Messa alla prova: l'irrilevanza delle attenuanti è incostituzionale?

24 Luglio 2023

La scelta di individuare i reati per i quali è consentita la messa alla prova sulla base della pena edittale detentiva prevista in misura non superiore nel massimo a quattro anni è rimessa alla discrezionalità del legislatore, il quale ha fissato non irragionevolmente una soglia di pena massima irrogabile quale discrimine per l'accesso al beneficio.

Le censure del rimettente

La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 168-bis, comma 1, c.p., nella parte in cui non consente l'astratta ammissibilità della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato in ipotesi di omicidio stradale allorché non ricorra alcuna aggravante e sussistano gli estremi dell'attenuante ad effetto speciale del concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro mortale. Il giudice a quo ritiene che la disciplina impugnata contrasti con l'art. 3, comma 1, Cost., determinando irragionevolmente una disparità di trattamento rispetto a fattispecie criminose (quale il reato di lesioni dolose gravissime) punite con pene decisamente più elevate, per le quali, tuttavia, la sospensione del procedimento con messa alla prova sarebbe astrattamente ammissibile.

Secondo il rimettente sarebbe violato anche l'art. 27, comma 3, Cost., in quanto la disposizione censurata, precludendo all'imputato la possibilità di beneficiare, in via anticipata e in luogo della pena detentiva, di un trattamento sanzionatorio alternativo attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità diretti a consentirne la risocializzazione, contrasterebbe con la finalità rieducativa della pena.

Il quadro normativo

La sospensione del procedimento con messa alla prova costituisce un istituto del diritto penale punitivo “non carcerario”, già sperimentato nel procedimento minorile, introdotto dalla legge n. 67/2014. Tale misura – al pari della non punibilità per particolare tenuità del fatto – ha la finalità di alleggerire il peso, gravante sul sistema giudiziario penale, di processi per fatti “minori”, nella logica, appunto, del diritto penale punitivo c.d. extramurario. In questo contesto, la messa alla prova si segnala, in particolare, perché rappresenta, in sostanza, una forma costituzionalmente compatibile di sospensione dell'esercizio dell'azione penale, la cui obbligatorietà è resa meno rigida.

Il beneficio della messa alla prova è concedibile una sola volta dal giudice, sentite le parti nonché la persona offesa.

L'indagato o l'imputato, che soddisfa le condizioni di cui all'art. 168-bis (tra cui l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato), accetta una serie di limitazioni, pur senza riconoscersi “colpevole”: è affidato al servizio sociale e svolge una prestazione di lavoro di pubblica utilità, osservando le prescrizioni indicate nel programma di trattamento, la cui inosservanza comporta la revoca del beneficio. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova (non più di due anni), il giudice dichiara estinto il reato se ritiene che la prova abbia avuto esito positivo; invece, in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone che il procedimento riprenda il suo corso.

La messa alla prova è in astratto possibile: a) per reati con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni (oltre che, in ipotesi, con la sola pena edittale pecuniaria); b) per reati ricompresi nell'elenco dell'art. 550, comma 2, c.p.p., per i quali il P.M. esercita l'azione penale con la citazione diretta a giudizio. A tali fini, non si tiene conto delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali è prevista una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale; la legge si disinteressa, invece, delle attenuanti a effetto speciale perché queste identificano reati meno gravi per i quali la citazione diretta si giustifica a maggior ragione.

Il favor per la messa alla prova

Tanto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. Un., n. 36272/2016) che da quella costituzionale (C. cost., n. 146/2022, n. 14/2020 e n. 141/2018) emerge un favor per la messa alla prova. In particolare, la Cassazione ha chiarito che l'effetto escludente delle aggravanti ad effetto speciale è (testualmente) previsto solo per la citazione diretta, ma non anche per la messa alla prova. La Consulta ha, invece, riconosciuto la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova a seguito della nuova contestazione di una circostanza aggravante ovvero di modifica dell'originaria imputazione. Inoltre, in caso di reato connesso contestato in dibattimento, è stata riconosciuta, all'imputato, che inizialmente non abbia presentato richiesta di messa alla prova, la facoltà di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, con riferimento a tutti i reati contestatigli.

Più recentemente, l'art. 168-bis, comma 4, c.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che l'imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell'ipotesi in cui si proceda per reati connessi con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso (C. cost., n. 174 del 2022), così superando il limite della concedibilità del beneficio per una sola volta: è possibile anche una seconda richiesta di messa alla prova se riferita ad un reato connesso a quello per il quale una precedente richiesta è già stata accolta.

Messa alla prova: scelta (discrezionale) di politica criminale

Il giudice delle leggi esclude che la disciplina impugnata contrasti con l'art. 3, comma 1, Cost., sotto il profilo della denunciata disparità di trattamento, coniugata alla censura di irragionevolezza intrinseca. Il legislatore, anche dopo la recente riforma del 2022 (d.lgs. n. 150/2022), è rimasto fermo nell'iniziale scelta di individuare i reati per i quali è consentita la messa alla prova sulla base della pena edittale detentiva prevista in misura non superiore nel massimo a quattro anni; pena che, in quanto “edittale”, è riferita alla fattispecie del reato non circostanziato.

Si tratta di una scelta di politica criminale rimessa alla discrezionalità del legislatore, il quale non irragionevolmente ha fissato una soglia di pena massima irrogabile, quale discrimine per l'accesso al beneficio, e ciò ha fatto con riferimento a quella edittale, prevista per il reato base non circostanziato, senza quindi dare rilievo alle circostanze né aggravanti né attenuanti, quantunque ad effetto speciale. In mancanza di un meccanismo processuale di verifica anticipata della sussistenza di attenuanti a effetto speciale, non è irragionevole che il criterio distintivo di identificazione dei reati, per i quali è possibile la messa alla prova, rimanga affidato alla pena edittale nel massimo, senza considerare gli accidentalia delicti, né le aggravanti, né le attenuanti, quantunque ad effetto speciale.

Esclusione della messa alla prova ed irrilevanza delle attenuanti: salva la finalità rieducativa

Né la Consulta ritiene violata la prescrizione dell'art. 27, comma 3, Cost., secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Ove risultasse in giudizio che effettivamente l'evento non sia stato esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione dell'imputata del reato di omicidio stradale, in ragione del concorso di colpa della vittima, la pena potrebbe essere ridotta fino a metà di quella prevista per il reato non circostanziato e, in tal modo, soccorrerebbero altri istituti (quali le misure alternative alla detenzione, nonché la sospensione condizionale della pena), parimenti ispirati ad evitare la condanna ad una pena che possa essere percepita come non proporzionata e quindi tale da non favorire la risocializzazione del condannato. In conclusione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente sono ritenute non fondate in riferimento ad entrambi gli evocati parametri.

La Consulta salva la disciplina vigente, ma “chiede” un allargamento della messa alla prova

Ciò nonostante, la Corte costituzionale ritiene che permanga la criticità segnalata dal giudice a quo. Ed infatti, l'allargamento dell'area di applicazione della messa alla prova con sospensione del procedimento penale anche a reati molto gravi, in ragione delle aggravanti ad effetto speciale, non preclusive dell'accesso al beneficio, ha però lasciato immutata la perdurante mancanza di rilevanza, a tal fine, delle attenuanti parimenti ad effetto speciale, che, all'opposto, possono ridurre notevolmente la pena, talora finanche in misura inferiore a quella prevista per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il giudice delle leggi ritiene, quindi, auspicabile una più ampia ammissibilità del beneficio della messa alla prova con sospensione del procedimento anche per reati che sono decisamente meno gravi proprio in applicazione di attenuanti ad effetto speciale.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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