Prime applicazioni del rinvio pregiudiziale alla Cassazione sulla competenza per territorio

Paolo Grillo
05 Luglio 2023

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione sulla competenza per territorio postula che il giudice procedente ritenga sussistente la propria competenza. Egli potrà utilizzare il rinvio soltanto spiegandone con proprio provvedimento motivato le ragioni, illustrando le tesi sostenute dalle parti processuali, sempre che non le ritenga manifestamente infondate.

Orientiamoci tra i nuovi istituti. La riforma Cartabia – ormai viene ripetuto come un mantra – ha cambiato il volto non soltanto del Codice penale ma (forse soprattutto) di quello processuale. Tra le novità che ci ha consegnato, spesso senza prevederne le conseguenze operative, troviamo il subprocedimento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per decidere sulla competenza territoriale. Le istruzioni per l'uso, mancanti nella confezione della riforma, ce le va fornendo il giudice di legittimità che, per inciso, è anche il destinatario al quale vengono recapitati i rinvii pregiudiziali di che trattasi. La vicenda che ha originato la sentenza che oggi vi proponiamo origina da un'ordinanza con la quale un tribunale rimetteva gli atti al giudice di legittimità in seguito ad alcune eccezioni sollevate dalla difesa.

Come funziona il rinvio pregiudiziale? La Cassazione, nel dichiarare l'inammissibilità del rinvio speditogli dal tribunale a quo, coglie intanto l'occasione per fare un po' di chiarezza sul nuovo istituto processuale. Secondo i Giudici di legittimità, il rinvio pregiudiziale serve a risolvere preventivamente la questione di competenza per territorio; l'introduzione di questo rimedio anticipatorio non ha fatto ovviamente venir meno gli «ordinari strumenti di impugnazione nel sistema della definizione della questione sulla competenza per territoriale». E' il giudice procedente che ha il compito di predisporre il rinvio, a condizione che vi siano due o più giudici che si contendano un determinato procedimento, ovvero che lo rifiutino dichiarandosene incompetenti a trattarlo. Beninteso – ma la norma che contiene il nuovo istituto è sotto questo profilo chiara, visto che vi si usa il verbo “può” (riferito al giudice rimettente) – l'attivazione del rimedio processuale è affidata alla discrezionalità del decidente, che non è affatto obbligato a procedervi se dovesse per avventura ritenere del tutto infondati i rilievi di parte sul tema della competenza.

L'obbligo di motivare il proprio convincimento. Andiamo ad un altro punto lasciato piuttosto nell'ombra dalla norma che ha introdotto il meccanismo del rinvio pregiudiziale: l'ordinanza con cui il giudice rimette la decisione alla corte di legittimità deve contenere una congrua motivazione in ordine, intanto, alle ragioni che lo hanno indotto a non considerare infondata la questione. Quindi, egli dovrà anche valutare – soppesandole – le questioni sollevate dalle parti. Ma il presupposto di partenza rimane indefettibilmente quello del convincimento, espresso dal giudice procedente, della propria competenza a trattare il giudizio: diversamente egli dovrebbe pronunciare sentenza di incompetenza per territorio. La norma appena introdotta corrobora questa interpretazione, ed infatti essa richiede che il giudice invii alla corte di legittimità tutti gli atti necessari per decidere la questione.

Un meccanismo preventivo ma non risolutivo. E' ancora troppo presto per azzardare un bilancio previsionale sull'operatività dell'istituto in esame. Nasce sicuramente con le migliori intenzioni, ossia con l'obiettivo di anticipare l'eventuale decisione sulla competenza per territorio alle battute iniziali del processo, piuttosto che affidarla alla risoluzione delle questioni preliminari e alle incognite dell'eventuale giudizio di impugnazione. Prevenire è sempre meglio che curare, recita un vecchio adagio, ma il problema principale è conoscere le regole della prevenzione per scongiurare il rischio che dalla laconicità del testo normativo si sviluppino patologie ignote.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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