Il primo intervento correttivo alla Riforma Cartabia: cosa cambia sulla procedibilità e sull'arresto in flagranza

Paolo Grillo
27 Giugno 2023

All'indomani dell'entrata in vigore della Riforma Cartabia, fortemente ispirata dall'intento di deflazionare il contenzioso penale e, conseguentemente, di snellire la durata dei processi in corso, si sono verificate alcune ipotesi nella quotidiana prassi applicativa nelle quali le modifiche che avevano inciso sulla procedibilità per alcuni reati, oggi rimessi all'iniziativa querelatoria di parte, hanno prodotto non pochi inconvenienti. Per rimediarvi, il legislatore ha apportato alcune modifiche di dettaglio. Esse sono in vigore dal 16 giugno 2023.
Il contesto e le ragioni della novella

Le direttrici lungo le quali si è mosso il legislatore che ha elaborato e tradotto in realtà normativa la c.d. riforma Cartabia avevano un fil rouge che le univa e ne costituiva il comune denominatore. Da una parte velocizzare l'accertamento processuale dei fatti-reato, dall'altra parte ottenere una riduzione del carico giudiziario penale. Per perseguire questo secondo obiettivo, in alternativa alla depenalizzazione tout court, si è preferito incidere sul regime di procedibilità di molte fattispecie di reato che, pervero, costituiscono, nella quotidiana amministrazione della giustizia, una voce di bilancio niente affatto trascurabile. E così, come è noto, molte ipotesi di reato (tra le quali anche la contravvenzione di cui all'art. 660 c.p.) sono state soggette all'iniziativa querelatoria di parte, in luogo della procedibilità d'ufficio. Ciò, nelle intenzioni del legislatore, avrebbe dovuto funzionare da filtro; si sarebbe proceduto soltanto per quelle ipotesi di reato che, per la loro gravità e intensità, avrebbero spinto le persone offese a sporgere la querela, escludendo quindi tutte le altre manifestazioni penalmente rilevanti ma nelle quali non sussiste un interesse di parte a perseguirle. Un metodo senz'altro ispirato da ragioni pratiche, che però non ha fatto i conti con talune realtà criminali particolarmente rilevanti nelle quali la persona offesa, vuoi per paura di una possibile ritorsione, vuoi per sfiducia verso l'effettiva persecuzione della condotta illecita, non sarebbe stata nelle condizioni psicologicamente ideali per rivolgere l'istanza punitiva all'autorità giudiziaria. Il riferimento è innanzitutto agli ambienti territoriali permeati dalla criminalità organizzata di stampo mafioso, alla quale viene affiancata – per l'indice di gravità delle sue manifestazioni – quella di ispirazione terroristico/eversiva. Per scongiurare, quindi, il possibile sviluppo di sacche di impunità condizionate dalle caratteristiche soggettive dell'autore del fatto criminoso si è così deciso di modificare l'intervento riformatore con alcuni mirati correttivi.

Le nuove ipotesi di reato con procedibilità d'ufficio obbligatoria

Semplice la regola normativa imposta dall'art. 1 della legge n. 60/2023: per tutti i reati aggravati a norma dell'art. 270-bis.1 c.p. (reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico) si procede d'ufficio a prescindere dalle regole applicabili per la fattispecie-base. Se questa, per ipotesi, fosse procedibile a querela, l'elemento circostanziale speciale la renderebbe comunque perseguibile d'ufficio. Identica regola viene applicata nel caso in cui il reato sia aggravato a norma dell'art. 416-bis.1 c.p. (delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis, oppure posti in essere al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose): metodo e finalità mafiose rendono quindi perseguibile d'ufficio ogni delitto al quale la predetta aggravante sia accostata. La distinzione terminologica tra le due norme deve comunque essere tenuta in considerazione: nell'aggravante della finalità terroristica si menzionano “i reati”, mentre in quella del metodo mafioso il riferimento è posto soltanto con riguardo ai “delitti”. Completa l'intervento riformatore anche un'ulteriore elevazione del regime di procedibilità per il delitto di lesioni personali previsto dall'art. 582 c.p.: esso sarà perseguito d'ufficio se è posto in essere da soggetto al quale può applicarsi l'aggravante prevista dall'art. 71 del d.lgs. 159/11: ci si riferisce al reato commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo all'applicazione di una misura di prevenzione personale, sia durante la sua applicazione, sia entro tre anni dalla sua cessazione.

Le modifiche in materia di arresto in flagranza

Parimenti, a destare perplessità sul piano della repressione dei reati, specialmente di quelli espressione della criminalità diffusa, era stata l'incidenza che ne sarebbe potuta derivare per effetto della trasformazione di molte ipotesi di reato – anche aggravate – da perseguibili d'ufficio a querela. Giova al riguardo riportare brevemente, in tema di applicazione delle misure precautelari e segnatamente dell'arresto obbligatorio in flagranza, lo stato dell'arte della disciplina codicistica vigente fino all'introduzione della legge n. 60/2023. L'art. 380, comma 3, c.p.p. prevedeva che, se il reato per il quale occorre procedere all'arresto di chi è colto in flagranza fosse stato perseguibile a querela di parte, all'arresto si sarebbe potuto procedere soltanto nel caso in cui la querela fosse sporta anche oralmente all'ufficiale o agente di p.g. presente sul luogo. Nel caso di remissione della querela l'arrestato sarebbe stato posto immediatamente in libertà. La regola, facente parte dell'impianto originario del codice di rito, ha subìto una modifica per effetto della legge recentemente entrata in vigore. Si prevede adesso che se la querela non è proposta contestualmente alla sorpresa dell'autore del reato in flagranza, nel caso in cui la persona offesa non è prontamente rintracciabile, si può ugualmente procedere all'arresto obbligatorio, dovendosi contemporaneamente darsi avvio alle ricerche di quest'ultima. Da quel momento decorreranno quarantotto ore entro le quali la querela dovrà sopravvenire, anche in forma orale; in mancanza di ciò, ovvero nel caso di remissione o rinuncia, l'arrestato sarà posto in libertà. La modifica ha costretto il legislatore ad intervenire anche sulla disciplina dell'udienza di convalida dell'arresto, che oggi può riguardare anche un'ipotesi di arresto obbligatorio eseguito senza la ricorrenza della prevista condizione di procedibilità. Si dispone in questo caso che l'arresto è convalidato nel caso in cui la querela può ancora sopravvenire, ma che il processo è sospeso in attesa del sopraggiungere della condizione di procedibilità. La sospensione viene meno se la querela è proposta, ovvero se ad essa si è fatta rinuncia, oppure se è scaduto il termine per proporla. Identica disciplina si applica nel caso di rito direttissimo.

In conclusione

Le pur apprezzabili finalità che ha perseguito il legislatore con l'intervento correttivo che abbiamo illustrato sono purtroppo vanificate dalle insuperabili aporìe che ricadono sul terreno del diritto processuale. Mettiamo per un momento da parte le modifiche in tema di procedibilità: esse non pongono particolari problemi applicativi e, anzi, sono figlie di un'attenta analisi criminologica che merita senz'altro un plauso. Ma l'introduzione dell'arresto in flagranza in assenza (temporanea) di querela e la sua convalida non possono essere in alcun modo organicamente coordinate con i principi generali del diritto processuale. E' noto che la querela è una condizione di procedibilità che legittima l'avvio e la prosecuzione dell'azione penale, la quale in sua assenza deve essere dichiarata improcedibile, così come ci ricorda l'art. 129 c.p.p., in ogni stato e grado del procedimento. Quest'ultimo è indiscutibilmente esistente nel momento in cui si trae in arresto chi è colto in flagranza di reato e, a maggior ragione, è in corso d'opera quando il giudice della convalida verifica la legittimità dell'arresto. Non si vede come si potrebbe ignorare la necessità di dover dichiarare immediatamente la carenza delle condizioni previste per la regolare prosecuzione dell'azione penale nel momento in cui al giudice venisse presentato un soggetto tratto in arresto per un reato la cui azione penale in quell'istante è improcedibile. Il meccanismo della sospensione, peraltro, rappresenta soltanto un artificio: esso non agisce sull'azione penale, ma sul procedimento che da essa deriva. E se la prima è improcedibile, il secondo non ha senso sospenderlo. A rigor di logica dovrebbe invece essere definito ai sensi, per l'appunto, dell'art. 129 c.p.p. con una pronuncia proscioglitiva.

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