'acquisto di un legame ulteriore rispetto a quello che il minore ha con la famiglia di origine, ma proprio di sacrificare uno dei rapporti sorti all'interno della famiglia nella quale il bambino è cresciuto, privandolo di un apporto che potrebbe invece essere fondamentale per la sua crescita e il suo sviluppo. Un'altra ipotesi da non trascurare è invece il decesso del genitore chiamato ad esprimere il consenso poiché in tal caso vi sarebbe l'impossibilità di procedere con la domanda di adozione in casi particolari e non sarebbe invocabile la pronuncia delle SS.UU. 38162/2022 che riguarda il dissenso manifestato dal genitore biologico (dissenso appunto sempre valutabile). Sul punto merita di essere segnalata un'interessante sentenza del Tribunale di Milano del 02 marzo 2023 in cui il padre non biologico, tutore del minore, ha chiesto la trascrizione integrale del certificato di nascita del minore nato all'estero con la procedura della gestazione per altri dal progetto di genitorialità condiviso con il partner, genitore biologico, poi deceduto. Il Tribunale meneghino, ritenendo che il consenso all'adozione non fosse trasmissibile agli eredi del defunto in quanto diritto personalissimo e che quindi non fosse possibile per il genitore di intenzione attivare la procedura di adozione ex art. 44, ha ritenuto praticabile la trascrizione integrale dell'atto di nascita del minore.
Sugli effetti L'art. 55 l. 184/1983, richiamando l'art. 300, comma 2 c.c., limita i rapporti civili tra adottante e adottato, conseguentemente quest'ultimo, secondo tale disposizione, non acquista rapporti parentali dal lato del genitore adottivo, diversamente dall'adottato a seguito di adozione piena o legittimante. In tal modo esisteva una differenza sostanziale tra gli adottati in casi particolari e gli adottati per via “ordinaria”, creando di fatto una importante disparità di trattamento, in violazione dei parametri costituzionali. I giudici di merito avevano tentato di risolvere il problema sostanzialmente in tre modi: - ritenendo che la l. 219/2012, sulla riforma in materia di famiglia, avesse operato un'abrogazione tacita dell'art. 55 l. n. 184/1983 nella parte in cui richiama l'art. 300, comma 2, c.c., ultimo periodo, soprattutto per ragioni di ordine sistematico e di armonia formale (così il Trib. min. di Bologna 25 luglio 2020), - ritenendo non necessario il rinvio all'art. 277 c.c. in quanto la costituzione dei legami di parentela latamente intesi, discendesse automaticamente da una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 44 l. adoz. (così Trib min. Venezia 130/2020). - riconoscendo che l'esclusione del vincolo di parentela prevista dall'art. 300 c.c. dovesse ritenersi limitata ai soli casi di adozione di figli maggiori di età stante la diversa funzione di tale ultimo istituto, concludendo che il richiamo all'art. 300 c.c. deve essere riletto e reinterpretato in funzione della piena realizzazione del superiore interesse del minore (così Trib. min. Roma 20 gennaio 2021 e 09 giugno 2021). A risolvere definitivamente la questione è intervenuta la Consulta su interpello del Tribunale per i minorenni di Bologna (Trib. min. Bologna, ord. 26 luglio 2021, n. 143). Condividendo le ragioni del giudice a quo, con la sentenza n. 79/2022, depositata il 28 marzo 2022, la Corte costituzionale ha rimosso l'impedimento alla costituzione di rapporti civili con i parenti dell'adottante (l. n. 184/1983, art. 55 in relazione all'art. 300 c.c., comma 2), intervenendo su uno snodo centrale della disciplina dell'adozione in casi particolari all'insegna della piena attuazione del principio di unità dello stato di figlio: anche l'adozione del minore in casi particolari ora produce effetti pieni e fa nascere relazioni di parentela con i familiari dell'adottante. Al pari dell'adozione "ordinaria" del minore di cui alla l. n. 184/1983, artt. 6 e ss. l'adozione in casi particolari non si limita a costituire il rapporto di filiazione con l'adottante, ma fa entrare l'adottato nella famiglia dell'adottante. L'adottato acquista lo stato di figlio dell'adottante. La sentenza riconosce i legami familiari anche per l'adottato in casi particolari e così realizza il suo inserimento nell'ambiente familiare dell'adottante, in applicazione del principio di unità dello stato di figlio e secondo un approccio teso a considerare unitariamente filiazione e adozione. La declaratoria di illegittimità costituzionale rimuove dunque un ostacolo all'effettività della tutela offerta dall'adozione in casi particolari.
Sulla durata del procedimento L'iter dell'adozione in casi particolari non può certo definirsi rapido perché prevede comunque una fase istruttoria in cui il Tribunale per i minorenni interpella i servizi locali e le forze dell'ordine per raccogliere elementi tali che consentano ai Giudici di decidere se accogliere o rigettare il ricorso (art. 57 l. adoz.). Inoltre, proprio per consentire l'accertamento da parte dei servizi locali del “best interest of the child”, era opinione comune che prima dei due o tre anni di età del minore adottando non fosse opportuno presentare domanda perché era necessario che il legame affettivo da tutelare esistente tra adottando e adottante fosse visibile ai terzi chiamati a pronunciarsi sul ricorso promosso dal genitore d'intenzione, ma questo si traduceva in un ulteriore tempo di attesa che si aggiungeva a quello necessario per definire il procedimento di adozione. La conseguenza di quanto descritto sopra è che un minore rimaneva giuridicamente privo anche per cinque o sei anni del genitore d'intenzione, in palese violazione degli artt. 8 e 14 CEDU. Posto che rientra nella discrezionalità di ogni singolo stato aderente alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo decidere come riconoscere questa seconda figura genitoriale, è vero anche che, ricordando il parere reso dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo del 2019 su richiesta della Corte di Cassazione francese, la modalità scelta dovrebbe avere degli affetti simili a quelli del riconoscimento legale nell'atto di nascita edovrebbe consentire un riconoscimento dello status genitoriale celere e, pertanto, idoneo a limitare le condizioni di incertezza (Il caso Mennesson La Corte di Strasburgo si (ri)pronuncia con il suo primo parere preventivo,inOsservatorio costituzionale, fasc. n. 5, 2019, pag. 26): caratteristiche che non contraddistinguono certo l'iter dell'adozione in casi particolari. A tal fine, proprio in forza del parere citato della Corte EDU, presso il Tribunale per i minorenni di Venezia è stata presentata più di una domanda di adozione ex art. 44 quando il minore era appena nato e dunque incapace di esprimere o comunque rendere visibile qualsivoglia attaccamento al genitore non biologico, e ciò non ha pregiudicato l'esito del procedimento che si è concluso sempre positivamente (Cfr. ex multis sentenze Trib min. Venezia n. 74/2023 e n. 48/2023.). Superflue appaiono inoltre le indagini svolte dai servizi locali che, tramite l'equipe adozioni, si traducono in una serie di colloqui con la coppia omoaffettiva oltre ad una visita a domicilio: le indagini perdono il loro scopo laddove, infatti, vi sia un minore frutto di un disegno procreativo condiviso dalla coppia e che sin da quando è nato è inserito in quella realtà familiare. Sempre avanti al Tribunale per i minorenni di Venezia sono state presentate diverse domande di adozione con la richiesta di non disporsi le indagini tramite servizi locali, ma, ad oggi, nessun Giudice ha mai preso posizione rispetto a tale specifica istanza. Fortunatamente alcune delle equipe adozioni interpellate nel territorio veneto, condividendo le ragioni alla base della dedotta superfluità dell'indagine, ma non potendosi esimere dal farla stante l'ordine dell'autorità giudiziaria, limita il numero dei colloqui con la coppia proprio allo scopo di velocizzare la procedura d'adozione. In conclusione
Emerge sempre più la necessità di un forte restyling dell'adozione in casi particolari, soprattutto se continua ad essere l'unica via per il riconoscimento del minore da parte del genitore sociale. A vuoto sono caduti i moniti della Corte costituzionale che ormai da anni sollecita un intervento da parte del nostro legislatore (ex multis Corte cost. n. 32/2021). e la sua inerzia sta nel frattempo danneggiando i minori nati da coppie omoaffettive perché non consente alle loro famiglie di riconoscerli in tempi rapidi, esponendoli ad importanti incertezze. La famosa Circolare del Ministero dell'Interno n. 3/2023, inoltre, sta aggravando la situazione perché ha determinato di recente una pioggia di ricorsi promossi dalle Procure italiane volti a rettificare ex art. 95, d.P.R. 396/2000 gli atti di nascita formati con l'indicazione di due genitori dello stesso sesso; esistono quindi famiglie omogenitoriali che sono state inizialmente riconosciute dai Comuni e che ora vedono cancellare dall'atto di nascita del minore nato da PMA eterologa effettuata all'estero il nome del genitore sociale, trovandosi davanti all'alternativa: resistere nel giudizio promosso dalla Procura o abbandonare ogni tentativo di difesa e lasciare che il genitore sociale promuova poi l'adozione in casi particolari. Rispetto alla prima opzione capita anche che ci sia qualche genitore biologico che invece decida di sfruttare questa opportunità per eliminare definitivamente dalla propria vita e da quelle dei figli il ruolo del partner con cui magari è venuta meno l'affectio coniugalis: è il caso che ha interessato il Tribunale di Napoli a cui si era rivolta la madre sociale cancellata dall'atto di nascita del figlio e a cui aveva chiesto il riconoscimento del diritto alla continuità degli affetti, deducendo che la madre biologica stava impedendo il rapporto con il figlio nato da un progetto di genitorialità condiviso con quest'ultima (Il Giudice partenopeo aveva quindi disposto la trasmissione degli atti alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli affinché valutasse il pregiudizio al minore conseguente al comportamento della madre biologica. (cfr. Trib Napoli, decreto del 14 aprile 23). Insomma, è evidente che manchi del tutto una prospettiva paidocentrica dei problemi qui evidenziati e questo clima di incertezza giuridica mina profondamente le relazioni umane, pregiudicando specialmente i minori. Riferimenti
Marco Gattuso Figli alla nascita: dal tribunale di Torino una prima conferma per la “primavera dei comuni” 1° luglio 2018, in www.articolo29.it; Arianna Finessi, Unicità dello stato di figlio e interesse del minore nell'adozione in casi particolari, in Riv. Dir. civ., n. 6, 1° novembre 2022, p. 1027; Valentina Pizzol e Alberta Xodo Famiglie omogenitoriali: la valutazione dell'equipe adozioni nei procedimenti ex art. 44 lett. d) l. 184/83 tra limiti e opportunità in L'Osservatorio sul diritto di famiglia, maggio-agosto 2022, p. 87 -91; Giulia Barbato Sì all'integrale trascrizione dell'atto di nascita di un minore nato da GPA quando la strada dell'adozione in casi particolari non è in concreto percorribile, 30 maggio 23 in www.articolo29.it. |