La Riforma Cartabia non salva l'imputato dal reato di maltrattamenti in famiglia

Redazione Scientifica
22 Giugno 2023

Un imputato, accusato di maltrattamenti in famiglia, ricorre in Cassazione sostenendo che, in seguito alle modifiche apportate dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), il giudice avrebbe dovuto valutare la possibilità di disporre l'avvio di un programma di giustizia riparativa, «facoltà esercitabile anche d'ufficio in base alla nuova previsione contenuta dall'art. 129-bis c.p.p.».

La doglianza è infondata. Le nuove previsioni dell'art. cit. e dell'art. 419, comma 3-bis, c.p.p. non contemplano alcuna ipotesi di nullità nel caso di mancata applicazione. in particolare, l'art. 129-bis c.p.p., «nel prevedere la possibilità che il giudice disponga d'ufficio l'invio delle parti ad un centro per la mediazione, si limita a disciplinare un potere – essenzialmente discrezionale – riconosciuto al giudice, senza introdurre espressamente un obbligo di attivarsi».

Lo stesso art. 419, comma 3-bis, c.p.p. «non prevede alcuna nullità speciale per il caso in cui l'avviso venga omesso né può ritenersi che l'omissione vada a ledere il diritto dell'imputato di accedere a tale forma di definizione del procedimento».

Inoltre, il Collegio specifica che «la deduzione della nullità della sentenza per una violazione asseritamente intervenuta prima della formulazione della richiesta di patteggiamento, esula dalle ipotesi rispetto alle quali l'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. consente la proposizione del ricorso in cassazione».

Per tutti questi motivi, viene dichiarato inammissibile il ricorso in oggetto.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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