Mancata partecipazione alla procedura di mediazione: quali conseguenze?

04 Luglio 2023

Il Tribunale di Termini Imerese afferma che la mancata partecipazione alla procedura di mediazione senza giustificato motivo può causare conseguenze molto gravi, tra cui il fatto che, ai sensi dell'art. 118 c.p.c., venga ritenuta l'infondatezza delle tesi della parte che non ha partecipato alla mediazione.
Massima

L'ingiustificata mancata partecipazione di una parte alla mediazione, obbligando la controparte ad introdurre un giudizio ordinario con evidente aggravamento del carico contenzioso dei tribunali civili, costituisce comportamento doloso, il quale pertanto deve ritenersi idoneo a concorrere a ritenere raggiunta la piena prova della fondatezza della pretesa avversaria, oltre a comportare la condanna al versamento dei una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.

Il caso

Il locatore, stante il mancato pagamento di canoni di locazione da parte del conduttore, chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per tutelare la sua pretesa insoddisfatta. Il conduttore, tuttavia, notificava atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo basata tra l'altro su un'eccezione di duplicazione del titolo (in quanto le spese legali erano state già liquidate nel precedente giudizio), nonché sulle difficoltà economiche che i conduttori di locali commerciali avevano patito a causa della pandemia da Covid-19.

Alla prima udienza, il Giudice rilevava l'irritualità dell'atto introduttivo (atteso che – trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per canoni di locazione – l'opposizione doveva essere introdotta con ricorso e non con atto di citazione) e, pertanto, disponeva il mutamento del rito, nonché disponeva, ai sensi del comma 1-bis dell'art. 5 d.lgs. n.28/2010, l'espletamento della procedura di mediazione, con onere per il deposito a carico dell'opposta.

Sennonché, al primo incontro di mediazione partecipava solo la parte opposta, mentre l'opponente non compariva, senza dare alcun riscontro. Di conseguenza, la procedura si concludeva negativamente per l'assenza della parte opponente.

Veniva così ripreso il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

La questione

Il Tribunale di Termini Imerese è stato chiamato a verificare l'applicabilità al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo cui abbia fatto seguito l'esperimento del tentativo di mediazione delle sanzioni previstedal d.lgs. n. 28/2010 per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Termini Imerese, rilevata l'assenza ingiustificata della parte opponente, ha applicato rigorosamente le sanzioni previste dal d.lgs. n. 28/2010 per la mancata partecipazione alla mediazione, condannando parte opponente al versamento di una somma pari al contributo unificato dovuti per il giudizio (ed in tal modo facendo applicazione dell'orientamento consolidato della giurisprudenza – Trib. Roma, sez. XIII, 29 maggio 2017, n. 11023).

Inoltre, data la radicale e insanabile assenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione, in forza del combinato disposto degli art. 8, comma 4-bis, del d.lgs. 28/2010 e art. 116 c.p.c., ha ritenuto raggiunta la piena prova della infondatezza delle tesi di parte opponente che non ha partecipato alla mediazione, per cui ha rigettato l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo.

Osservazioni

Com'è noto, la mediazione costituisce uno degli strumenti alternativi al processo civile, introdotta dal legislatore allo scopo di ottenere la risoluzione delle principali controversie aventi ad oggetto diritti disponibili.

Nel nostro ordinamento giuridico, la mediazione civile e commerciale è disciplinata dal d.lgs. n. 28/2010. Nell'ambito del tessuto normativo del citato decreto legislativo, una disposizione che ha dato luogo a non poche questioni è quella contenuta nell'art. 8.

Stando all'articolo citato, nel procedimento di mediazione obbligatoria è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore. Le parti, coadiuvate da un avvocato, devono comparire personalmente o, in caso di mancata partecipazione, devono conferire procura ad un rappresentante.

Ai sensi del comma 4 del nuovo art. 8, le parti partecipano personalmente alla procedura e solo in presenza di giustificati motivi possono delegare un rappresentante. Questi deve comunque essere a conoscenza dei fatti controversi e poter conciliare. Il rappresentante non è tenuto ad illustrare in mediazione i motivi della delega e non è richiesto che gli stessi vengano esplicitati nella procura. I chiarimenti vanno invece forniti al giudice che, in loro assenza, deve considerare la partecipazione del rappresentante ingiustificata.

Rispetto alla tipologia della forma della procura, antecedentemente all'entrata in vigore della Riforma Cartabia, nel silenzio della legge, alcuni giudici di merito avevano ritenuto avverata la condizione di procedibilità del giudizio nel solo caso di partecipazione personale della parte alla procedura di mediazione, ovvero di un suo procuratore speciale munito di procura notarile.

La riforma, seppur non chiarendo espressamente la forma che deve possedere la procura, ha previsto che in mancanza di previsioni espresse la forma scritta appare sufficiente. Imporre il rilascio della procura per atto pubblico o scrittura privata autenticata è invero inopportuno, poiché comporta un aggravio di tempi e costi. Occorre tuttavia il rilascio di una procura sostanziale ad hoc per la partecipazione al procedimento di mediazione, in quanto il potere di conciliare e transigere la lite, che può essere attribuito anche al difensore con la procura alle liti, si genera in relazione alla vicenda processuale (v. la recente Corte d'Appello Napoli, 31 gennaio 2022, n. 360).

Al fine di perseguire lo scopo principale per il quale è sorto l'istituto della mediazione, ovvero il deflazionamento dell'enorme quantità di processi civili, è dunque necessario che le parti, per l'intera durata della procedura di mediazione, adottino comportamenti conformi al principio della buona fede.

La buona fede impone alle parti, pertanto, di modellare il loro comportamento alle regole di lealtà, onestà e correttezza così da attivare una condotta che, non determinando un apprezzabile sacrificio personale, assicuri comunque un corretto svolgimento della procedura di mediazione.

Proprio alla luce del principio di buona fede si giustifica il comma 5 dell'art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 vigente sino al 30 giugno 2023, secondo cui “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c. Con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'articolo 5, comma 1, il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.

Tale previsione è stata, per effetto delle modifiche apportate dalla Riforma Cartabia, spostata nel nuovo art. 12-bis del d.lgs. n. 28/2010.

Il comma 1 dell'art. 12-bis, applicabile a tutte le mediazioni, comprese quelle facoltative, consente al giudice di trarre argomenti di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c. Tale disposizione prevede, sulla falsariga della precedente disciplina, che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c.

Come è noto, l'espressione argomenti di prova è utilizzata principalmente dall'art. 116 c.p.c. per distinguerli rispetto alla prova vera e propria. Tale disposizione, nel sancire il principio più generale del libero convincimento, afferma che il giudice può trarre argomenti di prova dalle risposte delle parti nel corso dell'interrogatorio libero, dal loro ingiustificato rifiuto a sottoporsi all'ispezione, e più in generale dal loro contegno processuale.

Tale sanzione, quindi, mette in risalto il valore praticamente equivalente della mediazione rispetto al giudizio civile, evidenziando che la scelta di non partecipare alla mediazione non può rimanere senza conseguenze nel merito del successivo giudizio davanti al giudice che, nel prendere una decisione sulla controversia, può considerare la mancata partecipazione alla mediazione come un elemento di prova, cioè come indizio sfavorevole alla parte che ha tenuto tale condotta.

Oggi come in passato, dunque, l'art. 116 c.p.c. viene richiamato dal legislatore della mediazione nell'ambito di quella serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.

Alla luce di quanto precede, dunque, si conferma che la decisione in commento ha correttamente applicato i principi normativi poiché la mancata partecipazione, se non giustificata, al procedimento di mediazione attribuisce al giudice la possibilità di desumere argomenti di prova nel successivo giudizio.

Altra conseguenza sfavorevole derivante dalla mancata partecipazione al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo è la condanna al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato per il giudizio (art. 12-bis, comma 2). Si tratta di un inasprimento della sanzione rispetto alla precedente disciplina, che prevedeva il pagamento di un importo corrispondente al contributo unificato: la pena è quindi raddoppiata.

Questa sanzione si applica soltanto nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, cioè in quei casi in cui l'esperimento della mediazione è considerato come condizione di procedibilità per il giudizio e previa istanza di parte.

Anche con riguardo a tale previsione, si può ribadire come la Riforma Cartabia si sia limitata a “risistemare” l'istituto già esistente, limitandosi solo ad inasprire l'importo oggetto della sanzione, giacché la disciplina previgente prevedeva il pagamento di un importo corrispondente al valore del contributo unificato.

Riferimenti
  • Benigni, La condizione di procedibilità nella mediazione disposta d'ufficio dal giudice, in Giur. it., 2015, pag. 643 ss.;
  • Bove, La mancata comparizione innanzi al mediatore, in Le società, 2010, 759 ss., spec. 764;
  • Bove, Le sanzioni per la mancata cooperazione in mediazione, in www.judicium.it, 2014;
  • Dalfino, “Primo incontro”, comparizione personale delle parti, effettività della mediazione, in Foro it., 2019, I, 3261.
  • Dalfino, Mediazione civile e commerciale, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2016, 84 ss;
  • Lonero, Profili fiscali nella mediazione delle controversie civili e commerciali, in AA.VV., ADR e mediazione, a cura di Corradino e Sticchi Damiani, Torino, 2012, pag. 129.
  • Luiso, Istituzioni di diritto processuale civile, Torino, 2018, 182 ss;
  • Raiti, Primo incontro in mediazione e condizione di procedibilità della domanda ai sensi del novellato art. 5, comma 2 bis, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in Riv. dir. proc., 2015, pag. 565;
  • Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011.

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