Presunzioni, inversioni dell'onere della prova e pericolosità qualificata sotto la lente d'ingrandimento della Corte EDU

28 Luglio 2023

Con il provvedimento allegato la Corte europea dei diritti dell'uomo, dopo aver ritenuto ricevibile il ricorso proposto, ha sollevato alcune, interessanti, questioni al Governo italiano in ordine alle garanzie e diritti dei soggetti sottoposti al procedimento di prevenzione.

I giudici sovranazionali sono stati chiamati dai ricorrenti a decidere della conformità con l'art. 6 § 1 CEDU dell'eccessivo onere della prova in merito alla proprietà e all'origine dei beni, all'uso di presunzioni e al fatto che le decisioni dei tribunali domestici sono basate su meri sospetti; della compatibilità, rispetto all'art. 6 § 2 CEDU, della conformità della legge n. 575 del 31 maggio 1965 con la presunzione di innocenza, posta la loro precedente assoluzione, e della conformità, con l'art. 7 CEDU, dell'imposizione di una pena, senza una precedente constatazione di responsabilità penale, e, infine, dell'interferenza, secondo i ricorrenti, illegittima e sproporzionata con i loro diritti di proprietà implicato dal procedimento, con compromissione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.

Nel caso di specie i ricorrenti (Gaetano, Vincenzo e Salvatore Vito Cavallotti “il primo gruppo di ricorrenti”) erano imputati in un procedimento penale per partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso. Il procedimento è stato successivamente archiviato in materia di appalto e tutti e tre i ricorrenti sono stati assolti dall'accusa di partecipazione ad organizzazione criminale di tipo mafioso, con sentenza definitiva della Corte d'appello di Palermo del 6 dicembre 2010.

Parallelamente, accadeva, tuttavia, che nell'ambito del procedimento per l'applicazione delle misure cautelari, i giudici nazionali hanno rilevato che il primo gruppo di ricorrenti era sospettato di appartenenza a un'organizzazione criminale di tipo mafioso e, sulla base della loro "pericolosità qualificata", hanno sequestrato un gran numero dei loro beni (ad un "secondo gruppo di ricorrenti"). Secondo le corti nazionali tali beni erano a disposizione del primo gruppo di richiedenti ed essi risultavano sproporzionati rispetto al reddito legale della famiglia ed erano stati incapaci di dimostrare la legittima provenienza dei beni. La confisca è divenuta definitiva con la sentenza della Corte di cassazione 2 febbraio 2016, n. 4305.

Di qui la proposizione del ricorso innanzi ai giudici della Corte europea che ha rimesso al Governo alcuni fondamentali quesiti, dalla cui risoluzione può dipendere, crediamo, parte della “tenuta” di alcuni delicati meccanismi che connotano il procedimento di prevenzione e che non paiono porsi sempre in linea con i diritti, le forme di tutela e le garanzie assicurate dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali.

Segnatamente l'Italia dovrà indicare se:

  1. posto che il primo gruppo di ricorrenti è stato assolto dall'accusa di partecipazione ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, le decisioni dei tribunali locali hanno rispecchiato il giudizio di colpevolezza degli stessi, nonostante l'assenza di un formale accertamento di colpevolezza? È in tal caso stata violata o meno la presunzione di innocenza, garantita dall'articolo 6 § 2 della Convenzione come ha indicato, in altre decisioni la Corte dei diritti (si veda Allen c. Regno Unito [GC], n. 25424/09, CEDH 2013, e, mutatis mutandis, Geerings c. Paesi Bassi, n. 30810/03, § 47, 1° marzo 2007)?
  2. Tenuto conto della caratterizzazione dell'atto impugnato nell'ordinamento e nella giurisprudenza locale (cfr., inter alia, Corte di cassazione, sentenze 3 luglio 1996, n. 18; 8 gennaio 2006, n. 57; 17 maggio 2013, n. 39204; si veda anche, inter alia, Corte costituzionale, sentenze n. 21/2012, e n. 24/2019), la sua natura e finalità, le modalità della sua realizzazione e attuazione e la sua gravità, ha disposto la confisca dei beni dei ricorrenti ai sensi dell'articolo 24 del decreto n. 159 del 2011 è una “pena” in senso penale o una “punizione” ai sensi dell'articolo 7 § 1 della Convenzione (si confronti oltre a cd. criteri Engles, Arcuri c. Italia (dec.), n. 52024/99, § 2, CEDU 2001-VII, Capitani e Campanella c. 36862/05, § 121, 12 maggio 2015, e, mutatis mutandis, Balsamo c. San Marino, 20319/17 e 21414/17, § 58 e seguenti, 8 ottobre 2019, e G.I.E.M. /06 e altri 2, §§ 214 e segg., 28 giugno 2018)?
    In caso affermativo, vi è stata violazione dell'articolo 7 della Convenzione per aver disposto la confisca nonostante l'assoluzione del primo gruppo di ricorrenti dall'accusa di partecipazione a un'organizzazione criminale di tipo mafioso (v., sempre, G.I.E.M. S.R.L. e altri, cit., § 251)?
  3. È la legge che consente l'apprensione dei beni che incide sul pacifico godimento dei beni da parte dei ricorrenti sufficientemente prevedibile, come richiesto dall'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione?
    In caso affermativo, l'interferenza era necessaria e proporzionata?

Le parti sono invitate ad affrontare i seguenti punti:


a) se, alla luce dell'assoluzione del primo gruppo di ricorrenti dall'accusa di partecipazione ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, l'accertamento di particolare pericolosità e la successiva
confisca dei beni era giustificata;

b) se le autorità nazionali hanno dimostrato che i beni formalmente di proprietà del secondo gruppo di ricorrenti appartenevano effettivamente al primo gruppo di ricorrenti in modo motivato, sulla base di una valutazione obiettiva degli elementi di fatto, e senza basarsi su un mero sospetto;

c) se le autorità nazionali abbiano dimostrato che i beni confiscati avrebbero potuto essere di provenienza illecita in modo motivato, sulla base di una valutazione obiettiva delle prove fattuali, e senza basarsi su un mero sospetto, anche alla luce della data della loro acquisizione (al riguardo v. Todorov e altri c. Bulgaria, nn. 50705/11 e altri 6, § 215); d) se l'inversione dell'onere della prova quanto all'origine legittima dei beni acquisiti molti anni prima abbia imposto un onere eccessivo ai ricorrenti (sul punto, ancora, Todorov, sopra citata, § 202 e, mutatis mutandis, Dimitrovi c. Bulgaria, n. 12655/09, § 46, 3 marzo 2015? e) se ai ricorrenti fosse stata offerta una ragionevole opportunità di presentare le loro argomentazioni dinanzi ai tribunali nazionali e se questi ultimi avessero debitamente esaminato le prove presentate dai ricorrenti (cfr., G.I.E.M. S.R.L. e altri, sopra citata, § 302; Telbis e Viziteu c. Romania, n. 47911/15, § 78, 26 giugno 2018)?

Ebbene, come si comprende e si avrà modo di sviluppare, ancora una volta i giudici europei pongono sotto la lente d'ingrandimento alcuni profili essenziali della peculiare disciplina della prevenzione a cui da tempo, la dottrina sostanziale e processuale, ha rivolto, spesso ampie critiche e non poche censure, ai quali il Governo entro il 13 dicembre dovrà dare risposta.

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