Riforma Cartabia: è competente il giudice di pace per le lesioni lievi divenute procedibili a querela

29 Giugno 2023

L'inedita questione esaminata dalla sentenza annotata involge le (indirette) conseguenze processual-sanzionatorie del mutato regime di procedibilità del reato di lesioni personali per effetto della riforma Cartabia.
Massima

In tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta (cd. lievi), divenute procedibili a querela per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto conformemente alla volontà del legislatore riformatore di estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela.

Il caso

Il giudice di seconde cure confermava la sentenza emessa dal locale tribunale monocratico a carico di un imputato condannato a mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa per il reato di minaccia e lesioni personali giudicate guaribili in ventitre giorni.

La Corte d'appello, esclusa la legittima difesa invocata dalla difesa e ritenuta attendibile la testimonianza della persona offesa, peraltro riscontrata da altra deposizione, aveva ricostruito l'entità delle lesioni personali da costei subite sulla base della documentazione medica in atti, costituita da un certificato di pronto soccorso con prognosi di tre giorni e dai successivi certificati rilasciati dal medico di parte, da cui risultavano postumi proseguiti per ulteriori venti giorni, accertati anche da altro medico, donde la procedibilità d'ufficio del reato ascritto, per il quale, comunque, la persona offesa aveva sporto rituale querela.

L'imputato interponeva ricorso per cassazione per vizi di violazione di legge e di motivazione denunciando, tra l'altro, la contraddittorietà delle descritte modalità dell'aggressione fisica e l'erroneità dell'entità delle lesioni, sollecitando altresì il tema della pena irrogata all'imputato in relazione al delitto di lesioni e della sua eccessività.

Prima della celebrazione del giudizio di legittimità, entrava in vigore il d.lgs. n. 150/2022 (cd. riforma Cartabia) che ha ridisegnato il regime di procedibilità, tra l'altro, proprio del reato di cui all'art. 582 c.p., divenuto di norma procedibile a querela.

La Suprema Corte, ritenuta non sconfessata da alcun elemento contrario la prognosi di guarigione delle lesioni di complessivi 23 giorni (traducendosi le deduzioni del ricorrente circa una diversa e minore durata della malattia in doglianze in fatto, non consentite in sede di legittimità), in accoglimento di uno dei motivi di ricorso ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello; per il resto, ha dichiarato il ricorso inammissibile.

La questione

La riforma Cartabia, attraverso la riscrittura dell'art. 582 c.p. ad opera dell'art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, nell'ottica di decongestionamento “in entrata” del carico giudiziario, ha invertito il rapporto di regola/eccezione prevedendo:

  • al comma 1, la “regola” circa la perseguibilità a querela del reato, anche nell'ipotesi di malattia avente durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta (c.d. lesioni lievi);
  • al comma 2, l'“eccezione” circa la procedibilità d'ufficio per le restanti ipotesi di lesioni aggravate ex artt. 61, n. 11-octies, 583 e 585 c.p., fatte salve specifiche che restano ipotesi a querela di parte (“eccezione” dell'“eccezione”).

Il novellato art. 582 c.p.

1. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, numero 11-octies, 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma numero 1, e nel secondo comma dell'articolo 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per malattia.

Come si legge nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, l'intervento novellistico - «limitato ad ipotesi che presentano un disvalore ridotto», che favoriscono «la remissione della querela o l'estinzione del reato per condotte riparatorie» (art. 162-ter c.p.) - mira ad ampliare il regime di procedibilità a querela del delitto di lesioni personali, senza più condizionarlo alla durata della malattia non superiore ai 20 giorni (cd. lesioni lievissime): la procedibilità a querela è stata difatti estesa alle lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni), mentre restano procedibili d'ufficio le lesioni gravi (comprensive dell'ipotesi di malattia con durata superiore a 40 giorni) e le lesioni gravissime di cui all'art. 583 c.p., come pure quelle lievi ma commesse in danno di persona incapace per età o per infermità.

Il nuovo regime di procedibilità trova applicazione a partire dalla (definitiva) entrata in vigore della riforma Cartabia, quindi dal 30 dicembre2022 (art. 99-bis del d.lgs. n. 150/2022, come aggiunto dall'art. 6 del d.l. n. 162/2022, convertito, con modificazioni, in legge n. 199/2022), ma – essendo più favorevole all'agente (art. 2, comma 4, c.p.) – vale anche retroattivamente, sia pure con i temperamenti dettati in via transitoria dall'art. 85, comma 1, deld.lgs. n. 150/2022 (anch'esso modificato dal d.l. n. 162/2022), secondo cui per i reati divenuti perseguibili a querela commessi prima della data di entrata in vigore del decreto, «il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data» [quindi con scadenza “fissa” al 30 marzo 2023], «se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato».

Senonché, il legislatore delegato del 2022, pur dando atto – nella relazione illustrativa – dell'indiretto ampliamento della competenza per materia del giudice di pace penale, non è poi specificamente intervenuto (anche) sulle norme processuali che fissano la cognizione ratione materiae del giudice onorario.

Si pone allora la seguente questione controversa: in assenza di modifiche espresse all'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 274/2000 conseguenti alla nuova formulazione dell'art. 582c.p., di chi è la competenza delle ipotesi di lesioni personali divenute ormai procedibili a querela?

Il mutato regime di procedibilità ha ampliato – sia pure indirettamente – la competenza del giudice di pace, “storicamente” agganciata alle ipotesi procedibili a querela?

Oppure il mancato intervento legislativo in seno alla norma regolatrice la competenza del giudice di pace comporta la competenza in capo al Tribunale monocratico?

Dalla soluzione del quesito consegue l'applicazione di un diverso rito non solo rispetto alla fase processuale, ma anche a quella delle indagini preliminari (artt. 11 e ss. d.lgs. n. 274/2000) e, in caso di eventuale condanna, un diverso assetto regime sanzionatorio (artt. 52 e ss. d.lgs. n. 274/2000).

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento è la prima che affronta il problema del difetto di coordinamento tra la nuova formulazione dell'art. 582 c.p. e l'art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 274/2000.

Quest'ultima norma tuttora richiama testualmente, a fini attributivi della competenza ratione materiae del giudice di pace penale, l'art. 582 c.p. «limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, secondo comma, ovvero contro il convivente».

Un'interpretazione strettamente e meramente letterale sembrerebbe imporre la soluzione che, attesa tale (immutata) formulazione della norma processuale, la competenza del giudice di pace sarebbe limitata ormai alle (sole) ipotesi di lesioni personali procedibili a querela del comma 2 dell'art. 582 c.p. (ossia all'“eccezione” dell'“eccezione” officiosa) di cui all'art. 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p. Si tratterebbe, invero, di un ambito applicativo del tutto residuale, persino più ridotto di quello ante riforma Cartabia, perché non terrebbe conto né delle vecchie (lesioni lievissime) né delle nuove ipotesi (lesioni lievi) procedibili a querela del comma 1, peraltro di più frequente contestazione nella prassi. Secondo questa lettura restrittiva, ancorata al testo non novellato dell'art. 4 cit., il silenzio del legislatore delegato sul punto supporterebbe la tesi – oggi però esclusa dalla Suprema corte – secondo cui al giudice di pace non sarebbero più attribuite per competenzale lesioni in generale procedibili a querela di parte (ossia quelle del comma 1 dell'art. 582 c.p.), ma solo quelle che lo sono in via di eccezione come deroga alla procedibilità d'ufficio (ossia quelle del comma 2).

Il Supremo collegio scarta senza mezzi termini questa soluzione – che si tradurrebbe in un evidente “passo indietro” rispetto agli obiettivi non solo alla riforma Cartabia ma anche della stessa legge attributiva della competenza penale al giudice di pace, agganciata ai fatti punibili “a querela della persona offesa” (v. art. 15 legge n. 468/1999) – optando per una lettura teleologico-estensiva che valorizza le intenzioni “storiche” del riformatore, come palesate nella relazione illustrativa, di ampliamento della competenza del giudice di pace e non certo di sua riduzione.

Invero – argomenta anzitutto la decisione in rassegna – il mancato riferimento testuale al novellato comma 1 dell'art. 582 c.p. rischia di comportare che il reato di lesione perseguibile a querela (ossia la stragrande maggioranzadelle ipotesi) dovrebbe “ritornare” (quanto alle lesioni inferiori a 20 giorni) o “restare” (quanto alle lesioni da 21 a 40 giorni) nella competenza del tribunale monocratico, ciò in evidente contrastocon la volontà della riforma di favorire altresì, attraverso l'estensione del regime di procedibilità a querela per figure di reato frequenti e di limitato disvalore – condotte riparatorie e ripristinatorie in vista di una ricomposizione del conflitto, nell'intento di decongestionare il processo penale, migliorandone l'efficienza attraverso la deflazione; obiettivo quest'ultimo – ammonisce la Corte regolatrice – che risulterebbe completamente distonico, laddove si “riportassero” le lesioni procedibili a querela, guaribili in pochi giorni, nella cognizione generale del tribunale, sottraendole alla competenza del giudice onorario.

In secondo luogo – aggiunge la Suprema, con argomento più squisitamente penalistico – l'interpretazione letterale si tradurrebbe in una soluzione in malam partem, comportante una modifica in peius del trattamento sanzionatorio, perché verrebbero inasprite le sanzioni per il reato di lesioni (anche quelle lievissime, secondo la precedente disciplina dell'art. 582 c.p.), con l'applicazione del regime detentivo (come nella vicenda di specie) in luogo delle più favorevoli sanzioni pecuniarie previste dall'art. 52 d.lgs. n. 274/2000.

Per rendere allora compatibile lo spirito della riforma Cartabia, in relazione al reato di cui all'art. 582 c.p. con l'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 274/2000 – conclude la Cassazione – «non può che essere adottata un'interpretazione estensiva e logica del portato di tale ultima norma, tenuto conto che, anche l'attribuzione della competenza del giudice di pace di alcuni reati, si è mossa nel solco di ricercare strategie e forme sanzionatorie trascendenti la tradizionale dimensione punitiva, in vista di obiettivi di riconciliazione o mediazione delle forme minori di conflittualità».

In conclusione, il perdurante riferimento al comma 2 dell'art. 582 c.p., nella sua precedente formulazione per gli “ermellini” di Piazza Cavour assume oggi il significato di un sostanziale richiamo, nel contempo, al comma 1 del riformato art. 582 c.p., contenente la previsione in virtù della quale il reato di lesioni è stato attribuito, nella sua forma lieve, al giudice di pace. E comunque, pure ove volesse intendersi il riferimento al comma 2 dell'art. 582 c.p. alla sua formulazione novellata, non potrebbe comunque logicamente escludersi la competenza del giudice di pace per l'ipotesi del comma 1, trattandosi della previsione di carattere generale che contiene – e a cui si sommano – le eccezioni alla procedibilità d'ufficio contemplate nell'attuale comma 2.

Osservazioni

In sede di commento, a prima lettura, del d.lgs. n. 150/2022, l'Ufficio del massimario della Cassazione nella relazione sulla riforma Cartabia aveva evidenziato che, pur in difetto di un coordinamento sistematico, coerentemente con la declamata intentio legislatoris, sembra non potersi prescindere dalla considerazione che il “micro-sistema” del giudice onorario sia stato selezionato illo tempore con riferimento alle fattispecie penali che attingono l'area della conflittualità individuale, connotate per l'appunto dalla perseguibilità a querela ovvero agli illeciti comportanti lesioni o danni ad un soggetto privato che rendono possibile l'eliminazione delle conseguenze dannose del reato anche attraverso le restituzioni o il risarcimento del danno. Inoltre, diversamente opinando, il mantenimento della competenza del tribunale motivato su tale “disallineamento” topografico comporterebbe una modifica in peius del trattamento sanzionatorio (perché determinerebbe l'applicazione delle sanzioni detentive in luogo delle più favorevoli sanzioni pecuniarie previste dall'art. 52 del d.lgs. n. 274/2000: così Cass. pen., sez. VI, n. 13708/2020) e si porrebbe in antitesi con gli obiettivi deflazionistici della riforma. Dunque, con l'entrata a regime della riforma dovrebbe ritenersi mutata anche la disciplina regolatrice del processo – certo processuale ma con effetti anche sostanziali – per modificazione normativa susseguente, con conseguente ritenuta competenza ratione materiae del giudice di pace per i reati di lesione personale procedibili a querela” (in termini Ufficio del massimario della Cassazione, n. 2/2023, Cap. 3, pag. 239).

Ora la Cassazione, con la sentenza in commento, “certifica” questa stessa lettura, sposando la medesima ottica del favor rei e valorizzando l'interpretazione storica. Un approdo – va osservato – non tacciabile di applicazione analogica vietata dall'art. 14 preleggi poiché il divieto in questione afferisce alle norme incriminatrici e non anche alle norme processuali; ché anzi, rispetto alla problematica in disamina, semmai l'opposta soluzione letterale darebbe luogo ad un'interpretazione in malam partem, mentre la divisata soluzione è l'unica che garantisce un esito in bonam partem, poiché – come detto – la competenza del giudice di pace comporta l'applicazione del sistema di pene più favorevoli che consente, anche in cassazione, di annullare la sentenza con la quale sia stata applicata una pena illegale (come nella vicenda specie).

Resta nondimeno il problema – non affrontato dall'odierna decisione e non risolvibile nello stesso senso in via ermeneutica – della competenza per le lesioni commesse «contro uno dei soggetti di cui all'art. 577, comma 2, ovvero contro il convivente»: ipotesi espressamente eccettuata dall'art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 274/2000 (in esito alle modifiche dell'art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 93/2013, conv., con modif., dalla legge n. 119/2013) eppure al contempo divenuta procedibile a querela per esplicita eccettuazione normativa (comma 2). Per queste fattispecie aggravate, la competenza dovrebbe rimanere radicata in capo al tribunale monocratico, apparendo insuperabile il disposto della norma processuale come appositamente novellata, sul punto, nel 2013; il che, peraltro, appare coerente con le esigenze di maggior rigore derivanti dal contesto endo-familiare in cui questi episodi lesivi sono commessi (spesso spia di fatti di violenza domestica ben più gravi).

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