Pubblicato in un articolo giornalistico l'indirizzo di residenza: possibile sempre la corresponsabilità

01 Agosto 2023

L'attribuzione della responsabilità per l'illecita divulgazione dei dati personali chiede di essere declinata secondo il criterio della contribuzione causale, indipendentemente dalla qualifica formale eventualmente rivestita in relazione a titolarità, responsabilità del trattamento, relativi conservazione o controllo concreto.

Un cittadino conveniva in giudizio un gruppo editoriale per sentirlo condannare al risarcimento dei danni dallo stesso subiti a seguito dell'illecito trattamento dei relativi dati personali, segnatamente consistito nella indebita pubblicazione sul sito Internet del quotidiano, gestito da tale società, dei dati concernenti la propria residenza propria. Per l'attore questa costituiva un'informazione del tutto irrilevante ed eccedente alle esigenze informative dell'articolo pubblicato sul periodico telematico all'interno del quale era stata data contezza di quei dati.

La Corte di appello competente, in accoglimento, per quanto di ragione, dell'appello principale proposto dall'uomo e dell'appello incidentale proposto dal gruppo editoriale, con la stessa decisione rigettava la domanda proposta dal danneggiato per la condanna dei convenuti ai danni asseritamente subiti a seguito della pubblicazione sul medesimo quotidiano, ma di formato cartaceo, di un articolo dal contenuto gravemente diffamatorio. A fondamento della decisione assunta, la Corte di appello ha rilevato come, ferma l'evidente illiceità della pubblicazione sul sito Internet dei dati concernenti la residenza dell'uomo, per l'intuibile carattere eccedente del dato rispetto ai contenuti informativi della pubblicazione, al contrario il testo dell'articolo pubblicato sul quotidiano cartaceo non presentava alcuna espressione oggettivamente tale da risultare lesiva dei principi che circoscrivono i limiti del legittimo esercizio del diritto di manifestazione di pensiero.

Osservava, altresì, che l'autore dell'articolo risultava aver rispettato adeguatamente il requisito della verità, anche putativa, dei fatti riportati nonché la continenza dell'esposizione e l'interesse pubblico delle notizie diffuse, con la conseguente correttezza della decisione del giudice di primo grado nella parte in cui aveva escluso il carattere obiettivamente diffamatorio della pubblicazione. Avverso la sentenza d'appello, il danneggiato proponeva ricorso per cassazione.

Il primo motivo di censura consisteva nella critica rivolta alla Corte territoriale per aver riformato erroneamente, secondo la tesi del ricorrente, la sentenza di primo grado pronunciando la condanna al risarcimento dei danni conseguenti all'illecito trattamento dei dati personali relativi alla sua residenza il solo responsabile del trattamento dei dati per il quotidiano in parola, data la sua precipua funzione, senza contestualmente estendere tale condanna nei confronti del gruppo editoriale, in qualità di proprietaria editrice tanto del quotidiano quanto del relativo sito Internet.

Al riguardo, la Suprema Corte ricorda come, secondo il più recente insegnamento della giurisprudenza, la responsabilità dei danni determinati dalla illecita divulgazione dei dati personali deve essere ascritta a carico di chiunque, con la propria condotta, li abbia provocati, indipendentemente dalla qualifica rivestita. In breve, l'attribuzione della responsabilità per la illecita divulgazione dei dati personali chiede di essere declinata secondo il criterio della contribuzione causale, conformemente alla ratio che ispira la disciplina ex art. 2050 c.c., richiamato dalla legge sulla privacy d.lgs. n. 196/2003, applicabile ratione temporis al caso di specie, secondo cui «Chiunque cagiona danno ad altri per effetti del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile». Ciò nel senso che ciascun soggetto il quale con la propria condotta abbia contribuito casualmente alla divulgazione illecita di quei dati, deve ritenersi responsabile (oppure corresponsabile) di detta divulgazione, salva la prova liberatoria consentita dal richiamato articolo di legge. Tanto, indipendentemente dalla qualifica formale eventualmente rivestita in relazione alla titolarità, alla responsabilità del trattamento, alla relativa conservazione o al relativo controllo concreto.

Nel caso di specie, rispetto al fatto dannoso dedotto in giudizio - consistito nella illecita divulgazione online di dati relativi alla propria residenza personale, non giustificata dalla pubblicazione delle fonti informative contenenti tali dati - l'accertamento dell'eventuale contributo causale fornito all'illecita divulgazione dall'editore della testata online non avrebbe dovuto essere trascurato dai giudici di merito, non potendo certamente escludersi, se non altro in via di principio, che l'editore di una testata online sulla quale sia comparsa la pubblicazione di dati personali consistenti in un illecito trattamento degli stessi possa avere in qualche misura concorso o contribuito, sul piano causale, a tale illecita divulgazione.

Ciò posto, l'avvenuta limitazione della condanna pronunciata dalla Corte territoriale a carico del solo responsabile della privacy della testata online per l'illecito trattamento dedotto in giudizio deve ritenersi in tal senso ingiustificata: da un lato, per essersi il giudice d'appello sottratto all'obbligo di pronunciare sulla domanda proposta nei confronti della società editrice e, dall'altro, per aver il giudice d'appello escluso la relativa responsabilità nell'operazione di divulgazione dei dati personali sul sito di sua proprietà, limitandosi immotivatamente a pronunciare la condanna nei confronti del suddetto uomo in ragione della mera qualifica formale rivestita (di responsabile privacy).

Per questi motivi la Corte ha cassato la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, rinviando alla Corte di appello competente, in diversa composizione, cui è stato rimesso, altresì, di provvedere alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.