All'assemblea va convocato l'effettivo titolare del diritto di proprietà dell'unità immobiliare sita nell'edificio condominiale

25 Luglio 2023

Ad avviso della Suprema Corte, l'amministratore deve convocare all'assemblea unicamente il “vero condomino”, laddove appare più ragionevole ritenere che, attualmente, nel caso di vendita dell'unità immobiliare facente parte dello stabile, affinché un nuovo soggetto si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolare della stessa e, quindi, centro di imputazioni di diritti, è pur sempre necessaria una determinata iniziativa del soggetto interessato.
Massima

All'assemblea condominiale deve essere convocato l'effettivo titolare del diritto di proprietà dell'unità immobiliare, indipendentemente dall'avvenuta comunicazione all'amministratore dell'eventuale vicenda traslativa ad essa relativa, non incidendo la disciplina in ordine alla tenuta del registro di anagrafe condominiale, di cui all'art. 1136, comma 6, c.c., e all'obbligo solidale per il pagamento dei contributi in caso di cessione dei diritti, di cui all'art. 63, comma 5, disp. att. c.c., sull'acquisizione dello status di condomino e sulle conseguenti legittimazioni.

Il caso

Veniva impugnata, davanti alla Corte di Cassazione, la sentenza della Corte d'Appello di Milano, che aveva accolto l'appello, proposto dal Condominio, contro la pronuncia resa dal Tribunale, il quale, a sua volta, aveva accolto l'impugnazione per omessa convocazione ex art. 1137 c.c., spiegata da un condomino, avverso una delibera assembleare.

Secondo il giudice distrettuale, l'obbligo di avvisare tutti i condomini, ai fini di una valida costituzione dell'assemblea, alla stregua dell'art. 1136, comma 6, c.c., doveva ritenersi adempiuto “quando risultassero convocati tutti i condomini noti all'amministratore ed individuati nel registro anagrafico condominiale”.

Così, nell'ipotesi di ingresso nella titolarità di una porzione di edificio condominiale, affinché il nuovo proprietario si legittimi, di fronte al Condominio, quale avente diritto a partecipare alle assemblee - oltre che ai fini della liberazione dall'alienante dall'obbligo di contribuzione alle spese condominiali (giusto quanto previsto dall'art. 63, comma 5, disp. att. c.c.) - occorreva che lo stesso, anche in concorso con il dante causa, rendesse noto al Condominio il suddetto mutamento di titolarità in forma adeguata, “non potendosi onerare l'amministratore condominiale di una sistematica consultazione dei registri immobiliari”.

In conseguenza di ciò, laddove il nuovo condomino avesse omesso di assolvere l'onere di segnalare il proprio ingresso nella posizione dominicale, “non poteva pretendere dal Condominio il riconoscimento della sua qualità e, quindi, dolersi per non essere stato invitato a partecipare all'assemblea”.

Nel caso di specie, si era accertato che il condomino impugnante avesse acquistato un appartamento ubicato nel complesso condominiale, senza, però, darne comunicazione all'amministratore ai fini dell'aggiornamento dell'anagrafe condominiale, tant'è che la convocazione per l'assemblea recava ancora l'indicazione della vecchia proprietà.

Tuttavia, ad avviso della Corte territoriale, tale assemblea doveva “ritenersi validamente costituita, senza che fosse necessaria alcuna convocazione del suddetto condomino, “colpevolmente inerte di fronte ai propri obblighi quale nuovo condomino del Condominio”.

La questione

A fronte del fatto pacifico che il condomino impugnante non fosse stato convocato all'assemblea, si trattava di verificare se la gravata sentenza avesse deciso la lite in modo conforme o difforme dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla questione relativa alla corretta individuazione del soggetto legittimato a ricevere l'avviso di convocazione in caso di vendita dell'unità immobiliare.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto la doglianza del condomino ricorrente fondata.

Invero, si è più volte affermato che, all'assemblea condominiale, deve essere convocato il vero proprietario della porzione immobiliare, e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando, nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini.

D'altra parte, sarebbe non in contrasto, ma anzi in armonia con tale principio, l'eventuale norma del regolamento condominiale, diffusa nella pratica, che, imponendo ai condomini di comunicare all'amministratore i trasferimenti degli immobili di proprietà esclusiva, abbia lo scopo di consentire la corretta convocazione dei soggetti legittimati a partecipare all'assemblea condominiale (v., soprattutto, Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035; e, sull'abbrivio di quest'ultima, Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2022, n. 31826; Cass. civ., sez. VI/II, 16 febbraio 2021, n. 4026; Cass. civ., sez. VI/II, 23 maggio 2022, n. 16614; Cass. civ., sez. VI/II, 9 ottobre 2017, n. 23621; Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2015, n. 8824; Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2007, n. 17039; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2007, n. 1627; Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616).

Peraltro, l'amministratore di condominio, al fine di assicurare una regolare convocazione dell'assemblea, è tenuto a svolgere le indagini suggerite dalla diligenza dovuta per la natura dell'attività esercitata, onde poter comunicare a tutti l'avviso della riunione, prevalendo su ogni apparenza di titolarità il principio della pubblicità immobiliare e quello dell'effettività.

Non rilevano in senso opposto l'obbligo del medesimo amministratore di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale e l'obbligo dei condomini di comunicargli le variazioni dei dati, in forza dell'art. 1130, n. 6), c.c., né l'obbligo di chi cede diritti di condominio di trasmettere copia autentica del titolo traslativo, in forza dell'art. 63, comma 5, disp. att. c.c., entrambi inseriti dalla l. n. 220/2012.

I nuovi precetti introdotti dagli artt. 1130, n. 6), c.c., e 63, ultimo comma, disp. att. c.c., non incidono, ove inadempiuti, sull'acquisizione dello status di condomino e sulle conseguenti legittimazioni alla partecipazione alle assemblee, all'impugnativa delle relative delibere ed al concorso alle spese, risultando evidentemente erronea la conclusione secondo cui, in caso di alienazione di unità immobiliare compresa nell'edificio, lo status di condomino si avrebbe per trasferito in capo all'acquirente non immediatamente, al prodursi della vicenda traslativa, ma unicamente quale conseguenza della pubblicità avuta da tale vicenda agli occhi della gestione condominiale (v., altresì, Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2021, n. 4026; Cass. civ., sez. VI/II, 23 maggio 2022, n. 16614; Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2022, n. 31826).

Nel caso di specie, l'omessa convocazione del reale condomino, agli effetti degli artt. 1136, comma 6, c.c. e 66, comma 3, disp. att. c.c., divenuto titolare dei diritti di condominio in forza di acquisto fatto prima della data dell'assemblea oggetto di causa, costituiva, dunque, motivo di annullamento della delibera, in forza dell'art. 1137 c.c., deducibile, appunto, dal medesimo condomino non convocato.

Osservazioni

La soluzione adottata di recente dagli ermellini, nel senso di ritenere invalida la delibera adottata in un'assemblea in cui si era convocato il condomino “apparente” - peraltro, sulla scia dell'intervento delle Sezioni Unite che avevano dichiarato l'inoperatività, nell'àmbito condominiale, del principio dell'apparenza del diritto, sia pure riguardo al soggetto cui richiedere la riscossione dei contributi - merita forse di essere ripensata alla luce della Riforma del 2013, perché l'inottemperanza, in capo al singolo partecipante, dell'obbligo di tenere informato l'amministratore affinché la c.d. anagrafe condominiale sia puntualmente aggiornata, potrebbe ingenerare in quest'ultimo il giusto affidamento per quanto concerne l'effettiva titolarità dell'unità immobiliare e, quindi, il legittimo destinatario dei relativi avvisi.

Invero, attualmente, l'amministratore, nell'apposito registro dell'anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, n. 6), c.c. - la cui irregolare tenuta, peraltro, è causa di possibile revoca giudiziaria ai sensi del precedente art. 1129, comma 12, n. 7), c.c. - deve avere a disposizione “le generalità dei singoli proprietari … comprensive del codice fiscale e della residenza e del domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare”, prescrivendosi, altresì, che “ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni”, e aggiungendo che lo stesso amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, deve richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del suddetto registro e, decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, acquisisce le informazioni necessarie, “addebitandone il costo ai responsabili”.

Peraltro, l'interesse dell'alienante a comunicare tempestivamente all'amministratore il nuovo proprietario dell'unità immobiliare sita nel condominio, al fine di una corretta convocazione dell'assemblea, risulta rafforzato dal novellato art. 63, comma 5, disp. att. c.c., secondo il quale “chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.

Quindi, per effetto degli artt. 1130, n. 6), c.c. e 63, ultimo comma, disp. att. c.c., potrebbe sostenersi la rilevanza dell'apparentia iuris a garanzia dell'affidamento maturato dall'amministratore del condominio.

Risulterebbe fondata la tesi secondo cui, in caso di alienazione della porzione esclusiva, lo status di condomino, e le conseguenti legittimazioni, appartengono all'acquirente solo dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio: in pratica, tale status si trasferisce in capo all'acquirente - non immediatamente al prodursi della vicenda traslativa, bensì - unicamente quale conseguenza della pubblicità avuta da tale vicenda agli occhi della gestione condominiale; con l'ulteriore peculiarità che il venditore, conservando lo status di condomino, dovrebbe anche poter partecipare alle assemblee in cui si provveda all'approvazione ed alla ripartizione delle spese occorse in data anteriore a tale momento, e su di lui gravanti, e rimanere legittimato ad impugnare le relative delibere, in modo da far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi maturati.

Pertanto, da un lato, l'amministratore non dovrebbe essere sempre tenuto a controllare se chi si comporta come condomino abbia effettivamente lo status per interloquire, nel senso che sia realmente proprietario dell'unità immobiliare facente parte dell'edificio condominiale da lui gestito, e, dall'altro, chi si presenta come condomino, e pretenda di essere convocato alle assemblee, dovrebbe avere l'onere di dimostrare la veridicità del proprio assunto mediante l'esibizione del relativo titolo di proprietà e di informare l'amministratore in ordine ad eventuali variazioni dell'anagrafe condominiale.

Di contro, anche se la qualità di condomino costituisce la condizione indefettibile per avere diritto a partecipare all'assemblea ed aver diritto, pertanto, al tempestivo avviso della relativa convocazione, ritenendo applicabile il principio dell'apparenza, si potrebbe, in buona sostanza, valorizzare una situazione manifesta, quale si presenta e come si presenta ai terzi, anche nel caso in cui questa non coincida con la situazione effettiva, intendendo così tutelare la buona fede dell'amministratore nel convocare il c.d. condomino apparente, e ciò sia nell'ipotesi di apparenza “pura” (caratterizzata dalla sua derivazione dall'insieme oggettivo di cui si tratta), sia in quella “colposa” (caratterizzata dal concorso, nella formazione del convincimento di chi convoca, del comportamento del titolare apparente).

Succede, infatti, spesso che un soggetto si comporti da vero condomino, ma, una volta moroso nei pagamenti dei contributi, qualora gli si intima giudizialmente di adempiere il suo obbligo - segnatamente, azionando il credito in via monitoria - eccepisce di non essere proprietario dell'appartamento de quo; in pratica, l'amministratore pretende dall'apparente condomino la riscossione delle quote condominiali, avendo quest'ultimo ingenerato la convinzione di essere effettivo proprietario (senza, però, esserlo) dell'unità immobiliare cui quelle quote afferivano, tuttavia si vede opporre il difetto di legittimazione passiva.

Si assiste, inoltre, a reiterate mendaci dichiarazioni ed a manifeste inequivoche attività di soggetti - inquilini, usufruttuari, coniugi, parenti, ecc. - che si concretano nella partecipazione assidua alle assemblee in proprio e non come delegati, nei contatti frequenti con gli organi condominiali, nel pagamento senza contestazione delle quote spese intestate a loro nome, nel pacifico essere destinatari di avvisi di convocazione o altra corrispondenza inerente la vita della collettività, nella condotta processuale in precedenti giudizi, atteggiamenti, tutti, che fuorviano l'amministratore, facendo nascere in quest'ultimo (incolpevolmente) il convincimento che tale stato di fatto (non corrispondente a quello di diritto) rispecchi la realtà giuridica.

Negare - come il recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, con l'avallo del supremo organo di nomofilachia - l'applicazione del principio dell'apparenza nei rapporti tra condominio e singolo partecipante, significa in pratica rendere oltremodo difficile l'attività dell'amministratore nella corretta convocazione dell'organo gestorio, presupposto indispensabile della regolare costituzione dell'assemblea e della validità delle relative delibere.

Nei casi in cui si è di fronte ad una situazione di fatto ragionevolmente attendibile che ha generato un'incolpevole aspettativa in qualcuno, anche se non conforme alla realtà, ma non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni, per esigenze di celerità, praticità e funzionalità del condominio, e, in ultima analisi, per non complicare troppo la vita dell'edificio urbano contro gli interessi della collettività condominiale, occorrerebbe, invece, dare rilevanza all'apparenza giuridica.

È vero che, nelle vicende su accennate, si potrebbe, con l'ordinaria diligenza, verificare l'effettiva titolarità del bene atteso il regime di pubblicità contemplato per i beni immobili nel nostro ordinamento - in pratica, perdendo tempo e sprecando denaro - ma è altrettanto vero che non può premiarsi così la condotta (non certo in buona fede) di colui che, comportandosi sempre come legittimo proprietario, all'improvviso adduca di non essere condomino, invocando il rispetto della legalità e della trasparenza, ma in realtà solo per giustificare l'insolvenza ed esimersi dal pagare il dovuto.

A fronte di comportamenti palesi che spesso inducono in errore, ed alla luce delle frequenti vicende che possono interessare la singola unità immobiliare, sembra eccessivo pretendere dall'amministratore, in difetto di collaborazione da parte dei condomini interessati, ora imposta dall'art. 1130, n. 6), c.c., un puntuale aggiornamento dell'anagrafe condominiale, incombente, quest'ultimo, che richiede faticose ricerche presso l'Agenzia delle Entrate - Agenzia del territorio (ex Conservatoria dei registri immobiliari).

Riferimenti

Verardi, Apparenza del diritto, affidamento e pubblicità nel condominio, in Immob. & proprietà, 2018, 157;

Gallucci, La convocazione dell'assemblea di condominio, Milano, 2016;

Baldacci, Il principio dell'apparenza nel condominio: compatibilità e conseguenze, in Ventiquattrore avvocato, 2012, fasc. 4, 29;

Petrolati, Omessa convocazione di tutti i condomini: chi è legittimato a dedurre il vizio?, in Arch. loc. e cond., 2011, 772;

Scarpa, Omessa convocazione del condomino, interesse ad agire ed onere della prova, in Immob. & proprietà, 2011, 420;

De Tilla, Il principio dell'apparenza del diritto non trova applicazione nel condominio, in Immob. & diritto, 2005, fasc. 6, 41;

Izzo, Sull'apparenza del diritto nel condominio e l'onere di consultazione dei registri immobiliari, in Giust. civ., 2002, I, 1836;

Celeste, Apparenza e mala fede nella convivenza all'interno degli edifici urbani, in Riv. giur. edil., 1999, II, 143.

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