Dal processo penale telematico al giusto processo penale telematico

Gian Luca Totani
03 Luglio 2023

Il contributo vuole effettuare una ricognizione dello stato attuale del processo penale telematico, anticipando qualche scenario di prossima realizzazione. Le riflessioni critiche si concentrano sulle prassi applicative, spesso distoniche rispetto al normato, talvolta distorsive rispetto alla volontà semplificatrice e razionalizzatrice propria della cultura informatica. Le ricadute sul piano processuale risultano di tale portata da suggerire un approccio maggiormente consapevole e “dotto” alla disciplina, finalizzato ad orientare con interpretazioni garantistiche ed applicazioni pratiche saldamente ancorate alla strada tracciata, il processo penale telematico verso un Giusto Processo Penale Telematico.
I depositi telematici

Paiono pian piano diradarsi le nebbie che avvolgono l'alba del processo penale telematico: a breve verrà ampliato difatti il suo tratto peculiare, la sua essenza, identificabile con il Portale Depositi atti Penali (il c.d. PDP). Vedremo dunque via via scemare i secondi e terzi binari di deposito, che, da luminosa apertura pandemica, si sono trasformati nell'emblema di quel federalismo giudiziario che ha creato una certa confusione e tanta disaffezione nei confronti del telematico.

E' difatti prevista a breve l'emanazione di un decreto ministeriale che allargherà decisamente il novero degli atti il deposito dei quali potrà, o più ragionevolmente dovrà, avvenire mediante PDP.

Ad oggi sono difatti sono solo pochi gli atti che devono essere depositati sul portale, così come individuati dall'art. 24 l. 176/2020 prima, poi aggiunti dal d.m. 13/1/2021 e da ultimi “ratificati” dalla normativa transitoria della c.d. riforma Cartabia (art. 5-quater l. 199/2022 modificativo dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022): denunce, querele, nomine revoche e rinunce al mandato, atti successivi all'emissione dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p. (e dunque memorie, istanze e richieste di interrogatorio) ed opposizione alla richiesta di archiviazione.

La speranza è dunque quella di poter depositare tutti gli atti tramite un unico canale, rimuovendo una gran parte degli ostacoli che si frappongono tra il difensore e la realizzazione del processo penale telematico, negli intenti semplificatore, ma nella realtà applicativa spesso foriero di rischi e produttivo di confusione, tanto da avere generato in questi ultimi anni una diffusa resistenza all'abbandono della modalità analogica.

Attualmente, come noto, ai depositi tramite portale si affianca la grande palude dei depositi effettuabili mediante PEC, in alternativa al deposito cartaceo, ancora consentito anche al difensore, oltre che alla parte privata. Un triplo binario, dunque, che la riforma vede come fumo negli occhi, ma che avrà inesorabilmente ancora strascichi, anche “ratione loci”, in ossequio ad un principio di gradualità che la riforma ha giocoforza previsto a contemperamento della scelta “monocanalare” operata.

La pluralità di canali di deposito rende attualmente difficile individuare con chiarezza quale scegliere per operare correttamente: il diritto vigente cede spesso il passo al diritto vivente, espressione dell'organizzazione dei singoli uffici giudiziari, delle singole cancellerie, dei singoli impiegati. E' raro reperire siti istituzionali aggiornati, con informazioni chiare che tengano conto delle indicazioni di legge su quali siano gli indirizzi PEC da utilizzare per effettuare depositi che non rischino di essere dichiarati inammissibili, non rispettando le specifiche tecniche e le indicazioni normative. Ci si affida dunque alle indicazioni delle cancellerie che spesso individuano indirizzi PEC non ricompresi nell'elenco delle caselle utilizzabili per i depositi (allegato al provvedimento del Direttore del DGSIA del 9/11/2020), rassicurando che i depositi verranno comunque ritenuti validi. Doppi e tripli depositi, con le modalità e secondo i canali più vari, tranquillizzano il difensore non perfettamente orientato ma consentono il pervenimento nel fascicolo (ancora cartaceo) di una copia (cartacea) di quanto depositato. Pare dunque necessario anche per noi difensori un forte e “coraggioso” impegno nell'acquisire maggiore consapevolezza delle procedure e dei (pochi) passaggi tecnici da compiere per evitare intoppi o errori che inesorabilmente si rifletteranno sul corretto dispiegarsi del flusso di deposito di un atto e dunque, sovente, sulla sua efficacia. Analogo sforzo verrà chiesto via via a tutti gli attori del processo, dalla polizia giudiziaria, ai magistrati, alle cancellerie, tutti dovranno misurarsi con nuove modalità operative, riferibili al medesimo reticolo normativo e regolamentare, un ecosistema nel quale tutti dovranno fare la loro parte.

La necessità di acquisire consapevolezza

Le norme di riferimento sono poche e ormai ben note a tutti. Ciò che deve mutare è l'atteggiamento di chi continua a vedere il difensore impegnato nella sola attività di pensiero, lontano e distaccato rispetto a qualunque idea di tecnologia e di informatica, ritenuta cosa di poco conto, certamente delegabile ad altre figure. Questo atteggiamento di diffidenza, talvolta vera e propria neofobia, viene espresso generalmente con una strenua resistenza al nuovo, ammantata dalla nobilissima idea di voler preservare garanzie e tutele, frutto di conquiste ottenute negli anni con fatica. Come sempre accade, è invece l'affidarsi, il conoscere, l'impratichirsi, l'impossessarsi dei concetti e degli strumenti che ci può tranquillizzare, che può far cadere la coltre dei pregiudizi, disvelando opportunità e semplificazione del lavoro.

Con i decreti ministeriali da emanarsi entro fine anno così come previsto dall'art. 87 d.lgs. n. 150/2022 verranno definite “le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale”. Inevitabili e dirompenti saranno le ricadute sul piano processuale. Si realizzerà, infatti, quella “condizione sospensiva” cui sono attualmente sottoposte le modifiche agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3-bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4, del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui l'articolo 154, commi 2, 3 e 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 e troveranno piena applicazione le disposizioni di cui agli articoli 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter, 122, comma 2-bis, 172, commi 6-bis e 6-ter, 175-bis, 386, comma 1-ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis, c.p.p.

Come è agevole intuire anche solo scorrendo la quantità e la dislocazione degli articoli interessati dalla riforma in parte qua, tali e tante sono le novità che affondano nel cuore del processo penale da far comprendere come non sia più possibile pensare di procrastinare l'attività di formazione, imposta dal dovere di aggiornamento prima e dal dovere di competenza poi, attività di studio altresì necessaria per potere compiere con sicurezza gesti che diverranno quotidiana trasmutazione di pratiche ora vigenti.

Ovviamente, la formazione sarà decisiva anche per gli altri operatori del processo e soprattutto per gli addetti alle cancellerie, vero ago della bilancia della riforma.

Alcune prassi distoniche

Il formarsi di una cultura “processual–informatica” impedirà il verificarsi di storture applicative, tra le quali spicca l'imposta resurrezione dell'art. 164 disp.att. c.p.p., nella ritenuta applicabilità ai depositi delle impugnazioni effettuati a mezzo PEC. La norma in questione, abrogata dal d.lgs. 150/2022, prevede una reviviscenza transitoria all'art. 87 comma 6, evidentemente legata ai depositi delle impugnazione in forma cartacea previsti, come detto, in alternativa a quelli a mezzo PEC; purtroppo nelle pieghe silenziose della norma transitoria si sono inseriti i conservatori del cartaceo, esigendo dunque la consegna delle copie o dei diritti per estrarle; in tal modo viene procrastinato ancora per un po' di tempo lo status ante, assestando però un duro colpo al percorso di sensibilizzazione già intrapreso.

Il tema dei diritti di copia, inscindibile rispetto a quello del definitivo superamento della distinzione tra atto originale e copia di esso allorquando si operi in ambiente digitale, dovrà trovare chiarimento e definitiva consacrazione, non essendo stato sin d'ora sufficiente ad evitare articolate e fantasiose quantificazioni ed esazioni dei diritti di copia, il portato dell'art.269 comma 1-bis d.P.R. 115/2002 in materia di spese di giustizia [Il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi], declinate peraltro in maniera differente in base al tipo di file (atti scansionati o atti nativi digitali) ma anche in base al supporto ove gli atti vengono riversati [si veda sul punto Circolare Ministero della Giustizia DAG n. 1375 del 28 marzo 2023].

In conclusione

In quadro così tratteggiato, denso di spunti e di riflessioni da svolgere, non pare eretico il pensiero di quanti iniziano ad auspicare che alla materia possa - in un futuro prossimo - riconoscersi dignità accademica così da offrire agli interpreti del processo anche l'autorevole sostegno del pensiero scientifico.

Sino ad allora la sfida per l'avvocatura – associata e non – sarà quella di vigilare sulle regole tecniche che si andranno delineando, sulle applicazioni pratiche e sulle interpretazioni giurisprudenziali, così da raggiungere la consonanza tra i vantaggi del telematico e le garanzie del giusto processo, realizzando dunque il Giusto Processo Penale Telematico.

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