È ammissibile l'accesso, da parte di un avvocato, agli atti di un procedimento disciplinare?

La Redazione
28 Giugno 2023

Ė infondata l'istanza di accesso ad un procedimento disciplinare diretto a conoscere l'esatto numero delle segnalazioni disciplinari di cui è destinatario un terzo perché è indeterminata esplorativa e lesiva della riservatezza di terzi.

Con ricorso cumulativo un avvocato impugnava il provvedimento di diniego all'accesso agli atti opposto dal Consiglio distrettuale di disciplina presso l'Ordine degli avvocati, censurando ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., l'illegittimità del rifiuto opposto a fornire informazioni su procedimenti disciplinari pendenti di altro avvocato, nonché il diniego di accesso documentale, ai sensi dell'art. 116, comma 1, c.p.a. Il Tribunale dichiara inammissibile il ricorso avverso il silenzio-rifiuto ed infondato quello avverso il diniego di accesso.

Quanto al silenzio-rifiuto il Collegio chiarisce che, ai sensi degli art. 31 e 117 c.p.a., è impugnabile unicamente il silenzio mero, ossia l'inazione e/o l'inerzia dell'amministrazione in violazione di una disposizione normativa che impone di adottare un provvedimento espresso, e non, come nel caso di specie, il suo contenuto non satisfattivo.

Inoltre, il Collegio precisa che in caso di silenzio si forma unicamente il provvedimento di diniego tacito (c.d. silenzio-rigetto) oggetto di impugnazione, ai sensi degli artt. 25, comma 4, della l. n. 241/1990 e dell'art. 116 c.p.a. per cui non sussiste alcuna base giuridica per il ricorso da silenzio-rifiuto (o inadempimento) che è, pertanto, inammissibile.

D'altra parte, sul ricorso avverso il provvedimento espresso di diniego, il Collegio evidenzia che lo stesso risulta congruamente motivato e totalmente conforme alle disposizioni vigenti, senza che ricorrano le violazioni di legge o i profili di eccesso di potere censurati nel ricorso.

Inoltre, il Collegio non ravvisa alcuna istanza qualificata alla quale deve conseguire un provvedimento espresso, anche perché l'esponente non è il relativo destinatario, ma un soggetto terzo.

In ogni caso, come affermato in giurisprudenza, in ragione della natura ampiamente discrezionale del procedimento disciplinare nell'an e nel quomodo, il Tribunale precisa che l'unico termine che l'esponente possa avere interesse a conoscere è quello della prescrizione di sei anni dal fatto, ai sensi dell'art. 56, comma 1, l. 31 dicembre 2012 , n. 247. Nella stessa prospettiva, l'unico interesse rilevante per accedere agli atti del procedimento disciplinare nei confronti di altro soggetto è quello relativo all'esito della propria segnalazione, ovvero, nel caso di specie agli atti presso il Consiglio dell'Ordine degli avvocati, recanti le valutazioni sui fatti narrati dalla eventuale archiviazione oppure dall'avvio del procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 58, comma 4, l. n. 247/2012.

Invece, in ordine alla richiesta di conoscere l “esatto numero di segnalazioni, a fini disciplinari”, per costante giurisprudenza, tale domanda risulta essere indeterminata, esplorativa e lesiva della riservatezza di terzi, e, quindi, inammissibile (c.d. divieto di accesso esplorativo), ai sensi dell'art. 24, comma 3, della l. n. 241/1990. La consistenza del diritto di accesso, quale “interesse strumentale” alla difesa della posizione giuridica dell'istante si basa sul “nesso strumentale” tra la documentazione richiesta e le particolari e concrete esigenze difensive, che nel caso di specie non emergono.

Di conseguenza anche nell'ipotesi di accesso agli atti strumentale all'esercizio del diritto di difesa, non è sufficiente che l'istanza contenga un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, ma deve, sempre, contenere la dimostrazione del collegamento circa l'indispensabilità della documentazione richiesta e le proprie esigenze di difesa attuali e concrete, ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990 e art. 2, comma 1, d.P.R. n. 184/2006). In caso contrario l'accesso rappresenta un tentativo meramente esplorativo di conoscere la documentazione versata agli atti e, pertanto, va dichiarato inammissibile, perché non può perseguire finalità emulative, oppure tradursi in un controllo generalizzato dell'attività amministrativa o in uno strumento di ispezione e di “pressione” sulle pubbliche amministrazioni e non può comportare la elaborazione di appositi atti.

Ancor più non può essere consentito un accesso agli atti acquisiti per accertamenti effettuati a seguito di esposti di terzi, che potrebbero avere un interesse qualificato ad opporsi al disvelamento a soggetti estranei della propria identità, al di fuori del procedimento dagli stessi attivato. L'esistenza e il contenuto di un esposto sono affidati alla prudente delibazione dell'Autorità pubblica alla quale sono presentati e, dunque, non possono essere divulgati a terzi, a meno che non sia l'Autorità giudiziaria che li richieda.

Pertanto, la richiesta di accesso per conoscere tutta la documentazione versata agli atti, come i dati informativi richiesti sui tempi e sul contenuto di altri (eventuali) esposti di terzi sui quali il ricorrente non ha dimostrato di aver un interesse qualificato ad accedervi, va dichiarata inammissibile

Nella specifica ipotesi dei procedimenti disciplinari per gli avvocati, rispetto a quelli disciplinati per le altre categorie di professionisti e/o di lavoratori, è previsto dall'art. 59, comma 1, lett. n), della legge n. 247 cit. che, per quanto non specificatamente disciplinato, “si applicano le norme del codice di procedura penale, se compatibili”. Quindi, considerato che ai sensi dell'art. 329 c.p.p., per la fase istruttoria stricto sensu (le “indagini preliminari”), è imposto il segreto, analogamente, nella fase istruttoria per l'accertamento di (eventuali) responsabilità disciplinari dell'avvocato, va serbato il segreto per la tutela della genuinità degli accertamenti, e l'accesso non è consentito né al soggetto sottoposto ad accertamenti né all'esponente (o denunciante).

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