Il diritto del minore di essere ascoltato: a quali condizioni il Tribunale può discostarsi dalle sue opinioni?

Camilla Filauro
03 Agosto 2023

A quali condizioni il giudice di merito può discostarsi dalle opinioni del minore ascoltato dal Tribunale in quanto capace di discernimento?
Massima

In virtù del disposto degli artt. 315-bis c.c., 336-bis e 337-octies c.c., che recepiscono quanto previsto dall'art. 6 della Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei minori adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, nei procedimenti che riguardano un minore l'Autorità Giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione, quando il diritto interno ritiene che il minore abbia una capacità di discernimento sufficiente, deve permettere al medesimo di esprimere la propria opinione. Tale diritto del minore non si traduce nell'obbligo del giudicante di seguire pedissequamente il suo volere: il giudice del merito deve tenere “in debito conto” le dichiarazioni del minore e ponderarle al fine di individuare quale sia il superiore interesse del minore stesso e, ove intenda disattendere le valutazioni e le aspirazioni espresse nel corso dell'ascolto, deve compiere una rigorosa verifica della contrarietà di una simile volontà al suo interesse.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di modifica di condizioni di divorzio il giudice di primo grado, all'esito di una CTU sul nucleo familiare, ha disposto tempi di permanenza della figlia minore della coppia prevalenti presso la madre. La Corte di Appello, investita del reclamo avverso il provvedimento di prime cure dal padre della minore, sentita la figlia, ha ampliato i tempi di permanenza della stessa presso il padre, sebbene in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dalla figlia allo scopo di evitare un'eccessiva esposizione della minore al conflitto genitoriale e garantirle l'accesso a una bigenitorialità effettiva. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per Cassazione il padre, lamentando la contraddittorietà della motivazione rispetto all'esercizio della bigenitorialità e la carenza della stessa nella parte in cui ha disatteso le opinioni espresse dalla minore.

La questione

A quali condizioni il giudice di merito può discostarsi dalle opinioni del minore ascoltato dal Tribunale in quanto capace di discernimento?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione nella pronuncia in commento, ribadita l'importanza dell'ascolto del minore quale veicolo di partecipazione del minore capace di discernimento al processo, ha respinto il ricorso ricordando come il compito di valutare quale sia il superiore interesse del minore spetti in ogni caso al giudice che, pur dovendo tenere in conto le opinioni espresse dal minore, potrà discostarsene adeguatamente motivando sul punto. Nel caso in esame la Corte di merito si era parzialmente discostata dalle indicazioni della minore circa i tempi di permanenza presso i genitori, ritenendo che un ulteriore ampliamento dei tempi di permanenza presso il padre non avrebbe consentito alla minore di godere di una effettiva bigenitorialità e l'avrebbe ulteriormente esposta al conflitto genitoriale. Nel farlo ha adeguatamente motivato al riguardo, chiarendo come l'elevata conflittualità tra i genitori fosse emersa nella CTU disposta nel corso del giudizio di primo grado, ove era stato osservato il condizionamento paterno sulla figlia in dipendenza di tale conflittualità. Il diritto alla bigenitorialità, peraltro, non presuppone tempi di permanenza paritetici dei figli presso i genitori. La complessità di argomenti utilizzata dal giudice di merito ha soddisfatto l'obbligo di rigorosa verifica della contrarietà della volontà manifestata dalla minore al suo interesse.

Osservazioni

Da tempo la giurisprudenza di legittimità, sulla scorta delle fonti sovranazionali, recepite dal legislatore interno agli artt. 316, 316-bis e 337-octies c.c. e, da ultimo, agli artt. 473-bis.4,.5,.6 c.p.c., riconosce la fondamentale importanza dell'ascolto del minore di età capace di discernimento quale strumento di partecipazione del minore al processo in cui debbano essere assunte decisioni che lo riguardano (art. 6 della Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei minori adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996; art. 24, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo; art. 21 Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019; S.U. 22238/2009, Cass. 9094/2007), arrivando a dichiarare la nullità della pronuncia ove nel corso del giudizio di merito non sia stata disposta l'audizione (Cass. 21101/2014, Cass.20323/2022) ovvero non sia stata rinnovata in secondo grado (Cass. 6503/2023).

Il legislatore della riforma Cartabia ha rivisitato la disciplina dell'ascolto del minore, unificando le disposizioni prima contenute nel codice civile all'interno delle norme sul rito di famiglia, precisamente agli artt. 473-bis. 4, .5, .6, .45 c.p.c.

La riforma ha avuto il merito di procedimentalizzare l'ascolto del minore, disponendo in quali casi il minore non deve essere ascoltato dal Tribunale (prevedendo anche il caso in cui sia il minore a non voler essere ascoltato) (art. 473-bis.4), dettando analitiche disposizioni relative alle modalità dell'ascolto (art. 473-bis.5 c.p.c.) e individuando peculiari ipotesi in cui la necessità di ascoltare senza ritardo il minore può comportare una contrazione dei termini per l'instaurazione del contraddittorio (art. 473-bis.6 c.p.c.).

Rispetto al tema trattato dalla Cassazione nella pronuncia in commento va segnalata la novità contenuta all'art. 473-bis.4, c. 1 c.p.c. che, recependo sul punto le indicazioni delle fonti sovranazionali sopra citate, come chiarito anche a pag. 52 rel. Illustrativa al d.lgs. 149/2022, dispone che le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità. Tale previsione non era contenuta nelle disposizioni normative previgenti, sebbene da tempo la giurisprudenza abbia affermato che ove il Tribunale intenda discostarsi dalle opinioni del minore deve adeguatamente motivare sul punto con un onere motivazionale direttamente proporzionale al grado di maturità attribuito al minore: ove il minore sia un giovane adulto (p.e. un diciassettenne), in grado come tale di ponderare le proprie esigenze esistenziali e affettive, dovranno essere puntualmente esplicate le ragioni in base alle quali il desiderio di maggiori spazi nel rapporto con uno dei genitori e dell'intensificazione dei rapporti con il nuovo nucleo familiare dallo stesso costituito non siano coincidenti con la decisione definitiva (Cass. 7773/2012). L'obbligo di ascolto, in altri termini, non si esaurisce nell'audizione del minore da parte del giudice: affinché l'esplicazione di tale diritto sia effettiva occorre che il giudicante valorizzi effettivamente il punto di vista del minore e, ove ritenga che lo stesso non sia conforme al superiore interesse del minore, dovrà puntualmente motivare sul punto in base a precisi elementi fattuali. La Corte di legittimità nella pronuncia in commento ha dato continuità a tale orientamento nella parte in cui ha confermato la pronuncia di merito che aveva ponderato le dichiarazioni rese dalla minore tenuto conto della non piena genuinità delle stesse, in quanto influenzate dal pensiero paterno, e della necessità di garantire alla stessa l'accesso a una effettiva bigenitorialità mediante tempi di permanenza pressoché paritetici presso i genitori, ancorché temperati dalla distanza delle abitazioni dei genitori e delle conseguenti difficoltà legate agli spostamenti.

Nell'ambito delle disposizioni volte a valorizzare ulteriormente la partecipazione del minore al processo, va segnalato l'art. 473-bis.5 c.p.c. nella parte in cui dispone che l'ascolto sia condotto dal giudice, che può farsi assistere da esperti e altri ausiliari. Tale previsione era già contenuta nell'abrogato art. 316-bis c.c., tuttavia nella relazione illustrativa al d.lgs. 149/2022 si legge che nel disciplinare le modalità di ascolto del minore all'art. 473-bis.5 c.p.c. “il legislatore ha escluso espressamente la delega, da parte del giudice, dell'ascolto del minore, stante la delicatezza dei temi sui quali il minore è chiamato ad esprimersi” (p. 51). Nonostante il mancato impiego dell'avverbio personalmente, impiegato invece all'art. 473-bis.45 c.p.c. nei procedimenti in cui siano allegate violenze, la ragione dell'indicazione offerta nella relazione illustrativa va ricercata nell'interpretazione che dell'abr. art. 316-bisc.c. ha offerto negli ultimi anni la giurisprudenza di legittimità, che ha statuito che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, non anche l'ascolto c.d. delegato al CTU o ai Servizi Sociali (Cass. 9691/2022, Cass.1474/21). L'ascolto delegato sembra quindi non trovare più cittadinanza nel nostro ordinamento. Nondimeno, ove il giudice, motivando sul punto, deleghi l'ascolto a un esperto, il provvedimento non necessariamente sarà viziato da nullità: come osservato da una recentissima pronuncia di legittimità (Cass. 2001/2023 per cui la mancata audizione diretta del minore da parte del giudice del merito non determina di per sé la nullità della pronuncia ove il minore sia stato comunque sentito personalmente nei due gradi di giudizio, in occasione della CTU e degli incontri organizzati dai servizi sociali, a condizione che il giudice del merito motivi adeguatamente sul punto), il legislatore comunitario con il Reg. UE 1111/2019 ha lasciato gli Stati membri liberi di scegliere le modalità privilegiate per l'ascolto, senza in alcun modo imporre l'ascolto diretto (si veda il Considerando 39). L'ascolto diretto, in particolare, potrà essere evitato ogni volta che l'audizione ingeneri nel minore profonda sofferenza in relazione ai propri vissuti, come confermato all'art. 473-bis.45 c.p.c. ove prevede che nei procedimenti in cui siano allegate violenze domestiche, attesa la delicatezza dei temi controversi e il rischio che i minori siano stati vittime se non di violenza diretta quanto meno assistita, il giudice possa non procedere personalmenteall'audizione ove il minore sia stato ascoltato in altro procedimento (anche penale) e le risultanze siano ritenute esaustive.

La riforma Cartabia, in conclusione, ha rafforzato l'importanza dell'audizione del minore, limitando i casi in cui il Tribunale può escludere tale adempimento e, quindi, imponendo ai giudici di merito un più elevato onere motivazionale per il caso in cui intendano discostarsi dalle opinioni del minore.

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