Sì all'adozione mite da parte dei nonni anche se il minore non è orfano

Francesca Ferrandi
02 Agosto 2023

In materia di adozione in casi speciali, ai parenti entro il quarto grado del minore è consentito ricorrere all'adozione c.d. mite, per favorire il consolidamento dei rapporti tra minore e coloro che già si prendono cura di lui, garantendogli così una tutela giuridica più incisiva.

Questo il principio di diritto affermato dalla Prima Sezione civile a seguito del quale la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Roma aveva rigettato il ricorso proposto dai nonni materni diretto ad ottenere l'adozione, ex art. 44 lett. d) l. n. 184/1983, della nipote di cui erano già affidatari e di cui si prendevano cura pressoché dalla nascita. A questi ultimi, infatti, la minore era stata affidata prima in via provvisoria e di seguito in via esclusiva, con la contestuale nomina del nonno materno quale tutore, a cui aveva fatto seguito, con decreto dello stesso Tribunale, la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori della ragazza.

Tale decisione, veniva confermata anche in sede di impugnazione, in quanto, a detta della Corte d'appello, la pretesa azionata si poneva in contrasto con la previsione di cui all'art. 44 lett. d) l. n. 184/1983, secondo cui il minore può essere adottato da persone unite da vincolo di parentela fino al sesto grado, ma solo nel caso in cui l'adottando sia orfano di padre e di madre. Da qui, il ricorso per cassazione promosso dai nonni.

L'applicazione dei principi dell'adozione “mite”

La Cassazione, pur in assenza di precedenti relativi a casi identici a quello oggetto di causa, ha ritenuto di dover applicare i principi dell'istituto dell'adozione c.d. “mite” o aperta, i quali non richiedono l'accertamento di uno stato di abbandono, ma l'assenso dei genitori, ove questi vi siano. Detta forma di adozione, infatti, non solo consente la persistenza dei legami con la famiglia d'origine, ma prevede una varietà di ipotesi particolari riconducibili a due fondamentali rationes consistenti, da un lato, nel valorizzare l'effettività di un rapporto instauratosi con il minore e, dall'altro, nella difficoltà o nella impossibilità per taluni minori di accedere all'adozione piena.

Inoltre, l'ipotesi di cui alla lett. d), art. 44, l. n. 184/1983, è “aperta”, in quanto norma di chiusura e residuale, nel senso che, al contrario delle ipotesi di cui alle lettere a), b) e c), non richiede profili specifici dell'adottante e dell'adottato, ma solo la constatata impossibilità dell'affidamento preadottivo, ossia l'assenza di una situazione di abbandono del minore. A ciò si aggiunga che il divieto di adozione in casi particolari è previsto solo per i genitori dell'adottando e anche il tutore (quale è, nel caso concreto, il nonno materno) può adottare il minore, dopo l'approvazione del conto della sua amministrazione.

Ebbene, nel caso di specie, il consenso all'adozione della minore ultraquattordicenne era stato dato dalla stessa in udienza, e così anche quello della madre e del padre, mentre nel giudizio d'appello anche la curatrice della minore e il Pubblico Ministero avevano espresso parere favorevole all'accoglimento della domanda dei nonni. Decisivo, poi, per la S.C., in termini di valutazione dell'interesse della minore e della necessità di una sua più tutelante protezione, il fatto che la madre della ragazza avesse tenuto in tempi recenti condotte irresponsabili, consistenti nell'essersi allontanata da casa e nell'essersi resa irreperibile per alcuni giorni, così causando grave turbamento alla figlia e al suo delicato equilibrio psicologico.

Il termine per il ricorso in Cassazione

La pronuncia in esame si presenta altresì interessante nella parte in cui la Suprema Corte ha affermato che, in materia di adozione in casi speciali, ai sensi dell'art. 44, l. n. 184/1983, il termine, previsto a pena di decadenza, per la proposizione del ricorso per cassazione è quello ordinario, non potendo trovare applicazione il regime limitativo del diritto di impugnazione in sede di legittimità dettato dall'art. 17 della stessa legge, che ne prevede uno dimezzato rispetto a quello ordinario “breve”, decorrente dalla notifica della sentenza nel testo integrale a cura della cancelleria, poiché norma di carattere speciale e di stretta interpretazione.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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